
III Domenica dopo Pentecoste
17 giugno 2012
Marco 10, 1-12
Riferimenti : Genesi 2, 18-25 - Salmo 8 -
Efesini. 5, 21-33 |
O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo
nome su tutta la terra: sopra i cieli si innalza la tua
magnificenza. Con la bocca dei bimbi e dei lattanti affermi la
tua potenza contro i tuoi avversari, per ridurre al silenzio
nemici e ribelli. Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissate, che cosa è l'uomo perché
te ne ricordi e il figlio dell'uomo perché te ne curi? Eppure
l'hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai
coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto
hai posto sotto i suoi piedi; tutti i greggi e gli armenti,
tutte le bestie della campagna; Gli uccelli del cielo e i pesci
del mare, che percorrono le vie del mare. O Signore, nostro Dio,
quanto è grande il tuo nome su tutta la terra. |
Genesi 2, 18-25
In quei giorni. E il Signore Dio disse: «Non è bene
che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli
corrisponda». Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta
di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse
all’uomo, per vedere
come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse
chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il
suo nome. Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti
gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici, ma
per l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse. Allora il
Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si
addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al
suo posto. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta
all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse:
«Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La
si chiamerà donna, perché dall’uomo è stata tolta». Per questo
l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e
i due saranno un’unica carne. Ora tutti e due erano nudi, l’uomo
e sua moglie, e non provavano vergogna.
Nel libro della Genesi, al secondo capitolo, viene proposto un
nuovo racconto della creazione rispetto a
quello del cap I (impostato, per intenderci, sui 6 giorni+1) e
viene sviluppato, particolarmente, il progetto di Dio sulla
umanità e quindi sulla coppia e sul matrimonio. - Dio vuole
offrire all'uomo (maschio) amicizia e collaborazione, facendolo
uscire dalla solitudine (18). Ma trovare la gioia per l'uomo é
difficile e sembra che Dio stesso vada per tentativi. - Gli
animali splendidi e variopinti sono un dono all'uomo: simili a
lui nel corpo perché tratti dal fango, assolutamente diversi
nella loro esistenza poiché l’umanità ha ricevuto vita dallo
Spirito di Dio (2,7). L’uomo può dare ad ogni animale un
nome, dimostrando di esserne il padrone. Così, con una tale
presa di possesso, l'uomo li riconosce, coordina, mette ordine
nella creazione. Egli inizia una comunicazione nel mondo. - Ma
non c'é un “aiuto simile” (v.20) all’uomo. Così Dio riprende il
suo lavoro con fantasia: Egli vuole rendere felice l'uomo,
poiché questo è il suo progetto. Il secondo racconto della
creazione (Gen 2,18-24) è fondamentalmente centrato sulla
ricerca di un mondo gioioso. Questo è possibile quando viene
superata la solitudine, e quindi esiste un rapporto di
reciprocità e di parità. E’ bello leggere nella Bibbia che Dio
stesso è alla ricerca di soluzioni perché fuori di sé ci sia
contentezza. E la soluzione, che è attesa, progetto, sogno, si
concretizza quando il Signore crea la donna. "Gli voglio fare un
aiuto che gli sia simile", ma il testo ebraico dice: "Qualcuno
che sia come il suo di fronte". La donna non è tanto aiuto
materiale, né semplice compagna ma comunicazione alla pari,
rapporto tra persone, reciprocità. Un racconto rabbinico dice
che Dio non ha tratto la donna dai piedi perché fosse
sottomessa, né dalla testa perché diventasse padrona ma dal
fianco dell’uomo perché potessero insieme costruire un mondo
sempre nuovo, in collaborazione. La parola “aiuto”, in ebraico,
è particolarmente usata per Dio (“Tu sei il mio aiuto: Sal
70,6). Perciò la donna è presente come Dio è aiuto per portare
alla piena realizzazione la coppia. Il nome della donna non
viene pronunciato direttamente dall'uomo: esprimerebbe una
padronanza dell’uomo sulla donna, come per gli animali. Viene
pronunciato da Dio: "La si chiamerà Ishshà (donna) perché tratta
dall’Ish (uomo)". La donna non è perciò sottomessa a nessuno.
Sarà sottomessa a Dio. Essa sarà "uoma", da “uomo” richiamo
della sua provenienza e della sua parità. - Perciò il racconto
pone le radici e le motivazioni per i richiami della vita adulta
della coppia: l'attrazione (la scoperta dell'amore del tempo
della giovane maturità), l'unione della coppia (superamento
della legge del sangue per l’abbandono del padre e della madre,
perciò abbandono della dipendenza per una realtà nuova), la
procreazione ("i due saranno una carne sola" nella carne del
figlio) (v.24). |
Efesini. 5, 21-33
Fratelli, nel timore di Cristo, siate sottomessi gli
uni agli altri: le mogli lo siano ai loro mariti, come al
Signore; il marito infatti è capo della moglie, così come Cristo
è capo della Chiesa, lui che è salvatore del corpo. E come la
Chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli lo siano ai
loro mariti in tutto. E voi, mariti, amate le vostre mogli, come
anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per
renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua mediante
la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa tutta
gloriosa, senza macchia né ruga o
alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti
hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo: chi ama
la propria moglie, ama se stesso. Nessuno infatti ha mai odiato
la propria carne, anzi la nutre e la cura, come anche Cristo fa
con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. Per questo
l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e i
due diventeranno una sola carne. Questo mistero è grande: io lo
dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! Così anche
voi: ciascuno da parte sua ami la propria moglie come se stesso,
e la moglie sia rispettosa verso il marito.
