 VI domenica dopo Pentecoste
5 luglio 2015
Matteo 11,27-30
Riferimenti : Esodo 3,1-15 - salmo 67 - I Corinti 2,1-7 |
Dio abbia pietà di noi e ci benedica, su di noi
faccia splendere il suo volto; perché si conosca sulla terra la
tua via, fra tutte le genti la tua salvezza. Ti lodino i popoli,
Dio, ti lodino i popoli tutti. Esultino le genti e si
rallegrino, perché giudichi i popoli con giustizia, governi le
nazioni sulla terra. Ti lodino i popoli, Dio, ti lodino i popoli
tutti. La terra ha dato il suo frutto. Ci benedica Dio, il
nostro Dio, ci benedica Dio e lo temano tutti i confini della
terra. |
Esodo 3,1-15
Ora Mosè stava pascolando il gregge
di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, e
condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò
al monte di Dio, l'Oreb. L'angelo del Signore
gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo a un
roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva
nel fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè
pensò: "Voglio avvicinarmi a vedere questo
grande spettacolo: perché il roveto non
brucia?". Il Signore vide che si era avvicinato
per vedere e Dio lo chiamò dal roveto e disse:
"Mosè, Mosè!". Rispose: "Eccomi!". Riprese: "Non
avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché
il luogo sul quale tu stai è una terra santa!".
E disse: "Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di
Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe".
Mosè allora si velò il viso, perché aveva paura
di guardare verso Dio. Il Signore disse: "Ho
osservato la miseria del mio popolo in Egitto e
ho udito il suo grido a causa dei suoi
sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze.
Sono sceso per liberarlo dalla mano dell'Egitto
e per farlo uscire da questo paese verso un
paese bello e spazioso, verso un paese dove
scorre latte e miele, verso il luogo dove si
trovano il Cananeo, l'Hittita, l'Amorreo, il
Perizzita, l'Eveo, il Gebuseo. Ora dunque il
grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io
stesso ho visto l'oppressione con cui gli
Egiziani li tormentano. Ora và! Io ti mando dal
faraone. Fà uscire dall'Egitto il mio popolo,
gli Israeliti!". Mosè disse a Dio: "Chi sono io
per andare dal faraone e per far uscire
dall'Egitto gli Israeliti?". Rispose: "Io sarò
con te. Eccoti il segno che io ti ho mandato:
quando tu avrai fatto uscire il popolo
dall'Egitto, servirete Dio su questo monte".
Mosè disse a Dio: "Ecco io arrivo dagli
Israeliti e dico loro: Il Dio dei vostri padri
mi ha mandato a voi. Ma mi diranno: Come si
chiama? E io che cosa risponderò loro?". Dio
disse a Mosè: "Io sono colui che sono!". Poi
disse: "Dirai agli Israeliti: Io-Sono mi ha
mandato a voi". Dio aggiunse a Mosè: "Dirai agli
Israeliti: Il Signore, il Dio dei vostri padri,
il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di
Giacobbe mi ha mandato a voi. Questo è il mio
nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò
ricordato di generazione in generazione.
Mosè, che è cresciuto alla corte del Faraone, ha
preso coscienza della sua appartenenza al popolo
schiavo degli ebrei che lavora per i dominatori,
e quindi vive con sofferenza il dover assistere
alla violenza, all'ingiustizia ed alla
sopraffazione della classe dirigente a cui egli
stesso appartiene. Mentre è ancora famoso in
autorevolezza, perché appartenente alla corte,
si intromette in un episodio di lavoro dove il
sovrintendente egiziano maltratta uno schiavo
ebreo. Mosè, che ne ha preso le difese, arriva
ad uccidere l'aggressore (Es 1,11-15). Ma
quando, il giorno dopo, capisce che l'omicidio è
stato scoperto e lo si incolpa, ormai, quasi
pubblicamente, ha paura e fugge mettendosi in
salvo nel deserto. Là si forma la sua
famiglia, si inserisce nella cultura del luogo,
accetta limiti e si guadagna la sua
tranquillità. Ma Dio lo scuote. Davanti
all'ingiustizia non si può restare in pace. "Vai
a liberare il popolo poiché è il popolo di
Abramo, Isacco e Giacobbe, amici a cui ho
garantito protezione per loro e i loro
discendenti!" Dio ha bisogno di collaboratori
e sembra che ad essi offra poco. Ma è un
rapporto di amici, non un rapporto commerciale.:
"Una presenza nel roveto che brucia senza
consumarsi; la garanzia che Mosè riuscirà a
