
Domenica
di Pentecoste
27 maggio 2012
Giovanni. 14, 15-20
Riferimenti : Atti degli Apostoli. 2, 1-11 - Salmo
103 - Prima lettera ai Corinzi. 12, 1-11 |
Benedici il Signore, anima mia, quanto è in me
benedica il suo santo nome. Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tanti suoi benefici. Egli perdona tutte le tue
colpe, guarisce tutte le tue malattie; salva dalla fossa la tua
vita, ti corona di grazia e di misericordia; egli sazia di beni
i tuoi giorni e tu rinnovi come aquila la tua giovinezza. Il
Signore agisce con giustizia e con diritto verso tutti gli
oppressi. Ha rivelato a Mosè le sue vie, ai figli d'Israele le
sue opere. |
Atti degli Apostoli. 2, 1-11
Mentre stava compiendosi il giorno della
Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne
all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si
abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano.
Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si
posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito
Santo e cominciarono a parlare
in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere
di esprimersi. Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti,
di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si
radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare
nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la
meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse
Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria
lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamiti, abitanti della
Mesopotamia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e
dell’Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle
parti della Libia vicino a Cirene, Romani qui residenti, Giudei
e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre
lingue delle grandi opere di Dio».
La Pentecoste ci fa celebrare l'inizio di una esperienza
particolare, vissuta dalla prima Comunità cristiana, che ha
aperto gli occhi sul dono dello Spirito,dato dal Padre
attraverso Gesù. In questo dono, noi che siamo stati battezzati,
leggiamo ed accogliamo la Parola di Dio, celebriamo i sacramenti
e, in particolare, l'Eucaristia ogni domenica. Dallo Spirito ci
sentiamo incoraggiati e aiutati nel ripensare ad uno stile di
vita secondo il desiderio di Gesù. I discepoli, tutti insieme,
sono ancora rinchiusi nel cenacolo; ma sanno che davanti a loro
c'è un progetto inimmaginabile che è l'annuncio a tutti popoli
della presenza del dono di Gesù morto e risorto. Dopo
l'ascensione, in quegli ultimi 10 giorni che li divide dalla
Pentecoste, si sono anche organizzati, tanto da scegliere un
sostituto di Giuda, ricostituendo il numero dei dodici con
l’elezione di Mattia. Sono con Maria che li incoraggia ad
attendere e pregano insieme per capire e per sentirsi capaci
della propria vocazione. Finalmente, mentre celebrano, nel 50°
giorno dalla Pasqua, con gli ebrei, il dono della Legge offerta
da Dio a Mosè sul Sinai, in una cornice di vento impetuoso,
terremoto e fuoco avviene un fatto eccezionale che sconvolge la
loro vita. Luca inizia il racconto della Pentecoste con un
riferimento temporale "Mentre si sta compiendo il giorno della
Pentecoste": Ma questa frase, nel linguaggio dell’evangelista, è
il segnale che sta iniziando un momento nuovo. Infatti proprio
Luca, autore degli Atti, utilizza la stessa formula, nel suo
Vangelo, quando deve raccontare l'inizio del viaggio di Gesù
verso Gerusalemme (9,51:Mentre stavano compiendosi i giorni in
cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la ferma decisione
di mettersi in cammino verso Gerusalemme) . Là il racconto
incomincia il lungo cammino di Gesù verso la città santa dove
concluderà la sua vita con la sua morte e resurrezione, qui Luca
racconta l'inizio della nuova Chiesa e quindi del nuovo popolo.
E lo fa in un contesto carico di segni che esprime un mondo
completamente nuovo: "fragore quasi di un vento impetuoso" e
"lingue come di fuoco che si dividevano e si sposarono su
ciascuno di loro". Il risultato è una novità nel cuore di
ciascuno: "Tutti furono colmati di Spirito Santo". Ma il
significato di questo cambiamento si riversa in un atteggiamento
completamente nuovo e impensabile. Anche la gente cosmopolita, ,
e sono ebrei che provengono da tutto il mondo allora conosciuto,
ha avvertito il rumore, ed si chiede il significato. Nel
frattempo ascolta questi nuovi
predicatori che portano un messaggio,totalmente nuovo ed
impensabile e tuttavia vivo, concreto, fatto di parole
conosciute perché "ciascuno li udiva parlare nella propria
lingua nativa.". Si sta compiendo, prolungandosi nei secoli il
senso di questo messaggio: siamo alla presenza di fatti
totalmente nuovi che coinvolgono personalmente le persone
presenti e possono cambiare il cammino della storia. E tuttavia
viene percepito anche che tutto questo avviene nel rispetto
delle proprie radici, che costituiscono la vita
di un popolo e di ogni persona. Non ci sono richiami alla paura
e alla violenza, ma parole che richiamano fatti, e non solo
saggezza,. Si sente il segnale di un modo diverso dal solito di
pensare, e siamo alla presenza di più testimoni concordi, buoni
lavoratori che si stanno giocando la propria reputazione, e che
tuttavia danno gratuitamente per far scoprire una speranza nuova
nel tempo della propria esistenza.