Questa lettera scritta da Paolo alla Chiesa di Efeso,
probabilmente da Roma negli anni 61-63 d.C. oppure
prima, da Cesarea (58-60 d.C.), ha come tema fondamentale il
piano divino che chiama tutti- giudei e
pagani -alla salvezza mediante l’adesione alla Chiesa (corpo) di
cui Cristo è il capo. E’una teologia che coinvolge il valore
della Chiesa in rapporto a Gesù e corrisponde a quella
riflessione che già alcuni decenni fa veniva particolarmente
riproposta come “ teologia del Corpo Mistico”. La Chiesa è
radicata nel mondo e segno di speranza. È costituita da credenti
a cui Paolo dice: “Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli
carissimi, e camminate nella carità, nel modo in cui anche
Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio
in sacrificio di soave odore.”(5,1). Il “camminare nella carità”
propone, nello stesso tempo, le esigenze della vita di ogni
cristiano e i suoi orientamenti a Cristo che è il suo modello
fondamentale. Così, per alcuni versetti, (5,8-14) lo scrittore
della lettera sviluppa una linea di comportamenti sapienziali,
tutta nell’ottica del contrasto fra tenebre e di luce. La
condotta dei cristiani deve essere quella dei “Figli della luce”
e ovviamente, deve far maturare frutti di luce: “Il frutto della
luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità. Cercate di
capire ciò che è gradito al Signore” (5,9).
A questo punto, nella lettera, vengono ricordati non solo i
rapporti di coerenza personale, ma anche alcuni
dei rapporti fondamentali che ogni persona ha con altri, a
cominciare dalla coppia (5,22-33). Si continua
con il rapporto tra padri e figli (6,1-4), e infine col rapporto
con gli schiavi (6,5-9). Noi oggi leggiamo il testo molto
complesso che riguarda il rapporto con la coppia. Ma tutto il
capitolo, come questa riflessione sulla coppia, in particolare,
va letto alla luce del versetto: 5, 21: "Nel timore di Cristo,
siate sottomessi gli uni agli altri”. - La sottomissione è
reciproca tra le persone, nell’intento di eliminare la
prepotenza e la prevaricazione sull’altro. Vanno ricercati il
rispetto per la vita di ciascuno, il rapporto sapienziale, una
matura reciprocità che chiarisce la sottomissione allo stile di
Gesù. E "nel timore di Cristo” non fa riferimento alla paura, ma
piuttosto alla trepida sollecitudine nella disponibilità al
servizio. - Il testo sulla coppia si è prestato a molte
ambiguità, immaginando che la Scrittura giustificasse la cultura
maschilista del mondo ebraico e del nostro mondo, compreso
quello della Comunità cristiana. Quel che non si è tenuto
presente è che Paolo deve affrontare la problematica della donna
in un contesto culturale dove la donna è sottomessa. Paolo
stesso non è esente, da buon rabbino, da tale mentalità e
tuttavia è obbligato a ripensare questi diffusi criteri
culturali, alla luce della Parola di Gesù. Gesù stesso si è
sottomesso, ma la sua sottomissione non è solo ubbidienza o
soggezione, ma volontà, scelta, disponibilità ad un amore grande
che supera le gerarchie e le dipendenze. - In pratica Paolo dice
che “i criteri culturali” che la donna vive nella coppia devono
essere trasformati in attenzione, valore, significato di
accoglienza e di amore. E il confronto con Cristo vale anche per
il marito. L’uomo deve accettare di essere disponibile ad un
amore che difende, che purifica, che rende bella e libera la
sposa. Egli la ama fino a dare la vita per lei. Il linguaggio
suppone molti richiami al Primo Testamento. Il matrimonio
diventa immagine dell’alleanza tra Dio e il suo popolo. Paolo lo
chiama “mistero”: piano provvidenziale tra Dio e il suo popolo
che ha trovato come una immagine, una parabola del proprio
rapporto, proprio nella coppia e nel patto di fedeltà e di
cammino comune dell’uomo e della donna. - Perciò tra cristiani
si può fare un parallelo grandioso: ogni matrimonio si
rispecchia nelle scelte totali di Gesù e ogni richiamo alle
scelte di Gesù trova la sua immagine, più o meno trasparente, ma
sempre immagine, nel matrimonio. |
Marco 10, 1-12
In quel tempo. Partito di là, venne nella regione della Giudea e al
di là del fiume Giordano. La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli
insegnava loro, come era solito fare. Alcuni farisei si avvicinarono e, per
metterlo alla prova, gli domandavano se è lecito a un marito ripudiare la
propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero:
«Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». Gesù disse
loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma
dall’inizio della creazione li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà
suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne
sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello
che Dio ha congiunto». A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo
argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra,
commette adulterio verso di lei;
e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».
