
III Domenica
dopo il martirio di San Giovanni Battista
16 settembre 2012
Giovanni. 3,1-13
Riferimenti
:
Isaia 32, 15-20 - Salmo 50 -
Romani.5, 5b-11
|
Parla il Signore, Dio degli dei,
convoca la terra da oriente a occidente. Da Sion, splendore di
bellezza, Dio rifulge. Viene il nostro Dio e non sta in
silenzio; davanti a lui un fuoco divorante, intorno a lui si
scatena la tempesta. Convoca il cielo dall'alto e la terra al
giudizio del suo popolo: "Davanti a me riunite i miei fedeli,
che hanno sancito con me l'alleanza offrendo un sacrificio". Il
cielo annunzi la sua giustizia, Dio è il giudice. "Ascolta,
popolo mio, voglio parlare, testimonierò contro di te, Israele:
Io sono Dio, il tuo Dio rinascita. |
Isaia 32, 15-20
In quei giorni.
Isaia parlò, dicendo:
15
“In noi sarà infuso uno spirito dall’alto;
allora il deserto diventerà un giardino e il
giardino sarà considerato una selva.
16
Nel
deserto prenderà dimora il diritto e la
giustizia regnerà nel giardino.
17
Praticare la giustizia darà pace, onorare la
giustizia darà tranquillità e sicurezza per
sempre.
18
Il mio popolo abiterà in una
dimora di pace, in abitazioni tranquille, in
luoghi sicuri,
19
anche se la selva cadrà e la
città sarà sprofondata.
20
Beati voi!
Seminerete in riva a tutti i ruscelli e lascerete
in libertà buoi e asini”.
Il testo va inquadrato in una realtà storica drammatica, siamo
nel sec. VIII a.C., e il piccolo Regno di
Giuda è sotto la minaccia dell’impero Assiro mentre sogna
alleanze impossibili per liberarsi. Al cap.31
il profeta aveva messo in guardia dal cercare alleanze: “Guai a
quanti scendono in Egitto per cercare
aiuto, pongono speranza nei cavalli e confidano nei carri
numerosi” (31,1).
Il profeta garantisce che “cadrà l’Assiria sotto una spada che
non è umana”(31,8) e perciò può
immaginare, per un futuro indeterminato, “un re che regnerà con
giustizia e i capi che governeranno
col diritto” (32,1). Il testo è un bellissimo progetto etico per
il mondo politico e per una società
finalmente coraggiosa che si costruisce, senza timore, nella
pace. “Non si chiuderanno più gli occhi di
chi vede e le orecchie di chi sente saranno attente. L’ignobile
non si chiamerà più nobile né
l’imbroglione sarà detto gentiluomo (32,3-5).”
Dopo un intermezzo, curioso, nel contesto ebraico in cui,
particolarmente, si parla delle donne
spensierate e baldanzose (32,9) che probabilmente, nel testo,
rappresentano una spensieratezza vanesia
e irresponsabile per la realtà concreta di pericolo e di morte,
si ritrova, nel brano di oggi, una profezia
di speranza. Sarà Dio stesso e solo Lui a capovolgere le
prospettive di una storia sempre segnata dalla
paura e dalla sottomissione a potenze straniere. Dio immetterà
il suo Spirito: “In noi sarà infuso uno
spirito dall’alto”. E noi riandiamo ad Ezechiele che illustra i
tempi della Nuova Alleanza (Ez 36,24-
28). Lo Spirito di Dio modella una nuova società, fondata su un
coerente ordine morale. La Parola di
Dio, attraverso il profeta, garantisce la pace, solo là dove c’è
giustizia e diritto (Is 32,16): “Praticare la
giustizia darà pace, onorare la giustizia darà tranquillità e
sicurezza per sempre”. (32,17)“. E pace
significa abbondanza di raccolto poiché la steppa si trasforma
in giardino così carico e ricco da
sembrare una “selva”. Ci potranno essere dissesti e disavventure
(ma il testo ebraico è difficile da
interpretare); tuttavia per questo popolo di agricoltori e di
pastori ci sarà abbondanza di raccolti e di
animali in libertà che non procureranno danni e non saranno
rubati.
Quello che abbiamo letto è il sogno di un mondo più giusto e
senza violenza. Ma la garanzia di Dio ci
chiede, insieme, il bisogno di una sua presenza”che viene
dall’alto”, ed anche il nostro impegno a fare
spazio, a credere nella pace, a ricercare insieme giustizia e
diritto.
Noi fatichiamo a sentire queste proposte come risolutive. Ci
sembra sempre che la giustizia sia parziale
e frammentaria, che non vale viverla perché si è perdenti, che
valgono di più il privilegio, il ricercare
vantaggi, il costruire gruppi di potere, l’aggregarsi ai
potenti.
