
IV Domenica dopo Pentecoste
24 giugno 2012
Matteo. 22, 1-14
Riferimenti : Genesi. 18, 17-21;
19, 1. 12-13.15. 23-29 - Salmo 32 -
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi. 6, 9-12
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Beato l'uomo a cui è
rimessa la colpa, e perdonato il peccato. Beato l'uomo a cui Dio
non imputa alcun male e nel cui spirito non è inganno.
Tacevo e si logoravano le mie ossa, mentre gemevo tutto il
giorno.
Giorno e notte pesava su di me la tua mano, come per arsura
d'estate inaridiva il mio vigore. Ti ho manifestato il mio
peccato, non ho tenuto nascosto il mio errore. Ho detto:
"Confesserò al Signore le mie colpe" e tu hai rimesso la malizia
del mio peccato. Per questo ti prega ogni fedele nel tempo
dell'angoscia. Quando irromperanno grandi acque non lo potranno
raggiungere. |
Genesi. 18, 17-21; 19, 1. 12-13.15.
23-29
In quei giorni. Il Signore diceva: «Devo io tenere nascosto
ad Abramo quello che sto per fare, mentre Abramo dovrà diventare
una nazione grande e potente e in lui si diranno benedette tutte
le nazioni della terra? Infatti io l’ho scelto, perché egli
obblighi i suoi figli e la sua famiglia dopo di lui a osservare
la via del Signore e ad agire con giustizia e diritto,
perché il Signore compia per Abramo quanto gli ha promesso».
Disse allora il Signore: «Il grido di Sòdoma e Gomorra è troppo
grande e il loro peccato è molto grave. Voglio scendere a vedere
se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido
fino a me; lo voglio sapere!». I due angeli arrivarono a Sòdoma
sul far della sera, mentre Lot stava seduto alla porta di Sòdoma.
Non appena li ebbe visti, Lot si alzò, andò loro incontro e si
prostrò con la faccia a terra. Quegli uomini dissero allora a
Lot: «Chi hai ancora qui? Il genero, i tuoi figli, le tue figlie
e quanti hai in città, falli uscire da questo luogo. Perché noi
stiamo per distruggere questo luogo: il grido innalzato contro
di loro davanti al Signore è grande e il Signore ci ha mandato a
distruggerli». Quando apparve l’alba, gli angeli fecero premura
a Lot, dicendo: «Su, prendi tua moglie
e le tue due figlie che hai qui, per non essere travolto nel
castigo della città». Il sole spuntava sulla terra e
Lot era arrivato a Soar, quand’ecco il
Signore fece piovere dal cielo sopra Sòdoma e sopra
Gomorra zolfo e fuoco provenienti dal Signore. Distrusse queste
città e tutta la valle con tutti gli abitanti delle città e la
vegetazione del suolo. Ora la moglie di Lot guardò indietro e
divenne una statua di sale. Abramo andò di buon mattino al luogo
dove si era fermato alla presenza del Signore; contemplò
dall’alto Sòdoma e Gomorra e tutta la distesa della valle e vide
che un fumo saliva dalla terra, come il fumo di una fornace.
Così, quando distrusse le città della valle, Dio si ricordò di
Abramo e fece sfuggire Lot alla catastrofe, mentre distruggeva
le città nelle quali Lot aveva abitato.
Abramo è un vero amico di Dio e il Signore lo riconosce nella
sua qualità di giusto, di intercessore,
di uomo di fiducia. Perciò il racconto su alcuni fatti che hanno
sconvolto il tempo e la geografia dei luoghi attorno al Mar
Morto, allora zona di benessere e di civiltà, fa leggere, in
termini teologici, il terremoto, probabilmente, in concomitanza
coni eruzioni vulcaniche (Gen 19,24-25). Da qui fuoco e zolfo
dal
cielo. Lot, nipote di Abramo, immigrato anche lui con il
Patriarca nel viaggio da Ur di Caldea a Carran, sempre con
Abramo giunge in Canaan, poi in Egitto e poi ancora in Canaan
dove si è stabilito, Lot ha molto bestiame. Per poter vivere in
pace nello sviluppo della propria ricchezza, e per non dover
litigare con i pastori di Abramo, alla ricerca di pascoli, su
proposta di Abramo stesso gli viene offerta la possibilità di
scegliere il territorio in cui vivere. Lot sceglie di emigrare
nella valle del Giordano, ben irrigata, e si stabilisce presso
Sodoma (Gen 13,8-13). Dio ascolta il grido di sofferenza che si
alza dalle città di Sodoma e
Gomorra poiché gli abitanti sono malvagi e opprimono gli altri
cittadini più poveri e indifesi. Gli abitanti malvagi fanno il
male, rifiutano l’ospitalità, a differenza di Abramo che ritiene
sempre un onore ospitare e dar da mangiare ad uno straniero Anzi
considerano straniero Lot stesso, che abita tra loro e lo
rimproverano per il fatto che si rifiuta di consegnare loro due
ospiti che sono venuti a trovarlo. Essi vogliono abusare di loro
e minacciano lo stesso Lot: (Gen 19,9: “È venuto tra noi come
straniero e vuol farsi giudice”). A questo punto, l’autore
biblico ritiene di aver sufficientemente dimostrato la malvagità
di Sodoma e Gomorra e quindi conclude che Dio, giustamente,
debba distruggere le due città. A questo punto, nel testo, viene
riportata la grande intercessione di Abramo con Dio che gli ha
confidato i suoi progetti di distruzione del male e dei suoi
autori. Abramo non difende i malvagi ma pone il problema della
morte dei giusti insieme con i peccatori in caso di catastrofe:
“Sterminerai, Signore, l’empio con il giusto?” (18,23-33). In
una trattativa tipica del mondo orientale in cui si insiste ad
