
Domenica dopo l’Ascensione
20 maggio 2012
Giovanni 17,11-19
Riferimenti : Atti degli Apostoli. 1, 15-26 - Salmo
138 - Prima lettera di a Timoteo 3, 14-16 |
Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore: hai
ascoltato le parole della mia bocca. A te voglio cantare davanti
agli angeli, mi prostro verso il tuo tempio santo. Rendo grazie
al tuo nome per la tua fedeltà e la tua misericordia: hai reso
la tua promessa più grande di ogni fama. Nel giorno in cui t'ho
invocato, mi hai risposto, hai accresciuto in me la forza. Ti
loderanno, Signore, tutti i re della terra quando udranno le
parole della tua bocca. Canteranno le vie del Signore, perché
grande è la gloria del Signore; eccelso è il Signore e guarda
verso l'umile ma al superbo volge lo sguardo da lontano. Se
cammino in mezzo alla sventura tu mi ridoni vita; contro l'ira
dei miei nemici stendi la mano e la tua destra mi salva. Il
Signore completerà per me l'opera sua. Signore, la tua bontà
dura per sempre: non abbandonare l'opera delle tue mani.
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Lettura degli Atti degli Apostoli. 1,
15-26
In quei giorni Pietro si alzò in mezzo ai fratelli – il numero
delle persone radunate era di circa centoventi – e disse:
«Fratelli, era necessario che si compisse ciò che nella
Scrittura fu predetto dallo Spirito Santo per bocca di Davide
riguardo a Giuda, diventato la guida di quelli che arrestarono
Gesù. Egli infatti era stato del nostro numero e aveva avuto in
sorte lo stesso nostro ministero. Giuda dunque comprò un campo
con il prezzo del suo delitto e poi, precipitando, si squarciò e
si sparsero tutte le sue viscere. La cosa è divenuta nota a
tutti gli abitanti di Gerusalemme, e così quel campo, nella loro
lingua, è stato chiamato Akeldamà, cioè “Campo del sangue”. Sta
scritto infatti nel libro dei Salmi: La sua dimora diventi
deserta e nessuno vi abiti, e il suo incarico lo prenda un
altro. Bisogna dunque che, tra coloro che sono stati con noi per
tutto il tempo nel quale il Signore Gesù ha vissuto fra noi,
cominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è
stato di mezzo a noi assunto in cielo, uno divenga testimone,
insieme a noi, della sua risurrezione» Ne proposero due:
Giuseppe, detto Barsabba, soprannominato Giusto, e Mattia. Poi
pregarono dicendo: «Tu, Signore, che conosci il cuore di tutti,
mostra quale di questi due tu hai scelto per prendere il posto
in questo ministero e apostolato, che Giuda ha abbandonato per
andarsene al posto che gli spettava». Tirarono a sorte fra loro
e la sorte cadde su Mattia, che fu associato agli undici
apostoli.
Luca racconta il clima e gli avvenimenti che si sono sviluppati
nei 10 giorni tra l'ascensione e la Pentecoste. Sono giorni di
attesa e di perplessità, perché gli apostoli non hanno delineato
un loro futuro e continuano a sentirsi deboli e incapaci di
qualunque progetto. E tuttavia restano fedeli a ciò che Gesù
aveva loro chiesto: quello di attendere. La loro è un'attesa
vivace, coerente, fiduciosa. E’ un tempo che trascorre nella
preghiera con Maria e nella riflessione sui fatti e sulle parole
di Gesù. Il testo che abbiamo letto si divide in due parti,
concatenate tra loro, poiché lo scopo è quello di ricostituire
il gruppo dei dodici. Si parla, prima, della morte di Giuda per
poi procedere alla sua sostituzione. E l'iniziativa è nelle mani
di Pietro che viene riconosciuto, senza nessuna perplessità,
come il responsabile del gruppo degli apostoli. Il numero di
credenti, 120 persone, possono essere il richiamo per avere la
garanzia di un sinedrio locale o possono riferirsi al fatto che,
per costituire una comunità di preghiera, bisogna che ci siano
almeno 10 uomini. In questo caso i 10 uomini sono moltiplicati
per 12 cosicché ogni apostolo può ricostituire un luogo di
preghiera. Ma Paolo parla di almeno 500 persone che hanno visto
insieme Gesù in Galilea. (1Cor 15,6). Può voler dire che a
Gerusalemme non ci sono tutti i credenti in Gesù ma molti sono
in Galilea e che probabilmente si è costituita una sinagoga a
parte un seno al giudaismo nella stessa Gerusalemme. Si parla
qui di una compravendita che Giuda avrebbe fatto del campo in
cui si è impiccato mentre Matteo (27,3) ricorda, ed è più
probabile, che la compravendita sia stata fatta dal sinedrio, in
un secondo tempo, con i trenta danari del tradimento, e che
quindi il campo è diventato cimitero degli empi. La differenza
può dipendere proprio dal richiamo del salmo 69,26: “La sua
dimora diventi deserta”. E alcuni particolari raccapriccianti
(v18) si ricollegano alla credenza di allora che il ventre degli
empi diventa la casa dei demoni. Giovanni (13,27) ha scritto: "E
