IX Domenica dopo Pentecoste
29 luglio 2012

Marco 8, 34-38

Riferimenti : secondo Samuele. 6, 12b-22 - salmo 131  - PrimaCorinzi 1, 25-31

Signore, non si inorgoglisce il mio cuore e non si leva con superbia il mio sguardo; non vado in cerca di cose grandi, superiori alle mie forze. Io sono tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è l'anima mia. Speri Israele nel Signore, ora e sempre.

Lettura del secondo libro di Samuele. 6, 12b-22

In quei giorni. Davide andò e fece salire l’arca di Dio dalla casa di Obed-Edom e quanto gli appartiene, a causa dell’arca di Dio». Allora Davide andò e fece salire l’arca di Dio dalla casa di Obed-Edom alla Città di Davide, con gioia. Quando quelli che portavano l’arca del Signore ebbero fatto sei passi, egli immolò un giovenco e un ariete grasso.Davide danzava con tutte le forze davanti al Signore. Davide era cinto di un efod di lino.Così Davide e tutta la casa d’Israele facevano salire l’arca del Signore con grida e al suono del corno.Quando l’arca del Signore entrò nella Città di Davide, Mical, figlia di Saul, guardando dalla finestra vide il re Davide che saltava e danzava dinanzi al Signore e lo disprezzò in cuor suo. Introdussero dunque l’arca del Signore e la collocarono al suo posto, al centro della tenda che Davide aveva piantato per essa; Davide offrì olocausti e sacrifici di comunione davanti al Signore. Quando ebbe finito di offrire gli olocausti e i sacrifici di comunione, Davide benedisse il popolo nel nome del Signore degli eserciti e distribuì a tutto il popolo, a tutta la moltitudine d’Israele, uomini e donne, una focaccia di pane per ognuno, una porzione di carne arrostita e una schiacciata di uva passa. Poi tutto il popolo se ne andò, ciascuno a casa sua. Davide tornò per benedire la sua famiglia; gli uscì incontro Mical, figlia di Saul, e gli disse: «Bell’onore si è fatto oggi il re d’Israele scoprendosi davanti agli occhi delle serve dei suoi servi, come si scoprirebbe davvero un uomo da nulla!». Davide rispose a Mical: «L’ho fatto dinanzi al Signore, che mi ha scelto invece di tuo padre e di tutta la sua casa per stabilirmi capo sul popolo del Signore, su Israele; ho danzato davanti al Signore. Anzi mi abbasserò anche più di così e mi renderò vile ai tuoi occhi, ma presso quelle serve di cui tu parli, proprio presso di loro, io sarò onorato!».

Si stanno sviluppando al meglio le vicende di Davide. Israele è ancora frammentata tra le varie tribù e non ha ancora raggiunto una sua consistenza di unità, nonostante la regalità di Saul. I filistei, sempre dominatori, meglio armati e sempre sospettosi di qualunque operazione che supponga la ricerca di una autonomia, continuano a combattere e tengono soggetto Davide e quel piccolo territorio, il regno di Giuda, di cui Davide è re. Nella strategia di Davide c’è un progetto religioso che dovrebbe dare consistenza e autonomia al suo regno. Egli vuole portare l’arca dell’Alleanza, simbolo della presenza del Signore e garanzia di protezione, nella città di Gerusalemme, da tutti riconosciuta come la sua città. La sua conquista è stata un capolavoro di strategia ed ha mostrato un chiaro intervento della potenza di Dio. Così la città, che ha conquistato, da capitale politica del regno, può diventare anche la capitale religiosa. Il trasferimento è assomigliante ad una processione liturgica, svolta con particolare solennità. Superando i timori che l’arca incute (si raccontano strane malattie, sviluppatesi in precedenza in alcune città dei Filistei che hanno tenuto l’arca tra le proprie mura, come trofeo di guerra, e incidenti di morte per chi ha osato toccarla) Davide ritiene finalmente che sia possibile avviare l’arca su quel travagliato cammino di montagna verso Gerusalemme. Così ricomincia, “con gioia”, il suo itinerario, mentre diventa consapevole della necessità di semplicità e di innocenza. Simbolicamente il cammino è di sei passi. Al settimo passo si celebra un sacrificio a Dio e Davide svolge un compito sacerdotale mentre, nello stesso tempo, esprime la propria esultanza, danzando davanti all’arca. Concluso finalmente il trasferimento senza incidenti, si fa una grande festa popolare con un pranzo a cui partecipano, simbolicamente, tutte le tribù di Israele. . Qui avviene, e la Scrittura lo racconta, un incidente familiare tra Davide e Mical, prima moglie di Davide, figlia del re Saul, morto in disgrazia con Dio. Andando incontro (era rimasta a guardare i festeggiamenti dalla finestra e il ricordo suppone già un elemento di rimprovero), la moglie biasima il re, perché “si è spogliato sotto gli occhi delle serve dei suoi servi” (aveva conservato solo una fascia di lino ai fianchi), e danzando, si è comportato come uno che non ha dignità. Nel mondo antico ebraico la nudità è segno di vergogna e disonore. Davide risponde con durezza e sarcasmo, ricordando quale deve essere l’atteggiamento davanti a Dio: “Accettare di essere spregevole e umile ai suoi occhi mi copre di gloria. Ciò che tuo padre non ha voluto fare”. Mical non avrà figli. Questo testo rimanda al “principe del popolo di JHWH”, nella comunità cristiana. Davide richiama il Messia, “vero “principe del nuovo Israele”.. Gesù, il re Messia, umiliandosi, si copre di gloria.


Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 1, 25-31

Fratelli, ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini. Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili. Ma quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio. Grazie a lui voi siete in Cristo Gesù, il quale per noi è diventato sapienza per opera di Dio, giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta scritto, chi si vanta, si vanti nel Signore

Paolo scrive la prima lettera al Corinzi mentre si trova ad Efeso, grande capitale politica e religiosa della provincia romana dell’Asia, Un giorno giungono da Corinto alcuni cristiani della famiglia di Cloe (v 11) che recano una lettera a Paolo. Ma Paolo, prima di leggerla, vuole ascoltare notizie da quella comunità. Con molta ricchezza di particolari riferiscono che questa comunità, all’inizio fervorosa e accogliente, si sta trasformando per la divisione di gruppi che si rifanno a qualche apostolo, per alcune forme di immoralità da parte di qualche credente, accettate tranquillamente dagli altri, per sopraffazioni, per egoismi, per invidie, per mormorazioni malevoli. In un primo momento, Paolo, disorientato e deluso, immagina che sia stato vano il proprio impegno di evangelizzazione, ma poi si decide e scrive questa sua prima lettera alla Comunità di Corinto. Tutto questo è avvenuto poiché si è infiltrato, lentamente, uno spirito di competizione, e ognuno vuole prevaricare sugli altri, pensando di essere superiore e sperando di diventare ricco. S. Paolo suggerisce un’analisi disincantata sulla condizione sociale della comunità cristiana, per scoprire i criteri diversi e originali di Dio circa la scelta dei suoi collaboratori. Dio infatti non ha cercato i sapienti, né i forti, ma quelli che non sono nulla, i disprezzati. Paolo invita a ripensare alla condizione iniziale della comunità che era costituita da un mondo di poveri, di schiavi e di liberti (schiavi liberati), lavoratori del porto, piccoli rivenditori, immigrati. E' tutta gente priva di cittadinanza romana. Eppure Dio ha portato qui la sua sapienza. Egli predilige i piccoli, quelli che sono insignificanti agli occhi del mondo, coloro non si preoccupano di essere appariscenti e visibili. A questi il Signore consegna la sua sapienza e forma occhi nuovi per vedere il mondo come veramente è. Non bisogna dimenticare che Paolo, per esperienza diretta, ha capito egli stesso che l’oggetto della predicazione è “Cristo, e questo crocifisso” (2,2). Perciò solo Cristo crocifisso è diventato “sapienza (colui che offre i valori luminosi etici per la vita: giustificazione (egli ci rende giusti se crediamo), santificazione (consacrati a Dio perché accolti nella sua grazia), redenzione (riscattati dalla schiavitù, pagati a caro prezzo con la vita ed i sangue di Cristo)”. Si sente l’esigenza di una riflessione coraggiosa, anche oggi, poiché serpeggia pur nella Comunità cristiana la mentalità dell’apparire, del conquistare, dello stupire con la forza e a potenza. Tutto questo, anche nella Chiesa, porta alla dissoluzione e a quella drammatica superficialità che vanifica la fede.

