
I domenica dopo il martirio di Giovanni
30 agosto 2015
Giovanni 3, 25-36
Riferimenti - Isaia 29, 13-21 - Salmo 84 - Ebrei 12, 18-25 |
Sei stato buono, Signore, con la tua terra, hai
perdonato la colpa del tuo popolo. Ascolterò che cosa dice Dio,
il Signore: egli annuncia la pace per il suo popolo, per i suoi
fedeli, per chi ritorna a lui con fiducia. |
Isaia 29, 13-21 Dice il
Signore: «Poiché questo popolosi avvicina a
me solo con la sua bocca e mi onora con le sue
labbra, mentre il suo cuore è lontano da me
e la venerazione che ha verso di me è un
imparaticcio di precetti umani, perciò,
eccomi, continuerò a operare meraviglie e
prodigi con questo popolo; perirà la sapienza
dei suoi sapienti e si eclisserà
l’intelligenza dei suoi intelligenti». Guai a
quanti vogliono sottrarsi alla vista del Signore per dissimulare i loro piani, a coloro che
agiscono nelle tenebre, dicendo: «Chi ci vede?
Chi ci conosce?».Che perversità! Forse che il
vasaio è stimato pari alla creta? Un oggetto
può dire del suo autore: «Non mi ha fatto
lui»? E un vaso può dire del vasaio: «Non
capisce»? Certo, ancora un po’e il Libano
si cambierà in un frutteto e il frutteto sarà
considerato una selva. Udranno in quel giorno
i sordi le parole del libro; liberati
dall’oscurità e dalle tenebre, gli occhi dei
ciechi vedranno. Gli umili si rallegreranno di
nuovo nel Signore, i più poveri gioiranno nel
Santo d’Israele. Perché il tiranno non sarà
più, sparirà l’arrogante, saranno eliminati
quanti tramano iniquità, quanti con la parola
rendono colpevoli gli altri, quanti alla porta
tendono tranelli al giudice e rovinano il
giusto per un nulla.
Il re
Ezechia, sovrano del piccolo regno di Giuda,
figlio del re Acaz che ha sempre rivendicato la
sua idolatria, associato al trono già dal 728,
regna tra il 716 e il 687, ed è particolarmente
importante per la riforma religiosa che si
impegna a sviluppare. Nella Scrittura si
parla molto bene di questo sovrano poiché ha
messo mano ad una intelligente e coerente
revisione del culto e della religione ebraica.
La riforma sembra essere stata particolarmente
impegnativa nella restaurazione del culto di
YHWH, eliminando il culto cananeo e i luoghi
sacri pagani. Il re s'impegna sulla centralità
del tempio di Gerusalemme, aiutato dall'azione
di alcuni profeti che lo incoraggiano nel
coordinare gli impegni del cambiamento.
Avendo, di riflesso, assistito al crollo del
regno d'Israele (il regno del nord o di Samaria)
nel 721, ad opera degli assiri, il piccolo regno
di Giuda è rimasto come un cuscinetto tra le
conquiste assire e il mondo egiziano. Il re di
Giuda paga certo le tasse al regno assiro, ma è
indipendente, anzi si rafforza, conquistando
popolazioni e città vicine, e si allarga
territorialmente, pretendendo addirittura di
contrastare il regno assiro. I preparativi
per la guerra, segretamente alleandosi con gli
egiziani, devono dare una spallata al mondo
assiro. Il tutto è molto contrastato da Isaia
che vede l'operazione come una pazzia. Di fatto,
nel 701 il re assiro Sennacherib scende verso la
costa, nella regione dei filistei, abbatte tutte
le fortezze e invita Gerusalemme ad arrendersi.
Quindi, superando le incertezze, di fatto
assedia la città e vi rinchiude la popolazione.
