
VI Domenica dopo Pentecoste
8 luglio 2012
Matteo. 11,
27-30
Riferimenti :
Esodo. 3,
1-15 - salmo 67 -
Prima Corinzi. 2, 1-7
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Dio abbia pietà di noi e ci benedica, su di noi
faccia splendere il suo volto; perché si conosca sulla terra la
tua via, fra tutte le genti la tua salvezza. Ti lodino i popoli,
Dio, ti lodino i popoli tutti. Esultino le genti e si
rallegrino, perché giudichi i popoli con giustizia, governi le
nazioni sulla terra. Ti lodino i popoli, Dio, ti lodino i popoli
tutti. La terra ha dato il suo frutto. Ci benedica Dio, il
nostro Dio, ci benedica Dio e lo temano tutti i confini della
terra. |
Esodo. 3, 1-15
In quei giorni. Mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero,
sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di
Dio, l'Oreb L'angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di
un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto
non si consumava. Mosè pensò:
«Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo:
perché il roveto non brucia?».
4
Il Signore vide che si era
avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto:
«Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!».
5
Riprese: «Non
avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo
sul quale tu stai è suolo santo!».
6
E disse: «Io sono il Dio
di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di
Giacobbe». Mosè allora si coprì il volto, perché aveva
paura di guardare verso Dio.
7
Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo
in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi
sovrintendenti: conosco le sue sofferenze.
8
Sono sceso per
liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa
terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra
dove scorrono latte e miele, verso il luogo dove si trovano
il Cananeo, l’Ittita, l’Amorreo, il Perizzita, l’Eveo, il
Gebuseo.
9
Ecco, il grido degli Israeliti è arrivato fino a me
e io stesso ho visto come gli Egiziani li opprimono.
10
Perciò va’! Io ti mando dal faraone. Fa’ uscire
dall’Egitto il mio popolo, gli Israeliti!».
11
Mosè disse a
Dio: «Chi sono io per andare dal faraone e far uscire gli
Israeliti dall’Egitto?».
12
Rispose: «Io sarò con te. Questo
sarà per te il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai
fatto uscire il popolo dall’Egitto, servirete Dio su questo
monte».
13
Mosè disse a Dio: «Ecco, io vado dagli Israeliti e dico
loro: “Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi”. Mi
diranno: “Qual è il suo nome?”. E io che cosa risponderò
loro?».
14
Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». E
aggiunse: «Così dirai agli Israeliti: “Io-Sono mi ha
mandato a voi”».
15
Dio disse ancora a Mosè: «Dirai agli
Israeliti: “Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo,
Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, mi ha mandato a voi”.
Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui
sarò ricordato di generazione in generazione.
Mosè, che è cresciuto alla corte del Faraone, ha preso
coscienza della sua appartenenza al popolo schiavo degli ebrei che lavora per i dominatori, e
quindi vive con sofferenza il dover assistere alla violenza, all’ingiustizia ed alla
sopraffazione della classe dirigente a cui egli stesso appartiene. Mentre è ancora famoso in
autorevolezza, perché appartenente alla corte, si intromette in un episodio di lavoro dove il
sovrintendente egiziano maltratta uno schiavo ebreo. Mosè, che ne ha preso le difese, arriva ad
uccidere l’aggressore (Es 1,11-15). Ma quando, il giorno dopo, capisce che l’omicidio è
stato scoperto e lo si incolpa, ormai, quasi pubblicamente, ha paura e fugge
mettendosi in salvo nel deserto. Là si forma la sua famiglia, si inserisce nella cultura del
luogo, accetta limiti e si guadagna la sua tranquillità. Ma Dio lo scuote. Davanti
all’ingiustizia non si può restare in pace. “Vai a liberare il popolo poiché è il popolo di
Abramo, Isacco e Giacobbe, amici a cui ho garantito protezione per loro e i loro discendenti!”