Lettura del Vangelo secondo Marco8, 34-38

In quel tempo. Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà. Infatti quale vantaggio c’è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita? Che cosa potrebbe dare un uomo in cambio della propria vita? Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi».

Gesù è arrivato ad un momento cruciale della sua missione. Da qualche anno vive con i suoi, opera liberazioni ed insegna a scoprire la sapienza ed il volto del Padre. Ma, a questo punto, vuole che i discepoli prendano coscienza del significato della loro fede in Lui. “Chi sono io per la gente? Chi sono io per voi?” La domanda è posta solo agli apostoli. A Nord, nei pressi di Cesarea che si chiama Cesarea di Filippo, Gesù si trova, praticamente in una città particolarmente frequentata da pagani, costruita da Filippo, uno dei figli di Erode il Grande, in onore dei romani ed elevata a capitale del suo piccolo regno. Marco pone la domanda al centro del suo vangelo e registra la risposta interessante di Pietro: “Tu sei il Cristo” (vv 27-29). Gesù accetta la formulazione, ed comincia ad insegnare loro che deve molto soffrire. Pietro reagisce malamente poiché il contenuto della sua risposta è ben diverso. Egli sa che cosa significa Messia: lo ha sempre saputo come lo sanno tutti: è un vincitore, un trionfatore, un re. Ma Gesù lo rimprovera e Pietro si sente ricacciato non dal gruppo ma dal ruolo di voler pretendere di farsi maestro. “Vai dietro di me Satana”. C’è l’invito a rimettersi in cammino e a stargli dietro, non davanti, per imparare da Gesù, come amare (vv30-33”). A questo punto il testo di oggi ricorda che Gesù convoca la folla con i discepoli. In quel contesto è difficile che ci fosse una folla ma Marco utilizza una sua lettura teologica. Gesù si rivolge alle moltitudini che lo seguiranno e quindi anche a noi e insegna il senso del suo cammino. Gesù propone tre imperativi: -rinnega te stesso. Bisogna smettere di misurare ogni cosa ed ogni scelta sul tornaconto o l’interesse a sé che ne può derivare. Oggi i riferimenti fondamentali in circolazione sono l’onore, la stima, il danaro, gli interessi di parte o di gruppo. Gesù invita a mettersi nella situazione della gratuità e quindi nella prospettiva di servire gli altri. -prendi la croce. Nella cultura e nell’immaginario delle persone che ascoltano, la croce è lo strumento per gli schiavi disobbedienti o i ribelli all’impero oltre che per gli assassini. Si intravede il rischio di essere considerati un rifiuto od un nemico, seguendo la gratuità di Gesù. Seguendo Gesù si può, per ciò stesso, diventare pericolosi per l’impero. E’ già l’esperienza delle prime comunità cristiane. -seguimi. Ricorda la condivisione delle scelte di Gesù, l’accettare il suo progetto, mettere in gioco la propria vita insieme con Gesù, per amore di ogni persona. Successivamente Gesù sviluppa il paradosso delle scelte che come discepolo si debbono voler fare. “Si salva la propria vita solo se la si perde per causa mia e del Vangelo” dice Gesù e in questo modo proclama che non c’è nulla che valga di più della scelta di Gesù stesso. Oggi c’è un basso livello di consenso verso coloro che esercitano una autorità e, in particolare, verso i politici, poiché si rimprovera loro che utilizzano il potere per interessi personali o di gruppo. Certamente il danaro o l’interesse di parte sono una grande tentazione per tutti, credenti e no, cristiani e non cristiani. Nessuno da questa tentazione è vaccinato e quindi, per la coerenza di tutti, bisogna pregare e stare in guardia. Tuttavia chi si professa credente ha un obbligo in più, poiché una responsabilità ulteriore scaturisce proprio dalla sua fede e dalle parole di Gesù. Ci si sente legati dall’ultima frase perché, della coerenza, non ci chiedono conto solo l’opinione pubblica o la magistratura ma anche lo stesso Gesù; “ Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui”. Gesù lo diceva nel suo tempo. Gli evangelisti lo ripetevano alle proprie comunità. Il Vangelo lo ripete a noi oggi..