dopo il boccone, entrò in Giuda Satana" (siamo all'ultima cena
di Gesù). Perché ci sia un sostituto al posto di Giuda , è
necessario che il prescelto abbia fatto parte
della comunità fin dal tempo di Giovanni Battista e che sia
testimone della risurrezione. In sintesi, deve essere testimone
di ciò che Gesù ha detto e ha fatto nella sua vita pubblica ed
essere testimone della gloria di Dio, offerta a Gesù che è morto
per amore. La scelta viene fatta attraverso la preghiera a Dio
il quale conosce "il cuore di tutti” e quindi può indicare chi
Gesù avrebbe designato, qualora fosse ancora visibile tra i
suoi. Si scrive il nome dei candidati su bastoncini colorati e
si mettono in un recipiente. Il primo bastoncino estratto indica
l’eletto, consapevole dei grandi ruoli e della grande
responsabilità che questa comunità ha ricevuto dal Signore. I
credenti dovranno attuare una grande coesione di popolo non per
costruire potenza né splendore ma per vivere nella pienezza di
Gesù crocifisso e risorto. Sarà possibile se ci si mantiene in
rapporto con la preghiera a Dio, nella
mediazione di Gesù e nella docilità dello Spirito, disponibili
ad offrire nel mondo la Parola della speranza per tutti. Non si
sentono certo soli e, pur nella fragilità, mantengono una
continuità fiduciosa e sicura. |
Prima lettera a Timoteo 3, 14-16
Carissimo, Ti scrivo tutto questo nella speranza di venire
presto da te; ma se dovessi tardare, voglio che tu sappia come
comportarti nella casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente,
colonna e sostegno della verità. Non vi è alcun dubbio che
grande è il mistero della vera religiosità: egli fu manifestato
in carne umana e riconosciuto giusto nello Spirito, fu visto
dagli angeli e annunciato fra le genti, fu creduto nel mondo ed
elevato nella gloria.
entra in gioco nel secondo viaggio missionario di Paolo a Listra.
Convertitosi, acquista un suo ruolo di particolare importanza
nella collaborazione con Paolo ed è, insieme a lui, alla
fondazione delle chiese di Filippi e di Tessalonica mentre è
inviato in missione per
pacificare gli animi in alcune comunità in difficoltà. Ad Efeso
è responsabile della comunità cristiana. Il breve testo che
leggiamo oggi, tratto dalla lettera a lui indirizzata, è una
sintesi di particolare rilievo sul compito della Chiesa. Viene
chiamato con termine greco (Ecclesia) che, per sé, identifica
un’assemblea civile. Probabilmente per questo si aggiunge la
specificazione: "Chiesa del Dio vivente" e a questa va collegata
la denominazione “l'assemblea del Signore”
(espressione molto vicina alla tradizione ebraica). E si
utilizza il termine "casa" che, nello stesso tempo, richiama il
tempio, e una struttura spirituale, ma anche “famiglia” e
“società” in cui i credenti in Gesù si radunano e si sentono
uniti in fraternità. Poiché la città di riferimento sembra
essere Efeso, Paolo deve avere ancora nelle orecchie le grida
dei pagani di Efeso nella rivolta contro di lui: "Grande
Artemide degli Efesini" (atti 19,28). E qui si dice che la
formula cristiana è il ” grande è il mistero della vera
religiosità”
cioè di segno di Dio, prima nascosto ora rivelato, che Cristo è
Salvatore di ogni uomo e donna. Paolo sintetizza la verità
rivelata da Dio, “sostenuta dalla Chiesa di Dio, colonna e
sostegno della verità”. E la verità è Gesù stesso, soggetto di
sei brevi versi, probabilmente richiamo di un antico inno
cristiano, in parallelo di due; - carne- spirito: Gesù si è
manifestato nella carne ma è giustificato nella Forza di Dio
nella risurrezione; - angeli-genti: Gesù appare agli angeli
quando si scioglie dai legacci della morte e sale al cielo
mentre sulla terra è predicato alle genti dalla comunità che
porta il suo messaggio; - mondo-gloria : Gesù è accolto nel
mondo e dal Padre; glorificato attraverso la predicazione e la
fede e accolto dal Padre, Signore alla sua destra. |
Giovanni. 17,11-19
In
quel tempo. Il Signore Gesù disse: “Padre, Io non sono più nel mondo; essi
invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome,
quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi. Quand’ero con
loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati,
e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si
compisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo,
perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato loro la tua
parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono
del mondo. Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal
Maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella
verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche io ho
mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi
consacrati nella verità.
