II Domenica dopo la Dedicazione del Duomo di Milano
4 novembre 2012

  Luca 14, 1a.15-24

Riferimenti : Isaia 56, 3-7- Salmo 23 - Efesini 2, 11-22

Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare ad acque tranquille mi conduce. Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, per amore del suo nome. Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza. Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici; cospargi di olio il mio capo. Il mio calice trabocca. Felicità e grazia mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, e abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni.
Isaia 56, 3-7

In quei giorni. Isaia disse: Non dica lo straniero che ha aderito al Signore: «Certo, mi escluderà il Signore dal suo popolo!». Non dica l’eunuco: «Ecco, io sono un albero secco!». Poiché così dice il Signore: «Agli eunuchi che osservano i miei sabati, preferiscono quello che a me piace e restano fermi nella mia alleanza, io concederò nella mia casa e dentro le mie mura un monumento e un nome più prezioso che figli e figlie; darò loro un nome eterno che non sarà mai cancellato. Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo e per amare il nome del Signore, e per essere suoi servi, quanti si guardano dal profanare il sabato e restano fermi nella mia alleanza, li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera. I loro olocausti e i loro sacrifici saranno graditi sul mio altare, perché la mia casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli».

 Il ritorno da Babilonia in Israele fa ripensare ad un mondo nuovo che si affaccia. E’ una grande sfida e gli ebrei sentono che bisogna ripensarlo, con tutto l’impegno che l’esperienza a Babilonia aveva prodotto. Il ritorno incoraggia e fa splendere una speranza nuova, insieme alla consapevolezza che ci saranno grandi sacrifici da compiere per rimettere in sesto un popolo smarrito e bisognoso di tutto. Il profeta anonimo, che qui parla e passa con il nome il terzo-Isaia, inizia le raccomandazioni per un comportamento di grande onestà e giustizia. E’ l’unica garanzia che può permettere un futuro nuovo: «Osservate il diritto e praticate la giustizia, perché la mia salvezza sta per venire, la mia giustizia sta per rivelarsi»(56,1). E se ci sono state delle rinunce grandi, che andavano contro la cultura del paese che li teneva sottomessi, erano servite a mantenere le distanze dai pagani, e quindi a non mescolarsi ed esaurirsi. Insieme con il rispetto della Parola del Signore, avevano mantenuto il riposo del sabato che era, insieme, un grande impegno e una grande sfida. Ora, però, la conoscenza di altri popoli tra cui sono stati mescolati e, probabilmente, la presenza di una popolazione sconosciuta sulla nuova terra, che dovranno abitare, fanno ripensare ad una salvezza e ad una realtà nuova. Bisogna smettere di selezionarsi per razza o colore della pelle, abitudini e culture. Il Signore è disposto ad accogliere anche gli stranieri, emarginati nel suo popolo, a patto che rispettino le leggi del Signore e il sabato. Entreranno come i figli d’Israele nel tempio anche le persone fisicamente inabili, come gli eunuchi, che, più di altri, hanno ragione di lamentarsi, quasi rami secchi di un popolo. Anch’essi sono oggetto della benevolenza di Dio. Così si ritrovano tutti fratelli nel tempio di Dio. Anzi il tempio riceve un nome splendido: la casa della preghiera e, in tal modo, si continuerà a ripensarlo fino a Gesù, che utilizzerà proprio questa denominazione per rinfacciare ai profanatori i loro misfatti (Mt 21,13). Si dovrà ricordare, insieme, che il tempio è aperto al mondo e che tutti i popoli sono amati e non rifiutati o selezionati da Dio. Ci sono le premesse per il rimescolamento dei popoli, per l’accoglienza degli stranieri, per i tempi della globalizzazione.  

Efesini 2, 11-22

Fratelli, Perciò ricordatevi che un tempo voi, pagani nella carne, chiamati non circoncisi da quelli che si dicono circoncisi perché resi tali nella carne per mano d’uomo, ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d’Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio nel mondo. Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne. Così egli ha abolito la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, eliminando in se stesso l’inimicizia. Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani, e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito. Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù. In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in lui anche voi venite edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito.

 Paolo sta sperimentando un cammino impensabile solo pochi decenni prima: egli sta operando nel nome di Gesù una convergenza di popoli nella umanità intera. Giudei e pagani (detti “gentili” da “le Genti”) si ritrovano insieme, riconciliati in Gesù e quindi in pace tra loro, con la stessa dignità e la stessa figliolanza con Dio. Per un segno nella carne (la circoncisione: l’espressione dell’Alleanza) che non hanno, i Gentili sono stati esclusi dalla cittadinanza di Israele e dalle promesse dell’Alleanza stessa. E questo ha tolto loro l’accesso ai doni di Dio e quindi alla salvezza. Tra i due popoli non c’era comunicazione, tanto che anche solo un semplice passaggio di cortili del tempio, superando il muro di separazione che divideva i circoncisi dai pagani, sarebbe stato punito con la morte. “Eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d’Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio nel mondo”. Si parla di cittadinanza e di patti della promessa. - La cittadinanza era un privilegio politico molto importante: essa oltrepassava i confini territoriali e Roma offriva, per meriti particolari, cittadinanza romana anche a degli stranieri. Paolo era un custode fiero e geloso della sua cittadinanza romana che lo salvò molte volte da processi, linciaggi e prigioni. E sapeva molto bene il valore di sentirsi, insieme, cittadini di un popolo. - “I patti della promessa” si richiamano a fatti operati dai Patriarchi e dal Popolo condotto da Mosè, escludendo i pagani che sono cittadini di un mondo senza Dio, con idoli muti che non comunicano la loro volontà né la loro salvezza. Cristo ha fatto un popolo solo con il suo sangue e si è sottoposto nella sua umanità ai precetti di quella medesima legge fino a subirne la maledizione: “Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della Legge, diventando lui stesso maledizione per noi, poiché sta scritto: Maledetto chi è appeso al legno, perché in Cristo Gesù la benedizione di Abramo passasse ai pagani e noi, mediante la fede, ricevessimo la promessa dello Spirito (Gal3,13-14)”. Così Gesù ha distrutto ogni inimicizia tra Dio e gli uomini e negli uomini tra loro. Ora diventa possibile vivere, costruire ed annunciare la pace. Per Lui riceviamo lo stesso Spirito ed entriamo nel mondo di Dio. Paolo riprende il tema della cittadinanza (vv19-22) che si allarga oltre i confini e le culture. Dalla cittadinanza alla casa-famiglia di Dio (2,19), alla casa-edificio. Tale costruzione si edifica sul fondamento dei profeti e degli apostoli, avendo come pietra angolare Gesù. Questa abitazione è il tempio di Dio nello Spirito, è la Chiesa Assemblea che accoglie e vive in comunione con il Padre. In questa Chiesa non ci sono distinzioni, ma compiti e responsabilità nel mondo perche sappia aprirsi a tutti, mantenendosi ben compaginata  

