 XII DOMENICA DOPO PENTECOSTE
16 AGOSTO 2015
Matteo 10, 5b-15
Riferimenti : Geremia 25, 1-13 - SALMO 136 - Romani 11, 25-32 |
Lungo i fiumi di Babilonia, là sedevamo e
piangevamo ricordandoci di Sion. Ai salici di quella terra
appendemmo le nostre cetre. Là ci chiedevano parole di canto
coloro che ci avevano deportato, allegre canzoni, i nostri
oppressori: «Cantateci canti di Sion!». R. Come cantare i canti
del Signore in terra straniera? Se mi dimentico di te,
Gerusalemme, si dimentichi di me la mia destra. |
Geremia 25, 1-13
In quei giorni. Questa parola fu
rivolta a Geremia per tutto il popolo di Giuda
nel quarto anno del regno di Ioiakìm, figlio di
Giosia, re di Giuda, cioè nel primo anno del
regno di Nabucodònosor, re di Babilonia. Il
profeta Geremia l’annunciò a tutto il popolo di
Giuda e a tutti gli abitanti di Gerusalemme
dicendo: «Dall’anno tredicesimo del regno di
Giosia, figlio di Amon, re di Giuda, fino ad
oggi sono ventitré anni che mi è stata rivolta
la parola del Signore e io ho parlato a voi con
premura e insistenza, ma voi non avete
ascoltato. Il Signore vi ha inviato con assidua
premura tutti i suoi servi, i profeti, ma voi
non avete ascoltato e non avete prestato
orecchio per ascoltare quando vi diceva: “Ognuno
abbandoni la sua condotta perversa e le sue
opere malvagie; allora potrete abitare nella
terra che il Signore ha dato a voi e ai vostri
padri dai tempi antichi e per sempre. Non
seguite altri dèi per servirli e adorarli e non
provocatemi con le opere delle vostre mani e io
non vi farò del male. Ma voi non mi avete
ascoltato – oracolo del Signore – e mi avete
provocato con l’opera delle vostre mani per
vostra disgrazia”. Per questo dice il Signore
degli eserciti: Poiché non avete ascoltato le
mie parole, ecco, manderò a prendere tutte le
tribù del settentrione – oracolo del Signore – e
Nabucodònosor re di Babilonia, mio servo, e li
farò venire contro questo paese, contro i suoi
abitanti e contro tutte le nazioni confinanti,
voterò costoro allo sterminio e li ridurrò a
oggetto di orrore, a scherno e a obbrobrio
perenne. Farò cessare in mezzo a loro i canti di
gioia e di allegria, il canto dello sposo e
della sposa, il rumore della mola e il lume
della lampada. Tutta questa regione sarà
distrutta e desolata e queste genti serviranno
il re di Babilonia per settanta anni. Quando
saranno compiuti i settanta anni, punirò per i
loro delitti il re di Babilonia e quel popolo –
oracolo del Signore –, punirò il paese dei
Caldei e lo ridurrò a una desolazione perenne.
Manderò dunque a effetto su questo paese tutte
le parole che ho pronunciato a suo riguardo,
tutto quanto è scritto in questo libro, ciò che
Geremia aveva profetizzato contro tutte le
nazioni.