vincere la resistenza del Faraone e che tornerà
con il popolo a celebrare proprio su quel monte
il ringraziamento; infine una concessione
inimmaginabile: Dio svela il suo Nome, tanto
misterioso quanto impronunciabile. E gli ebrei
non diranno mai il tetragramma sacro: YHWH,
perché pronunciarlo è come concretizzarlo,
renderlo cosa o idolo, possesso e potere sul
Nome. Lo sostituiranno, invece, nella lettura
biblica, con Adonai (il Signore), Eloim (plurale
di El, un nome collettivo che indica la
divinità) e Ha-Shem (il Nome per
eccellenza).Tale parola intraducibile lo si può
accostare al verbo "essere" ma non per dire:
"Dio è l'Essere", lettura filosofica, usata
anche nel Catechismo di Pio X (1905), ma "Dio è
l'esserci". "Sono presente al tuo presente e in
ogni tempo sono presente e fedele. E se ho
promesso, mantengo la parola data". Il
significato si estende con il: "Sono fedele alla
mia Parola. Sono misericordioso e perdono poiché
mi occupo di chi soffre e si lamenta. Per me
il lamento è preghiera, anche se chi lo urla o
lo sussurra non sa, che ascolto o non mi conosce
e pensa di gridarlo nell'infinito spazio vuoto e
silenzioso dell'universo. Perciò tu va e non
avere paura". Mosè è il mediatore, la voce di
Dio per il popolo, la voce della libertà e della
giustizia. E questo è anche il compito di Gesù,
il nuovo Mosé (Gv5,46: Mt5,17) ed è il compito
dei credenti in Gesù che hanno il compito di
concludere ogni giorno questa avventura di Dio
nel mondo, come suoi collaboratori.
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I Corinti 2,1-7 Anch'io, o
fratelli, quando sono venuto tra voi, non mi sono presentato ad
annunziarvi la testimonianza di Dio con sublimità di parola o di
sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi
se non Gesù Cristo, e questi crocifisso. Io venni in mezzo a voi
in debolezza e con molto timore e trepidazione; e la mia parola
e il mio messaggio non si basarono su discorsi persuasivi di
sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua
potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza
umana, ma sulla potenza di Dio. Tra i perfetti parliamo, sì, di
sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei
dominatori di questo mondo che vengono ridotti al nulla;
parliamo di una sapienza divina, misteriosa, che è rimasta
nascosta, e che Dio ha preordinato prima dei secoli per la
nostra gloria.
Paolo ripensa, mentre
scrive la sua lettera, al primo impatto che ha avuto in questa
comunità cristiana greca in cui, tuttavia, si è fermato 3 anni
circa. E' arrivato intimidito, incapace di discorsi sublimi,
portatore di un messaggio che, senz'altro, è una pazzia
proporre, poiché nel mondo greco bisogna offrire esempi di
sapienza e non la parola di "un barbaro" (così sono considerati
gli ebrei), in più rifiutato dai suoi stessi compatrioti e
giustiziato. E tuttavia Paolo non si scoraggia poiché i primi
incontri sono con persone semplici, di umili origini, che non
contano molto nella società:26Considerate infatti la vostra
chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto
di vista umano, né molti potenti, né molti nobili" (1,26).
Sono i disprezzati e Paolo vi vede il segno della predilezione
di Dio. Una proposta assurda, partita da un apostolo senza
particolari qualità oratorie e anzi mal giudicato, se Paolo
stesso, in un'altra lettera ai Corinzi ( la seconda), così
sintetizza il giudizio che circola su di lui: "Le sue lettere
sono dure e forti, ma la sua presenza fisica è debole e la sua
capacità di fare discorsi è modesta " (2Cor10,10). Paolo ha
riportato questo giudizio sopra di sé e se n'è risentito; e
tuttavia si rende conto che tutto quello che ha seminato ha
fatto frutto. Non certo per suo merito, ma per la forza della
Parola che penetra nel cuore e non ha bisogno di altri supporti,
salvo gli annunciatori che la trasmettono.
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Matteo 11,27-30 Tutto mi è stato dato dal Padre mio;
nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non
il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare. Venite a me, voi
tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio
giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e
troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio
carico leggero".