Luca 14, 1a.15-24

In quel tempo. Un sabato si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Uno dei commensali, avendo udito questo, gli disse: «Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio!». Gli rispose: «Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. All’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: “Venite, è pronto”.Ma tutti, uno dopo l’altro, cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: “Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi”.Un altro disse: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi”.Un altro disse: “Mi sono appena sposato e perciò non posso venire”. Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al suo padrone. Allora il padrone di casa, adirato, disse al servo: “Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi”. Il servo disse: “Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c’è ancora posto”. Il padrone allora disse al servo: “Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia. Perché io vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena”».

 Il capitolo 14 del Vangelo di Luca suggerisce il cammino di confronto, ma anche di opposizione, che è già emerso alla fine del capitolo precedente (cap 13) con il rimprovero severo di Gesù:”Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che sono inviati a te “ (13,34). E’ sabato e in ogni casa ebrea, dopo il culto della sinagoga, il pranzo è già pronto dal giorno precedente, poiché di sabato, non si accende il fuoco e non si cucina. Ma di solito il pranzo è molto più saporito e ricco di vivande. Gesù accetta l’invito nella casa “di uno dei capi dei farisei” e coglie l’occasione per alcune parabole e suggerimenti in cui giocano molti elementi: la storia del suo popolo (inviti e rifiuti a Dio), presenze accettate o rifiutate, solidarietà o chiusure in gruppi d’interesse. Il capitolo 14 è diviso in quattro parti (e sarebbe interessante leggerle tutte): - La prima (vv1-6) richiama la guarigione di un malato e la sfida che Gesù lancia ai suoi connazionali:“E’ lecito o no guarire di sabato?”. - La seconda (vv7-11):”Quando sei invitato, che posto scegli?”. “Il primo?”. “Scegli l’ultimo”. La tua umiltà ti salverà dall’esibizionismo e dal potere. - Anzi è necessario il disinteresse (vv12-14): “Quando fai un pranzo invita quelli che non possono ricompensarti: «poveri,storpi,zoppi e ciechi»”. - Infine, il testo di oggi (vv 15-24) risponde alla domanda: ”Chi parteciperà al banchetto del Regno di Dio?”. E la domanda corrisponde al significato globale della vita e al suo valore ultimo: “Dopo tanto cercare, operare, preoccuparsi, ubbidire alla Legge, quale premio e a chi il Signore offrirà il suo riconoscimento?” Quest’ultima parabola cerca di chiarire quali sono i fortunati invitati allo splendido banchetto di Dio. Sono infatti chiamati molti che, in un primo momento, hanno accettato l’invito. Ma quando il pranzo è ormai pronto, si usa nel mondo orientale inviare un secondo invito. A questo punto non si suppone che ci siano dei rifiuti, eppure gli invitati, obbligati a mantenere la parola data, la respingono poiché ci sono cose più importanti che interessano loro quel momento: il possesso (il campo), il commercio e gli affari (5 paia di buoi), il matrimonio sono motivi più che sufficienti per rifiutare l’invito. Anzi, se i primi due si scusano, gli sposini non formulano neppure quel riconoscimento perché ritengono un diritto il rifiutare. A questo punto, l’ira del padrone si esprime in diverso modo. Fa spalancare la casa e fa offrire il convito “ai poveri, storpi, ciechi e zoppi”, escludendo gli altri. E se la prima ondata di poveri è costituita da cittadini che vivono in zone marginali ma all’interno della città (nelle città antiche solo i ricchi vivevano in centro), la seconda chiamata è per i poveri che abitano fuori le mura, straccioni e indesiderati; e se pur tentano di entrare in città, non hanno il permesso di viverci dentro. “Costringerli” significa far superare la ritrosia e la paura di aver osato troppo e di essere puniti. Quelli che si preoccupano di Dio e che sanno vedere la sua misericordia sono i lontani e i disprezzati. La Comunità cristiana deve saper fare queste scelte di gratuità e riprendere chiarezze che fanno superare i cerchi stretti del contraccambio e dell’interesse. Tutti, il popolo d’Israele e voi discepoli, dice Gesù, dovete aprirvi proprio a quelli che ritenevate indegni di entrare nel tempio e in rapporto con Dio.