Ma, improvvisamente, e non si sa veramente
perché, da un giorno all'altro viene tolto
l'assedio, forse per una epidemia, o per un
aiuto consistente degli egiziani, o per motivi
politici interni al mondo assiro, o addirittura
per un atto di sottomissione del re che,
comunque, invia grande quantità di oro e argento
a Ninive come tributo. I fatti storici
precedenti aiutano a cogliere il senso delle
parole di Isaia, Il profeta, che è vigile
custode del rapporto di fiducia nell'Alleanza
con il Signore, individua, nella religiosità che
si pratica in Giudea, un pericolo sempre
esistente che qui acquista caratteri molto
evidenti: diffusa superficialità, un forte
formalismo nella pratica del culto, tenace
attaccamento ai gesti, scrupolo per assolvere
precetti, parole di preghiera ripetute con le
labbra, senza una consapevolezza ed una adesione
di cuore. Ma Dio vuole il cuore, poiché è
proprio il cuore che si allontana da Dio oppure
lo ama, lo cerca, si fida. Il cuore, nel mondo
ebraico, esprime tutta l'interiorità della
persona. Più che incontrare il Signore, ci si
accontenta di gesti, di parole e di un miscuglio
di poche regole. E dal momento che la gloria
di Dio è ricordata con stupore per i suoi
interventi prodigiosi a salvezza del popolo,
bisogna stare attenti - dice il profeta- che la
stessa potenza di prodigio non possa addirittura
rivoltarsi contro il popolo indegno. E i prodigi
potrebbero diventare avvenimenti disastrosi e
terribili. Nel suo duro rimprovero, il profeta
richiama le furbizie nascoste dei sapienti che
credono che le loro trame sfuggano agli occhi di
Dio e ai suoi profeti, da Lui illuminati.
L'immagine interessante e concreta del vasaio,
in una società contadina dove si ha
particolarmente bisogno del suo lavoro, illustra
il rapporto di libertà tra Dio e il suo popolo.
E non a caso questa immagine è privilegiata
poiché nella Scrittura si parla dell'uomo, fatto
con la polvere della terra, con gesti propri del
vasaio. Poi, di colpo, dal versetto 17,
cambia il messaggio che diventa portatore della
salvezza di Dio, manifestandosi nell'abbondanza
dei prodotti agricoli e nel ricupero della piena
autonomia della persona, in particolare dei
sordi e dei ciechi che sono così in grado di
cogliere in pienezza il mondo. Così
l'intervento, a tutto campo, è significato anche
dal numero 4 (l'orizzonte umano): Libano,
frutteto, ciechi e sordi. I risultati sono la
pienezza della fiducia, il trionfo della
giustizia, la pace. L'elenco ci riserva un bel
numero: il 7 che è la completezza, la bellezza e
la grandezza del cielo e della terra. Il
messaggio di Isaia, al di là della collocazione
e gli avvenimenti storici, ricorda che una
società si costruisce nella giustizia e nella
coscienza profonda di un dialogo con Dio
nell'esistenza quotidiana. La religione diventa
insignificante e addirittura pericolosa quando
si riduce a formalità. Essa illude le persone di
correttezza, semplicemente perché si rispettano
le regole del culto.
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Ebrei 12, 18-25 Fratelli, voi non
vi siete avvicinati a qualcosa di tangibile né a un fuoco
ardente né a oscurità, tenebra e tempesta, né a squillo di
tromba e a suono di parole, mentre quelli che lo udivano
scongiuravano Dio di non rivolgere più a loro la parola. Non
potevano infatti sopportare quest’ordine: «Se anche una bestia
toccherà il monte, sarà lapidata». Lo spettacolo, in realtà, era
così terrificante che Mosè disse: «Ho paura e tremo». Voi invece
vi siete accostati al monte Sion, alla città del Dio vivente,
alla Gerusalemme celeste e a migliaia di angeli, all’adunanza
festosa e all’assemblea dei primogeniti i cui nomi sono scritti
nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti
resi perfetti, a Gesù, mediatore dell’alleanza nuova, e al
sangue purificatore, che è più eloquente di quello di Abele.
Perciò guardatevi bene dal rifiutare Colui che parla, perché, se
quelli non trovarono scampo per aver rifiutato colui che
proferiva oracoli sulla terra, a maggior ragione non troveremo
scampo noi, se volteremo le spalle a Colui che parla dai cieli.
Verificandosi diverse provenienze dei cristiani dal
paganesimo o dall'ebraismo, nella Comunità cristiana sorgono
facilmente nostalgie, ma anche di recriminazione per la cultura
in cui si è cresciuti e che influenza, spesso, ancora molto, i
pensieri e le linee di comportamento. Bisogna saper fare una
seria distinzione, a partire dalle scelte che si sono fatte, ed
è necessario un tempo di verifica e di riflessione per rimettere
a posto e coordinare il cammino che si è scelto un tempo, ma che
continua ad essere messo a rischio da sentimenti, ricordi,
nostalgie, complessi di colpa. Qui l'autore biblico sente
l'esigenza di contrapporre due immagini di montagne che sono
anche luoghi dove Dio si è fatto presente: il Sinai e Sion.