Geremia è uno dei profeti più grandi d'Israele
e, innamorato della bellezza e della bontà del
Signore, tenta di riportare alla fedeltà il suo
popolo, garantendo la pace. Ma la storia
travolge uomini, regni e persone e la parola di
Geremia cade nel vuoto. Anzi viene considerato
un disfattista, un annunciatore di sventure e
rischia molte volte la vita. La storia è
raccontata da Geremia stesso nel suo libro
autobiografico. Geremia, il profeta, è un
sacerdote del villaggio di Anatoth nel
territorio di Beniamino (1,1), vissuto durante
il regno degli ultimi re di Giuda: Giosia (640
a.C.-609 a.C.), Ioacaz (609), Joiakim (609-598
a.C.), Ioiachin (598-597), e Sedechia (597
a.C.-586). Il contesto della profezia di Geremia
è la lunga lotta dei Giudei contro i culti
idolatri delle divinità dei paesi circostanti,
provenienti da Tiro e da altre città della costa
fenicia, profondamente radicati fin dal tempo di
Manasseh (696-642). Giosia è un grande re e fa
sperare in una conversione di cuore di tutto il
popolo, poiché cerca di ristabilire il culto
legittimo ad un unico Dio, nell'ambito delle sue
riforme (2 Re 22,23). La riforma inizia nel 628
a.C. (2 Cr. 34,3) e viene ad essa dato un
rinnovato impeto con la riscoperta del Libro
della Legge nel 621 a.C. (2 Re 22,8). La
vocazione di Geremia avviene nel 626 a.C. (1,2).
Uomo solitario a causa del suo messaggio
impopolare (15,17) che deve portare, desidera
sposarsi con Giuditta, ma Dio stesso gli
proibisce di sposarsi (16,2). Si trova anche in
contrapposizione con le autorità del paese e di
ogni ceto sociale (26,8). Per questo, la sua
vita stessa corre seri pericoli (11,18-23;
18,18; 26,8; 36,19; 38,6). Il suo messaggio
tocca temi scottanti e dolenti della vita
nazionale. Soprattutto il re Sedechia lo
perseguita perché viene considerato un
disfattista, che mina il morale della nazione.
Geremia annuncia la prossima invasione dei
babilonesi (37,3.17), contro i quali non ci si
può opporre, ma bisogna arrendersi e pagare a
loro le tasse. Il testo di oggi fa riferimento
al 605 a.C. e la minaccia è l'invasione di
popoli dal Nord, talvolta indicata
genericamente, più spesso identificata
chiaramente con i babilonesi, guidati da
Nabucodonosor. Il regno di Giuda è vinto per
mano del re conquistatore nel 597 a.C. e porta
in esilio a Babilonia la maggior parte degli
intellettuali e degli attigiani della Giudea. Ma
poiché i rimasti in Israele hanno intentato un
nuova ribellione, nel 586 a.C, Nabucodonosor
ritorna e, questa volta, la distruzione di
Gerusalemme è totale: distrutto e bruciato il
tempio, spodestata la dinastia davidica,
deportati tutti gli israeliti, salvo pochi
poveri contadini e pastori della zona
montagnosa. Inizia così la cosiddetta "cattività
babilonese". Geremia è risparmiato e lasciato
vivere tra le rovine di Gerusalemme, dove
continua a predicare. Poi, catturato dai suoi
denigratori e portato in Egitto (dopo l'anno 586
a.C.), vi muore, secondo un'antica tradizione
cristiana, lapidato dai suoi connazionali,
esasperati dai suoi rimproveri.
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Romani 11, 25-32 Lettera di san
Paolo apostolo ai Romani. Non voglio che ignoriate, fratelli,
questo mistero, perché non siate presuntuosi: l’ostinazione di
una parte d’Israele è in atto fino a quando non saranno entrate
tutte quante le genti. Allora tutto Israele sarà salvato, come
sta scritto: Da Sion uscirà il liberatore, egli toglierà
l’empietà da Giacobbe. Sarà questa la mia alleanza con loro
quando distruggerò i loro peccati. Quanto al Vangelo, essi sono
nemici, per vostro vantaggio; ma quanto alla scelta di Dio, essi
sono amati, a causa dei padri, infatti i doni e la chiamata di
Dio sono irrevocabili! Come voi un tempo siete stati
disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia a motivo
della loro disobbedienza, così anch’essi ora sono diventati
disobbedienti a motivo della misericordia da voi ricevuta,
perché anch’essi ottengano misericordia. Dio infatti ha
rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere misericordioso
verso tutti!
