 IL
BATTESIMO DEL SIGNORE
11.1.2015
Marco. 1, 7-11
Riferimenti : Isaia. 55, 4-7. - salmo 71
- Efesini. 2, 13-22 |
In te mi
rifugio, Signore, ch'io non resti confuso in eterno. Liberami,
difendimi per la tua giustizia, porgimi ascolto e salvami. Sii
per me rupe di difesa, baluardo inaccessibile, poiché tu sei
mio rifugio e mia fortezza. Mio Dio, salvami dalle mani
dell'empio, dalle mani dell'iniquo e dell'oppressore. Sei tu,
Signore, la mia speranza, la mia fiducia fin dalla mia
giovinezza. Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno, dal
seno di mia madre tu sei il mio sostegno; a te la mia lode senza
fine. |
Isaia. 55, 4-7
Così dice il
Signore Dio:« O voi tutti assetati, venite
all’acqua, voi che non avete denaro, venite,
comprate e mangiate; venite, comprate senza
denaro, senza pagare, vino e latte. Perché
spendete denaro per ciò che non è pane, il
vostro guadagno per ciò che non sazia? Su,
ascoltatemi e mangerete cose buone e
gusterete cibi succulenti.3Porgete
l’orecchio e venite a me, ascoltate e
vivrete. Io stabilirò per voi un’alleanza
eterna, i favori assicurati a Davide.]. Ecco,
l’ho costituito testimone fra i popoli,
principe e sovrano sulle nazioni. Ecco, tu
chiamerai gente che non conoscevi;
accorreranno a te nazioni che non ti
conoscevano a causa del Signore, tuo Dio, del
Santo d’Israele, cheti onora. Cercate il
Signore, mentre si fa trovare, invocatelo,
mentre è vicino. L’empio abbandoni la sua via e
l’uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al
Signore che avrà misericordia di lui e al
nostro Dio che largamente perdona».
Ho riportato il testo completo, a
cominciare dal primo versetto del cap. 55 per
inquadrare l’annuncio profetico che inizia,
nella liturgia, dal versetto 4 (testo di oggi). Il Signore, attraverso il profeta (in questo
caso è ancora la parola del Secondo Isaia),
invita ai beni della nuova alleanza (vv1-5) e
quindi incoraggia a convertirsi (vv 6-11)
mentre i primi due versetti (1-2) portano ancora
all’immagine del banchetto della sapienza (
come in Proverbi.9,5-6 e Siracide 24,19-21). Il
Signore sta proponendo scelte e realtà nuove
che vanno capite. Sta avvenendo come una
rivoluzione nella vita dei deportati e
debbono sentirsi preparati a scegliere.
All’orizzonte si intravede la possibilità di
ritornare a Gerusalemme, ma il profeta
capisce che ormai la situazione degli ebrei a
Babilonia non è così drammatica come poteva
sembrare all’inizio. Anzi, via via, pur con i
disagi di una popolazione straniera, ci si è
abituati a una linea vita, tutto sommato,
soddisfacente. La maggior parte si è
adattata, si è stabilita ad una vita passabile.
Non pensa affatto a trasferirsi. Con un po’
di sacrifici hanno fatto dei risparmi ed ora si
preoccupano anche di comprare terreni e case
che stanno crollando di prezzo. E’ gente, dice
il profeta, che non ha né fame e né sete; ma
spendere per rimanere è come comprare ciò che
non sazia. Di fatto quelli che tornano non
trovano le strade lastricate, né il trionfo dei
reduci. Trovano miseria e difficoltà di ogni
genere, compresa l’ostilità dei presenti a
Gerusalemme cheli vedono come intrusi e
pieni di pretese. E’ il dramma di chi deve
intravedere una strada di libertà che non è
splendida e rassicurante, ma piena di fatica.
Dio non illude, chiede fiducia e il coraggio di
guardare l’essenziale. Solo dopo molto tempo
le difficoltà si scioglieranno lentamente. Colui
che viene, però, ha un progetto molto più
ampio delle attese del popolo d’Israele. Egli
chiamerà tutti i popoli e non si impegnerà a
sconfiggere ed a cacciare . Egli porterà la
misericordia e la speranza per i popoli. E i
deportati, che potrebbero tornare, sappiano
rivedere i propri pensieri e le proprie attese.
