V Domenica dopo il martirio di San Giovanni Battista
30 settembre 2012

 Luca10, 25-37
Riferimenti : Deuteronomio.6, 1-9 - Salmo  118  -  Romani 13,8-14a

Celebrate il Signore, perché è buono; perché eterna è la sua misericordia. Dica Israele che egli è buono: eterna è la sua misericordia.  Lo dica la casa di Aronne: eterna è la sua misericordia.  Lo dica chi teme Dio: eterna è la sua misericordia.  Nell'angoscia ho gridato al Signore, mi ha risposto, il Signore, e mi ha tratto in salvo.  Il Signore è con me, non ho timore; che cosa può farmi l'uomo?
Deuteronomio.6, 1-9
In quei giorni. Mosè disse: “
1 Questi sono i comandi, le leggi e le norme che il Signore, vostro Dio, ha ordinato di insegnarvi, perché li mettiate in pratica nella terra in cui state per entrare per prenderne possesso; 2 perché tu tema il Signore, tuo Dio, osservando per tutti i giorni della tua vita, tu, il tuo figlio e il figlio del tuo figlio, tutte le sue leggi e tutti i suoi comandi che io ti do e così si prolunghino i tuoi giorni. 3 Ascolta, o Israele, e bada di metterli in pratica, perché tu sia felice e diventiate molto numerosi nella terra dove scorrono latte e miele, come il Signore, Dio dei tuoi padri, ti ha detto. 4 Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. 5 Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. 6 Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore. 7 Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. 8 Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi 9 e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte.

Il Deuteronomio ("seconda legge”) è chiamato così per l'obbligo che il re aveva di tenere presso di sé una copia della Legge ( "una seconda Legge") come guida del suo governo e della sua condotta (Deut. 17,18). Il Deuteronomio é il libro per eccellenza della Parola di Dio. Gli Ebrei lo chiamano Debarim ("Le Parole"). I suoi 34 capitoli sono strutturati sul verbo "Ascoltare" che significa: "obbedire, praticare quanto esce dalla bocca di Dio" (Deut. 8,3). E’ impostato su tre discorsi di Mosé (cc. 1-4,5/ 5-28/ 29-30). Per Israele delinea le scelte di Dio e le scelte che il popolo deve fare perché in questa Alleanza ci siano pace, serenità, abbondanza di prodotti della terra e ricchezza di vita. “Io ti do la terra su cui abitare, ti do i comandi, le leggi e le norme, ti do la vita nei figli, - dice il Signore -tu devi mettere in pratica ciò che ti comando ed educare i tuoi figli perché con te accolgano la Legge”. Ma la ricchezza dell’Alleanza dipende da due sentimenti fondamentali: “temere il Signore” (v 2) e “amare il Signore” (v 5). Non si parla di gesti di culto né di offerte a Dio. Questo fu considerato un atto di omaggio e di offerta per il Signore e fu il modo universale di onorare la divinità nell’antichità ( ebrei e pagani), per propiziarla, e ingraziarla con i doni che, umilmente, i mortali le offrivano. Anche Israele entrò in questa prospettiva e si impegnò a costruire il tempio, mantenerlo nello splendore, di offrire doni. Anche il mondo cristiano ritenne che fosse un grande segno di amore offrire a Dio doni e materiale prezioso, costruire grandi cattedrali e abbellire sontuosamente riti e monumenti di cui siamo ancora fieri, quando ne ammiriamo la grandiosità, la bellezza ed il lavoro. Ma il Signore Gesù non chiese questo e, in tutta la sua vita, visse poveramente. Egli proclamava la legge che non è un regalo a Dio, ma la condizione e il segreto che Dio ci offriva per maturare sapienza e libertà. Il Signore chiese il rispetto della legge perché ci voleva e ci vuole grandi. La legge era sapienza, era lo sviluppare al meglio la nostra vita che dal Signore stesso è stata modellata come il capolavoro creato a sua somiglianza. La legge è libertà perché ci scioglie da tutte le altre dipendenze. Dio è uno solo, mentre, attorno, gli esseri umani avrebbero trovato altri dei che avrebbero tentato di convincerli dei loro messaggi più interessanti, più coinvolgenti, più promettenti di felicità. Tu “temi ed ama” perché il mondo è difficile e pericoloso: stai attento ai pericoli della sfiducia e della dipendenza. Apri gli occhi sulle tante esperienze di lacerazioni quando ci si compromette con il potere, la vendetta, il danaro, le droghe. “Temi” per camminare fiducioso e fidati solo di Dio. “Ama”perché hai scoperto che il Signore è l’unica speranza e nel cuore si consumano tutte le ragioni di valore e tutti i sentimenti. “Ama con tutta l’anima” e l’anima è la vita, è il respiro dell’esistenza. “Ama con tutte le forze” e il Signore ci ricorda che vanno messi in gioco capacità, impegno intelligenza ed anche le possibilità finanziarie. “Disposto a vivere con intensità e ad offrire tutto.” Il Signore sa che un popolo si costituisce per un seguito di generazioni per cui non c’è solo una responsabilità personale, ma anche educativa. Educare è “ripetere e parlare”, cioè impegnare sulla memoria e sulla razionalità le proprie energie. Ripetere significa educarsi ed educare poiché ripetere obbliga alla coerenza. Il parlare, ovunque, riporta al dialogo e, quindi, ai perché, alle verifiche, alla comprensione reciproca, alla fiducia e alla consapevolezza di ciò che conta davvero.