L'infedeltà e il rifiuto
d'Israele sono parziali mentre la fedeltà e la Parola di Dio
sono fedeli sempre. Abbiamo già incontrato questi interrogativi
e questa sofferenza nel brano letto domenica scorsa nella
lettera ai Romani (11,1-15). E infatti questo testo ne è il
seguito. Ci viene posto il significato del "mistero d'Israele"
(v 25). La certezza di una soluzione positiva non avviene per
una garanzia razionale e non ci sono prove che garantiscano
questa soluzione. Ma il messaggio nasce dalla fiducia in Dio
come per una profezia. Essa garantisce, attraverso la Scrittura,
che Dio mantiene la sua parola. Viene posta, allora, la lettura
e la interpretazione teologica della storia. L'apostolo formula
una previsione: l'ostinazione di una parte d'Israele è in atto,
fino a quando non saranno entrate tutte quante le genti. Allora
tutto Israele sarà salvato. Israele è "nemico del vangelo", ma
solo temporaneamente, poiché non ha riconosciuto Gesù. Il
versetto centrale regge tutto l'impianto di speranza, anche se
si rimanda alla conclusione della storia: "Ma quanto alla scelta
di Dio, essi sono amati, a causa dei padri, infatti i doni e la
chiamata di Dio sono irrevocabili! (vv28-29)". Quanto alla
scelta di Dio, che è stata la scelta gratuita del Padre, Dio non
dimentica le sue promesse". La colpa di Israele è, soprattutto,
l'aver voluto raggiungere, con una pratica formale della Legge e
con le proprie forze, quella giustizia che può ottenersi solo
con la fede (10,1-21). Paolo, così, è convinto che Dio non ha
rigettato il suo popolo. Il suo stesso ministero lo conferma.
Egli infatti percepisce un legame misterioso tra la propria
missione ai Gentili e la salvezza del suo popolo. Dovunque ha
predicato, il rifiuto di Israele è stato causa di apertura della
evangelizzazione ai pagani; e tale rifiuto ha segnato la
riconciliazione del mondo. Ma Paolo va oltre. Se tali esiti ha
dato la loro riprovazione, quali potranno essere mai i frutti
positivi? Davanti a Dio non valgono privilegi razziali, ma vale
solo il riconoscersi racchiusi nella disobbedienza. Solo così si
rivela verso tutti la misericordia del Signore.
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Matteo 10, 5b-15 In quel tempo. Il Signore Gesù inviò i
Dodici, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città
dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa
d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è
vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi,
scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non
procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da
viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto
al suo nutrimento. In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là
sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti. Entrando nella casa,
rivolgetele il saluto. Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di
essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi. Se qualcuno poi non
vi accoglie e non dà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da
quella città e scuotete la polvere dei vostri piedi. In verità io vi dico:
nel giorno del giudizio la terra di Sòdoma e Gomorra sarà trattata meno
duramente di quella città». Matteo sta organizzando il suo
Vangelo sulla Parola di Dio, fondamentalmente, distribuendola in 5 grandi
discorsi di Gesù, poiché 5 sono i libri della Legge e qui si sviluppa la
nuova Parola di Dio che si fa legge. Così elenco qui, per comodità di
ricerca, i discorsi di Gesù che diventano un caposaldo della nuova sapienza.
I: .L'annuncio del regno. Il discorso della montagna (5,1-7,29). II: Il
ministero in Galilea (8,1-11,1). Il discorso missionario (9,35-11,1). III:
Controversie e parabole (11,2- 13,52). Le parabole del Regno (13,1-52).
