 DOMENICA CHE PRECEDE IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI
23 agosto 2015 Matteo 10,28-4
Riferimenti : 2Mac 7,1-2.20-41 2 - Salmo 16- Cor 4,7-14 |
Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio. Ho detto a
Dio: "Sei tu il mio Signore, senza di te non ho alcun bene". Per
i santi, che sono sulla terra, uomini nobili, è tutto il mio
amore. Si affrettino altri a costruire idoli: io non spanderò le
loro libazioni di sangue né pronunzierò con le mie labbra i loro
nomi. |
2Mac 7,1-2.20-41 In quei giorni. Ci fu il caso di
sette fratelli che, presi insieme alla loro
madre, furono costretti dal re, a forza di
flagelli e nerbate, a cibarsi di carni
suine proibite. Uno di loro, facendosi .
interprete di tutti, disse: «Che cosa cerchi o
vuoi sapere da noi? Siamo pronti a morire
piuttosto che trasgredire le leggi dei
padri». Soprattutto la madre era ammirevole e
degna di glorio- sa memoria, perché, vedendo
morire sette figli in un solo giorno,
sopportava tutto serenamente per le speranze
poste nel Signore. Esortava ciascuno di loro
nella lingua dei padri, piena di nobili
sentimenti e, temprando la tenerezza femminile
con un coraggio virile, diceva loro: «Non so
come siate apparsi nel mio seno; non io vi
ho dato il respiro e la vita, né io ho dato
forma alle membra di ciascuno di voi. Senza
dubbio il Creatore dell'universo, che ha
plasmato all'origine l'uomo e ha provveduto alla generazione di tutti, per la sua
misericordia vi restituirà di nuovo il
respiro e la vita, poiché voi ora per le sue
leggi non vi preoccupate di voi stessi».
Antìoco, credendosi disprezzato e
sospettando che quel linguaggio fosse di
scherno, esortava il più giovane che era ancora
vivo; e non solo a parole, ma con giuramenti
prometteva che l'avrebbe fatto ricco e molto
felice, se avesse abbandonato le tradizioni dei
padri, e che l'avrebbe fatto suo amico e gli
avrebbe affidato alti incarichi. Ma poiché il
giovane non badava per nulla a queste parole, il
re, chiamata la madre, la esortava a farsi
consigliera di salvezza per il ragazzo. Esortata
a lungo, ella accettò di persuadere il figlio;
chinatasi su di lui, beffandosi del crudele
tiranno, disse nella lingua dei padri:
«Figlio, abbi pietà di me, che ti ho porta-
to in seno nove mesi, che ti ho allattato per
tre anni, ti ho allevato, ti ho condotto a
questa età e ti ho dato il nutrimento. Ti
scongiuro, figlio, contempla il cielo e la
terra, osserva quanto vi è in essi e sappi
che Dio li ha fatti non da cose preesistenti;
tale è anche l'origine del genere umano. Non
temere questo carne- fice, ma, mostrandoti
degno dei tuoi fratelli, accetta la morte,
perché io ti possa riavere insieme con i tuoi
fratelli nel giorno della misericordia».
Mentre lei ancora parlava, il giovane disse:
«Che aspettate? Non obbedisco al comando del re,
ma ascolto il comando della legge che è
stata data ai nostri padri per mezzo di
Mosè. Tu però, che ti sei fatto autore di ogni
male contro gli Ebrei, non sfuggirai alle
mani di Dio. Noi, in realtà, soffriamo per
i nostri peccati. Se ora per nostro castigo e
correzione il Signore vivente per breve
tempo si è adirato con noi, di nuovo si
riconcilierà con i suoi servi. Ma tu, o
sacrilego e il più scellerato di tutti gli
uomini, non esaltarti invano, alimentando segrete speranze, mentre alzi la mano contro i
figli del Cielo, perché non sei ancora al
sicuro dal giudizio del Dio onnipotente
che vede tutto. Già ora i nostri fratelli, che
hanno sopportato un breve tormento, per una
vita eterna sono entrati in alleanza con
Dio. Tu invece subirai nel giudizio di Dio il
giusto castigo della tua superbia. Anch'io,
come già i miei fratelli, offro il corpo e
la vita per le leggi dei padri, supplicando Dio
che presto si mostri placato al suo popolo e
che tu, fra dure prove e flagelli, debba
confessare che egli solo è Dio; con me invece e
con i miei fratelli possa arrestarsi l'ira
dell'Onnipotente, giustamente attirata su
tutta la nostra stirpe». Il re, divenuto
furibondo, si sfogò su di lui più
crudelmente che sugli altri, sentendosi invelenito dallo scherno. Così anche costui
passò all'altra vita puro, confidando
pienamente nel Signore. Ultima dopo i figli,
anche la madre incontrò la morte.
