II DOMENICA DI pasqua
(della divina misericordia)
12 APRILE 2015
Giovanni 20,19-31
Riferimenti - Atti 4,8-24 - Salmo 117 - Colossesi 2,8-15
Lodate il Signore, popoli tutti, voi tutte, nazioni, dategli gloria;  perché forte è il suo amore per noi e la fedeltà del Signore dura in eterno.

Atti 4,8-24
Allora Pietro, pieno di Spirito Santo, disse loro: "Capi del popolo e anziani, visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato ad un uomo infermo e in qual modo egli abbia ottenuto la salute, la cosa sia nota a tutti voi e a tutto il popolo d'Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi sano e salvo. Questo Gesù è la pietra che, scartata da voi, costruttori, è diventata testata d'angolo. In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati".  Vedendo la franchezza di Pietro e di Giovanni e considerando che erano senza istruzione e popolani, rimanevano stupefatti riconoscendoli per coloro che erano stati con Gesù;  quando poi videro in piedi vicino a loro l'uomo che era stato guarito, non sapevano che cosa rispondere. Li fecero uscire dal sinedrio e si misero a consultarsi fra loro dicendo: "Che dobbiamo fare a questi uomini? Un miracolo evidente è avvenuto per opera loro; esso è diventato talmente noto a tutti gli abitanti di Gerusalemme che non possiamo negarlo. Ma perché la cosa non si divulghi di più tra il popolo, diffidiamoli dal parlare più ad alcuno in nome di lui".  E, richiamatili, ordinarono loro di non parlare assolutamente né di insegnare nel nome di Gesù.  Ma Pietro e Giovanni replicarono: "Se sia giusto innanzi a Dio obbedire a voi più che a lui, giudicatelo voi stessi;  noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato". Quelli allora, dopo averli ulteriormente minacciati, non trovando motivi per punirli, li rilasciarono a causa del popolo, perché tutti glorificavano Dio per l'accaduto.  L'uomo infatti sul quale era avvenuto il miracolo della guarigione aveva più di quarant'anni.  Appena rimessi in libertà, andarono dai loro fratelli e riferirono quanto avevano detto i sommi sacerdoti e gli anziani.  All'udire ciò, tutti insieme levarono la loro voce a Dio dicendo: "Signore, tu che hai creato il cielo, la terra, il mare e tutto ciò che è in essi.
A Gerusalemme, nelle primissime settimane dopo la Pasqua, la piccola comunità cristiana, incoraggiata e sorretta dallo Spirito di Gesù, opera con molta libertà mentre, insieme, i cristiani frequentano il tempio e sviluppano un'intensa vita di collaborazione, nelle loro case, con gli apostoli. Non fanno grandi piani e grandi progetti per il futuro, ma si affidano alla volontà di Dio, pronti a rispondere ai segni che Egli vorrà offrire. Pietro e Giovanni sono andati al tempio come buoni ebrei credenti e lì trovano uno storpio dalla nascita che chiede l'elemosina, presso la porta "bella". I due apostoli si scusano di non poter offrire soldi; comunque, intervengono: "Nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina" (Atti 3,1-10). Gli apostoli hanno imparato da Gesù a condividere ciò che Gesù aveva loro offerto: cioè la sua fede. L'incontro con l'altro non deve prevedere tanto un fatto economico quanto una condivisione. Pietro e Giovanni ritengono che la miglior condivisione è restituire, con la forza della loro fede, una presenza nuova di Gesù che porta salute e che ristabilisce, nella pienezza della sua autonomia, colui che è malato. È chiaro che lo stupore della gente, che ha visto e sentito, ha bisogno di spiegazioni ed essi, pubblicamente, le offrono, parlando di Gesù. Ma proprio questo irrita i responsabili del tempio. Così fanno arrestare Pietro e Giovanni e li lasciano in carcere fino al giorno dopo (4,3). A questo punto, i due apostoli vengono interrogati e si chiede loro conto delle cose che dicono. Pietro prende la parola (questo è il terzo discorso sugli otto che gli vengono attribuiti nel libro degli "Atti degli Apostoli".) Questi uomini, che hanno seguito Gesù, sono profondamente e radicalmente cambiati. Essi parlano "con franchezza"; pubblicamente si rivolgono ai responsabili religiosi del popolo d'Israele: capi del popolo e anziani (4,8) con determinazione e chiarezza ("colmati di Spirito Santo") e proclamano con fiducia e libertà che la guarigione dello storpio è opera di Gesù, perché è fatta in suo nome. Pietro sta proclamando due realtà profondamente sconvolgenti. Sta affermando, prima di tutto, che Gesù è venuto a liberare l'uomo dalle sue angosce e dai suoi mali, vincendo la morte anche per noi. Quindi proclama, mentre le restituisce, il valore dell'autonomia e della libertà allo storpio. La novità della salvezza, secondo Pietro che parla e Giovanni che condivide, è vincere la morte e vincere la malattia che deforma e intristisce la vita. Così, alla presenza del malato guarito, viene offerta una nuova e sconvolgente interpretazione di Gesù. Considerato malfattore e bestemmiatore, e per questo giustiziato, Gesù