
III DOMENICA DI AVVENTO B 30 .11.2014 Giovanni. 5, 33-39
Riferimenti : Isaia. 51, 1-6 - Salmo 45
- 2Corinzi. 2, 14-16b |
Effonde il mio cuore
liete parole, io canto al re il mio poema. La mia lingua è stilo
di scriba veloce. Tu sei il più bello tra i figli dell'uomo,
sulle tue labbra è diffusa la grazia, ti ha benedetto Dio per
sempre. Cingi, prode, la spada al tuo fianco, nello splendore
della tua maestà ti arrida la sorte, avanza per la verità, la
mitezza e la giustizia. La tua destra ti mostri prodigi: le tue
frecce acute colpiscono al cuore i nemici del re; sotto di te
cadono i popoli. Il tuo trono, Dio, dura per sempre; è scettro
giusto lo scettro del tuo regno. |
Isaia. 51, 1-6
Così dice il
Signore Dio: Ascoltatemi, voi che siete in
cerca di giustizia voi che cercate il
Signore; guardate alla roccia da cui siete stati
tagliati, alla cava da cui siete stati
estratti. Guardate ad Abramo, vostro padre, a
Sara che vi ha partorito; poiché io chiamai lui
solo, lo benedissi e lo moltiplicai. Davvero
il Signore ha pietà di Sion, ha pietà di
tutte le sue rovine, rende il suo deserto
come l’Eden, la sua steppa come il giardino
del Signore. Giubilo e gioia saranno in essa,
ringraziamenti e melodie di canto! Ascoltatemi
attenti, o mio popolo; o mia nazione,
porgetemi l’orecchio. Poiché da me uscirà la
legge, porrò il mio diritto come luce dei
popoli. La mia giustizia è vicina, si
manifesterà la mia salvezza; le mie braccia
governeranno i popoli. In me spereranno le
isole, avranno fiducia nel mio braccio.
Alzate al cielo i vostri occhi e guardate la
terra di sotto, poiché i cieli si
dissolveranno come fumo, la terra si logorerà
come un vestito e i suoi abitanti moriranno come
larve. Ma la mia salvezza durerà per sempre, la
mia giustizia non verrà distrutta.
Ci troviamo verso la fine dell’esilio di
Babilonia (sec. VI a.C.) e il profeta anonimo,
detto Secondo Isaia, vuole incoraggiare il suo
popolo perché incominci a intravedere un
futuro di liberazione. Il profeta sa che il
Signore mantiene le sue promesse e quindi osa
smuovere la desolazione e la rassegnazione con
un richiamo fortissimo. Tutto il capitolo 51,
giocato sulla garanzia di Dio che finalmente
parla di novità, per tre volte richiama il
verbo “ascoltare”: un verbo prezioso e di
dialogo,qui ricordato nei primi 8 versetti.
E’ Dio stesso che parla al suo popolo.
Vengono insieme collegate le grandi tappe del
mondo: la creazione, la storia e la sua
conclusione (escatologia). Ma tutto è nelle mani
del Dio provvidente. Il popolo è invitato a
sperare, a credere, a ripensare alle proprie
origini. Il messaggio,tuttavia, è rivolto e
quindi è interpretabile“ da chi cerca la
giustizia, da chi cerca il Signore”.Il
primo elemento è perciò l’attesa operosa, il
desiderio di trovare soluzioni, la speranza
che Dio possa aprire progetti. E questo è il
significato della preghiera che deve essere
tessuta di attese, di storia di popolo, di
progetti che si innestano nelle linee di Dio.
La prima risposta rimanda alla roccia e alla
cava: sono realtà che fanno riferimento alla
pietra, che ha caratteri di solidità. Dio stesso
è roccia. La fede è richiamo alla roccia con
il nostro Amen. Abramo e Sara, che vivono un
matrimonio sterile, sono la radice di molti
popoli. E’un avvertimento convincente di
quanto il Signore è capace di far discendere da
loro popoli e speranza. Perciò se gli
ultimi ricordi di Gerusalemme, visti o
raccontati, sono distruzioni e rovine, la
Gerusalemme abbattuta e i campi deserti
fioriranno come l’Eden e come il giardino di
Dio. Gli avvenimenti del futuro sono descritti
come i fatti del passato perché si abbiano
dei riferimenti costruttivi e visivi. Insieme a
tutto ciò si svilupperanno gioia, allegrezza,
musica e danza come nei tempi splendidi della
gloria di Gerusalemme: la musica è sempre
accompagnata dalla danza; così tutto il corpo
esprime la bellezza ed il ringraziamento.
Anzi tutti i popoli ritroveranno nel Dio
d’Israele, che pure è un popolo vinto,
speranza e salvezza poiché da Dio avranno “legge
e diritto”. Non è infatti detto che i popoli
vincitori godano gioia piena. Anch’essi sono
sotto legislazioni di potere e di potenza,
per cui, a questo punto, “Le mie braccia
governeranno i popoli. In me spereranno le
isole, avranno fiducia nel mio braccio.” E il
braccio è il potere di Dio, santo, giusto e
misericordioso. Il braccio del Signore guidò gli
israeliti fuori dall’Egitto (6,6; 15,16);
creò il mondo (Ger 27,5), vinse le forze
caotiche che si opponevano alla creazione per
guidare ora Israele fuori dall’esilio (Is
51,9-11).Cieli e terra sono esempi di
stabilità, eppure di fronte alle promesse di Dio
e alle sue garanzie diventano realtà fragili
che si dissolvono: sono richiamate anche le
grandi divinità del mondo antico: sole, luna e
stelle, grandi divinità pagane,diventano
insignificanti e innocue.
|
2Corinzi. 2, 14-16b Fratelli,
siano rese grazie a Dio, il quale sempre ci fa partecipare al
suo trionfo in Cristo e diffonde ovunque per mezzo nostro il
profumo della sua conoscenza! Noi siamo infatti dinanzi a Dio
il profumo di Cristo per quelli che si salvano e per
quelli che si perdono; per gli uni odore di morte per la
morte e per gli altri odore di vita per la vita.