Romani 13,8-14a
Fratelli, 8 Non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell’amore vicendevole; perché chi ama l’altro ha adempiuto la Legge. 9 Infatti: Non commetterai adulterio, non ucciderai, non ruberai, non desidererai, e qualsiasi altro comandamento, si ricapitola in questa parola: Amerai il tuo prossimo come te stesso. 10 La carità non fa alcun male al prossimo: pienezza della Legge infatti è la carità. 11 E questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti. 12 La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. 13 Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo.


 
Paolo avvertiva, mentre scriveva questa lettera, un certo disagio dei cristiani di fronte alle leggi dello Stato, ma, ancor di più, di fronte al comportamento delle autorità civili. Siamo attorno al 57/58 d.C., nel periodo di Nerone che finora si era comportato in modo eccentrico, pur non essendo ancora giunto alla persecuzione dei cristiani. Tuttavia nel mondo ebraico (e forse in qualche cristiano) serpeggiava un malcontento corrosivo e stava covando la rivolta che esploderà negli anni 70 d.C. a Gerusalemme. Così il capitolo 13 è dedicato al rapporto tra cristiani e le autorità civili. Nella prima parte (vv 1-7) Paolo si raccomandava di non lasciarsi coinvolgere in avventure, sapendo rispettare le leggi dello stato e pagando le tasse. “Perciò è necessario stare sottomessi, non solo per timore della punizione, ma anche per ragioni di coscienza. Per questo infatti voi pagate anche le tasse: quelli che svolgono questo compito sono a servizio di Dio. Rendete a ciascuno ciò che gli è dovuto: a chi si devono le tasse, date le tasse; a chi l’imposta, l’imposta; a chi il timore, il timore; a chi il rispetto, il rispetto” (vv 6-7). E se si resta in dubbio sul come ubbidire od è difficile da comprendere, la legge di Dio può essere sintetizzata sotto un unico comando: “Amerai il tuo prossimo come te stesso” (v 9). Questo garantisce di non sbagliare. Quando ti preoccupi di fare il bene dell’altro e di volergli bene oltre il tuo bene e a somiglianza di come vuoi bene a te stesso o come desideri che gli altri si comportino con te, allora compi la legge, e offri la pienezza a cui il Signore Gesù ci avvia. Ma l’amore al “tuo prossimo” si allarga ad ogni membro della famiglia umana, unificata in Cristo (Gal 3,28;Mt 25,40), e non solo ai connazionali del medesimo popolo, come si intende nel Levitico. Siamo nel tempo nuovo, nuovo perché supera il ritmo delle stagioni ed entra nel tempo della risurrezione, il tempo della fine e della pienezza, il tempo del popolo di Dio che cammina, costituito come Chiesa.. Il cristiano, fin d’ora «figlio del giorno», strappato dal mondo malvagio (Gal 1,4) e dal dominio delle tenebre, partecipa al Regno di Dio e del suo Figlio (Col 1,13); è già cittadino del cielo (Fil 3,20). Questa «situazione», così nuova, orienta tutta la morale (6,3s). Siamo nel tempo ricco dello Spirito e le coppie: giorno-notte, luce-tenebre, veglia-sonno ci immettono nel tempo nuovo, visitato dal Signore risorto. Si sente la riflessione battesimale per cui questo è tempo di grazia. Ci dovrebbe far ricordare il Qoelet che ci richiama: “Non è saggio chi afferma che i tempi antichi sono migliori del presente” (Qo7,10). L’obbedienza e la collaborazione alla legge porta però il credente ad essere attento che veramente si rispetti il bene di ciascuno. Altrimenti non ci si dovrebbe sottomettere alla legge (ma qui si entra nella “prospettiva dell’obiezione di coscienza”). Resta comunque il dramma del male che tocca il tempo e noi vi siamo dentro, in pericolo di accomodarci e di dormirvi tranquilli. Come cristiani, siamo richiamati alla speranza e all’attesa del giorno nuovo, alla luce che sta per apparire e alla speranza, splendida di sole, di un rinnovament
