
Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe
29 gennaio 2012
Luca 2, 41-52
Riferimenti : Isaia 45,
14-17 - salmo 83 - Ebrei 2, 11-17
Dio, non darti riposo, non
restare muto e inerte, o Dio. Vedi: i tuoi avversari fremono e i
tuoi nemici alzano la testa. Contro il tuo popolo ordiscono
trame e congiurano contro i tuoi protetti. Hanno detto: "Venite,
cancelliamoli come popolo e più non si ricordi il nome di
Israele". Hanno tramato insieme concordi, contro di te hanno
concluso un'alleanza; le tende di Edom e gli Ismaeliti, Moab e
gli Agarèni, Gebal, Ammon e Amalek la Palestina con gli abitanti
di Tiro. Anche Assur è loro alleato e ai figli di Lot presta man
forte. Trattali come Madian e Sisara, come Iabin al torrente di
Kison: essi furono distrutti a Endor, diventarono concime per la
terra. |
Isaia 45, 14-17
Così dice il Signore: «Le ricchezze d’Egitto e le merci
dell’Etiopia e i Sebei dall’alta statura passeranno a te,
saranno tuoi; ti seguiranno in catene, si prostreranno davanti a
te, ti diranno supplicanti: “Solo in te è Dio; non ce n’è altri,
non esistono altri dèi”». Veramente tu sei un Dio nascosto, Dio
d’Israele, salvatore. Saranno confusi e svergognati quanti
s’infuriano contro di lui; se ne andranno con vergogna quelli
che fabbricano idoli. Israele sarà salvato dal Signore con
salvezza eterna. Non sarete confusi né svergognati nei secoli,
per sempre.
Il profeta vuole consolare e garantire un popolo che soffre
la propria lontananza da Gerusalemme. Il contesto di questo
brano fa riferimento alle vittorie che Ciro, il Grande, compirà
contro Babilonia, dice il profeta, poiché Ciro è divenuto eletto
del Signore, e quindi il liberatore di Israele. “Io l’ho preso
per la destra, per abbattere davanti a lui le nazioni… e davanti
a lui nessun portone rimarrà chiuso” (45,1). All’interno di
questo progetto, l’autore biblico ripensa al cammino verso
Gerusalemme. Nella città santa giungeranno “le ricchezze
d’Egitto e le merci d’Etiopia” e i popoli, poderosi nella
guerra, verranno vinti e supplicanti. Essi si prostreranno
poiché il Signore, che è l’unico Signore, resterà con il suo
popolo per averlo scelto. Qui però si
inserisce una particolare riflessione sulla storia che stanno
vivendo gli israeliti e sul loro rapporto e conoscenza del
Signore. “Tu sei un Dio nascosto (o misterioso)”. Se finora Dio
era riconosciuto presente direttamente nella storia del popolo,
ora emerge la consapevolezza che il Signore, pur presente dietro
i propri avvenimenti, diventa sempre più indecifrabile nei suoi
comportamenti. Israele è coinvolto nella storia, ma non sono
sufficienti più i criteri interpretativi del giusto e
dell’ingiusto per cogliere l’intervento di Dio. La storia di
Israele è inserita in una dinamica dove Dio continua ad essere
presente e Salvatore, non è certo assente. E tuttavia è nascosto
e spesso incomprensibile. Resta la fiducia, comunque, di un
popolo che ha sperimentato in passato la misericordia di Dio ed
è sicuro di sperimentarla in futuro. Compito d’Israele è, nel
frattempo, di combattere l’idolatria, sostituirla con altri
progetti, con altre prospettive e con altre speranze. Coloro che
restano fedeli, non saranno “confusi né svergognati nei secoli
per sempre”. Camminare verso Gerusalemme, perciò, significa
ripetere questa speranza nella propria vita e maturare sempre
più questa garanzia di Dio.
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Ebrei 2, 11-17
Fratelli, colui che santifica e coloro che sono santificati
provengono tutti da una stessa origine; per questo non si
vergogna di chiamarli fratelli, dicendo: Annuncerò il tuo nome
ai miei fratelli, in mezzo all’assemblea canterò le tue lodi; e
ancora: Io metterò la mia fiducia in lui; e inoltre: Eccomi, io
e i figli che Dio mi ha dato. Poiché dunque i figli hanno in
comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è
divenuto partecipe, per ridurre all’impotenza mediante la morte
colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare
così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a
schiavitù per tutta la vita. Egli infatti non si prende cura
degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura. Perciò
doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un
sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose
che riguardano Dio, allo scopo di espiare i
peccati del popolo.