I fatti, ricordati nel martirio dei 7
fratelli, con la madre, si collocano durante il
regno di Antioco IV Epifane ( 176-164 a.C).
Questo re vuole sviluppare una politica di
revisione e di smantellamento del culto ebraico.
Tale politica affretta la rivolta partigiana
della famiglia dei Maccabei: cinque fratelli che
si ribellano al re Antioco nel 167 a.C. e che
resistono alle campagne degli eserciti greci,
riuscendo, alla fine, a liberare Gerusalemme. In
questo clima di contrasto e di persecuzione
verso i fedeli, convinti della fede del Dio
d'Israele, si sviluppa un accanimento che
provoca molte vittime. L'autore biblico ha
voluto, in particolare, raccontare un processo
pubblico, alla presenza del re contro una
famiglia di 7 fratelli con accanto la loro
madre, colpevoli del rifiuto di mangiare cibo
impuro secondo la legge ebraica. L'autore
biblico, nel racconto, sviluppa anche una
riflessione teologica molto matura e nuova nel
mondo ebraico. Prima di tutto egli vuole portare
a conoscenza questo processo poiché offre un
grande esempio che aiuta i credenti a riprendere
coraggio e mantenere fedeltà. Il racconto di
questi martiri della fede passa sotto il nome di
"fratelli Maccabei" dal nome del libro che parla
della resistenza in Israele (pur non avendo
niente a che fare con i partigiani nella lotta
al re, portatori di tale nome). Il re Antioco
si pone, in particolare, due obiettivi, tra i
tanti: una motivazione culturale, obbligando al
culto degli dei greci gli ebrei conquistati, e
una motivazione economica: depredare il tempio
di Gerusalemme per il bisogno continuo di danaro
per la guerra e i tributi ai romani. Ma ha anche
tentato di profanare il tempio, dedicandolo a
Giove Olimpio (2 Mac 6,1-2). E' convinto che
sfibrare la fede e la convinzione di un popolo
permette di poterlo dominare. L'episodio
racconta il processo, discorsi, risposte e
torture. Nella liturgia di oggi, in particolare,
possiamo leggere le coraggiose riflessioni della
madre e dell'ultimo figlio ancora vivente. Oltre
la testimonianza di fede, il figlio minore svela
una stupefacente maturazione della fede che si è
approfondita proprio durante la persecuzione,
facendo evolvere i contenuti del passato, che
erano legati al benessere ed al successo, e
veramente considerati segni della giustizia di
Dio che ricompensa il giusto. Ma di fronte alla
morte, tra l'altro atroce, di giovani che non
hanno ancora ricevuto nulla dalla vita e che,
tuttavia, sono rimasti fedeli, cresce una nuova
consapevolezza. Accanto al dono della vita come
dono di Dio, c'è la vita piena che Egli offrirà
nella risurrezione: "La sua misericordia vi
restituirà di nuovo lo spirito della vita".
Insieme a questo destino di gloria e di luce si
scopre una seconda profondissima intuizione
nella fede in Dio che è creatore dal nulla del
cielo e della terra ("e non da realtà
preesistenti " come viene pensato nelle varie
religioni e culture). Il concetto del creare dal
nulla è molto complesso e difficile. Ma, in tal
modo, il Dio d'Israele viene ad essere
riconosciuto come il più grande di tutti gli dei
e di tutti i re della terra, il più potente.
Infine viene ricordato proprio dalla vittima,
che soffre l'ingiustizia, una giustizia più alta
che condanna alla sua terribile responsabilità
chi si comporta senza rettitudine, ricordando
che il Dio in cui crede è l'unico Dio della
terra. Tutto questo testo è un grandioso brano
educativo dove appare il significato sapienziale
della fede e della vita, incoraggiata ed
offerta, insieme con la responsabilità di
sorreggere anche la fede degli altri e la
coscienza di essere nelle mani di Dio,
nonostante le difficoltà, le contraddizioni e la
propria fragilità. |
2Cor 4,7-14 Fratelli,
noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, affinché appaia
che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non
viene da noi. In tutto, infatti, siamo tribolati, ma non
schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma
non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e
dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita
di Gesù si manifesti nel nostro corpo. Sempre infatti, noi che
siamo vivi, veniamo consegnati alla morte a causa di Gesù,
perché anche la vita di Gesù si manifesti nella nostra carne
mortale. Cosicché in noi agisce la morte, in voi la vita.
