
DOMENICA DOPO L’OTTAVA DEL NATALE
04/01/2015 Lc 4,14-22
Riferimenti :
Sir 24, 1-12 - Sal 147 - Rm 8, 3b-9a |
Lodate il Signore: è bello cantare al nostro
Dio, dolce è lodarlo come a lui conviene. Il Signore
ricostruisce Gerusalemme, raduna i dispersi d'Israele. Risana
Sir 24, 1-12i cuori affranti e fascia le loro ferite; egli conta
il numero delle stelle e chiama ciascuna per nome. Grande è il
Signore, onnipotente, la sua sapienza non ha confini. Il Signore
sostiene gli umili ma abbassa fino a terra gli empi. Cantate al
Signore un canto di grazie, intonate sulla cetra inni al nostro
Dio. |
Sir 24, 1-12
Nell’assemblea
dell’Altissimo apre la bocca, dinanzi alle sue
schiere proclama la sua gloria: «Io sono uscita
dalla bocca dell’Altissimo e come nube ho
ricoperto la terra. Io ho posto la mia dimora
lassù, il mio trono era su una colonna di nubi.
Ho percorso da sola il giro del cielo, ho
passeggiato nelle profondità degli abissi. Sulle
onde del mare e su tutta la terra, su ogni
popolo e nazione ho preso dominio. Fra tutti
questi ho cercato un luogo di riposo, qualcuno
nel cui territorio potessi risiedere. Allora il
creatore dell’universo mi diede un ordine, colui
che mi ha creato mi fece piantare la tenda e mi
disse: “Fissa la tenda in Giacobbe e prendi
eredità in Israele”. Prima dei secoli, fin dal
principio, egli mi ha creato, per tutta
l’eternità non verrò meno. Nella tenda santa
davanti a lui ho officiato e così mi sono
stabilita in Sion. Nella città che egli ama mi
ha fatto abitare e in Gerusalemme è il mio
potere. Ho posto le radici in mezzo a un popolo
glorioso, nella porzione del Signore è la mia
eredità».
Dopo avere, per
secoli, accolto la Parola del Signore ed averla
letta, analizzata,confrontata, imparata a
memoria nei tempi drammatici e gloriosi del
popolo d’Israele, si è sviluppata con stupore
e meraviglia la scoperta della bellezza e della
profondità della Sapienza. Infatti, in questo
libro, scritto nel 2º secolo a. C., neppure
accettato come testo canonico dagli ebrei e
quindi dai cristiani protestanti, pur se
conosciuto anche nel testo ebraico, è come se si
levasse il velo della quotidianità e si
riuscisse a svelare le ricchezze, la pienezza
della Sapienza di Dio che ha creato il mondo.
Proprio quella Sapienza di architetto e di
inventore del mondo, ora ,trascrive in
parole e formule la sua ricchezza. Come lo
scienziato che ha creato una macchina
meravigliosa, poi scrive la formula per
riproporla nel mondo, per conoscerla, per
ripararla, per difenderla da ciò che corrode e
deteriora, dagli incidenti, dai furti. Si
sente, insieme, l’orgoglio dell’aver ricevuto un
tesoro in dono e la volontà del confronto con
la coscienza pagana che non può assolutamente
competere con la pienezza di Dio che si svela
a noi nella Parola. Il popolo ebraico possiede
la“Torah” (legge-insegnamento) che è la
strada che conduce alla vita. Essa è la
Sapienza di Dio che si è installata in Israele,
dono gratuito che non si può meritare.
L'intuizione fondamentale è la gratuità della
Sapienza: "Ogni Sapienza viene dal Signore e
con Lui rimane per sempre " (Sir 1,1). La sua
funzione è quella di stare presso Dio. Ed è
persino commovente seguire la peregrinazione da
una dimora ad un’altra, immaginare le
infinite passeggiate dal cielo alle profondità
degli abissi,seguirla nella conoscenza delle
nazioni con la libertà di ripercorrere tutta la
terra. Ma il Signore la invia sulla terra a
cercarsi la casa e riceve l'ordine di stabilirsi
in Israele. Il luogo di riposo è il monte
Sion, il luogo del Tempio di Gerusalemme. Là,
la Sapienza prende la Parola e parla
nell'assemblea liturgica. Il culto, nella città
santa, è esso stesso opera della Sapienza sia
perché, come l’ordine nel mondo, vi
esprime
la maestà e la perfezione divina e sia perché fa
ritrovare armonia nella legge, come Dio l'ha
codificata (v.22). La Sapienza è paragonata
anche ad un albero splendido che mette radici
nel popolo. Essa aspira ad una presenza nel
popolo da Dio amato. Desidera quindi che sia
mantenuta non solo la ricchezza della Parola, ma
anche la sua concretezza nella testimonianza
di una presenza. la Parola deve essere raccolta,
pensata, capita ma deve anche diventare vita.
