
Natale 2014
Luca 2, 1-14
Riferimenti :
Isaia 8, 23b-9, 6 - Salmo 95- Ebrei 1, 1-8 |
Venite, applaudiamo al Signore,
acclamiamo alla roccia della nostra salvezza. Accostiamoci a lui
per rendergli grazie, a lui acclamiamo con canti di gioia.
Poiché grande Dio è il Signore, grande re sopra tutti gli dei.
Nella sua mano sono gli abissi della terra, sono sue le vette
dei monti. Suo è il mare, egli l'ha fatto, le sue mani hanno
plasmato la terra. Venite, prostràti adoriamo, in ginocchio
davanti al Signore che ci ha creati. |
Isaia 8, 23b-9, 6
In passato il Signore Dio
umiliò la terra di Zàbulon e la terra di Nèftali, ma in
futuro renderà gloriosa la via del mare, oltre il
Giordano, Galilea delle genti. Il popolo che camminava nelle
tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in
terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia,
hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si
gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la
preda. Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la
sbarra sulle sue spalle, e il bastone del suo aguzzino, come
nel giorno di Madian. Perché ogni calzatura di soldato che
marciava rimbombando e ogni mantello intriso di sangue
saranno bruciati, dati in pasto al fuoco. Perché un bambino è
nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle
è il potere e il suo nome sarà:Consigliere mirabile, Dio
potente, Padre per sempre, Principe della pace. Grande sarà
il suo potere e la pace non avrà fine sul trono di Davide
e sul suo regno, che egli viene a consolidare e rafforzare
con il diritto e la giustizia, ora e per sempre.
Il profeta ripensa inorridito alle
invasioni degli eserciti orientali e alle deportazioni che gli
ebrei del nord,probabilmente dopo l’occupazione di
Tiglat-Pileser IlI del 732 a.C., hanno subìto, disperdendosi
nella immensa regione della Mesopotamia. Egli però, come
profeta del Signore, sa di dover portare la speranza ad un
popolo. Perciò è sicuro che l’umiliazione non sarà definitiva:
Dio non lascia al male l’ultima parola. Così quella via del
mare che collega Damasco con la costa della Galilea fino
all’Egitto diventerà una via gloriosa. Le terre di Zabulon e
di Neftali, al di là del Giordano (per chi guarda dall’interno,
e quindi per i deportati), terre abitate da ebrei e da pagani
(“distretto delle nazioni”), ritorneranno a vedere i propri
figli. Il popolo che cammina nelle tenebre (a volte perché
accecato per la crudeltà dei vincitori, comunque un popolo
senza speranza) vede una grande luce. Dio sfolgora inatteso e
porterà la gioia e la vittoria, spezzerà il giogo, frantumerà
la sbarra di legno o di ferro che portavano sulle spalle gli
schiavi e i deportati per incatenare gli uni agli altri. Il
bastone dell’aguzzino sarà abbandonato come al tempo di Madian
quando Gedeone vinse i Madianiti (Gdc 7, 16-25). Nel luogo
più compromesso per la presenza di popolazioni pagane, Dio
porterà la sua vittoria e infonderà coraggio e luce. Così ci
sarà una grande festa e le immagini,per rivederla come gioia
e splendore, sono tratte dal mondo contadino nel tempo della
mietitura e della vendemmia, quando i granai sono colmi e i
tini traboccano di vino nuovo, e dal mondo degli eserciti quando
l’immagine della gioia è colta anche dall’euforia dei soldati
che si dividono il bottino. Ci sono tre ragioni per la festa:
- la fine di ogni forma di schiavitù.- La fine di ogni
guerra.- La nascita di un bambino che avrà qualità
eccezionali che gli derivano da famosi antenati, sarà padre per
il popolo, saggio come Salomone, principe della pace.
Questi titoli sono paragonabili al protocollo che si componeva
per il faraone al momento della sua incoronazione. Il figlio
di stirpe regale avrà anche la valentìa e la pietà di Davide, le
grandi virtù di Mosè e dei patriarchi (cf.11,2). Questo testo
fu prezioso per la riflessione della prima comunità cristiana, a
cominciare dal fatto che Gesù viene dalla terra della Galilea,
disprezzata eppure fatta grande: è la terra di Zabulon e di
Neftali. Nella liturgia di Natale questo testo svela la
grandezza del Messia, il dono del vero Emmanuele.
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Lettera agli Ebrei 1, 1-8
Fratelli, Dio, che
molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato
ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi
giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio,che ha
stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto
anche il mondo. Egli è irradiazione della sua gloria e
impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua
parola potente. Dopo aver compiuto la purificazione dei
peccati, sedette alla destra della maestà nell’alto dei
cieli,divenuto tanto superiore agli angeli quanto più
eccellente del loro è il nome che ha ereditato. Infatti, a
quale degli angeli Dio ha mai detto: Tu sei mio figlio, oggi
ti ho generato? E ancora: Io sarò per lui padre ed egli
sarà per me figlio? Quando invece introduce il primogenito
nel mondo, dice:Lo adorino tutti gli angeli di Dio.