Paolo ha incontrato molte difficoltà a Corinto per
una opposizione tra un gruppo di apostoli e una Chiesa che
essi hanno fondato. Una persona di una certa autorevolezza,
ma si discute chi fosse, aveva fortemente criticato il Vangelo
predicato da Paolo e dai suoi collaboratori. E i Corinzi, da
poco evangelizzati, si erano lasciati sedurre ed avevano
abbandonato Paolo. A questo punto, dalle notizie ricevute,
l’apostolo prese la decisione di non troncare il rapporto, ma
preferì scrivere piuttosto che recarsi di persona nella sua
comunità. La lettera, portata da Tito, produsse effetti
positivi. Così Paolo si rappacificò con i cristiani di Corinto.
Il testo, che abbiamo letto, troppo breve per inglobare
discussioni e tensioni esistenti, ci presenta una immagine
curiosa che però faceva colpo sulla folla perché si esprimeva
in un apparato maestoso, tra folle esultanti e apparati fastosi.
Cristo viene paragonato ad un generale romano, vincitore su
un esercito nemico, e quindi conquistatore, per cui il Senato ha
organizzato un trionfo. Così il vincitore sfilava su un
carro, circondato dai suoi ufficiali più importanti, mentre i
nemici vinti seguivano incatenati e giovani donne spargevano
petali di fiori e profumo lungo le strade. Dovevano esserci
anche bracieri in cui particolari essenze venivano bruciate
mentre la folla festante si inebriava e si esaltava, commossa e
orgogliosa,di essere partecipe della gloria del vincitore.
Così oggi Dio percorre il mondo con il suo carro trionfale
dell’Evangelo e con Lui gli apostoli diffondono, con la
predicazione, la conoscenza di Dio come un buon profumo che
inebria e fa esplodere la novità e la gioia. Mentre Dio è
l’autore della vita e della morte, compito degli apostoli è
quello di essere ministri della Parola e quindi non debbono
trafficare, barattare, alterare e mascherare la Parola del
Signore. Paolo denuncia l’esistenza di falsi apostoli insinceri,
preoccupati del proprio interesse che alteravano la Parola di
Gesù.Paolo si rese conto che ogni credente è stato fatto da
Dio annunciatore. “Egli diffonde ovunque per mezzo nostro il
profumo della sua conoscenza!” Ma, come Cristo, che è stato
il segno di contraddizione nel mondo (Lc 2,34), e pietra
d'inciampo (Mt 21,42-44), così anche noi, con il nostro
comportamento coerente,possiamo diventare anche pietra
d’inciampo, laddove il messaggio di Gesù è rifiutato con
lucidità, e può diventare “odore di morte per la morte”.E
tuttavia questo ci deve mettere in profonda attenzione perché
non diventiamo ostacolo e paravento alla Parola. E però non
possiamo dimenticare che è sempre l’azione grandiosa di Dio
che opera in noi perché la Parola sia limpida e agli altri la
Parola di Dio arrivi senza deformazione. |
Giovanni. 5, 33-39
In quel
tempo. Il Signore Gesù disse: “Voi avete inviato dei
messaggeri a Giovanni ed
egli ha dato testimonianza alla verità. Io non ricevo
testimonianza da un
uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. Egli era la lampada
che
arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua
luce. Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che
il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo,
testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. E anche il Padre, che mi ha
mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai
ascoltato la sua
voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi;
infatti non credete a colui che egli ha mandato. Voi
scrutate le
Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che
danno testimonianza di me”.
Se leggiamo
attentamente il testo di oggi, ci accorgiamo subito della frequenza della
parola “testimonianza”.Questa parola, immediatamente, evoca in noi qualcosa
di giuridico, di legale. Certo,anche nel nostro linguaggio, assume questa
accezione specifica. Ma nel Vangelo di Giovanni ha un significato più ampio e
più profondo che il termine greco“marturya” non esprime completamente.
Infatti Giovanni sta parlando da ebreo, perciò con un sottofondo che invia
all’essenza della persona e all’intreccio delle relazioni. Testimonianza qui
vuol dire “dare credito” incondizionato a Gesù. E c’è un crescendo di
“testimonianze”: da Giovanni Battista, alle opere di Gesù, al Padre,alle
Scritture. Ma è bello anche accorgersi che Gesù non solo riceve
testimonianze, ma le dà: al Padre, a Giovanni, a chiunque entra in relazione
con lui, lasciandosi incontrare e chiamare. E’ un darsi credito a vicenda,
un fidarsi reciproco, un confermare la propria scommessa sul Signore, un
riconquistare la validità, il desiderio, la passione di una ricerca (“
Signore, dove abiti?” “Ma chi andremo, Signore?”).Che bella parola –
testimonianza- marturya! A dire la lealtà reciproca, l’appoggio,la speranza
di verità, la bellezza di un ritrovarsi, la passione del condividere e del
partecipare. Offuscata, ma anche avvalorata, dal monito che Gesù ci lascia
con rammarico: “Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce, né avete mai
visto il suo volto; e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a
Colui che mi ha mandato”.Questo richiamo è rivolto a tutti noi:-davvero
ascoltiamo la sua voce?-Davvero crediamo al Dio di Gesù? cioè: ci fidiamo di
Lui?-Davvero la sua parola rimane in noi?Infatti non è questione di
“scrutare”, ma di accogliere, di lasciarci plasmare dalla sua Parola e dalla
sua consolazione. Di buttarsi, anche nel buio. |