E la Sapienza sa che la Parola, per quanto letta
e umilmente ospitata, non riesce ad abbattere
la diffidenza delle paure, le incertezze,la
perplessità. Così la Sapienza annuncia il
Messia. La Sapienza si fa carne.
L’evangelista Giovanni accetta di fare sintesi e
traduce nel suo Prologo (Gv1,1-18):la Parola
(il Logos, la Sapienza uscita dalla bocca di
Dio) si fa uomo in Gesù. Egli è riconosciuto
dalla Comunità cristiana: la Chiesa. Il Gesù di
Giovanni è la nuova Sapienza che dà
significato alle cose, identifica ogni persona,
uomo e donna come figli di Dio, restituisce
al mondo il progetto di ricostituire il mondo
come uscito dalle mani di Dio, riconduce la
realtà alla bellezza della creazione, ai cieli
nuovi e terra nuova. La Sapienza, che si è
fatta carne, è la salvezza piena, che si affida
a noie, passo passo, anche attraverso noi,
restituirà il mondo allo splendore dell’inizio.
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Rm 8, 3b-9a Fratelli, Dio,
mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del
peccato e a motivo del peccato, ha condannato il peccato nella
carne, perché la giustizia della Legge fosse compiuta in noi,
che camminiamo non secondo la carne ma secondo lo Spirito.
Quelli infatti che vivono secondo la carne, tendono verso ciò
che è carnale; quelli invece che vivono secondo lo Spirito,
tendono verso ciò che è spirituale. Ora, la carne tende alla
morte, mentre lo Spirito tende alla vita e alla pace. Ciò a cui
tende la carne è contrario a Dio, perché non si sottomette alla
legge di Dio, e neanche lo potrebbe.8Quelli che si lasciano
dominare dalla carne non possono piacere a Dio. Voi però non
siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal
momento che lo Spirito di Dio abita in voi.
San Paolo vuole sviluppare la conoscenza del dono dello
Spirito e il capitolo 8, di cui, oggi, leggiamo solo una parte,
si può intitolare: “La vita secondo lo Spirito”(Rom 8,1-39). La
vita cristiana, che pure è destinata alla morte, riceve il dono
dello Spirito, lo Spirito creatore che aleggiò sul caos
all’inizio della creazione, lo stesso che fa risorgere Gesù dalla
morte, e lo stesso che possiede la potenza e lo splendore della
vita e scende sulla Chiesa a Pentecoste. “Nessuna condanna per
quelli che sono in Cristo Gesù”(8,1) poiché “la legge dello
Spirito libera dalla legge del peccato” (8,2). Questa
trasformazione è possibile poiché Gesù ha preso la nostra stessa
carne mortale. Morendo, la sua carne e il male, che ha preso su
di sé, sono stati distrutti nella morte. In Lui prende possesso,
come in noi, lo Spirito del risorto e la carne è trasfigurata. Da
Gesù ereditiamo nuovi stili e valori che inglobano,ancora,
l'eccezionale Sapienza della Prima Alleanza, ma si aprono alla
pienezza della maturità. Ogni giorno, nella vita quotidiana,
Paolo ci rassicura: “Voi però non siete sotto il dominio della
carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita
in voi” (v.9). E mentre afferma ciò che la sua coscienza di
credente gli garantisce,intravvede che c’è un cammino nuovo da
compiere, nella linea di Gesù. E con lo Spirito ricupera anche,
con fiducia, tutte quelle doti proprie della comunità umana, e
insieme quelle ricchezze del vivere quotidiano di molte persone
che Paolo ha conosciuto ..Paolo intuisce che lo Spirito del
Signore, nel cuore di ciascuno che è credente in Gesù,offre un
modello inarrivabile in pienezza di vita; ma capisce anche che
il Signore ha diffuso splendori e bellezze tali da donare esempi
e aiuti ad ogni progetto di vita. Il Concilio Vaticano II ce lo
ripete e ci rassicura: abbiamo la conoscenza di Gesù e il dono
dello Spirito. E attorno a noi tante persone vivono con coraggio
e generosità, semplicemente,e nemmeno si rendono conto del loro
vivere secondo lo Spirito. Lo abbiamo letto nel tempo di avvento:
“In conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è
nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è
amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita
lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri”.Paolo raccomanda
un ideale di condotta di cui tutti i termini erano correnti