abbassare i parametri degli interventi di castigo, Abramo
incomincia da 50. “Se ci fossero 50 giusti?” e arriva
fino a 10:”E se ci fossero 10 giusti?”. Non c’erano neppure 10
giusti. Tuttavia, Dio salva Lot per amore di Abramo poiché
non ha accettato di cedere i suoi ospiti alla malvagità dei
Sodomiti. Il testo vuole aiutarci a scoprire che una nazione è
destinata alla distruzione se non rispetta l’ospitalità, se fa
gridare di paura e di rabbia il povero perché sfruttato,
se compie il male, se non sa obbedire alla legalità,
riconoscendo il diritto di ogni persona, se non conserva la
pietà per i deboli. . E questo va fatto senza rimpianti, senza
nostalgie e tentazioni assecondate. La lettura teologica aiuta a
ricercare il senso del male nel mondo, mentre continua a
mantenere il principio: l’uomo pecca e Dio castiga. A questo
orientamento viene ricondotto anche il significato di
alcune forme cristallizzate di sale. Una di queste fa
riferimento alla moglie di Lot che non ha saputo superare la
tentazione di rivolgersi indietro, con la sua nostalgia al
passato. La lettura culturale si gioca, perciò, su
moralità e immoralità, su benessere e morte, nella linea di
premio e castigo. Ma è il male stesso che ha in sé il virus
della debolezza, della frantumazione edella distruzione. |
Prima lettera
ai Corinzi. 6, 9-12
Fratelli, Non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno
di Dio? Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adulteri,
né depravati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né
calunniatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio. E tali
eravate alcuni di voi! Ma siete stati lavati, siete stati
santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù
Cristo e nello Spirito del nostro Dio. «Tutto mi è lecito!». Sì,
ma non tutto giova. «Tutto mi è lecito!». Sì, ma non mi lascerò
dominare da nulla.
La lettera ai Corinzi sorge con alcune urgenti problematiche che
Paolo sente di dover affrontare per
non lasciare nell’ambiguità e nella immoralità i credenti in
Cristo che, pure, hanno ricevuto esempi, parole nuove,
suggerimenti e stili di vita altissimi. Perciò, dopo essere
intervenuto duramente su un grave fatto di immoralità
sessuale, verificatosi nellacomunità cristiana e da tutti
conosciuto : “un cristiano convive con la moglie di suo padre”,
“immoralità che non si riscontra neppure tra i pagani” (5,1), e
dopo aver giudicato e concluso con l’espulsione di tale
cristiano dalla Comunità, Paolo continua con alcune proposte
coerenti con la fede, ma anche di difficile accoglimento, mentre
rimprovera: “Se avete liti per cose di questo mondo, voi
prendete a giudici gente che non ha alcuna autorità nella
Chiesa” (6,4). Così Paolo suggerisce: “Prendete invece tra voi
qualche persona saggia che possa fare da arbitro tra fratelli e
fratelli” (6,5). Tra l’altro questo è il riferimento per cui
sono sorti i tribunali ecclesiastici, croce pesante per i
vescovi dei primi secoli che dovevano passare molte ore a
giudicare su sciocchezze e problemi, spesso poco significativi,
ma causa di discussione e di contesa. In questo contesto morale
Paolo richiama un breve catalogo di catechismo morale, frequente
nelle lettere dell’apostolo, ma qui particolarmente solenne:
sono enumerati 10 comportamenti immorali che escludono dal
Regno, tanti quanti i 10 Comandamenti. Il fatto che si aggiunga
un “Non illudetevi” può far pensare a mentalità libertine che
uniscono insieme fede cristiana e comportamenti immorali.
Problema sempre esistito, anche oggi. La fede cristiana deve
rivedere un comportamento pagano poiché essa pretende una
conversione. Il battesimo consacra a Dio e rende interiormente
giusti (“santificati e giustificati”). Gesù è
“giustizia,santificazione e redenzione” (1,30). La fede in Lui,
“nel suo nome”, e la forza dello Spirito de nostro Dio” ci hanno
trasformato poiché la grandezza del Dio Trinitario si è
riversata in noi” (6,11). “Tutto mi è permesso” (ripetuto due
volte) può essere un’affermazione di Paolo, ripetuta in altri
contesti, probabilmente in richiami a regole ebraiche”. Ma Paolo
è preoccupato di educare la libertà di ciascuno. La libertà ha i
suoi limiti e va impegnata con responsabilità. E’ necessario
costruire ciò che vale e in
modo tale da non lasciarsi dominare da forze avverse che ci
rendono schiavi. |
Matteo. 22, 1-14
In quel tempo. Il Signore Gesù riprese a parlare loro con parabole e
disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo
figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi
non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli
invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati
sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne
curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi
presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò:
mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro
città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non
erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete,
chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli
che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.
Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava
l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito
nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi
e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché
molti sono chiamati, ma pochi eletti».
Matteo elenca qui tre parabole, di seguito, che hanno, come significato,
l’accoglienza alla volontà di
Dio, la concretezza di una risposta che non sia formale o solo gentile, quanto
piuttosto responsabile
e coerente, carica di impegni e di frutti.
- 21,28-32: la parabola dei due figli,
- 21,33-46: la parabola dei vignaioli malvagi,
- 22,1-14: gli invitati a nozze.
Noi, oggi ci fermiamo sulla terza parabola, pur ricordando che tutte e tre
pongono, al vertice del
valore della vita, un rapporto di collaborazione, di dignità sul lavoro e di
privilegio per le nozze ma,
in ultima analisi, la ricerca e l’obbedienza alla volontà di Dio.
Questa parabola ha un parallelo con Luca 14,15-24 e presenta delle differenze
interessanti,
dipendenti dal messaggio culturale diverso e dall’esperienza di Matteo
Il re prepara il banchetto di nozze per il figlio. E siamo, così, subito
trasportati in una atmosfera
favolosa, tanto più che subito si intravede che il re è Dio e il figlio è il
Messia che incorona, dopo
un progetto di millenni, un matrimonio di pienezza con la sua sposa.
Gli inviti, selezionati, sono stati inviati ed i profeti, che hanno sollecitato
almeno due volte, sono
stati ignorati. Anzi l’invito è stato addirittura volutamente rifiutato. In
alcuni casi è diventato il
pretesto per una rivolta contro il re poiché i messaggeri, pur essendo
inviolabili come ambasciatori,
sono stati cacciati e perfino uccisi. L’esperienza di Matteo, che ha alle spalle
la tragedia della
distruzione di Gerusalemme (70 d.C.) fa immediatamente collegare questo rifiuto
e queste ribellioni
al giudizio ed al rifiuto di Dio (v 7).
C’è un terzo invito per poter celebrare le nozze della Chiesa. Qui non si
seleziona preventivamente
nessuno, anzi si comincia ad accoglier chiunque, cominciando dai “cattivi” per
raggiungere poi
anche i “buoni”. (v 10). Le nozze sono un dono gratuito e tutti sono invitati,
indipendentemente dal
loro passato. Quando tutti sono “sdraiati”, come si usa in questo contesto per
mangiare, (v 11) il re
scende per stare con loro. E’ la garanzia dell’accoglienza. I rabbini
garantivano che il giorno del
banchetto “il Santo siederà in mezzo a loro”.
Ma uno non ha l’abito nuziale. Alcuni documenti mesopotamici ricordano il
costume dei re di
regalare la veste all’ingresso della sala del convito ad ogni singolo invitato.
Perciò chi non ha la veste per la cerimonia l’ha rifiutata ed è colpevole. Se
tutto è gratuito, per
fermarsi ci sono però alcune condizioni da rispettare.
Nella Chiesa, dice Matteo, sono chiamati tutti, ma poi tutti debbono indossare
l’abito che
rappresenta le scelte evangeliche, quelle assunte con il battesimo, con il bagno
che purifica e fa
risorgere. Bisogna smettere gli stracci delle abitudini del male.
Così Matteo vuole ricordare ai suoi che non si può convivere con le precedenti
abitudini. Le scelte
da fare, la dignità da reinvestire, i criteri da maturare debbono essere in
linea con l’ospitalità, la gioia
e la festa dove Dio è presente.
Non basta essere nella Chiesa. La veste nuziale sono le “opere giuste dei santi”
(Ap 19,8), i frutti.
Qualche capitolo più avanti (25,31-46), Matteo enumera le opere buone che
debbono fare da cardine
nell’umanità, credente o no, ma che si deve misurare sul cammino della storia e
su ciò che resta
davvero. C’è un gran finale nel giorno del giustizio in cui verremo ringraziati
o rifiutati a secondo di
quello che avremo fatto. Gesù dirà: “Avevo fame, avevo sete, ero nudo e
forestiero, ero malato o in
carcere”. E se ci sentiremo un grazie, ci chiederemo stupidi, spero tutti, di
quella riconoscenza e
ritorneremo con la memoria ai gesti, luoghi e tempi dell’accoglienza offerta ed
egli ci arricchirà di
particolari e ci svelerà i tempi della sua povertà.
Ma quel elenco sarà occupato anche da tanti altri frutti poiché nel Vangelo
l’elenco è incompleto
(siamo solo al sei, e non al sette, numero pieno). E quindi, nella storia, siamo
invitati ad aprire gli
occhi, poiché sorgeranno altre presenze di Gesù povero.
Quel giorno i beati, spero tutti. avranno una splendida veste nuziale.
Per le nuove generazioni vanno incoraggiati la ricerca e lo studio per tutti. |