Animati tuttavia da quello stesso spirito di fede di cui sta
scritto: «Ho creduto, perciò ho parlato», anche noi crediamo e
perciò parliamo, convinti che colui che ha risuscitato il
Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto
a lui insieme con voi.
Paolo ha un profondo senso di consapevolezza della propria
povertà, anche se sa difendersi quando viene attaccato, poiché
non sopporta di essere considerato ambiguo, o superficiale, o in
cerca di interessi e privilegi. Egli rivendica la sua onestà che
lo porta ad essere scrupoloso nel proporre il vangelo di Gesù
che gli è stato affidato. E rivendica di aver predicato la
verità davanti ad ogni coscienza. "La verità è Cristo Gesù
Signore "(v 5). E tuttavia, l'esperienza gli fa riconoscere che
il Vangelo è custodito in vasi di creta, nella sua debolezza e
infermità. Tutta la persona e tutta la vita, che soffrono questa
limitatezza, sono chiamate ad una altissima vocazione. Proprio
qui si manifesta "la potenza straordinaria di Dio". E se nella
mentalità comune e nella sensibilità greca il valore della
persona, alla fine, si mostra nella saggezza, nel rispetto, nel
prestigio, nell'accoglienza, nell'accettazione entusiasta della
Parola nuova, Paolo si rende conto che la sua vita non è un
grande esempio di popolarità, di successo e di riuscita.
"Tribolati da ogni parte" ma non disperati, perseguitati eppure
soprattutto coscienti di non essere abbandonati. Paolo sente di
essere consegnato come "alla morte", a somiglianza di Gesù " e a
causa di Gesù". La fede, nella Parola di Dio e nella
risurrezione, provoca la vita nei fratelli, mentre nel discepolo
vive la fatica e la sofferenza del Salvatore. Egli è consapevole
che l'operosità e la missione che lo stimolano lo fanno
diventare fiducioso agli occhi di coloro che incontra. Egli ha
creduto e quindi parla. E così, nonostante la propria fatica, i
cristiani di Corinto sono santificati dallo Spirito che vivifica
ciascuno, e sono consci che la fede alimenterà ogni giorno la
convinzione della risurrezione, "ponendoci accanto a lui" nella
gloria. Per quanto disorientati per un cammino niente affatto
desiderabile e gioioso, proprio la morte di Gesù e l'esempio che
egli ha dato sono diventati una verifica che capovolge i criteri
di valore e di successo. "Consegnati alla morte perché la vita
si manifesti nella nostra carne mortale", Paolo non teme di
essere chiaro e, per alcuni versi, brutale. Ma questo paradosso,
che vive con consapevolezza, gli permette, tutto sommato, di
abitare nella speranza. Egli diventa un viatico per la sua
comunità che è continuamente presente nel suo ricordo e nella
sua volontà formativa.
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Due passere sulla riva del lago di Genezareth
.... due
passere non si vendono per un soldo? eppure, non
uno......... |
Matteo 10,28-4 In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Non
abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di
uccidere l'anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far
perire nella Geènna e l'anima e il corpo. Due
passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a
terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo
sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti
passeri! Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo
riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà
davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei
cieli. Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto
a portare non pace, ma spada. Sono infatti venuto a separare "l'uomo da suo
padre e la figlia da sua madre e la nuora da sua suocera"; e "nemici
dell'uomo saranno quelli della sua casa". Chi ama padre o madre più di me,
non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; chi
non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà
tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita
per causa mia, la troverà. Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me
accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta perché è un
profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un
giusto, avrà la ricompensa del giusto. Chi avrà dato da bere anche un solo
bicchiere d'acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in
verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa». Gesù ha
lungamente istruito i suoi discepoli poiché tutta la vita comune, che hanno
sviluppato con Lui senz'alcuna pausa o stacco, ha portato a maturare alcune
scelte fondamentali. Matteo ci sintetizza, tuttavia qui, le raccomandazioni
ai missionari (ma missionari siamo tutti), riproponendoci questa seconda
parte del discorso missionario. Si ritrovano qui alcuni atteggiamenti
fondamentali da maturare e riproporre nella quotidianità. A: "Non abbiate
paura".< B: "Sono venuto per una rivoluzione di significati e di valori".