Mentre degli angeli dice: Egli fa i suoi angeli simili al
vento, e i suoi ministri come fiamma di fuoco, al Figlio
invece dice: « Il tuo trono,Dio, sta nei secoli dei secoli».
L’inizio della “lettera agli Ebrei”
ci fa entrare nel mistero di Gesù e ci svela il nostro nuovo
compagno di viaggio: splendore di Dio tra noi, figlio, erede.
L’autore della lettera agli Ebrei, è un sacerdote del tempio,
convertito. La lettera è databile, per alcuni, negli anni 90
d.C., per altri scritta non dopo i 65-66 d.C. quando il
tempio, che fu distrutto nel 70 d.C., era ancora in servizio.
E’ un’omelia sul sacerdozio di Cristo, scritta in un greco
purissimo di notevole levatura. Gesù, il Figlio di Dio, nel
giorno della Croce, è insieme Sommo Sacerdote che presiede al
sacrificio ed è l’Agnello sacrificale e primogenito del
popolo dei redenti. Egli è uomo in tutta la sua pienezza e
fragilità e per questo soffre, ma nella sofferenza si affida
all’obbedienza della volontà di Dio, accettando di entrare negli
eventi con totale lucidità e responsabilità. Egli offre la
sua vita per amore, senza chiedere nulla in cambio, ma
perdonando i suoi carnefici. Da lui possiamo sperare la
salvezza, oggi e sempre. E’, perciò, uno scritto composto con
il desiderio di restituire coraggio, forza e motivazione ai
cristiani in difficoltà, nella testimonianza della fede.
Ci troviamo davanti a un Dio che prende a cuore le sue creature,
fattosi presente “molte volte e in diversi modi” nella storia
dell’umanità, servendosi prima dei Padri e dei Profeti e poi,
addirittura, tramite il suo stesso Figlio. E’ necessario
allora verificare questa presenza tra noi che si offre come
ultima parola garantita di Dio. Gesù è l’erede, generato dal
Padre. Da lui ha avuto la proprietà, la signoria su tutti i
beni, su tutte le cose. Anzi, fin dall’inizio della
creazione, è stato presente poiché "per mezzo di Dio ha fatto
anche il mondo". La riflessione sul significato di cielo
continua poiché egli è “irradiazione della sua gloria e
impronta della sua sostanza”, cioè comunicazione e
manifestazione del Dio nascosto. Nella realtà, che non è più
quella uscita dalle mani di Dio nella sua purezza e trasparenza,
la presenza del Figlio passa anche per la purificazione dei
peccati. In tal modo tutta la creazione viene rigenerata e
ricostituita nel suo splendore. E così, finalmente, si giunge
alla conclusione dell'opera di Gesù che “si è assiso alla destra
della maestà nell'alto dei cieli". Il richiamo al cielo
rimanda ad una problematica particolarmente vivace e controversa
del valore degli angeli, abitanti del cielo e servitori prossimi
di Dio. Anzi di Gesù stesso qualcuno dice che sia un Angelo.
E sorgono così discussioni che risentono della sensibilità del
tempo, ma che a noi dicono poco. Così l'autore biblico
ricorda che la maestà del Figlio è più grande della gerarchia
celeste e garantisce la sua superiorità tra gli angeli.
Esiste, infatti, un abisso tra loro poiché egli ha un “nome”
molto superiore,ovvero un valore unico e quindi un ruolo
diverso, non paragonabile a quello di qualunque angelo. È per
questo motivo che, fin da quando entra nel mondo, si dice di
lui: “Lo adorino tutti gli angeli di Dio”. Il senso profondo
del Natale è lo stupore di accorgerci che Dio mostra attenzione
e cura del mondo, non lo disprezza, non lo giudica, ma manda
il Figlio suo perché il cuore di ciascuno sia rigenerato nella
speranza e collabori con Gesù alla ricostituzione di una
creazione sempre nuova e sempre grande. La purificazione, che
Gesù fondamentalmente ha recuperato per il mondo, va
continuamente richiamata, maturata nella libertà di ciascuno,
quindi, riproposta nel mondo. Così la bellezza e la trasparenza
delle cose, collaborando con laf orza e la debolezza di Gesù,
tornino, anche attraverso la nostra partecipazione, a
risplendere. |
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Luca 2, 1-14 In quei giorni un
decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la
terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore
della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città.
Anche Giuseppe, dalla Galilea,dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla
città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e
alla famiglia di Davide.Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che
era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per leii
giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in
fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto
nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando
all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge.
Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li
avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse
loro:«Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di
tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore,
che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino
avvolto in fasce,adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con
l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli
ama». Appena gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i
pastori dicevano l’unl’altro: «Andiamo dunque fino a Betlemme,vediamo
questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Andarono, senza
indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella
mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era
stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette
loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose,
meditandole nel suo cuore. I pastori sene tornarono, glorificando e
lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto
loro. Il racconto del Natale ci viene
trasmesso da S. Luca con la preoccupazione di offrirci un messaggio
grandioso, nonostante siano semplici e poetiche le linee narrative di quei 20
versetti del 2° capitolo (la liturgia ci fa leggere, in questa messa, solo
i primi 14 versetti).Luca vuole rispondere a tante domande che i
cristiani del suo tempo gli fanno su Gesù, la proposta e la potenza di
Dio, la salvezza, la credibilità del messaggio evangelico. E’ troppo
importante non deludere le aspettative. Gesù infatti pone troppi problemi
rispetto alla potenza romana, alle attese e alla liberazione. Che cosa
sperare in un uomo che viene crocifisso? E mentre davanti a lui tutti
fuggono, perché il cielo resta muto? La nascita di Gesù anticipa tutti
gl’interrogativi poiché vi si ritrovano le povertà, i silenzi del cielo, le
esclusioni degli uomini, le solitudini, i pericoli, le attese e la gioia
propria dei poveri che sentono la “buona notizia”, portata da Gesù.Il
racconto di Luca si divide in tre parti molto precise e il testo greco (il
Vangelo fu scritto in greco) inizia ogni parte con la parola. “Avvenne
che...”.* “Avvenne che “ (Lc2,1-5): i precedenti e le occasioni della
nascita a Betlemme mettono in primo piano il potere di Roma: Un decreto di
Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Così il
comando di un sovrano lontano, pagano e dominatore, impegna il popolo di Dio
in scelte e obblighi che definiscono il potere di Roma. Un censimento si
faceva non certo per interesse scientifico e statistico, ma per motivi
economici (tasse da far pagare) e militari (strutturare l’esercito). E al
popolo ogni censimento ricordava diffidenza e castighi poiché anche il
grande re Davide (circa 1000 anni prima) aveva preteso di fare un
censimento, ma ne erano derivate pestilenza e morte. Il censimento
rappresentava un gesto volgare di supremazia e di potere. Davide si rese
conto, si pentì e divenne, comunque, grande poiché Dio aveva sorretto il
suo trono e il suo popolo (2Samuele 24).* “Avvenne che” (Lc.2,6-14): A
Betlemme nasce Gesù. I due giovani sposi, immigrati e sconosciuti,
arrivano in questo piccolo e famoso paese, ma non sono accolti nella
convivenza umana, poiché circostanze e povertà, probabilmente, non
permettono un alloggio più comodo. Il racconto moltiplica i richiami della
umanità e della povertà: un bambino, avvolto in fasce, è deposto in una
mangiatoia perché non c’era posto per loro nell’albergo. E il Natale è
tutto qui, ridotto anche dall’evangelista in un mondo di esclusi e di
poveri disorientati. Ma Luca vuol chiarire che questo bambino è seguito
dallo sguardo misericordioso di Dio che raggiunge i lavoratori della
notte, i poveri del tempo. La sua nascita è insignificante, ma agli occhi e
nei progetti di Dio questa presenza è formidabile. Arricchisce e rinnova
tutta la speranza d’Israele. “Oggi vi è nato nella città di Davide un
salvatore che è il Cristo Signore”.* “Avvenne che” (Lc.2,15-20): Allora i
pastori decidono di andare a cercare “questo avvenimento che il Signore ci
ha fatto conoscere”. E si mettono in viaggio, nella notte, mentre il Signore
li aiuta a cercare. Trovano veramente un bambino che giace in una
mangiatoia. Eppure non si disorientano ma il segno della umanità respinta
e della povertà fa loro intuire che il messaggio è vero. Dio ha visitato il
suo popolo. E si fanno annunciatori a Giuseppe e Maria, alla gente che
incontrano, ai loro amici di lavoro. E, segno della presenza del Signore,
tornano glorificando e lodando Dio. Così il testo di Luca racchiude in sé
tutta la problematica del nostro rapporto con Gesù. Egli nasce nel tempo
della violenza e del sopruso dove si crede che la soluzione della vita sia la
prepotenza e il dominio.- Nella culla della sopraffazione che rende
animali gli uomini, nasce colui che restituirà dignità di figli di Dio e
nasce nell’anonimato. Ma Dio non sa nascondere la speranza ai poveri perché
la salvezza verrà da Gesù e dai poveri che avranno il coraggio di
seguirlo.- E i poveri (i pastori sono gli esclusi della comunità
religiosa ebraica, i senza Dio, i lontani dalla fede perché profanatori
del sabato), anzi i peccatori scoprono la salvezza perché Dio li ha chiamati
ed essi vanno a verificare e a portare gioia. Là dove tutti trovano
desolazione, normalità, sfiducia, essi trovano segni,racconti di
speranza, novità impensabili. Una piccola annotazione: un tempo si
leggeva: “Gloria a Dio e pace agli uomini di buona volontà,”mettendo
l’accento sul merito delle persone. La traduzione nuova dice: “Gloria a Dio e
pace agli uomini che egli ama” svelando la scelta universale che Dio fa di
tutti. E’ praticamente un messaggio capovolto. Il Natale è dono a tutti e
non solo a qualche brava persona. E’ il segno dell’amore gratuito di Dio e,
insieme,l’inizio della conversione dei nostri criteri di credenti. |