Luca10, 25-37
In quel tempo.25Un dottore della Legge si alzò permetterlo alla prova e chiese: «Maestro,che cosa devo fare per ereditare la vitaeterna?».26Gesù gli disse: «Che cosasta scritto nella Legge? Come leggi?».27Costui rispose: «Amerai il Signoretuo Dio con tutto il tuo cuore, con tuttala tua anima, con tutta la tua forza econ tutta la tua mente, e il tuo prossimocome te stesso».28Gli disse: «Hairisposto bene; fa’ questo e vivrai».29Ma quello, volendo giustificarsi,disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?».30Gesù riprese: «Un uomo scendeva daGerusalemme a Gerico e cadde nellemani dei briganti, che gli portarono viatutto, lo percossero a sangue e se neandarono, lasciandolo mezzo morto.31Per caso, un sacerdote scendeva perquella medesima strada e, quando lovide, passò oltre.32Anche un levita,giunto in quel luogo, vide e passò oltre.33Invece un Samaritano, che era inviaggio, passandogli accanto, vide e neebbe compassione.34Gli si fece vicino,gli fasciò le ferite, versandovi olio evino; poi lo caricò sulla suacavalcatura, lo portò in un albergo e siprese cura di lui.35Il giorno seguente,tirò fuori due denari e li diedeall’albergatore, dicendo: “Abbi cura dilui; ciò che spenderai in più, te lopagherò al mio ritorno”.36Chi diquesti tre ti sembra sia stato prossimodi colui che è caduto nelle mani deibriganti?».37Quello rispose: «Chi haavuto compassione di lui». Gesù glidisse: «Va’ e anche tu fa’ così».


 Un maestro della legge pone a Gesù una domanda, complessa da una parte e astuta dall’altra. E’ un maestroesperto e lo vuol mettere alla prova: “Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?”.L’evangelista Luca, approfittando dell’interrogativo così vasto e ricco di prospettive, sviluppa la risposta aquesto quesito in tre testi diversi. E’ come una catechesi per i credenti, dopo aver anticipato la designazione el’invio in missione dei 72 discepoli nel mondo (72 come i popoli della terra (Gen.10), suggerendo laprospettiva di una vocazione universale alla vita eterna. Perciò, nella missione dei 72apostoli Gesù esprimela gioia di poter inviare nel mondo i piccoli a cui il Padre ha rivelato la pienezza di Gesù (10,1-24). Quindi,per ereditare il Regno,1. devi “farti prossimo” a chi sta male (10,25-37);2. tale operosità nasce dall’ascolto della parola di Dio in Gesù che ti mette in grado di nutrire unamore gratuito e profondo (10,38-42: Marta e Maria);3. questo amore, questa rivelazione, questo coraggio nel vedere e soccorrere il prossimo si ritrovanoattraverso la preghiera che ci apre al Padre: ed Egli ci offre lo Spirito (11,1-13).Così un dottore della Legge vuole mettere alla prova Gesù e perciò lo tratta da discepolo. Gesù ribalta ladomanda ed il maestro si deve fare discepolo. Nel rispondere egli formula la sintesi della sua fede e della suamoralità. La risposta è soddisfacente e Gesù l’apprezza poiché il maestro della legge ha reso inscindibilel’amore di Dio e l’amore del prossimo”. Dobbiamo ricordarlo poiché separare è la tragica tentazione di ognicredente.La risposta richiama il testo del Deuteronomio (6,5): “Amerai il Signore Dio Tuo (ogni pio israelita lo ripeteogni giorno, mattino e sera) e il testo del Levitico (19,18): “Amerai il prossimo come te stesso” . Ladomanda di Gesù ha aggiunto: “Come leggi?” In ebraico non si scrivono le vocali, ma solo le consonanti.Così, nella