Quando ci si lamenta o ci si spaventa della mafia diffusa,
dobbiamo davvero interrogarci se le radici
del cercare favori e sviluppare interessi di parte non ci
alleino di più alle stesse realtà prevaricanti che
disdegniamo, conniventi con la stessa mafia. |
Romani.5, 5b-11
Fratelli, 5 l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. 6 Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. 7 Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. 8 Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. 9 A maggior ragione ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. 10 Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. 11 Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione.
San Paolo è consapevole della fragilità di ogni persona, anche
se già credente. Così vuole soccorrere le inevitabili sfiducie e lacerazioni che le sconfitte e le
debolezze umane ci infliggono. Spesso sentiamo dire o pensiamo noi stessi: “Sono stanco di fare
progetti, sono stanco di dover sempre chiedere scusa mentre non miglioro, sono deluso dalla mia
pochezza e dalla meschinità: sembra proprio di giocare. Sto prendendo in giro Dio e il suo
messaggio”. Paolo sa che, comunque, sta parlando a persone che credono in
Gesù, nella sua pienezza e nella sua Parola. Così conta di portare incoraggiamento. E lo fa proprio
ricordando un avvenimento drammatico che scandalizza ancora oggi. “Perché Gesù è morto in croce? E’
un giusto e ha subito una terribile violenza, è potente ed ha accettato di sottoporsi ad atroci
sofferenze e umiliazioni. E Dio dov’era? Siamo a rischio di affermare che nel mondo non è possibile
alcuna giustizia, non è presente alcun inviato da Dio, non è possibile alcuna speranza. In questo desolazione Paolo capovolge i nostri pensieri. Tutto
questo è stato voluto da Dio per mostrare una totalità di amore, per sostenere una continuità di
speranza, per dimostrare che il Padre non si scoraggia proprio davanti a questo mondo. Ci presenta un
Salvatore che comunque, fino in fondo, sta dalla nostra parte, qualunque cosa succeda. Il problema per noi è il fidarci, il mettersi nelle mani di
questo amore senza limiti, accettare che è possibile per noi. Non dipende da noi ma dalla bontà di Dio che
non abbandona. Così noi cristiani siamo portatori di questa consapevolezza che ci cambia la vita
poiché sappiamo che il Signore è misericordioso. Ma immediatamente diventa esigente di coerenza
perché la misericordia si manifesti, perché il mondo e le strutture risentano di questa presenza e
amore di Dio. Il Signore non è venuto a cambiare le compagini politiche e
sociali, ma a cambiare il cuore e a dare consapevolezza di questa amicizia e disponibilità grande. Per
questo non ha accettato di essere il messia vittorioso, il rigeneratore di leggi o di strutture, il
conquistatore di regni. E’ venuto come servo ad offrire se stesso con amore. Ma se non è disposto a fare
cambiamenti politici o sociali in prima persona, non per questo accetta l’ingiustizia e lo sfruttamento.
Proprio su questo amore che ci ha portato e ci comunica chiede di cambiare mentalità e vita per
fare un mondo più bello. E perciò più umano, più accogliente, più responsabile, più capace di non
violenza e di pace. E questo è il compito della Chiesa. Il Cardinale Martini ce lo
ha voluto insegnare con le sue parole e con la sua esistenza. Egli ha vissuto con amore il significato
della Parola che ha ascoltato con attenzione, lasciandosi coinvolgere, nei problemi e nella fatica
della gente. La sua novità, fondamentalmente, è stata questa |
Giovanni. 3,1-13
In quel tempo. 1 Vi era tra i farisei un uomo di nome Nicodemo, uno dei capi dei Giudei. 2 Costui andò da Gesù, di notte, e gli disse: «Rabbi, sappiamo che sei venuto da Dio come maestro; nessuno infatti può compiere questi segni che tu compi, se Dio non è con lui». 3 Gli rispose Gesù: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio». 4 Gli disse Nicodemo: «Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?». 5 Rispose Gesù: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio. 6 Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito. 7 Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall’alto. 8 Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito». 9 Gli replicò Nicodemo: «Come può accadere questo?». 10 Gli rispose Gesù: «Tu sei maestro d’Israele e non conosci queste cose? 11 In verità, in verità io ti dico: noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza. 12 Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo? 13 Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo.
Nicodemo è un uomo saggio, maestro nella comunità ebraica, esperto nelle
Scritture, stupito della presenza di Gesù, che compie “segni” che rimandano alla presenza di Dio,
come appare a lui e a molti. Qualche versetto prima, l’evangelista Giovanni ci ricorda che Gesù è a
Gerusalemme per la Pasqua (una delle. tre Pasque: 2,23: 6,4: 13,1 da lui ricordate. Gli altri tre
Vangeli ne ricordano una sola). Gesù, a Gerusalemme, sta tentando di aprire gli occhi ai suoi e alla
gente che arriva al tempio. Egli interviene coraggiosamente contro il commercio di animali e il mercato
dei cambiavalute che rendono il cortile del tempio un terribile luogo di latrocinio e di interesse.