è, invece, costituito dal Padre, fondamento dell'esistenza e della salvezza del mondo. Pietro cita la Scrittura, male utilizzata dai capi che hanno "scartato" Gesù come pietra inutile, e afferma che proprio quella pietra scartata è lo stesso Gesù, che diventa pietra angolare (Sal 118,22). Gli accusatori e i giudici sono ripieni di sconcerto e di disagio poiché delle persone "semplici e senza istruzioni" si permettono di diventare dei maestri che rileggono la Scrittura in modo completamente nuovo, e si permettono, quindi, di interpretare i fatti del presente, di cui essi sono responsabili, come Parola di Dio. L'unica soluzione, che viene trovata, è quella di minacciare gli apostoli e quindi di proibire loro di parlare, dimenticando tutto il valore della profezia e il coraggio di saper interpretare i segni di Dio nella storia. Coloro che accusano sono spaventati poiché non possono più ricorrere al processo e alla morte come per Gesù perché proprio della morte non hanno paura, anzi la morte fa esplodere la vita e la forza di Dio. Gli apostoli sono disarmati davanti a loro, ma sono più forti, perché hanno coscienza di aver scoperto l'itinerario che Dio ha tracciato attraverso Gesù. Certo, osano molto, ma arrivano a contrapporre il comando di Dio, che viene dai fatti e dalla esperienza di Gesù, e il comando degli uomini che è quello dei sommi sacerdoti, squalificato per l'occasione perché incapace di capire. Addirittura gli apostoli pongono il problema di tipo giuridico proprio a loro: "Se sia giusto dinanzi a Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi. Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato". Vengono usati due verbi che hanno un significato particolare nella Scrittura: "vedere e ascoltare". "Vedere il volto di Dio" è la grande aspirazione di Mosé, che non ha potuto vederlo se non di sfuggita; "ascoltare" è la grande responsabilità del popolo di Dio che deve interpretare e mettere in pratica ciò che Dio vuole. Ci vengono richiesti il coraggio di coerenza nell'operare e l'obbligo del chiarire la propria fede, quando veniamo interpellati. Ma questo testo ci incoraggia non solo a prevedere, ma soprattutto a portare speranza anche alle persone più lontane e meno disponibili. I discepoli di Gesù debbono aiutare a far luce a tutti, anche ai più lontani.

Colossesi 2,8-15
Badate che nessuno vi inganni con la sua filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo. È in Cristo che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità, e voi avete in lui parte alla sua pienezza, di lui cioè che è il capo di ogni Principato e di ogni Potestà. In lui voi siete stati anche circoncisi, di una circoncisione però non fatta da mano di uomo, mediante la spogliazione del nostro corpo di carne, ma della vera circoncisione di Cristo. Con lui infatti siete stati sepolti insieme nel battesimo, in lui anche siete stati insieme risuscitati per la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti.  Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti per i vostri peccati e per l'incirconcisione della vostra carne, perdonandoci tutti i peccati,  annullando il documento scritto del nostro debito, le cui condizioni ci erano sfavorevoli. Egli lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce;  avendo privato della loro forza i Principati e le Potestà ne ha fatto pubblico spettacolo dietro al corteo trionfale di Cristo. Contro la falsa ascesi, secondo gli "elementi del mondo"


La comunità di Colosse, distante circa 200 km da Efeso, è stata fondata, probabilmente, da un discepolo di Paolo, Epafra, quando Paolo evangelizza Efeso (54-57 d.C.). Vi circolano idee o interpretazioni derivanti sia dal mondo giudaico che dal mondo pagano, non in sintonia con la predicazione di Paolo su Gesù. In particolare, qui si pretende di imporre l'osservanza della legge mosaica anche ai nuovi cristiani, provenienti dal paganesimo, e si diffondono strane teorie sugli spiriti celesti verso cui si pensa di sviluppare un culto particolare per le loro mediazioni. In queste teorie Gesù si riduce ad essere solo uno di questi intercessori. Si capisce allora come questa lettera sviluppa, particolarmente, il primato assoluto di Cristo, Figlio di Dio, su tutte le creature e su tutto l'universo. In lui è presente la divinità nella sua pienezza e in lui c'è la Chiesa, la sua comunità, l'Israele di Dio che forma il suo corpo. Sempre indispensabile e da ricordare è l'inno Cristologico del capitolo precedente che mostra la fede della Chiesa in Gesù, maturata teologicamente nei primi decenni della sua vita e della sua predicazione (1,15-20). Il richiamo alla circoncisione ci dice che le difficoltà sorgono, qui, da discussioni sulla religione ebraica. La nuova circoncisione del popolo di Dio, che ha come salvatore Gesù, è il battesimo che ci inserisce nell'Israele di Dio (Gal 6,15-16: "Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l'essere