
V DOMENICA DI AVVENTO Il Precursore
14 /12/2014 Giovanni. 1, 19-27a. 15c. 27b-
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Riferimenti : Isaia. 11, 1-10 - Salmo 97 - Lettera agli Ebrei. 7, 14-17. 22. 25
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Il Signore regna, esulti la terra, gioiscano le
isole tutte. Nubi e tenebre lo avvolgono, giustizia e
diritto sono la base del suo trono. Davanti a lui cammina il
fuoco e brucia tutt'intorno i suoi nemici. Le sue folgori
rischiarano il mondo: vede e sussulta la terra. I monti fondono
come cera davanti al Signore, davanti al Signore di tutta la
terra. I cieli annunziano la sua giustizia e tutti i popoli
contemplano la sua gloria. |
Isaia. 11, 1-10 In quei giorni.
Isaia disse: Un germoglio spunterà dal tronco di
Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue
radici. Su di lui si poserà lo spirito del
Signore, spirito di sapienza e
d’intelligenza, spirito di consiglio e di
fortezza, spirito di conoscenza e di timore
del Signore. Si compiacerà del timore del
Signore. Non giudicherà secondo le apparenze
e non prenderà decisioni per sentito dire; ma
giudicherà con giustizia i miseri e prenderà
decisioni eque per gli umili della terra.
Percuoterà il violento con la verga della sua
bocca, con il soffio delle sue labbra ucciderà
l’empio. La giustizia sarà fascia dei suoi lombi
e la fedeltà cintura dei suoi fianchi. Il lupo
dimorerà insieme con l’agnello; il leopardo si
sdraierà accanto al capretto; il vitello e il
leoncello pascoleranno insieme e un piccolo
fanciullo li guiderà. La mucca e l’orsa
pascoleranno insieme; i loro piccoli si
sdraieranno insieme. Il leone si ciberà di
paglia, come il bue. Il lattante si
trastullerà sulla buca della vipera; il
bambino metterà la mano nel covo del serpente
velenoso. Non agiranno più iniquamente né
saccheggeranno in tutto il mio santo monte,
perché la conoscenza del Signore riempirà la
terra come le acque ricoprono il mare. In
quel giorno avverrà che la radice di
Iesse sarà un vessillo per
i popoli. Le nazioni la cercheranno con
ansia. La sua dimora sarà gloriosa.
il germoglio che salva Il
profeta Isaia sente insieme la povertà del suo
popolo che si è sviluppata sempre più e la
pietà per questo disfacimento palese. Questo
popolo era nello splendore e nella potenza al
tempo di Davide che germogliò come un virgulto
da una radice povera e sconosciuta, il
pastore di Betlemme Iesse, ed era diventata
forte come i cedri del Libano. Ma ormai sono
venuti i boscaioli ed hanno tagliato, bruciato,
aggredito questo grande popolo benedetto da
Dio un tempo, ma ora lasciato in balia del male
che aggredisce e che corrode per il peccato
di abbandono di Dio e per il rifiuto della sua
legge. Ma mentre lo scoraggiamento serpeggia
di fronte agli attacchi delle grandi potenze
come quella degli Assiri (siamo nel tempo
della espansione di questi eserciti di invasori
e razziatori che travolgono tutto e che
sottometteranno il regno del Nord: le 10 tribù
d’Israele nel 721 a.C.), Il profeta sente il
suo compito che riceve da Dio con urgenza e
impegno: il popolo deve essere aiutato alla
speranza. E’ la responsabilità che ogni
fedele, amico di Dio, deve vivere con fiducia.
“Se sei fedele a Dio devi portare speranza ai
fratelli ed alle sorelle”. E Isaia incoraggia il
suo popolo del Sud: la Giudea e Gerusalemme,
tracciando l'identità di un nuovo re, nel “libro
dell'Emanuele” (parte iniziale del libro).