Matteo costruisce nel suo Vangelo la traccia di un orizzonte che, in un
primo tempo ha sperato che manifestasse i trionfi di Gesù in Galilea. Invece,
dopo i primi entusiasmi, Gesù incontra il rifiuto della Parola e del suo
Vangelo. Così, nei due capitoli 11-12 vengono elencate le difficoltà. In
questa caduta di risultati, però, diventa sconcertante la preghiera di
ringraziamento al Padre e lo svelarsi del Regno, pur nella sconfitta. -
Perplessità del Battista che si interroga sulla sua profezia circa le scelte
di Gesù: 11,2-19; - l'opposizione della città del lago: 12,20-24; - "i
piccoli" aderiscono a Cristo: 11,25-30; - contestazione a Gesù sulla sua
interpretazione del riposo sabbatico: 12,1-14; - Gesù (come il servo di Is
42,1-4) non demolisce né chiude con gli oppositori; si ritira: 12,15-21: -
accuse a Gesù di intesa con satana: 12,22-45; - la nuova famiglia:
12,46-50. Gesù non si spaventa né si rammarica. Quello che dice è
all'interno di una "benedizione" di lode al Padre come usa fare ogni buon
israelita: "Ti rendo lode." Corrisponde al "Sto vivendo la tua logica e la
tua volontà, Padre. Lo verifico mentre tu costruisci un rapporto con la
speranza dei piccoli che non sono sapienti né intelligenti". Gesù non fa
l'elogio della ignoranza. Ognuno deve maturare la propria sapienza. Ma
proprio questa deve aiutarci ad incontrare il Signore, le sue scelte di
libertà e i nostri compagni di viaggio che sono i piccoli. Anzi ci chiede di
farci umili e poveri. E questa è la vera sapienza. Se invece la tua
sapienza ti costruisce un piedestallo, la tua religiosità e la tua
costruzione diventano complesse, caotiche, oppressive, indegne del dono di
Dio. Ti costruisci un giogo che uccide e angoscia. Con questa religiosità non
incontri più Dio. La legge di Dio è un giogo. Il Siracide ne parla in una
raccomandazione al figlio: "Introduci i tuoi piedi nei suoi ceppi, il tuo
collo nella sua catena. Piega la tua spalla e portala, non infastidirti dei
suoi legami. Avvicinati ad essa con tutta l'anima e con tutta la tua forza
osserva le sue vie. Segui le sue orme, ricercala e ti si manifesterà, e
quando l'hai raggiunta, non lasciarla. Alla fine in essa troverai riposo ed
essa si cambierà per te in gioia"(Sir 6,24-28). C'è sempre un giogo, una
sottomissione, un rapporto di verifica da fare poiché nessuno è talmente
grande da poter fare a meno delle scelte di valore per sé, per i suoi
desideri e le sue tracce di vita. Il Signore Gesù ci dice: "Scegliete il mio
giogo che non vi fa impazzire per la complessità, che non vi mette nella
condizione perenne di colpa e di indegnità. La proposta del giogo è quella
del voler bene senza respingere nessuno. Gesù, davanti ad un bilancio
deludente, si rallegra poiché i piccoli e i poveri lo accolgono mentre i
ricchi e i sapienti si allontanano. Tutto porterebbe allo scoraggiamento.
Ma Gesù conosce il Padre come nessun altro. E Gesù lo sa rivelare ai suoi.
Nella Bibbia il verbo "conoscere" non si riferisce a incontri fatti, magari
più volte con qualcuno ma i suppone l'entrare in comunione unica e totale con
Lui. La legge di Dio è un giogo. Il Siracide ne parla in una
raccomandazione al figlio: "Introduci i tuoi piedi nei suoi ceppi, il tuo
collo nella sua catena. Piega la tua spalla e portala, non infastidirti dei
suoi legami. Avvicìnati ad essa con tutta l'anima e con tutta la tua forza
osserva le sue vie. Segui le sue orme, ricercala e ti si manifesterà, e
quando l'hai raggiunta, non lasciarla. Alla fine in essa troverai riposo ed
essa si cambierà per te in gioia"(Sir 6,24-28). La religione strutturata
dai sapienti è diventata irrespirabile e chi non la conosce, e non la
rispetta, si sente rigettato da Dio e quindi escluso. "Questa gente che non
conosce la legge è maledetta" dice Caifa', sommo sacerdote, facendo
riferimento al seguito di Gesù (Gv7,49). Gesù incoraggia ad essere come
Lui, mite ed umile di cuore, come nelle beatitudini. Gesù sta dalla parte dei
rifiutati, gli amati dal Signore e tale, rifiutato e condannato, è risultato
agli occhi della gente. Agli occhi del Padre, però, Gesù è stato ed è, come
per tutti noi, il capolavoro della Misericordia.
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