lettura, spesso, la stessa interpretazione dei rotoli della legge è soggetta a variazioni.Il maestro della legge, a questo punto, vuole capire l’orizzonte del proprio prossimo, visto che Gesù sipresenta con strane compagnie di persone e con atteggiamenti non sempre condivisibili.Inizia, allora, un “laico” racconto di cronaca. La parabola mette in campo l’uomo. Sia i briganti e sia ilmalcapitato non sono ebrei o samaritani. Qui ci sono solo uomini che fanno delle scelte. Anche il sacerdote oil levita sono uomini che, probabilmente, temono di toccare uno “mezzo morto” o toccare il sangue,diventando in tal modo impuri. Ci sono alcune condizioni ideologiche, culturali, prevenzioni o pigrizie chenon ci permettono di soccorrere l’uomo che ha bisogno. Proprio il samaritano, l’eretico, lo scomunicato,colui che non rispetta tutta la legge di Dio, proprio lui supera ogni barriera per aiutare chi ha bisogno:l’uomo vale più di tutto. Gesù vuole arrivare a far capire proprio questo. Invece i briganti, il sacerdote e illevita concludono allo stesso modo: “se ne andarono”.Il samaritano imposta gesti esattamente contrari: chi è stato percosso viene fasciato, chi è stato abbandonatoviene avvicinato. E non solo provvede al pronto soccorso, ma si impegna per la convalescenza,coinvolgendo altri e pagando di persona. Sia il samaritano che l’albergatore “si prendono cura” el’albergatore deve continuare la stessa opera di attenzione, iniziata con compassione e con amore. Nella cura,per primo, il samaritano interviene come può e con gli strumenti che ha. Però capisce di non avere tutte lerisorse sufficienti. Così, dove non può arrivare lui, possono arrivare a fare molto di più le Istituzioni(rileggiamo nell’oggi “il significato dell’albergo”: la scuola, il Comune, l’azienda, l’ospedale) perché quelloche conta è il bene di chi ha bisogno, non la tranquillità della propria coscienza. Così all’Istituzione vienedato un imperativo:”Abbi cura di lui” (36), pronunciato tra i due imperativi al maestro della legge: “Faquesto e vivrai” (28) e “Anche tu fai lo stesso” (37).Il testo diventa esigente poiché suppone che l’attenzione all’altro non può essere solo un impegno personale,ma suppone anche una responsabilità sociale. Certamente non si tratta di delegare agli altri ciò che puoicominciare a risolvere, ma si tratta di mettere all’erta una società, una comunità,le Istituzioni perché ricostituiscano per uno sconosciuto quell’autonomia di chi è stato depredato e quellasalute che lo rende ancora libero.E la cura deve continuare anche dopo: il malcapitato è lasciato in buone mani: pagando prima e promettendodi completare poi. Questa funzione è assolta anche pagando le tasse. E’ il contributo concreto perché unservizio raggiunga veramente un obiettivo efficiente.La domanda iniziale ha fatto supporre che il prossimo fosse un oggetto da ricercare, da individuare, daindicare. In tal caso iniziano le selezioni, come è avvenuto spesso nella storia: l’amico, il parente, ilconcittadino, il compare ecc. Ma Gesù capovolge la prospettiva e il prossimo diventa soggetto: non “chi è ilmio prossimo” ma “chi si è fatto prossimo” chi si accosta all’altro che per caso incontra? Ma allora, “dopoaverlo visto”, io lo debbo svelare, riconoscere, fermarmi ma anche cercare. “Chi si è fatto prossimo?”. Ladomanda e la risposta deve essere suonata strana e irritante. Modello diventa proprio il samaritano. Come ilSignore che si è fatto prossimo a ciascuno di noi con misericordia. “Va e fa lo stesso”, si dice nella Comunitàcristiana.Il “farsi prossimo” diventa la verifica di quanto amiamo il Signore.