Il messaggio non ci viene ancora proposto perché sarà il
contenuto del discorso improvvisato che Pietro
farà tra la gente, senza pulpito e senza paramenti particolari.
Ma il messaggio lo si intravede già qui. La Pentecoste, perciò,
è una sorpresa, ma anche la scoperta di messaggi nuovi da
maturare nel cuore e da
proporre, nella chiarezza, sentendosi responsabili della libertà
di ciascuno. Lo Spirito è amore e se non c’è libertà non c’è
amore e quindi non c’è scoperta di Dio e dei suoi doni. E il
primo dono che ci è offerto è Gesù e lo Spirito di Gesù in noi. |
Prima lettera di san Paolo apostolo
ai Corinzi. 12, 1-11
Riguardo ai doni dello Spirito, fratelli, non voglio lasciarvi
nell’ignoranza. Voi sapete infatti che, quando eravate pagani,
vi lasciavate trascinare senza alcun controllo verso gli idoli
muti. Perciò io vi dichiaro: nessuno che parli sotto l’azione
dello Spirito di Dio può dire: «Gesù è anàtema!»; e nessuno può
dire: «Gesù è Signore!», se non sotto l’azione dello Spirito
Santo. Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi
sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono
diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A
ciascuno è data una manifestazione particolare dello
Spirito per il bene comune: a uno infatti, per mezzo dello
Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro
invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; a
uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico
Spirito, il dono delle guarigioni; a uno il potere dei miracoli;
a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di
discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un
altro l’interpretazione delle lingue. Ma tutte queste cose le
opera l’unico e medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno come
vuole.
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi. 12, 1-11
I cristiani di Corinto avevano scritto all'apostolo chiedendo
istruzioni sui doni spirituali (“carismi) cioè
sulle manifestazioni esterne e straordinarie dello Spirito.
Paolo conosce episodi di esaltazione religiosa
che avvenivano tra i pagani, con fenomeni di delirio e di
convulsioni. Probabilmente i fedeli di Corinto,
da pagani, avevano fatto queste esperienze di origine diabolica
o patologica e bisognava verificare se
anche queste manifestazioni dello Spirito andassero lette allo
stesso modo. Paolo consegna loro un
criterio interessante a seconda di come uno si comporti nel
riconoscimento di Gesù. Se lo si bestemmia chiamandolo
“maledetto” o se lo si benedice affermando che “Gesù è il
Signore”, si dimostra il valore della testimonianza. Il richiamo
a Gesù come Signore manifesta una altissima professione di fede
e così scopriamo di essere nella linea della correttezza e della
verità. Chiarita la consistenza dei doni, Paolo deve intervenire
con severità tra questi cristiani di Corinto, poiché si stanno
sviluppando confronti e gelosie a secondo delle manifestazioni
di ciascuno: sia che esistano pregi e valori propri e sia che si
esercitino ruoli che si collegano al dono dello Spirito nella
Comunità. Si creano paragoni e si fanno valutazioni pretendendo
precedenze. Colui o colei che hanno particolari doti,
soprattutto quelle appariscenti, provocano e pretendono
privilegi, riconoscimenti, onori, maggiore
rispetto. Così le doti di ciascuno diventano pretesto per
ostentazioni, per affermazioni di sé, prestigio e
potere. Quello che avviene in ogni società avviene anche nella
giovane Comunità di Corinto, suscitando gruppi contrapposti e
divisioni, oltre che risentimenti e disgregazioni. Paolo scrive
mettendo in guardia da queste deformazioni che inaridiscono i
doni di Dio e la Comunità cristiana. Quello che è stato offerto
dal Signore è dono dello stesso Spirito che ha distribuito come
ha voluto, Non ci sono maggiori e minori valori tra i “carismi”
o, per lo meno, non vanno valutati così i
doni ricevuti. Quello che serve è la verifica di come ciascuno
sta offrendo un proprio contributo, gratuito, nella Comunità
cristiana perché essa stessa si riconosca come luogo di Dio.
Infatti “a ciascuno è
data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene
comune” (v 7) e tutti hanno qualche cosa di
nuovo e di bello da portare. Sono elencati qui nove carismi
distribuiti in tre gruppi secondo che riguardano l’insegnamento,
l’azione o altre finalità. All’insegnamento appartengono il dono
delle “parole di sapienza”, (per cui illuminati dallo Spirito si
è in grado di esporre le verità più alte della fede) e il dono
delle “ parole di scienza” (essere in grado di esporre le verità
elementari della fede per maturare i mezzi della salvezza).
Appartengono all’azione i doni della fede, le guarnigioni e i
miracoli e si parla della fede non tanto
come virtù quanto come un’eccezionale fiducia in Dio e nel suo
intervento miracoloso che è capace di provocare cose nuove.