L’autore della “Lettera agli ebrei” vuole presentare la
figura di Gesù, sacerdote della Nuova Alleanza, fratello di ogni
uomo e speranza di ciascuno. E se, nel salmo 8, si dice: “Dio ha
fatto l’uomo di poco inferiore agli angeli ed ha posto ogni cosa
sotto i suoi piedi” ( 2,7-8), questa supremazia, prima di Gesù,
non si è ancora avverata. L’umanità, infatti, ha sognato l’uomo
nuovo, l’uomo vero, pienamente in comunione con Dio e capace di
riscattarci. Ma ora quest’uomo c’è, con sorpresa, è nella nostra
umanità con la nostra carne ed ha condiviso con noi la nostra
realtà. Egli è Gesù, il quale ha addirittura sperimentato la
morte “a vantaggio di tutti”. Così “colui che santifica e coloro
che sono santificati” fanno parte della stessa realtà umana.
Egli ci ha riconosciuti fratelli: Gesù e gli uomini. Abbiamo “in
comune il sangue e la carne” (2,14). E poiché la piena realtà
della nostra umanità comporta la fragilità e la morte, Gesù ha
accettato di sperimentare anche quelle e, in tal modo, esprime
la sua piena solidarietà non solo diventando un uomo come noi,
ma accettando anche la morte. Così Gesù,
passandovi attraverso, riduce all’impotenza il diavolo che ha in
potere la morte e libera gli uomini che erano tenuti sotto
soggezione per il timore della morte stessa. Gesù si prende cura
di noi più che degli angeli (v 16) e, per questo, è il vero
sommo sacerdote che ci mette in comunicazione con Dio in
pienezza. Ha pagato con la propria vita il prezzo del riscatto
dell’umanità, ci ha liberato dalla schiavitù nel male, facendosi
uomo come noi e quindi è in grado, veramente, nella sua
comunione con Dio, “di espiare i peccati del popolo”. In tal
modo egli costituisce l’assemblea santa dei figli di Dio, che è
comunità di fratelli con lui, tutti figli dello stesso Padre. |
Luca 2,41-52
In
quel tempo. I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di
Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della
festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il
fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero.
Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si
misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono
in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto
in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che
l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al
vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci
hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti
cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo
occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto
loro. Scese dunque con loro e venne a Nazareth e stava loro sottomesso. Sua
madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza,
età e grazia davanti a Dio e agli uomini.
Il
Vangelo di Luca, a conclusione dei capitoli dell'infanzia, riporta il
difficile testo di Gesù che si ferma nel tempio, a 12 anni, senza avvisare
nessuno della sua famiglia, risultando perciò disperso. Per intendere il testo,
vanno riletti gli elementi proposti, sapendo che sono stati scritti a distanza
di circa settant’anni, e dopo una enorme maturazione e riflessione sulla figura
di Gesù. Non è perciò un fatto di cronaca che viene raccontato, ma un richiamo,
all’inizio della vita adulta di Gesù, che sintetizza tutta la vicenda della sua
vita e della sua morte. È infatti, come spesso avviene nei Vangeli, un testo
carico di richiami simbolici e teologici. Gesù, infatti, è condotto a
Gerusalemme secondo l’usanza del tempo che, per sé, prevedeva tre incontri
nell’anno per ogni ebreo maschio. Per coloro, però, che erano
lontani, per i più devoti, era uso andare a Gerusalemme almeno una volta
all’anno, normalmente nel periodo della Pasqua. Luca ricorda che, in questa
occasione, Gesù ha 12 anni, e, a 12 anni, un ragazzo era ormai prossimo a quella
festa in cui il ragazzo ebreo compie la cerimonia del “Bar miswah” (lett.
“figlio del precetto”) che identifica l’ingresso nella maggior età religiosa.
Così, a 13 anni, ogni ebreo diventa religiosamente adulto ed è obbligato
all‘osservanza integrale dei precetti. Diventa così “figlio del comandamento”,
direttamente, senza aver più bisogno della mediazione dei genitori.