Il popolo che ritorna sappia capire e scopra
il nuovo volto di Dio poiché è accogliente. Se
non sei accogliente tu, rischi di diventare
empio ed iniquo. “Convertiti anche tu”. Poiché,
il testo di Isaia continua, “I miei pensieri
non sono i vostri pensieri, e le mie vie non
sono le vostre vie. Quanto il cielo sovrasta
la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre
vie e i miei pensieri i vostri pensieri”
(55,8-9). Questo testo ci prepara all’immagine
di Gesù: “il solo giusto” che si mette in
fila tra la gente che chiede perdono e domanda
di essere battezzato.
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Efesini. 2, 13-22 Fratelli, Ora
invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani,
siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo. Egli
infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa
sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè
l’inimicizia, per mezzo della sua carne. Così egli ha abolito la
Legge, fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se
stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per
riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per
mezzo della croce, eliminando in se stesso l’inimicizia. Egli
è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani, e
pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui infatti possiamo
presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo
Spirito. Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma
siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati
sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo
come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù. In lui tutta la
costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo
nel Signore; in lui anche voi venite edificati insieme per
diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito.
Era famosa e drammatica l’esclusione che gli
stranieri dovevano accettare, qualora volessero entrare nel
tempio di Gerusalemme. Un muro, alto circa un metro e mezzo,
circonda tutta l’area sacra del tempio ed è vietato l’ingresso
ai pagani, pena la condanna a morte. Lo ricordano 13 piccole
lapidi con una scritta in greco e latino. In tal modo viene
garantita la separazione e la lacerazione dell’umanità. Il
popolo d’Israele è convinto che la differenza e la esclusione
fosse voluta da Dio: d a una parte l’elezione e dall’altra
l’esclusione. “Un tempo voi- e Paolo si rivolge ai greci di
Efeso - eravate morti a causa dei vostri peccati”. Ma poi fa
riferimento anche al suo popolo:“Anche noi, per le nostre
passioni carnali eravamo per natura meritevoli d’ira” (2,1-3).
“Ma Dio, che è ricco di misericordia, da morti che eravamo ci
ha fatto rivivere con Cristo; per grazia siete stati salvati”
(2,4-5). Il pensiero viene ripreso: ”Ricordatevi che in quel
tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza
d’Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e
senza Dio nel mondo. Voi esclusi dal popolo di Dio, siete
diventati vicini grazie al sangue di Cristo” (2,12-13). In
questa lettura viene sviluppata, si può dire, la teologia
della memoria: il prima e il poi del mondo pagano, il prima e il
poi del mondo ebraico. Tra il presente e il passato, si
stabilisce la pienezza della chiesa. E al v 12, riportato
sopra, sono elencati 5 privilegi tradizionali, attribuiti al
popolo di Dio, dei quali il popolo pagano è sprovvisto: avere
il Cristo ( ma andrebbe chiarito se qui si parla della
funzione del Messia o precisamente di Gesù), appartenere alla
stirpe d’Israele, essere destinatari dell’alleanza conclusa
da Dio, avere una speranza, avere la convinzione di conoscere
il vero Dio e di non essere considerati come dei “senza Dio”
(in greco atheos).“Gesù è la nostra pace”: colui che abbatte
i muri di separazione e lo farà sempre più, fino a
raggiungere tutti i popoli nel presente e nel futuro. Dio ha
creato tutta l’umanità e sente che ciascuno è suo figlio. Il
male che ci circuisce e ci inganna commuove anche il cuore di
Dio poiché ogni persona viene truffata. Così Dio ha abrogato la
legge giudaica e, con la sua venuta tra noi, ha abolito la
distanza tra cielo e terra, annunciando la pace. Nel brano di
oggi, Paolo richiama l’universalità di questa chiamata e il
superamento della separazione tra giudei e pagani,
realizzato, nella storia, attraverso l’annuncio della pace
portata da Gesù ai lontani e ai vicini (2,17).Poiché l’impero ha
goduto di circa cinquant’anni di pace, al tempo di Cesare
Augusto, tutti si sono accorti del valore della serenità
nella convivenza, dopo le lunghe guerre civili del secolo