Il Sinai, al tempo della liberazione dall'Egitto, fondamento
della storia religiosa e della consistenza sociale del popolo
d'Israele, è il luogo dove sono avvenuti fenomeni grandiosi,
richiamo di dominio e di terrore, come spesso appaiono i
fenomeni naturali: lingue di fuoco, tuoni, oscurità e tempesta.
La rivelazione del Sinai si svolge su una montagna avvolta di
fuoco, di tempesta e di oscurità, tra squilli di tromba e parole
terrificanti. Il popolo, impaurito, scongiura Dio che gli parli
attraverso Mosé. In realtà, lo angoscia, insieme, la possibile
lontananza da Dio e il terribile comando di dover perfino
lapidare un animale che avesse toccato il monte su cui Dio
appare (vv19-20). Mose stesso, di fronte a questa grandezza
terribile, si sente tormentato e tremante. Così dominante è la
paura. La nuova montagna, Sion, la montagna di Gerusalemme, è
il luogo della festa, l'assemblea di uomini liberi e giusti in
compagnia degli angeli. E' stata resa tale da Gesù che svela il
volto di Dio Padre, del Dio creatore innamorato della nostra
libertà, del Dio amico (noi, infatti, siamo diventati amici di
Gesù e non servi: Gv 15,15). E se nell'Antico Testamento ci sono
stati molti i mediatori tra il Signore e il suo popolo, oggi c'è
un solo mediatore, Gesù. E se la mediazione, in particolare,
viene ricordata, per l'antichità, con il significato del sangue
delle offerte, uccise in onore a Dio e per il sangue di Abele,
il giusto, che grida giustizia (Gen 4,10), qui il sangue di
Gesù, da sé solo, ha la potenza e la pienezza di introdurci nel
tempio di Dio (10,19). Il sangue, nel mondo ebraico, è la
vita e per rispetto alla vita non lo si può né bere e né
mangiare. Gesù, invece, proprio per la forza del sangue che
comunica la vita, trasforma l'offerta del suo sangue come
incontro di dono di vita e come un banchetto di pace.
L'autore di questa lettera, fiducioso della comprensione dei
suoi lettori credenti, incoraggia perché non rifiutino Cristo,
il Dio che parla dal cielo con una parola eterna (e il richiamo
è ancora ad Abele che grida dalla terra).
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Giovanni 3, 25-36 In quel tempo. Nacque una discussione tra
i discepoli di Giovanni e un Giudeo riguardo alla purificazione rituale.
Andarono da Giovanni e gli dissero: «Rabbì, colui che era con te dall’altra
parte del Giordano e al quale hai dato testimonianza, ecco, sta battezzando e
tutti accorrono a lui». Giovanni rispose: «Nessuno può prendersi qualcosa se
non gli è stata data dal cielo. Voi stessi mi siete testimoni che io ho
detto: “Non sono io il Cristo”, ma: “Sono stato mandato avanti a lui”. Lo
sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l’amico dello sposo, che è
presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia
gioia è piena. Lui deve crescere; io, invece, diminuire». Chi viene
dall’alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla
terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti.
Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua
testimonianza. Chi ne accetta la testimonianza, conferma che Dio è veritiero.
Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà
lo Spirito. Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. Chi crede
nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita,
ma l’ira di Dio rimane su di lui.
Giovanni Evangelista
vuole sviluppare, in questo capitolo, la conoscenza di Gesù attraverso due
testimonianze: quella di Nicodemo e quella di Giovanni il Battista.