IV: La formazione dei discepoli (13,53-18,35). Il discorso ecclesiastico
(18,1-35). V: Giudea e Gerusalemme (19,1- 25,46). Il discorso sul tempo
ultimo (escatologico) (24,1- 25,46). Gesù ha iniziato la sua opera di
evangelizzazione come un unico evangelizzatore, così almeno viene presentato
da Matteo. Lo schema della prima parte del Vangelo tra la folla si sviluppa
così. - Il discorso delle beatitudini, (capp 5-7) ai discepoli. - 10
miracoli (capp8-9) nelle diverse situazioni di malattia. - Una verifica di
Gesù sulla realtà che gli si presenta: "Vedendo le folle, "Gesù ne ebbe
compassione" e disse; «La messe è molta ma gli operai sono pochi» (vv
9,36-37). - Gesù sceglie i 12, li chiama, dà loro il potere di scacciare i
demoni e di guarire ogni sorta di infermità (10,1). - Li istruisce e li
manda. Il testo di oggi ricorda questa istruzione che è un insegnamento
alla Chiesa nella storia. Esso risente del retroterra schematicamente
ricordato, che ci aiuta a scoprire meglio il senso del messaggio, aprendo
anche a noi orizzonti impensati come credenti. C'è molto da fare poiché il
male fisico e il male mentale, a cominciare dal disorientamento delle
alienazioni (il corpo e la mente delle persone possedute da un altro),
tradiscono le persone stesse, toglie loro la libertà e la capacità di operare
con dignità e le incatenano. Gesù sente il bisogno di offrire una sapienza
nuova e di liberare la mente e il corpo dal male. Ma c'è troppo da fare e non
e possibile fare tutto da solo. "La messe è molta". La liberazione si
costruisce mentre la si attua e la si trasmette, insieme, mentre si allargano
gli orizzonti verso una nuova liberazione. Allora Gesù chiama un popolo
nuovo, a cui consegna i suoi stessi poteri di liberazione: vuole costituire
un popolo. I 12 sono il nuovo popolo dei salvati, i nuovi annunciatori che si
fidano di Gesù e quindi possono avere gli stessi suoi progetti. E' la nuova
assemblea, è la Chiesa costituiti dai battezzati e non solo dai vescovi o dai
pastori. Il 12 è l'insieme dei battezzati a cui spetta un impegno pastorale
di vita (va approfondito il messaggio del Concilio Vaticano II). -
"Cominciate a visitare il popolo che ha atteso i doni dell'Alleanza, le
pecore perdute della casa d'Israele". - "Predicate lungo la strada, poiché
questo messaggio non è un annuncio da tenere nel chiuso. - Affrontate il
male: ci sono 4 richiami impensabili: "Guarite gli infermi, risuscitate i
morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demoni" (v 8). (Il 4 è il richiamo
dell'orizzonte umano). - "Fate tutto gratuitamente come gratuitamente
avete ricevuto". Questo è l'elemento centrale che si unisce alla
evangelizzazione: gratuità e Parola nuova di Dio. - "Non procuratevi" e
sono elencati "oro, argento, danaro, sacca da viaggio, tuniche, sandali e
bastone" (e il numero 7 è il numero della pienezza: cielo e terra). Per
Matteo il rifiuto del bastone è il rifiuto della violenza. E se si vuole
curiosare nei tre Vangeli su questo elenco, si trovano interessanti
differenze, date dall'orizzonte culturale diverso. Marco, che scrive per i
romani, permette i sandali e il bastone ((Mc 6,8: il territorio è vasto e il
bastone richiama l'autorità di Mosè). Luca invece mantiene le richieste di
Matteo ma allunga l'elenco in due parti diverse: Lc 9,3 e Lc 10,4. -
Fidatevi della solidarietà degli altri, accettando di essere ospitati dal più
degno, per non doversi sentire ricattati. - "Portate sempre la pace": è il
dono fondamentale del messianismo. Anche Gesù la offre ai suoi la sera di
Pasqua (Gv 20,19-21). - Le norme di comportamento sono inserite in due
tempi: "entrare ed uscire" e in due spazi: "città e casa". Se vi rifiutano
non reagite con vendetta o con maledizioni. Semplicemente dichiarate che non
condividete le loro scelte e li considerate pagani". E il richiamo a luoghi
contaminati sottolinea il carattere autorevole e conclusivo delle scelte.
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