Marco, nel suo racconto di lento avvicinamento di Gesù ed i discepoli a
Gerusalemme, intende proporre
agli adulti uno stile di vita e di scelte per aiutare a capire che cosa
significa essere suoi discepoli o
“prendere le croce e seguirlo’.
Cosi, nel cap.10, vengono proposte 5 linee di comportamenti fondamentali
affinché un credente faccia una
sua scelta coerente:
- il matrimonio indissolubile,
- il valore del bambino e del povero che debbono essere messi al centro della
comunità,
- il condividere in fatto di ricchezza,
- il servizio prestato da parte di chi è grande,
- il cercare Gesù nella sua concretezza, “figlio di Davide” e insistere senza
scoraggiarsi né scandalizzarsi
di lui.
Noi oggi leggiamo solo la prima proposta che vuole fondare la mentalità nuova
della famiglia e quindi il
pensiero di Gesù sul matrimonio e sul divorzio. La discussione sul divorzio (o
meglio “ripudio del marito verso la donna”) è portata a Gesù poiché la
legislazione, molto generica di Mosè, permette al marito (non alla donna) di
ripudiare la moglie per aver trovato in lei qualche “cosa di vergognoso” (Deut
24,1- 4). Questo vago testo viene interpretato in modo rigorista alla scuola di
Shammai (“ci vogliono solo fatti gravi:. ad esempio un adulterio o un
tradimento”), e viene interpretato in modo blando alla scuola di Hillel
((“qualunque cosa sconveniente e sgradita al
marito). A Gesù chiedono il suo parere e la sua scelta giuridica. Gesù ne fa una
questione sapienziale e si
collega al progetto iniziale di Dio. Così invita a rileggere i primi capitoli
della Bibbia per scoprire l’armonia e chiama “durezza di cuore” l’incapacità a
saper vedere la bellezza del disegno di Dio, incapacità perché legati a cavilli
giuridici e non alla volontà e ai desideri di Dio. Se è Dio che congiunge, solo
Dio scioglie. Gesù non contrappone Mosè a Dio ma lo supera dicendo: “Oggi
iniziano i tempi nuovi che fanno riferimento, in modo chiaro e completo, al
Padre”.
Marco, che scrive il suo Vangelo per i romani, conclude con l’ipotesi del
ripudio anche da parte della donna, adeguandosi al pensiero di Gesù mentre
traduce i valori nella Comunità cristiana, all’interno delle diverse culture.
Ho ricordato. all’inizio, che la vita cristiana non si esaurisce nella
riflessione sul matrimonio cristiano sulla sua indissolubilità. E’ certamente
una grande scelta che però va maturata nelle altre proposte ricordate prima:
l’accoglienza dei piccoli e dei poveri, la condivisione, il servizio, la
preghiera coraggiosa a Gesù. Probabilmente questa lettura andrebbe ripresa con
fiducia e con coraggio. Il convegno mondiale della famiglia ci ha aiutati a
rileggere la bellezza del progetto di unità della famiglia, la sollecitudine
della Comunità cristiana a vivere questa scelta, il valore di segno,
fondamentale e coraggioso, oltre che gioioso, che la famiglia porta nel mondo:
segno di fedeltà che richiama l’Alleanza. Il fatto di avere, però, unito insieme
“lavoro e festa” ci ha incoraggiati ad entrare nel vivo della realtà
famigliare: la bellezza di una autonomia e la garanzia del benessere quando ci
sono competenza e lavoro, ma anche la fatica, i pericoli di dilacerazione per la
povertà, soprattutto in questa società ricca, l’incapacità a comunicare per le
delusioni e le spaccature interne. Il Convegno ci ha obbligato a ripensare in
termini concreti ad una più concreta lettura pastorale. E’ necessario entrare
nella conoscenza delle cause delle fratture, nella ricerca di soluzioni, nel
sostegno di situazioni fragili, nell’accompagnamento di persone disarmate e
senza risorse. E’ importante riprendere la
sensibilità per un impegno politico, dovendo affrontare problemi di giustizia
sociale, di economia, di responsabilità sul territorio, di impegno sulla
crescita e sul lavoro. Resta aperto tutto l’orizzonte dei valori civici della
cittadinanza, i temi e il rispetto della legalità, i rapporti tra persone nella
propria nazione e nel mondo intero. Per le nuove generazioni vanno incoraggiati
la ricerca e lo studio per tutti. |