Isaia 49,1-7
Ascoltatemi,
o isole, udite attentamente, nazioni lontane; il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome.
Ha reso la mia bocca come spada affilata, mi ha nascosto all’ombra della sua mano, mi ha reso freccia appuntita, mi ha riposto nella sua faretra.
Mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria».Io ho risposto: «Invano ho faticato, per nulla e invano ho consumato le mie forze. Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore, la mia ricompensa presso il mio Dio».Ora ha parlato il Signore, che mi ha plasmato suo servo dal seno materno per ricondurre a lui Giacobbe e a lui riunire Israele – poiché ero stato onorato dal Signore e Dio era stato la mia forza –e ha detto: «È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti d’Israele. Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra».Così dice il
Signore, il redentore d’Israele, il suo Santo, a colui che è disprezzato, rifiutato dalle nazioni, schiavo dei potenti: «I re vedranno e si alzeranno in piedi, i
principi si prostreranno, a causa del Signore che è fedele, del Santo d’Israele che ti ha scelto».
La speranza d’Israele poggia sulla forza di Dio e sulla sua
fedeltà, ma l’intervento di Dio è posto sulle spalle di suoi “servi” che sono stati mandati: fedeli, coraggiosi,
tenaci, consapevoli di ubbidire a Dio e di vivere nella sua volontà poiché questo è stato il progetto della loro vita:
“Dal seno di mia madre mi hai chiamato” e servi di Dio sono stati Mosè, Samuele, Davide, i profeti e molti che si
sono messi a servizio del Signore. Ma poi il profeta introduce un personaggio misterioso, detto
proprio “Servo di Jhwh”, a cui ha consegnato una parola forte, coraggiosa, tagliente e lo ha scelto per
raggiungere obiettivi di vita e di gloria. L’esperienza, tuttavia, ha portato ad un insuccesso. E’
crollato ogni tentativo, si sono esauriti tutti i progetti e
tutte le energie. Si è salvata solo la fiducia del Servo di Dio e
la fedeltà alla sua attesa. Il progetto doveva unificare “i superstiti d’Israele”, coinvolgerli in un popolo fedele e
coraggioso che sapesse riconoscersi nella fedeltà al Signore. E’ stato tutto inutile. Eppure i Signore non si è scoraggiato e ha richiamato il suo
servo a diventare “luce delle nazioni”. Tutto il mondo creato ha bisogno della speranza e della
salvezza che viene da Dio poiché tutto il mondo è stato creato dal Signore e quindi Egli sa di che cosa gli uomini e
le donne hanno bisogno. Questo è il messaggio che viene riproposto “a colui che è disprezzato, rifiutato dalle
nazioni, schiavo dei potenti”. Non sappiamo che cosa l’autore biblico pensi quando ha detto
ed ha scritto questi testi (un profeta anonimo che passa sotto il nome di “secondo Isaia”). Poteva riferirsi ad
un profeta perseguitato che il Signore libera o poteva richiamarsi ad Israele che, finalmente, si orienta nella
fedeltà dell’Alleanza, anche e nonostante le persecuzioni e le oppressioni subite. Certamente i cristiani, che rileggono la Scrittura, vedono in
questo testo una profezia bellissima sul Messia Gesù e ritraducono la fedeltà di Dio per mezzo suo e la fedeltà di
Gesù verso il Padre che ha amato e ubbidito fino ad offrire la sua esistenza. La Parola, che ha una sua consistenza, e la luce, che aiuta a
capire ed a vedere, sono i doni che i credenti colgono e che accettano come eredità da offrire al mondo.
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Filippesi 2, 5-11
Fratelli, Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo
esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a
gloria di Dio Padre.
Paolo sta sperimentando un cammino impensabile solo pochi
decenni prima: egli sta operando nel nome di Gesù una convergenza di popoli nella umanità intera. Giudei e pagani (detti “gentili” da “le Genti”) si ritrovano
insieme, riconciliati in Gesù e quindi in pace tra loro, con la stessa dignità e la stessa figliolanza con Dio.
Per un segno nella carne (la circoncisione: l’espressione dell’Alleanza) che non hanno, i Gentili sono
stati esclusi dalla cittadinanza di Israele e dalle promesse dell’Alleanza stessa. E questo ha tolto loro
l’accesso ai doni di Dio e quindi alla salvezza. Tra i due popoli non c’era comunicazione, tanto che anche
solo un semplice passaggio di cortili del tempio, superando il muro di separazione che divideva i circoncisi
dai pagani, sarebbe stato punito con la morte. “Eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d’Israele,
estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio nel mondo”. Si parla di cittadinanza e di patti della promessa. - La cittadinanza era un privilegio politico molto
importante: essa oltrepassava i confini territoriali e Roma offriva, per meriti particolari, cittadinanza romana
anche a degli stranieri. Paolo era un custode fiero e geloso della sua cittadinanza romana che lo salvò molte volte
da processi, linciaggi e prigioni. E sapeva molto bene il valore di sentirsi, insieme, cittadini di un
popolo. - “I patti della promessa” si richiamano a fatti operati dai
Patriarchi e dal Popolo condotto da Mosè, escludendo i pagani che sono cittadini di un mondo senza Dio,
con idoli muti che non comunicano la loro volontà né la loro salvezza. Cristo ha fatto un popolo solo con il suo sangue e si è
sottoposto nella sua umanità ai precetti di quella medesima legge fino a subirne la maledizione: “Cristo ci ha
riscattati dalla maledizione della Legge, diventando lui stesso maledizione per noi, poiché sta
scritto: Maledetto chi è appeso al legno, perché in Cristo Gesù la benedizione di Abramo passasse ai pagani e
noi, mediante la fede, ricevessimo la promessa dello Spirito (Gal3,13-14)”. Così Gesù ha distrutto ogni
inimicizia tra Dio e gli uomini e negli uomini tra loro. Ora diventa possibile vivere, costruire ed annunciare la
pace. Per Lui riceviamo lo stesso Spirito ed entriamo nel mondo di Dio. Paolo riprende il tema della cittadinanza
(vv19-22) che si allarga oltre i confini e le culture. Dalla cittadinanza alla casa-famiglia di Dio (2,19), alla
casa-edificio. Tale costruzione si edifica sul fondamento dei
profeti e degli apostoli, avendo come pietra angolare Gesù.
Questa abitazione è il tempio di Dio nello Spirito, è la Chiesa Assemblea che accoglie e vive
in comunione con il Padre. In questa Chiesa non ci sono distinzioni, ma compiti e responsabilità nel mondo
perche sappia aprirsi a tutti, mantenendosi ben compaginata. |