C: "Desidero rimettere al primo posto la gratuità". A: Il "non abbiate
paura" è ripetuto tre volte in questo brano (vv26.28.31). "Non abbiate
paura" che le prospettive del Regno siano travolte e vanificate. Anzi il
Regno ha una forza esplosiva. "Nulla resterà nascosto" e perciò "quello che
vi dico nelle tenebre ditelo alla luce e predicatelo sui tetti" (vv 26-27)
"Non abbiate paura " di perdere la vostra posizione, la stima dei superiori o
le amicizie, o ciò che è vostro; non temere di essere puniti, degradati o
addirittura uccisi (vv 28-29), poiché tutto quello che ci possono derubare
non costituisce la dignità piena. E se conosciamo una nostra drammatica
fragilità, che vorrebbe metterci in balia delle volontà e delle intenzioni
degli altri, il Signore, che passa per la morte, vince il mondo e la nostra
morte stessa. "Non abbiate paura" di quelli che lasciate soli, perché
coinvolti nelle vostre scelte, e perciò in balia della povertà e in mancanza
di sostegno. Gesù dice: "Fidatevi". Se ci sono molti che soffrono per la
Parola di Gesù, saranno riconosciuti da Gesù di fronte al Padre. Abbiate
invece paura del male che c'è in noi, " di chi ha il potere di far perire
nella Geènna e l'anima e il corpo" (v 28). E' quella forza negativa che ci
conduce lontano da Gesù, che ci fa fare scelte ambigue, ci fa tenere amicizie
distorte, ci fa mantenere legami che ci rendono schiavi e incapaci di vivere.
Non va dimenticato che questo testo è scritto da Matteo (tra gli anni 80- 100
d.C.), in un periodo in cui già l'autorità civile sta perseguitando i
cristiani, accusandoli di ateismo, pericolosi nemici dell'umanità e traditori
dell'imperatore, poiché non accettano di riconoscere caratteri divini a Roma
e all'autorità (si intravedono i profili di Nerone e di Domiziano). B:
sono venuto per una rivoluzione di significati e di valori Nella vita la
prima scelta da fare, dice Gesù, è "riconoscermi davanti agli uomini" (v 32).
Bisogna avere il coraggio di smuovere le incrostazioni e gli accomodamenti:"
Non sono venuto a portare la pace ma la guerra, ma la spada". Sono "venuto a
separare", a mettere in crisi la famiglia e gli affetti sacrosanti. Quando
qualcuno della famiglia diventa cristiano, nascono tensione, paura e
sconcerto anche per le conseguenze che coinvolgono tutta la famiglia: dalla
esclusione dalla sinagoga alla persecuzione. Si arriva facilmente a
disconoscere il figlio o la figlia e a scacciarli di casa. "Sono venuto a
separare il figlio dal padre, la figlia dalia madre". C: Gesù desidera che
si rimetta al primo posto la gratuità. E quattro richiami molto radicali
ci riportano ad approfondire il senso del cammino: non si tratta di parabole
o di similitudini. Gesù non si limita ad incoraggiamenti, a ripensare in modo
più onesto (oggi si parla spesso di cattolici "moderati".) la qualità della
vita. "Prendere la croce" rimanda alla tragica processione che il mondo
romano svolge quando un pericoloso distruttore dell'impero viene condannato.
Passare tra la gente, deriso e rifiutato, e morire sulla croce senza scampo è
assolutamente repellente. Il problema però si pone poiché Gesù stesso ha
seguito alla lettera questo itinerario, lui il "Giusto". E non ha fatto o
detto nulla per difendersi. Nel mondo il credente, invitato alla coerenza,
rischia di essere qualificato come un traditore e un pericolo per l'impero.
"Trovare la vita" significa cercarla e conservarla con tutte le proprie
forze, quella che Gesù invita a cercare nei suoi valori più alti.
L'accoglienza nei tre livelli di presenza: il discepolo, Gesù, il Padre.
Nell'inviato c'è tutta l'autorità di Gesù (in due versetti, 6 volte c'è il
termine "accogliere"). 6 è il numero della vita, (l'umanità è creata il 6°
giorno: Gen 1), ma non è ancora tutto poiché non raggiunge il 7. Il credente
deve poter essere disponibile mentre ci coinvolge l'attenzione sui bisogni
dell'altro, anche solo del bicchiere di acqua, ma "fresca". Sembra che Gesù
porti il suo messaggio alla esasperazione. Ma, come tutto il Vangelo, la
radicalità non pretende che si ubbidisca alla lettera, ma che si accettino
strade ed itinerari inusuali che maturino verso orientamenti assolutamente
nuovi, quelli di Gesù. Egli chiede scelte di campo nei suoi fedeli e nella
Chiesa
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