C’è il profilo della vita nuova: il capitolo 7
ne annuncia il concepimento, il c.9 ne canta la
nascita regale, il c.11 ne descrive il regno. E
dal ceppo ormai sterile e abbandonato, da
quelle radici nasce un virgulto e sarà ricco
delle Spirito del Signore. E’ lo Spirito
ricordato4 volte per indicare
l’universalità, l’abbondanza e la pienezza che
nascono dai quattro punti cardinali della
terra e spira come all’inizio della creazione
(Gn1,2). La potenza del Signore lo arricchirà
di doni, elencati in tre coppie che si
richiamano ai doni dei Grandi del popolo:
- sapienza e intelligenza (doni a Salomone),
- consiglio e fortezza (doni a Davide),-
conoscenza e timore del Signore (conoscenza e
rispetto di Dio come la ricchezza di fede dei
patriarchi). Questo elenco sarà ripreso nel
catechismo e arriverà a definire i 7 doni
dello Spirito: Va aggiunta “pietà”, la scoperta
della misericordia di Dio per noi e quindi la
nostra disponibilità a voler bene. Ci sarà
giustizia perché affronterà drammi e difficoltà
con lucidità e non “ per sentito dire”. Si
farà carico della giustizia dei poveri e la
garantirà. Questo eliminerà male e guerra e
sarà garante della pace. Ci sarà pace tra cielo
e terra, tra gli uomini e le donne, tra gli
stessi animali, come all’inizio della creazione.
L’amore di Dio e il rispetto della sua legge
porteranno giustizia e quindi il rifiuto della
violenza. Questo germoglio lo abbiamo
conosciuto. Continuiamo, certo, a vedere drammi
e ingiustizie, guerre e violenze, ma questo
germoglio ha generato un popolo che è la Chiesa
ed a noi, che ne facciamo parte, vengono
consegnati questa proposta di novità e l’impegno
della pace vera. |
Lettera agli Ebrei. 7, 14-17. 22. 25
Fratelli, È noto infatti che il Signore nostro è germogliato
dalla tribù di Giuda, e di essa Mosè non disse nulla riguardo
al sacerdozio. Ciò risulta ancora più evidente dal momento che
sorge, a somiglianza di Melchisedek, un sacerdote differente,
il quale non è diventato tale secondo una legge prescritta
dagli uomini, ma per la potenza di una vita indistruttibile.
Gli è resa infatti questa testimonianza: Tu sei sacerdote
per sempre secondo l’ordine di
Melchisedek. Per questo Gesù è diventato garante di
un’alleanza migliore. Inoltre, quelli sono diventati
sacerdoti in gran numero, perché la morte impediva loro di
durare a lungo. Egli invece, poiché resta per sempre,
possiede un sacerdozio che non tramonta. Perciò può salvare
perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a
Dio: egli infatti è sempre vivo per intercedere a loro
favore. il Sommo
Sacerdote che intercede Nel mondo degli ebrei convertiti
ritorna la nostalgia del mondo sacerdotale che serviva il
tempio nel fasto di grandi liturgie di offerte, sacrifici,
presenze significative e personaggi famosi. Non ultimo,
manca, a questi ebrei convertiti, la soddisfazione di poter
offrire a Dio costosi animali. L’offerta restituiva la
soddisfazione di essere graditia Dio e di fare qualcosa per
Lui. Tanto da meritare il suo intervento. Nel Nuovo
Testamento, solo nella lettera agli Ebrei di parla di sacerdozio
per limitarsi al “Sommo sacerdote” che è Gesù, e in relazione
della sua morte in croce e la sua Pasqua. Per i ministri
della Comunità cristiana si usano altri nomi che vengono dal
mondo laico greco: “episcopi, presbiteri e diaconi”. Con il
secolo terzo si inizia a chiamare sacerdote il “vescovo” e
solo più tardi si usa la parola “sacerdote” anche per i
presbiteri. Anzi si arriva a ritenere equivalenti il sacerdozio
ed il presbiterato. Ordinati con il sacramento dell’Ordine, i
sacerdoti nella Comunità cristiana si dedicano con il loro
ministero ad un particolare servizio a Cristo ed alla Chiesa.