Il testo é diviso in tre parti: -
Io smarrimento e il ritrovamento di Gesù (2,41-47) durante il pellegrinaggio. Il
12 tuttavia richiama anche il numero del popolo. - il dialogo tra Maria e
Gesù nel tempio (2,48-50) apre allo stupore di un ritrovamento, ma anche alla
scoperta di una saggezza imprevista. Nelle parole di Maria c'é però anche un
logico rimprovero: si riferisce alla violazione di una norma che prescriveva, a
chi non era ancora maggiorenne, di vivere nella casa paterna. Gesù invece rivela
che, stando nel tempio, non viola la legge, ma la osserva nel suo più profondo
significato: il tempio, ritenuto la casa di Dio, é la vera casa paterna di Gesù,
figlio di Dio. Giuseppe e Maria non capiscono ma accettano in silenzio questo
mistero che si svelerà via via. - la conclusione dell'episodio e
dell'infanzia di Gesù (2,51-52). Il tema di fondo,
tuttavia, è dato dalla frase dì Gesù “Non sapete che debbo essere presso il
Padre mio?” (traduzione che sembra più aderente al testo). Gesù dimostra la sua
dipendenza fondamentale dal Padre e quindi la sua consapevolezza e chiarezza
nella vocazione e nell’ubbidienza (“devo”). Eppure egli resta sottomesso a
Giuseppe e Maria. Vengono richiamati alcuni elementi già trovati: la partenza,
il ricordo di Maria, la crescita. Gesù non é a caccia di autonomia ma esprime
nella casa di Nazareth la sua volontà di amore e di rispetto verso i genitori
nell'obbedienza ed "era loro sottomesso". L’episodio sottolinea la fondamentale
vocazione di Gesù: “Essere maestro nella Parola del Signore per individuare la
volontà del Padre”. Qui Gesù adolescente stupisce per la sapienza, nel tempio,
in mezzo ai sapienti. Il testo, comunque, non presenta un ragazzo presuntuoso
che vuole insegnare ai dottori della legge, ma richiama
l'atteggiamento di un giovane intelligente, che ascolta ciò che i sapienti
dicono e, desideroso di capire, pone domande. Questo è il modello di ogni saggio
che scruta le Scritture ed è, anche, il modello di ogni discepolo che vuole
conoscere. Lo stupore, che questo giovane suscita, è per l'acutezza delle
domande, per la ricerca di senso che egli vuol porre a sé e agli altri nella
vita. Dovrebbe essere un grande insegnamento per noi che dovremmo interrogarci e
interrogare molto di più e ascoltare più profondamente. La stranezza della
domanda di Gesù a Maria e Giuseppe: "Perché mi cercavate?" pone il problema del
valore della vita di ognuno nei confronti del Signore. E l'inizio della propria
maturità. Questo ragazzo desidera, dal primo momento, ricordare che il suo
rapporto con Dio è un rapporto unico e totale.Lo scontro tra le generazioni e la
ricerca della vocazione disorientano persino la piccola e santa famiglia: non
basta volersi bene. E’ sempre, comunque, difficile capirsi. C’è di mezzo un
mistero di futuro che non resiste ai nostri schemi. Eppure Maria, da una parte,
interroga e riflette in silenzio, dall’altra lei e Giuseppe non rinunciano alle
loro responsabilità di madre e di padre. Perciò Gesù ritorna nella normalità. Ma
il simbolismo si accentua nel pensare ai tre giorni di assenza (come quelli
della morte) e alla domanda: “Perché mi cercavate?” che corrisponde a quella
degli angeli nella risurrezione: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo?”
(24,5). Questo brano che, come spesso molti brani di Luca, è
una sintesi della vita di Gesù, può diventare anche un bellissimo testo di
riflessione sul nostri metodi educativi e sulle attese che abbiamo verso i figli
e le nuove generazioni che crescono. La famiglia trova così una sua preziosa
vocazione: scoprire e vivere la volontà di Dio, educando e impegnandosi nel
gratuito. Mentre si propongono i valori fondamentali della vita alle nuove
generazioni, bisogna saper capire i figli, educandoli nella libertà e nella
responsabilità: due dimensioni difficili che diventano così elementi di verifica
e di ricerca tra noi adulti. Ogni adulto è educatore, maestro, modello agli
occhi di un ragazzo. Non accettiamo di dire, almeno sul nostro comportamento:
“Nella vita privata il mio comportamento è un affare mio”, soprattutto se
abbiamo una rapporto stretto di responsabilità. Libertà e
responsabilità suppongono che si debba chiarire, spiegare, motivare e, magari,
in alcuni casi, chiedere scusa. Ognuno di noi riceve un saggio esempio da Maria:
“Maria custodisce e conserva tutto il messaggio nel suo cuore” per capire e
vivere la volontà del Padre. Gesù cresce a somiglianza del giovane Samuele "Il
giovane andava crescendo in statura e bontà davanti al Signore e agli uomini" (1
Sam. 2,26). |