precedente. Ora quel richiamo, fattosi sempre più esperienza
impellente, dovrebbe poter entrare nelle coscienze di
ciascuno per costituire una attesa, una responsabilità ed una
fraternità .Ma la pace di Gesù è ancor più capace dell’impero
di portare frutti e va annunciata ai vicini ed ai lontani,
superando le lacerazioni, le diffidenze, le esclusioni. Così
“possiamo presentarci insieme al Padre nell’unico Spirito”
(2,18).E c’è qui, come nascosto, il richiamo di una
cerimonia di corte. Uniti insieme giudei e pagani, vicini e
lontani, si presentano insieme, in una imponente e solenne
processione verso il Padre. E infine, nel testo, ritorna
l’immagine del tempio, sempre presente nel ricordo di Paolo e
di ogni ebreo osservante. Si ripropone qui, come immagine, della
comunità edificata sopra il fondamento degli apostoli e dei
profeti”, mentre Gesù è “la pietra angolare di tutto questo
edificio”. Poiché il richiamo al tempio è il richiamo alla
“Presenza di Dio,(la Shekinà), per Paolo è importante questa
identificazione poiché la comunità è il tempio vivente e Gesù
vive in questa comunità come costruttore di pace, come
attenzione al mondo, come ministero di grazia. E se gli apostoli
hanno comunicato, attraverso le loro parole, la loro
esperienza del dono di Gesù, divenendo così fondamento della
nuova costruzione, ciascuno edifica la sua comunità perché egli
stesso è diventato “abitazione di Dio per mezzo dello
Spirito”. Questa riflessione su Gesù, che porta la pace,
sulla fondamentale uguaglianza di ciascuno agli occhi del
Padre perché amato da Gesù, è aperta, come una presenza nuova
nel mondo. Egli è capace di ribaltare i criteri che deformano i
rapporti sociali. La pace è un bene essenziale di armonia, di
gioia, di rispetto ad ogni persona e quindi di giustizia, di
solidarietà, di responsabilità. Le strade per la pace sono molte
ma bisogna costringersi con energia e speranza ad itinerari
di mediazione.- Lo ha fatto papa Francesco senza clamore per
superare la separazione tra USA e CUBA e quindi combattere la
povertà.- Lo fece Giovanni Paolo II impegnandosi per far
crollare il muro di Berlino.- Lo fece ancor prima Giovanni
XXIII quando, nell’ottobre del 1962, si profilò l’inizio
della III guerra del XX secolo, questa volta addirittura
atomica, volendo l’URSS dotare di missili nucleare la stessa
CUBA. Ci fu una mediazione drammatica e fortemente
sconsigliata negli ambienti Vaticani. Ma Giovanni XXIII continuò
imperterrito a mediare tra Kennedy e Nikita Krusciov fino
all’impegno, da parte dell'URSS di ritirare i missili in
cambio della garanzia di non aggressione all'isola da parte
degli Stati Uniti di America. |

Il fiume Giordano |

Il battesimo di Gesù |
Marco. 1, 7-11
In quel tempo.
Giovanni proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non
sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho
battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in
Spirito Santo». Ed ecco, in
quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu
battezzato nel Giordano da Giovanni. E subito,
uscendo dall’acqua, vide
squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui
come una colomba.
E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato:
in te ho posto
il mio compiacimento». Nello scarno racconto di
Marco l’episodio del battesimo di Gesù è presentato nei suoi
tratti
essenziali. Gesù giunge da Nazareth proprio per questo, per accomunarsi a tutti
gli uomini ed essere immerso (battezzato) da Giovanni nel Giordano.
Ed è
proprio in e per questa condivisione di umanità (sta dalla parte dei peccatori,
si mette in fila con i peccatori, dirà Matteo) che i “cieli si squarciano”
per lasciar passare lo Spirito, cioè la vita di Dio, l’amore di Dio.
È il
senso della Incarnazione: i cieli si aprono per l’umanità che può incontrarsi
con Dio. Fa riflettere questo mescolarsi di Gesù con gli altri senza aprirsi
con i gomiti una strada privilegiata o prendere le distanze dagli altri
poveracci, che hanno bisogno, attraverso il battesimo, che compiono con
Giovanni, di sentirsi perdonati, consolati, ripresi nella stima di Dio.
Sentirsi “qualcuno” perché c’è Qualcuno che li ama e si
interessa di loro,
della loro piccolezza, della loro incapacità. E Gesù condivide questo
bisogno, perché, solo stando effettivamente dalla parte diversa, ci si rende
conto di loro e si dà loro quell’importanza che nasce dal cuore di Dio. In
Gesù infatti ci riscopriamo amati da Dio, oggetto del compiacimento di Dio.
Non si tratta solo per Gesù di essere chiamato “Figlio mio amatissimo”, ma per
tutti scoprire di essere in Gesù figli e figlie di un Dio che si manifesta
come Padre. |