Dio ha bisogno di collaboratori e sembra che ad essi offra
poco. Ma è un rapporto di amici, non un rapporto commerciale.: “Una presenza nel roveto
che brucia senza consumarsi; la garanzia che Mosè riuscirà a vincere la
resistenza del Faraone e che tornerà con il popolo a celebrare proprio su quel monte il
ringraziamento; infine una concessione inimmaginabile: Dio svela il suo Nome, tanto
misterioso quanto impronunciabile. E gli ebrei non diranno mai il tetragramma
sacro: YHWH ,perché pronunciarlo è come concretizzarlo, renderlo cosa o idolo,
possesso e potere sul Nome. Lo sostituiranno, invece, nella lettura biblica, con Adonai
(il Signore), Eloim (plurale di El, un nome collettivo che indica la divinità) e Ha-Shem (il
Nome per eccellenza).Tale parola intraducibile lo si può accostare al verbo “essere” ma
non per dire: “Dio è l’Essere”, lettura filosofica, usata anche nel Catechismo di
Pio X (1905), ma “Dio è l’esserci”. “Sono presente al tuo presente e in ogni tempo
sono presente e fedele. E se ho promesso, mantengo la parola data”. Il significato si estende
con il: “Sono fedele alla mia Parola. Sono misericordioso e perdono poiché mi occupo di
chi soffre e si lamenta. Per me il lamento è preghiera, anche se chi lo urla o lo
sussurra non sa, che ascolto o non mi conosce e pensa di gridarlo nell’infinito spazio vuoto e
silenzioso dell’universo. Perciò tu va e non avere paura”.
Mosè è il mediatore, la voce di Dio per il popolo, la voce
della libertà e della giustizia. E questo è anche il compito di Gesù, il nuovo Mosé (Gv5,46:
Mt5,17) ed è il compito dei credenti in Gesù che hanno il compito di concludere ogni
giorno questa avventura di Dio nel mondo, come suoi collaboratori.. |
Prima Corinzi. 2, 1-7
1
Anch’io, fratelli, quando venni tra voi, non mi presentaiad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccellenza della
parola o della sapienza.
Io ritenni infatti di non sapere,
altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso.
Mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore
e trepidazione.
La mia parola e la mia predicazione non si
basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla
manifestazione dello Spirito e della sua potenza,
perché la
vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma
sulla potenza di Dio.
Tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma
di una sapienza che non è di questo mondo, né dei
dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla.
Parliamo invece della sapienza di Dio, che è nel mistero,
che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei
secoli per la nostra gloria.
Paolo ripensa, mentre scrive la sua lettera, al primo impatto
che ha avuto in questa comunità cristiana greca in cui, tuttavia, si è fermato 3
anni circa. E’ arrivato intimidito, incapace di discorsi sublimi, portatore di un messaggio che,
senz’altro, è una pazzia proporre, poiché nel mondo greco bisogna offrire esempi di
sapienza e non la parola di “un barbaro” (così sono considerati gli ebrei), in più
rifiutato dai suoi stessi compatrioti e giustiziato.
E tuttavia Paolo non si scoraggia poiché i primi incontri
sono con persone semplici, di umili origini, che non contano molto nella società: Considerate
infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal
punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili” (1,26).
Sono i disprezzati e Paolo vi vede il segno della
predilezione di Dio. Una proposta assurda, partita da un apostolo senza particolari qualità
oratorie e anzi mal giudicato, se Paolo stesso, in un’altra lettera ai Corinzi ( la seconda),
così sintetizza il giudizio chem circola su di lui: “Le sue lettere sono dure e forti, ma la
sua presenza fisica è debole e la sua capacità di fare discorsi è modesta “ (2Cor10,10). Paolo
ha riportato questo giudizio sopra di sé e se n’è risentito; e
tuttavia si rende conto che tutto quello che ha seminato ha fatto frutto. Non certo
per suo merito, ma per la forza della Parola che penetra nel cuore e non ha bisogno di altri
supporti, salvo gli annunciatori che la trasmettono.
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Matteo. 11, 27-30
Il Signore Gesù disse:
Tutto è stato dato a me dal Padre
mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno
conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio
vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi
darò ristoro.
Prendete il mio giogo sopra di voi e
imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete
ristoro per la vostra vita.
Il mio giogo infatti è dolce e il
mio peso leggero».
Matteo costruisce nel suo Vangelo la traccia di un orizzonte che, in un
primo tempo ha sperato che manifestasse i trionfi di Gesù in Galilea. Invece, dopo i primi
entusiasmi,Gesù incontra il rifiuto della Parola e del suo Vangelo.