Infine nel terzo gruppo si ricordano la “profezia” (il dono di
parlare con particolare efficacia per esaltare, verificare,
consolare), il “discernimento degli spiriti” (che aiuta ad
operare un giudizio critico per aiutare le persone a scegliere),
la “glossolalia” (il parlare in lingue incomprensibili,
lanciando preghiere, invocazioni, gridi inarticolati e oscuri
sia per i protagonisti che per i circostanti; S. Paolo non stima
molto questo dono: 14,6-11); infine “l’interpretazione delle
lingue” che dovrà ricomprendere e tradurre il linguaggio degli
estatici in modo che la Comunità ne tragga un insegnamento
coerente. Il testo continua garantendo che ognuno deve
contribuire a creare un organismo vivo e ordinato a somiglianza
del corpo umano, armonioso, organico, composto da varie membra
che concorrono, tutte, alla vita dell’organismo completo. Ma
esiste un carisma più alto che arricchisce ogni realtà in
armonia e a cui bisogna ambire con fiducia:
esso è la carità (12,31). |
Giovanni. 14, 15-20
Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: “Se mi amate, osserverete i miei
comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché
rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può
ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli
rimane presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora
un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi
vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io
in voi”.
Si legge, in questo testo, parte del lungo testamento di Gesù che Giovanni ci
riporta nei quattro capitoli dell’ultima cena e si percepiscono, con il disagio
di una prossima partenza di Gesù, la paura, lo stupore, l’impazienza, la
fragilità di non potere fare nulla per fermare gli avvenimenti incombenti. In
questo brano Gesù suggerisce alcune raccomandazioni di comportamento ed offre
alcune garanzie. Dato per scontato che lo amano (“Se mi amate”) Gesù concretizza
la loro affezione non abbandonandola nel limbo dei confini dell’emozione, ma
obbliga a scendere nella concretezza: “Osservate i miei comandamenti, se mi
amate” (v15). Le garanzie che Gesù porta sono fondamentalmente le garanzie di
presenza e di sostegno. Prima però Gesù parla del Paràclito, una figura
interessante, presente nei tribunali. Era possibile che una persona, considerata
seria, apprezzata da tutti, potesse “essere chiamata vicino” a chi è sotto
processo per suggerire, incoraggiare chiarire chi è accusato perché possa
agevolmente difendersi. Qui Gesù affida allo Spirito il compito di motivare le
scelte e di fare chiarezza, sostenendo chi non è in grado di distinguere a
sufficienza e conoscere quello che viene dallo Spirito. Infatti il nostro nemico
che ci accusa è il mondo. Ma cos’è il mondo? Non sono i pagani, né i lontani o
chi non appartiene al gruppo dei discepoli ma il mondo è quella parte del cuore
dell’uomo, di ogni uomo che accetta il male, il peccato, la morte della
speranza, l’egoismo. Mondo è la contrapposizione a Cristo, scelta di rifiuto
dell’amore di Dio e dell’amore di ogni persona, rifiuto di costruire insieme un
mondo nuovo. Perciò il Consolatore è anche lo Spirito dalla verità perché deve
educarci, passo passo, fino alla fine del mondo, a scoprire le parole di Gesù, a
fidarci di lui, a pregare, perché possiamo lottare e vincere le forze del male
(Giovanni 16,7-11). La verità è Gesù e quindi è una persona, non un catalogo.
Essa è vita e, insieme, itinerario per rintracciare il suo messaggio. “Io sono
la via, la verità e la vita” (Gv 14,6).Così verità è sentirsi presi per mano
nella pienezza della comprensione di Gesù che viene con discrezione nella
storia, attraverso la sua Parola e gli avvenimenti che ci obbligano a riflettere
e a maturare. Per questo motivo, come credenti, è importante avere dentro di noi
il senso della misericordia di Dio che noi abbiamo sperimentato in Gesù come
testimone visibile. E se la Parola di Gesù si dice e si vive, diventa anche
negli altri speranza e progetto di vita. La comunità cristiana, perciò, deve
saper contare in queste presenze: la presenza dello Spirito e la presenza di
Gesù. Per chi non è credente Gesù è solo un personaggio storico, lontano,
sorpassato, cancellato dal tempo. Per noi che siamo credenti Gesù è invece una
presenza viva e continua, rigeneratrice dentro ciascuno della speranza del suo
ospite.
Lo Spirito non ci consegna l’infallibilità nelle nostre relazioni di un cammino
ancora esistente, non ci dà soluzioni, ma ci aiuta a penetrare più profondamente
nel tempo il valore delle persone e delle cose, non ci fa padroni né vincitori
ma ci rende umili servi della presenza nuova che vuole rigenerare ognuno di noi
e il mondo entro cui viviamo. "Se uno mi ama, osserverà la mia Parola e il Padre
mio lo amerà e noi verremo a Lui e prenderemo dimora presso di lui" (Gv 14,23).
La Pentecoste è allora la presenza continua, inimmaginabile, che racconta una
nuova ospitalità di Dio tra
noi, che garantisce nuove radici al bene, che ci dà speranza, |