Questa lettera confronta l'antico sacerdozio levitico del
tempio, fatto di uomini peccatori e il perfetto e unico
sacerdozio di Cristo. Tale sacerdozio di Gesù non si misura,
dice l’autore, con il sacerdozio levitico, ma con la figura di
Melchisedek, re di Salem (Gerusalemme), citato in due passi
biblici: Gen14,17-20 e Salmo 110,4.Gen14,17-20: "Quando
Abram fu di ritorno, dopo la sconfitta di Chedorlaòmer e dei re
che erano con lui, Melchisedek, re di Salem, offrì pane e vino:
era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abram con queste
parole: «Benedetto Abram dal Dio altissimo, creatore del
cielo e della terra, e benedetto sia il Dio altissimo, che ti ha
messo in mano i tuoi nemici». Ed egli (Abramo) diede a lui la
decima di tutto". Questo semplicissimo episodio diventa un
segnale preziosissimo se unito al testo del Salmo 110,4: "Il
Signore ha giurato e non si pente: «Tu sei sacerdote per sempre
al modo di Melchisedek».Il re di Salem, Melchisedek, con
la sua breve e misteriosa comparsa, è ricordato come il re di
Gerusalemme dove Dio abita secondo la tradizione ebraica. Di lui
non si descrive né la sua genealogia, né la nascita e la
morte. Si racconta solo che benedice Abramo e da lui riceve
le decime. È sacerdote e insieme re giusto e pacifico. Gesù
Cristo è sacerdote dello stesso tipo di Melchisedek in quanto
insieme è Sacerdote e Re. Si applica così il salmo 110. È
rappresentato come sacerdote eterno e nel rapporto con il
sacerdozio di Gesù, si dice che è superiore a quello dei
lieviti. Insieme nel Salmo 110,4 il re Melchisedek è
considerato un anticipo della figura di Davide e, a sua volta,
una figura del Messia, re e sacerdote. La mediazione di
Gesù porta alla piena realizzazione della figura di Melchisedek:
Gesù è la salvezza totale perché è "perfetto" agli occhi di
Dio. Infatti, con la sua ubbidienza, è stato cosciente e
fedele alla volontà del Padre fino alla morte. Questa
presenza nella nostra vita, al centro della nostra fede,
garantisce di avere accesso al Padre e di svolgere il compito
che il sacerdote sviluppa: offrire i doni del Padre, in
particolare, il suo Spirito e la sua misericordia, e portare al
Padre le nostre attese con le nostre preghiere. Noi, che a
somiglianza di Gesù siamo sacerdoti, re e profeti, con tale
intercessione possiamo sentirci fiduciosi di essere dei buoni
testimoni per Gesù e dei buoni fedeli verso inostri fratelli
e sorelle. |
Giovanni. 1, 19-27a. 15c. 27b-
28 In quel tempo. Questa è la testimonianza di
Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti
e
leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò:
«Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque?
Sei tu
Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli
dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a
coloro
che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce
di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del
Signore, come
disse il profeta Isaia». Quelli che erano stati inviati venivano dai
farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché
dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?».
Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che
voi non conoscete, a colui che viene dopo di me: ed era prima di me: b a
lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Questo
avvenne
in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.
La voce Una domanda si rincorre nella 1ª parte del
Vangelo di oggi: “Tu, chi sei?”. “Chi
sei, dunque?”. “Che cosa dici di te
stesso?”. È una domanda rivolta a Giovanni, il Battista; questo
personaggio umile e gigantesco che annuncia il Messia nel
quadro di una
giustizia da recuperare e di una dignità umana disprezzata nelle
pieghe
della corruzione e dell’indifferenza dilaganti. È necessaria una
conversione radicale, un modo diverso e autentico di pensare
a Dio e
l’umanità. Ci vuole una preparazione ad accogliere Gesù che si
presenterà
nel modo più impensabile come manifestazione di Dio. Ma è una domanda
rivolta anche a ciascuno di noi: “Tu, chi sei? Che cosa dici dite
stesso?”. E ci troviamo impreparati a rispondere: è un invito a guardarci
dentro senza veli e senza risposte preconfezionate, lasciandoci svelare da
lui e ricondurre alla condizione di figli amati, di persone chiamate a
salvezza. Salvezza da noi stessi e da quanto ci fa scivolare nell’ombra
della morte. Sarebbe bello poter dire anche noi di essere “voce”, cioè
capaci di comunicare qualcosa di importante e di vero, desiderosi di
aprire e di spianare le vie del Signore. Di far nascere relazioni vive.
Un’altra riflessione riguarda l’ultima parte
di questo Vangelo, dove viene
detto: “In mezzo a voi sta uno che non conoscete”,
che ci rimanda alla
constatazione che normalmente non ci accorgiamo del Signore che sta in
mezzo a noi e che perciò non dobbiamo mai smettere di cercarlo e di
lasciarci condurre là dove abita per capire che l’incontro con Lui è
irripetibile e incancellabile, nonostante tutte le nostre defezioni e
allontanamenti.“In mezzo a voi sta uno che non conoscete”; uno che sarà,
che è Colui che libera, che cammina con noi, che non ci abbandona e che
desidera salvarci sempre e consolarci.
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