Così, nei due capitoli 11-12 vengono elencate le difficoltà. In questa caduta di
risultati,però, diventa sconcertante la preghiera di ringraziamento al Padre e lo svelarsi
del Regno, pur nella sconfitta.- Perplessità del Battista che si interroga sulla sua profezia circa le scelte
di Gesù: 11,2-19;- l’opposizione della città del lago: 12,20-24;- “i piccoli” aderiscono a Cristo: 11,25-30;- contestazione a Gesù sulla sua interpretazione del riposo sabbatico: 12,1-14;- Gesù (come il servo di Is 42,1-4) non demolisce né chiude con gli oppositori;
si ritira: 12,15-21:- accuse a Gesù di intesa con satana: 12,22-45;- la nuova famiglia: 12,46-50.Gesù non si spaventa né si rammarica. Quello che dice è all’interno di una
“benedizione”di lode al Padre come usa fare ogni buon israelita: “Ti rendo lode.” Corrisponde
al “Sto vivendo la tua logica e la tua volontà, Padre. Lo verifico mentre tu costruisci
un rapporto con la speranza dei piccoli che non sono sapienti né intelligenti”.Gesù non fa l’elogio della ignoranza. Ognuno deve maturare la propria sapienza.
Ma proprio questa deve aiutarci ad incontrare il Signore, le sue scelte di libertà
e i nostri compagni di viaggio che sono i piccoli. Anzi ci chiede di farci umili e poveri.
E questa è la vera sapienza. Se invece la tua sapienza ti costruisce un piedestallo, la tua religiosità e la
tua costruzione diventano complesse, caotiche, oppressive, indegne del dono di Dio.
Ti costruisci un giogo che uccide e angoscia. Con questa religiosità non incontri
più Dio. La legge di Dio è un giogo. Il Siracide ne parla in una raccomandazione al
figlio:“Introduci i tuoi piedi nei suoi ceppi, il tuo collo nella sua catena. Piega la
tua spalla e portala, non infastidirti dei suoi legami. Avvicinati ad essa con tutta l'anima
e con tutta la tua forza osserva le sue vie.
Segui le sue orme, ricercala e ti si manifesterà, e quando l'hai raggiunta, non
lasciarla. Alla fine in essa troverai riposo ed essa si cambierà per te in gioia”(Sir
6,24-28).C’è sempre un giogo, una sottomissione, un rapporto di verifica da fare poiché
nessuno è talmente grande da poter fare a meno delle scelte di valore per sé, per i suoi
desideri e le sue tracce di vita. Il Signore Gesù ci dice: “Scegliete il mio giogo che non vi
fa impazzire per la complessità, che non vi mette nella condizione perenne di colpa
e di indegnità. La proposta del giogo è quella del voler bene senza respingere
nessuno. Gesù, davanti ad un bilancio deludente, si rallegra poiché i piccoli e i poveri
lo accolgono mentre i ricchi e i sapienti si allontanano. Tutto porterebbe allo
scoraggiamento. Ma Gesù conosce il Padre come nessun altro. E Gesù lo sa rivelare ai suoi. Nella Bibbia
il verbo “conoscere” non si riferisce a incontri fatti, magari più volte con
qualcuno ma suppone l’entrare in comunione unica e totale con Lui.
La legge di Dio è un giogo. Il Siracide ne parla in una raccomandazione al
figlio:“Introduci i tuoi piedi nei suoi ceppi, il tuo collo nella sua catena. Piega la
tua spalla e portala, non infastidirti dei suoi legami. 26Avvicìnati ad essa con tutta
l'anima e con tutta la tua forza osserva le sue vie.27Segui le sue orme, ricercala e ti si manifesterà, e quando l'hai raggiunta,
non lasciarla. Alla fine in essa troverai riposo ed essa si cambierà per te in gioia”(Sir
6,24-28).La religione strutturata dai sapienti è diventata irrespirabile e chi non la
conosce, e non la rispetta, si sente rigettato da Dio e quindi escluso. “Questa gente che non
conosce la legge è maledetta” dice Caifa, sommo sacerdote, facendo riferimento al seguito
di Gesù(Gv7,49).Gesù incoraggia ad essere come Lui, mite ed umile di cuore, come nelle
beatitudini. Gesù sta dalla parte dei rifiutati, gli amati dal Signore e tale, rifiutato e
condannato, è risultato agli occhi della gente. Agli occhi del Padre, però, Gesù è stato ed è,
come per tutti noi ,il capolavoro della Misericordia. |