Giovanni, alla fine dell'ultima cena, nel suo Vangelo, ci offre "La preghiera
sacerdotale" in cui Gesù esprime il significato del suo cammino, il valore della
sua offerta mentre chiede la custodia dei suoi amici. L'interlocutore è il
Padre, a cui Gesù si rivolge, ma è un pregare ad alta voce per cui interlocutori
sono anche i discepoli. Così questa preghiera è, nello stesso tempo,
coinvolgimento e catechesi, comunione col Padre e scoperta della vita di Gesù e
della propria vocazione.. E se tutti hanno atteso l'intervento di Dio che
schiodasse Gesù dalla croce, per poter così
riconoscere che davvero le parole di Gesù erano le parole di un giusto, Gesù sa
che deve consumare fino in fondo la sua umiliazione e accettare l'equivoco delle
attese che tutti, anche i discepoli, si portano dentro. Gesù sa che solo così
viene dimostrata la garanzia dell'amore fedele di Dio e suo, per cui nulla e
nessuno più, nella storia, potranno farlo retrocedere. E l'opera del Figlio è
quella di offrire la propria vita per tutti coloro che il Padre gli ha affidato.
Glorificazione è riconoscimento, è richiesta di intervento nonostante la
maledizione che il Calvario e la croce comportano per sé e per la propria opera.
La gloria è garanzia, è riconoscimento totale delle scelte di Dio, è intervento
nuovo e impensabile che però passa attraverso la croce, esplodendo nella
risurrezione (17,1-5). A questo punto il dialogo con il Padre si apre sulla
scelta e sulla protezione degli "uomini che mi hai dato dal mondo". Gesù ha
accettato il suo ruolo, li ha accolti dalle mani del Padre, e quindi prega per
loro. Gesù prega il Padre per i credenti, cioè coloro che hanno avuto il dono di
riconoscere in lui il Figlio. Così essi fanno parte della famiglia del Padre, e
quindi ad essi è affidata la continuazione dell'opera iniziata nella
glorificazione del Padre e del Figlio. Gesù visibilmente esce dall'orizzonte
umano e nel mondo visibile resta la sua comunità. Perciò è affidata al Padre suo
e all'amore che ha custodito Gesù che, a sua volta, ha custodito i 12 nel mondo.
Egli non ha perso nessuno ma li ha sorretti tutti. Si è solo smarrito "il figlio
della perdizione”. La preghiera, che Gesù esprime, chiede per i suoi la gioia
piena, nonostante l'odio che troveranno nel mondo, ma avranno in sé la sua
Parola. Gesù non si è confuso con il mondo. Ed anche i suoi non debbono
confondersi con il mondo, poiché sono consacrati nella verità. Questa verità,
finora, l’hanno custodita come dono del Padre, nella parola di Gesù, come un
progetto nuovo. Ma è una verità che va vissuta nel mondo.
Che si possa raggiungere la verità è molto difficile e quando Gesù stesso
pronuncia queste parole a Pilato, (Gv 18, 37) si sente rispondere: “Che cosa è
la verità?” (Gv18,38). La verità non esiste, e comunque è irrilevante poiché
ognuno si crea le proprie verità. Ma Gesù stava affermando che la verità è sulla
sua strada ed è la sua vita. Egli si propone di essere la traccia su cui aiutare
a camminare per indicare, passo passo, i segni e le mete. La verità sta nelle
mani di Gesù e nella sua vita, sopravanza ogni nostro pensiero, che però può
mettersi sulle sue tracce, è sempre più avanti del nostro coraggio, sempre più
grande delle nostre attese, e sempre più vicino a ciascuno di quello che noi
immaginiamo. La verità suppone un'attenzione continua, una tensione aperta, un
cercare fiducioso, accettando Gesù. La verità non è una formula, una ricetta,
uno scontrino, poiché è Cristo: “Via, Verità e Vita” (Gv 14,6). |