 IV Domenica di Pasqua
26/04/2015 Giovanni 10, 27-30
Riferimenti : Atti degli Apostoli 20, 7-12-Salmo -Prima lettera Timòteo 4, 12-16 |
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Atti degli Apostoli 20, 7-12 Il
primo giorno della settimana ci eravamo
riuniti a spezzare il pane, e Paolo, che
doveva partire il giorno dopo, conversava con
loro e prolungò il discorso fino a
mezzanotte. C’era un buon numero di lampade
nella stanza al piano superiore, dove eravamo
riuniti. Ora, un ragazzo di nome Èutico,
seduto alla finestra, mentre Paolo continuava
a conversare senza sosta, fu preso da un
sonno profondo; sopraffatto dal sonno, cadde
giù dal terzo piano e venne raccolto morto.
Paolo allora scese, si gettò sudi lui, lo
abbracciò e disse: «Non vi turbate; è vivo!».
Poi risalì, spezzò il pane, mangiò e, dopo
aver parlato ancora molto fino all’alba,
partì. Intanto avevano ricondotto il ragazzo
vivo, e si sentirono molto consolati.
L’episodio,
raccontato negli Atti degli apostoli, per sé, è
simile a molti altri appuntamenti che Paolo
sviluppa nella comunità cristiane. Qui, però,
acquista un particolare significato per il segno
che viene offerto, poiché porta soccorso ad
un ragazzo di questa comunità che,
incidentalmente, ha perso l’equilibrio e,
cadendo da una finestra del terzo piano, è
morto. La lettura di questo brano si
inserisce nelle novità che Gesù porta: la Parola
di Dio, l’Eucarestia, la forza della fede, il
segno della risurrezione che, in
quell’occasione, si è manifestata, addirittura,
per l’intervento di un apostolo, su un
ragazzo morto. Paolo ha abbandonato Efeso, si
mette in viaggio per la Macedonia, si ferma
nelle varie comunità per alcuni mesi; poi, per
complotti contro di lui e la sua
predicazione, riprende la strada del ritorno e
giunge a Troade. Lo accompagnano sette
personaggi (20,4) che probabilmente sono i
delegati delle Chiese dell’Asia per la
raccolta-colletta in aiuto alla comunità di
Gerusalemme in difficoltà. E’ stata una
iniziativa di Paolo, apprezzata dalle diverse
nuove comunità visitate dall’apostolo, su cui
Paolo ha riflettuto molto: su questo impegno
di solidarietà Paolo ha scritto molto nella II
lettera ai Corinzi. Dal racconto si scopre che
anche Luca, autore degli “Atti degli apostoli” è
testimone dei fatti avvenuti. “Ci eravamo
riuniti a spezzare il pane, nel primo giorno
della settimana", al tramonto (E’, quindi, un
sabato sera, all'inizio della settimana
ebraica). Al piano superiore, la piccola
comunità si trova a pregare e a celebrare
l'Eucaristia che fa memoria della passione e
insieme della risurrezione di Gesù, avvenuta
esattamente il giorno dopo il sabato, il
primo giorno della settimana. Si ricordano il
“Discorso” e la “Conversazione”. Si intravede
lo schema della riunione: il tempo della
riflessione (o liturgia della Parola che
corrisponde a un lungo discorso tenuto da
Paolo alla piccola comunità, insieme con un
tempo di riflessione e di spiegazione),
l'Eucaristia e quindi il pasto comunitario:
praticamente cisi richiama alla liturgia
familiare della cena pasquale ebraica. In
questa riunione un ragazzo, di nome Fortunato (“Eutico”),
probabilmente stordito dalle tante lampade
accese in quella stanza, addormentandosi,
cade da una finestra e muore. L'episodio fa
riferimento a due risurrezioni, nel Primo
Testamento, operate da Elia (1 Re 17,17-24) e
da Eliseo (2 Re 4,30-37) e all’episodio della
risurrezione della figlia del capo della
sinagoga Giairo, operata da Gesù (Mc
5,35-43).Tutto il testo ha molti riferimenti
simbolici: le tenebre e le lampade accese, la
vita e la morte. Vince tuttavia la Parola di
vita e il segno della risurrezione. |
Prima lettera Timòteo 4, 12-16 Carissimo,
nessuno disprezzi la tua giovane età, ma sii di esempio ai
fedeli nel parlare, nel comportamento, nella carità, nella
fede, nella purezza. In attesa del mio arrivo,
dedicati alla lettura, all’esortazione e
all’insegnamento. Non trascurare il dono che è in te e che ti
è stato conferito, mediante una parola profetica, con
l’imposizione delle mani da parte dei presbiteri. Abbi cura
di queste cose, dedicati ad esse interamente, perché tutti
vedano il tuo progresso. Vigila su te stesso e sul tuo
insegnamento e sii perseverante: così facendo, salverai te
stesso e quelli che ti ascoltano. Questa
lettera è indirizzata ad un discepolo di Paolo, Timoteo, responsabile della comunità di Efeso, che è soggetta a crisi
ed ha difficoltà anche perché la città, famosa e ricca, è un
crocevia di persone e di idee. In tale realtà si sta
costituendo, lentamente, un pensiero nuovo, attraverso
l’esperienza di Gesù, la sua Parola e il rapporto con il
Padre. E’ molto facile, però, l’innesto e l’inquinamento di
riflessioni, sensibilità e atteggiamenti che vengono da una
rilettura ebraica della fede o da abitudini e mentalità pagane.