Ci si è dimenticati, dice Gesù, che il rapporto primo con Dio è credere nella sua Parola e pregare. La
religiosità, invece, è diventata gesto esteriore nel culto, danaro, formalità, interesse economico (2,13-17). Segue uno strano ma illuminante testo. “Molti, vedendo i segni che egli
compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non
aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è
nell’uomo” (2,23-25). C’è gente che lo apprezza e si sente portata ad essere discepoli, ma
Gesù conosce le persone .Non le reputa cattive, ma superficiali. Aderiscono per stupore, per emozione,
per interesse, per cercare soluzioni, non per capire. Egli conosce la mente umana, dice Giovanni,
poiché è prerogativa di Dio “conoscere il cuore di tutti gli uomini” (1 Re 8,39; Sir 42,18) e non ha
bisogno che qualcuno lo informi. Eppure accetta di incontrare Nicodemo che vuole conoscere veramente il
significato della vita di Gesù. E’ un maestro e sa che la Scrittura rimanda alla venuta di un Messia, e
che Dio interviene sempre in modo imprevedibile: Perciò, come maestro, sa di doversi mettere in
ricerca, anche se con discrezione. Vuole sondare nella vita di Gesù maestro perché ha intravisto dei segni.
Nicodemo, che si accosta anche a nome di altri ("sappiamo”. 3,2), sa che i segni non sono
sufficienti, anzi spesso sono ambigui, poiché marcano le esigenze della salute e le attese dello star bene, ma
se non si ha una chiave non insegnano nulla e il significato sfugge. Il cercare e l’interpretare
sono compito dell’uomo, del maestro, del credente che si fida e non si accontenta delle risposte immediate. Gesù sa che deve svelarsi, perché questo è il suo compito. E lo fa
volentieri, anche se mette in difficoltà Nicodemo. Il linguaggio di Gesù è nuovo, rivoluzionario: “«In
verità, in verità io ti dico, se uno non nasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio». E’ la
rivoluzione dell’esistenza, incomprensibile, ambigua, inattuale. Così Nicodemo si sente spiazzato e
tenta di capire e di interpretare. Ma, come spesso capita, il significato delle parole
proposte hanno diversi valori. Gesù intende: "Rinascere dall'alto”; Nicodemo intende: "Rinascere di nuovo". E comunque il rinascere è capovolgimento, cambiamento totale, revisione
piena della esistenza, imprevedibilità. Gesù traduce: “Nascere dall’acqua e dallo Spirito
permette di entrare nel Regno di Dio”. Da una parte la visione carnale riporta alla terra, alla fragilità
e alla ambiguità del reale. Gesù, d’altra parte, rimanda al pensare nuovo, alla purificazione ed alla
nuova creazione. Le prime comunità cristiane rileggono così il battesimo, l’inizio della adesione a Gesù,
aggregazione in un mondo di Dio dove i pensieri sono totalmente rinnovati alla luce della sua Parola. Il
dialogo con Nicodemo, che resta ancorato alla legge e a Mosè, come legislatore e maestro, non permette
di immaginare un capovolgimento. Eppure lo Spirito soffia dove vuole e non ha barriere
per cui il nuovo non si interpreta più col passato. La contrapposizione tra carne e Spirito porta al
futuro, alle prospettive nuove, agli orizzonti di Dio. Gesù porta segni che Nicodemo crede di avere per
qualche verso colto, ma ora scopre che sono segnali di completamente altro, di futuro, di rinascita, di
novità impensabile. Gesù accetta anche lui di parlare al plurale: “Noi parliamo, sappiamo, testimoniamo”
(v 11) e qui si affacciano il mondo nuovo e le comunità cristiane che mantengono la sua testimonianza
come fondamento. Gesù svela la sua conoscenza “di ciò che sta in cielo” (v 12) , la sua
comunione con il Padre. Il suo salire e scendere lo rendono pellegrino dei mondi dell’uomo per coinvolgere e
pellegrino del mondo di Dio per condurre tutti nella comunione del Padre. Tutto il testo è complesso e solo la riflessione secolare della Chiesa
ci permette di intravedere lo spessore e la vocazione di coloro che hanno accettato l’immersione
nell’acqua e nello Spirito. Il rinascere è sempre a portata di mano, ma sempre nuovo. Ti viene
suggerito dai segni e dalle Parole di Gesù, dalle aspirazioni e dal dialogo con le persone, dal coraggio di
verificarsi come credenti e dal discernimento. E tutto è legato alla preghiera nello Spirito. Il Card. Martini, che sentiamo vivissimo per le sintesi e la commozione
che in questi giorni ci hanno illuminato, ci aiuti a camminare nella eredità che ci ha offerto e che
non abbiamo ancora sufficientemente capito e maturato. Ma è stato un dono di grazia dello
Spirito per la nostra quotidiana rinascita. |