nuova creatura. E su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia, come su tutto l'Israele di Dio". Il battesimo ci toglie la radice del peccato attraverso il gesto simbolico dell'immergersi e dell'emergere dalla vasca battesimale: richiamo alla sepoltura e alla risurrezione di Gesù. È molto curioso il ricordo del "documento" che fa riferimento alle transazioni economiche e al linguaggio commerciale per cui il debitore, pubblicamente, scrive o fa scrivere i propri debiti che diventano, in tal modo, garanzie per il creditore, ma, nello stesso tempo, tale documento è un pericoloso capo d'accusa se non si paga il debito. Qui, probabilmente, c'è anche la convinzione che esistano degli archivi celesti in cui sono registrati tutti i fatti malvagi che ciascuno di noi ha compiuto e che un giorno potrebbero venire alla luce. Anche oggi i telegiornali, spesso, ci informano della scoperta di documenti segreti che sono pubblicati e improvvisamente creano disagio a coloro che vi sono implicati. Questi documenti ci sono condonati, distrutti, perché qualcuno ha pagato per tutti. Sono stati tolti di mezzo e inchiodati alla croce. Nessuna potenza, così, può sostituire questo gesto di amore di Gesù. Chiaramente la riflessione sul perdono non è tanto posta per avere la tranquillità di coscienza, ma, molto di più, per sentirsi profondamente amati ed voluti dal Signore che ci spinge, ricchi del suo Spirito, a vivere con pienezza la sua Parola e a portare speranza. Il nostro andare nel mondo deve portare la garanzia del perdono e, quindi, della speranza come operosità di valore per ricostruire un mondo più degno dell'uomo e quindi di Dio.

Giovanni 20,19-31
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome
Due episodi stretti attorno a un unico tema - quello della fede - sono l'eco fedele di quanto è accaduto nel cuore degli apostoli dopo la morte di Gesù. Nel primo episodio (19-22) il Risorto appare agli Undici, che, nonostante l'annuncio di Maria di Magdala (v. 18), sono ancora chiusi nel cenacolo per paura dei Giudei. Gesù supera le barriere interposte: passa attraverso le porte, manifestando che la sua condizione è completamente nuova, anche se nulla viene cancellato della sofferenza subita nella carne. Il riferimento insistente al costato trafitto di Gesù è proprio di Giovanni che in tal modo vuole indicare in Gesù il compimento delle profezie (Ez 47,1; Zc 12,10.14). Anche il tradizionale saluto di pace assume sulle sue labbra un senso nuovo: da augurio -" la pace sia con voi" - diviene presenza: "la pace è con voi". La pace, dono messianico per eccellenza che include ogni bene, è dunque una persona: è il Signore crocifisso e risorto in mezzo ai suoi  ("stette" vv. 19b. 26b e, precedentemente, v. 14). Quindi anche gli Undici passano da un sentito dire a un vedere: occorre una esperienza esistenziale di Gesù. Al vederLo i discepoli sono colmi di gioia e confermati nella fede. Lo Spirito che Gesù alita su di loro, principio di una creazione nuova (Gen 2,7), è una ri-creazione che conferisce agli apostoli una missione che prolunga la sua, nel tempo e nello spazio, e partecipa loro il potere divino di liberare dal peccato (egoismo).Ritengo che sia questa la redenzione: la vita nuova, lo Spirito Santo, donato da Gesù Risorto. Il secondo quadro (vv. 24-29) personalizza in Tommaso i dubbi e lo scetticismo che i sinottici attribuiscono genericamente ad "alcuni" fra i Dodici che possono sorgere in chiunque. Tommaso ha visto l'agonia del suo Maestro e ora rifiuta di credere ad una realtà che non sia, concreta, tangibile quanto la sofferenza di cui è stato testimone (v. 25). Gesù accondiscende all'ostinata pretesa del discepolo (v. 27), poiché è necessario che il gruppo degli apostoli sia saldo e forte nella fede per poter annunciare al mondo la risurrezione. E proprio a Tommaso è attribuita la professione di fede più alta e completa: "Mio Signore e mio Dio". Egli chiama il Risorto con i nomi biblici di Dio, YHWH e Eloim, e il possessivo 'mio' indica la sua piena adesione di amore, oltre che di fede, a Gesù. La visione porta alla fede Tommaso, ma il Signore dichiara apertamente, per tutti i tempi, beati coloro che crederanno sulla parola dei testimoni, senza pretendere di vedere. Essi sperimenteranno la grazia di una fede nuda e spoglia, che tuttavia conferma il cuore, facendolo esultare di gioia indicibile gloriosa (1 Pt 1,8). I vv. 30s. costituiscono la prima conclusione del vangelo di Giovanni: una testimonianza scritta che non pretende di essere esauriente, bensì mira a suscitare e corroborare la fede "che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio (cfr. Mc 1,1). Prima si sente la Sua voce (Maria di Magdala Gv 20,16) che ci chiama per nome con una inflessione particolare, poi ci si volta e si vede (si constata presente anche se non con gli occhi: si tratta di una sensazione mistica di una presenza continua).