Nicodemo interpella il significato dell'azione di Gesù con il valore dei suoi
segni e Giovanni Battista, interrogato da persone del suo gruppo e da
discepoli, dice la sua testimonianza come la persona più qualificata a
svelare il mistero di Gesù, per quanto possibile, poiché ormai a lui
riconoscono il ruolo di profeta. E' la prima e unica volta che troviamo
nel Vangelo il ricordo di Gesù che battezza egli stesso, dopo essere stato
battezzato da Giovanni il Battista. (ma subito dopo, nel suo vangelo,
Giovanni evangelista rettifica dicendo che sono i discepoli e non lui che
battezzano: v 4,1). Proprio questa iniziativa disorienta nella cerchia del
Battista. Gesù dovrebbe essere sottomesso a Giovanni, dovrebbe non
sostituirlo nel compiere I gesti della purificazione, non dovrebbe
strappargli le folle che adesso si riversano da Lui. Tutti questi pensieri
vengono, più o meno chiaramente, riportati a Giovanni con un miscuglio di
risentimento e di gelosia, ritenendo così di fargli piacere. Insieme, questa
specie di concorrenza senza neppure aver avvisato Giovanni sa, almeno, di
poco rispetto. Giovanni spiega con molta umiltà e coerenza, valorizzando
Gesù e dandogli una grande testimonianza. Non lascia nulla in sospeso, non
restano malintesi né rammarichi. Giovanni richiama il suo ruolo e la sua
vocazione. Afferma di essere semplicemente "mandato innanzi a lui" e ricorda
loro la propria testimonianza quando era stato ufficialmente interpellato:
"Non sono io il Cristo". Essi stessi ne sono stati testimoni. Questo
Giovanni lo dice mentre, probabilmente, tutti ricordano che Gesù era stato
con loro discepolo di Giovanni il Battista. Giovanni gli dà testimonianza e
proclama: "Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me"
(Gv1,15)." (E qualcuno interpreta: "Viene dopo di me" con il compito del
discepolo di seguire il maestro) Qui vengono introdotte le due immagini della
sposa e dello sposo e quella dell'amico dello sposo. Ma Giovanni non
intende, prima di tutto, fermarsi al riconoscimento di Gesù. Anche per lui è
un mistero da scoprire. Quindi si ferma sulla soglia. Ha capito che Gesù è
più grande. Ma tiene a voler chiarire la sua posizione, che è quella di
essere l'amico che prepara le nozze, che prepara la sposa all'incontro. E la
sposa è il popolo di Dio che si è purificato attraverso la predicazione di
Giovanni. Il Battista ha tutto preparato perché l'incontro sia splendido,
gioioso, pieno. Si risentono le profezie sull'Alleanza di Osea, di Isaia, di
Geremia. Giovanni parla della sua gioia piena poiché la sposa è pronta e lo
sposo è arrivato. Ora egli deve "diminuire fino a scomparire" perché il suo
compito è finito. Il testo successivo non è di Giovanni il Battista ma
dell'evangelista che ha profondamente partecipato, anche commosso, alla
testimonianza del Battista, mentre scrive, e desidera continuare a dire ciò
che il Battista non poteva ancora capire. Gesù viene dall'alto, è al di
sopra di tutti. Gesù rivela ciò che ha visto e udito, anche se nessuno
accetta la sua testimonianza. Ma Dio è veritiero e la sua parola è la prova
vivente che Dio è fedele nella storia, anche se la fedeltà di Dio è spesso
ricercata su altre strade. Gesù, annunciando la Parola di Dio, offre lo
Spirito senza misura. Tutto il mondo è nelle sue mani, tutto quel mondo
che Dio ha creato. Perciò, conclude l'evangelista, chi crede nel Figlio
riceve la pienezza, la vita eterna, tutta la novità che Dio sa offrire. Chi
non ubbidisce al Figlio è lontano dalla vita piena e non coglie nessuna
bellezza: "l'ira di Dio incombe su di lui". Ma la situazione più drammatica
che ci può capitare è voler allontanare Dio La discussione tra i discepoli
è un paradigma di ciò che avviene nella vita. Vogliamo che si rispettino
alcuni schemi, normalmente legati ai nostri diritti, ai riguardi di rispetto
e di anzianità, al fatto di essere primi o secondi, misurandoci su nostri
criteri non verificati. In questo testo Giovanni il Battista dice: "Il mio
compito è preparare, essere competente e testimoniare con la mia vita perché
le persone che incontro rivedano i propri schemi mentali, chiedano perdono
delle rigidità di giudizio e della sclerosi del cuore riguardo Dio e quindi
s'incamminino verso di Lui. Per parte mia, accetto di mettermi a servizio di
quello che il Signore mi fa capire". I testi sull'autorità in cui Gesù
parla di servizio: "Chi vuol essere il primo tra voi sia servo di tutti"
(Mc10,44) possono essere una traduzione nell'oggi, così come si può collocare
qui un famoso richiamo di don Lorenzo Milani agli educatori, ai responsabili
di realtà pubbliche, alla classe dirigente, ai Pierini, figli del dottore:
"Fai strada ai poveri senza farti strada"( Lettera ad una professoressa)
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