Timoteo viene fortemente incoraggiato ad una fermezza che
manifesti una lucidità coraggiosa che sostenga la fede della
comunità. Circolano, infatti, e lo saranno in maniera vistosa
alcuni decenni dopo, nella Chiesa, insegnamenti di "spiriti
ingannatori" che diffondono pratiche scorrette che Gesù non
aveva mai proposto: vietare il matrimonio o astenersi da alcuni
cibi (4,3). La matrice, con alcuni addentellati pagani,
svilupperà correnti eretiche nelle Comunità Cristiane con
questi stessi contenuti che passarono sotto il nome di “Encratismo”.
Gli errori sul valore del corpo e il disprezzo della materia
derivano dal disprezzo della materia e quindi anche del corpo
umano e conducono a pratiche e comportamenti contrari
all’insegnamento che Gesù aveva dato, e contrasta anche a
quel patrimonio ebraico prezioso che fa riferimento alla
creazione del mondo da parte di Dio, che ha fatto buone e
belle tutte le cose. E quindi, Timoteo, come collaboratore
nella missione, deve insegnare, con intelligenza e con
responsabilità, la fede vera e deve essere guardato con
rispetto, soprattutto per una condotta esemplare di vita che
diventi esempio a tutti. Si parla di giovane età. Per il
compito che deve sviluppare, le comunità ancorate, fortemente
ancora all’ebraismo, sono abituate ad avete, come depositari
della fede, gli “anziani”. Così la giovane età di Timoteo può
portare qualche difficoltà nell’accoglienza del suo
insegnamento. Paolo è già intervenuto per sostenere il
prestigio di Timoteo, in età assai più giovane, quando lo
aveva scelto come collaboratore (1 Cor 16,10-11). In quel
tempo, soprattutto per il ruolo che ha nella comunità, 35 o 40
anni sono ancora pochi. Timoteo deve sostituire con il suo
esempio e con una condotta esemplare ciò che manca alla sua
età Si parla di “Lettura, esortazione e insegnamento”.
Normalmente, dopo la lettura pubblica, si aggiungono
spiegazioni morali e dottrinali così come si usava nella
sinagoga (At 13,14-16). Viene ricordato, quindi, il dono di Dio
(“carisma”), conferito con l’imposizione delle mani e che già
nel Primo Testamento veniva usato come azione simbolica per
trasmettere poteri o cariche. Per le prime comunità cristiane
è l'espressione simbolica dell'inserimento in un ufficio: i
sette diaconi (Atti 6,6), Paolo e Barnaba (Atti13,3). Sta
maturando, probabilmente, il significato del sacramento del
sacerdozio. Si trovano alcuni elementi formali, compreso la
presenza “dei presbiteri” insieme, che ci indicano segni e
responsabilità precise. Timoteo, infine, deve ricordare che
in lui esiste un dono spirituale su indicazione di "una
parola profetica". Questa Parola potrebbe significare il
suggerimento di persone fidate, dato a Paolo, sulla scelta di
Timòteo come collaboratore (1.18). In questo caso, Paolo
parla come di una vocazione. L’imposizione delle mani, fin dagli
inizi, deve essere accompagnata con la preghiera per il
compito di guidare la comunità. Timoteo deve rinnovare la sua
fiducia nella grazia per svolgere la sua missione. |
Giovanni 10, 27-30 In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai
Giudei: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi
seguono. Io doloro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e
nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è
più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e
il Padre siamo una cosa sola». Il
breve brano del vangelo di oggi è tratto da un capitolo dove domina la
figura del “pastore”. E’ un pastore vero, un pastore buono, un pastore che
si cura delle sue pecore. Figura umile quella del pastore; non è
nemmeno lui il padrone delle pecore, ma qualcuno a cui sono affidate, con
le quali vive giorno e notte. Ecco perché è stata presa ad immagine della
cura che Dio ha in Gesù delle sue creature. C’è un rapporto vivo fra
pecore e pastore: addirittura esse reagiscono soltanto alla sua voce: non
occorre che parli, sanno già che cosa vuole dire, perciò lo ascoltano
indipendentemente da quello che dice, perché sanno di essere conosciute,
cioè di essere in una relazione stretta con il pastore. E quando si è in
una vera relazione ci si intende al volo e ci si mette incammino insieme.
Ed è dolce ascoltare e intendersi al solo suono di una voce amica.
Anche il richiamo alle mani è bello e forte. Nessuno può strappare le
pecore dalle mani di Gesù, cui sono state affidate dal Padre. Le mani
richiamano qualcosa di protettivo e di creativo; qui sono viste nel loro
aspetto positivo, non come strumento di dominio e di violenza. Infatti
esprimono l’appartenenza reciproca, l’incontro, l’adesione profonda: è
come una stretta di mano calorosa che rassicura e immette in una fiducia
assoluta. Ci rendiamo conto di essere, in qualunque situazione, anche tragica
e drammatica (il cap. 10 di Giovanni è inserito in un’atmosfera di
cospirazione e di presagi di morte; i poteri religiosi, infatti, stanno
cospirando per catturare Gesù), di essere nelle mani di Gesù e del Padre
(che è una cosa sola con Lui)? Altrove si dirà “nel cuore”? Possiamo dire
di seguirlo soltanto all’ascolto della sua voce, perché ormai siamo dentro
un vero incontro con Lui, una vera relazione? Consapevoli che niente e
nessuno può strapparci dalla sua mano? E’ sempre il messaggio di Pasqua
che ci inquieta e nello stesso tempo ci rassicura. Il Vangelo di
Giovanni ci ripropone oggi, una parte della discussione che avviene con
Gesù nel tempio tra i responsabili religiosi e Gesù. Il tema fondamentale
che viene posto con molta chiarezza è intuire via via insieme, senza
smettere di interrogarci sulle scelte pericolose di Gesù. |