presso imoralisti greci del suo tempo (è la sola volta che usa
la parola «virtù»), ma invita a metterlo in pratica secondo gli
insegnamenti e soprattutto l’esempio che egli ne ha
dato. Incoraggia infatti a trovare dei buoni maestri che educhino
nella scoperta del Bene e,senza esibizione, si propone a modello
pratico: “Le cose che avete imparato, ricevuto,ascoltato e
veduto in me, mettetelo in pratica. E il Dio della pace sarà con
voi!” (Fil 4,8-9). La stessa cosa dice qualche versetto prima:
“Fratelli, fatevi insieme miei imitatori e guardate quelli che si
comportano secondo l’esempio che avete in noi” (Fil 3,17).Le
relazioni nel lavoro, il rapporto di solidarietà, l’attenzione
ai bisogni delle persone che ci vivono accanto, i criteri di pace
che vanno costruiti con intelligenza, cercando di salvare la
dignità e la responsabilità di ciascuno, sono alcuni elementi di
stili di vita cristiani. Eppure, su tutto questo, siamo in un
mondo in cui non ci si interroga a sufficienza. Dovrebbe essere
questo l’ambito degli interrogativi tra cristiani,
all’interno dei contesti di vita, con uno scambio intelligente di
ricerca, riflessione, impostazioni di vita e di comprensione di
criteri. Eppure difficilmente il mondo cattolico, o le
parrocchie,si ritrovano a interrogarsi e a raccontarsi fatti e
intuizioni (non pettegolezzi) sul senso nel quotidiano, sulle
operazioni di giustizia e di responsabilità nel proprio
quartiere, sui rapporti di solidarietà. Deve emergere non la
scaltrezza del potere, né la ricerca di aggregazione per un far
valere di più quello che ci interessa. In ogni laico adulto si
ponga interrogativi credenti, e che ci aiuti a cercare ciò
che nell’oggi può essere volontà di Dio. E va cercato nella
realtà sociale e nella burocrazia,nel sindacato e nel mondo
politico della propria aggregazione. Lo scopo finale non
dovrebbe
alimentare un piano partitico ma il bene comune, non la
convergenza di un voto, ma il coraggio di creare una
consapevolezza di criteri morali di vita. |
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La cosidetta Sinagoga di Nazareth.
Fu nella sinagoga che Gesù
dichiarò in se stesso la profezia messianica del Profeta Isaia di
predicare la buona novella |
Lc 4,14-22
Gesù ritornò in
Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la
regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. Venne a
Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella
sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì
il rotolo e trovò il passo dove era scritto: Lo
Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai
prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli
oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore.
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga,
gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi
si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Tutti gli davano
testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla
sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?».
“Nella sinagoga gli occhi di tutti erano fissi su di lui”. Gesù ha appena
finito di leggere nel rotolo di Isaia quali sono i gesti che proclamano
l’anno del Signore:“Sollevare i poveri ad accogliere la gioia, promuovere
liberazione e dignità a tutti coloro che sono ridotti schiavi e
prigionieri, sciogliere gli oppressi dai pesi e dai gioghi, dare la vista
a chi è cieco”.Dare la vista non significa soltanto togliere la cecità
fisica, ma rendere capaci di vedere, cioè di capire, di comprendere, di
accogliere, di valutare nella loro vita persone e cose, fatti e avvenimenti.
Dare la vista significa porsi nel mondo e nella storia come adulti: non
c’è tempo per l’infantilismo, la vita ti chiede di mettere in circolazione
ciò che sei e ciò che hai ricevuto in dono, per illuminare e amare quella
parte di mondo, di storia e di tempo in cui sei inserito. Per non tradire
quello Spirito del Signore che è sopra ciascuno:sopra e dentro Gesù, in
maniera particolare, ma sopra e dentro ciascuno di noi,perché ciascuno è
prezioso agli occhi di Dio ed è da lui pensato secondo il profilo
di Gesù.
Dobbiamo sempre chiedere al Signore di riavere la vista come il cieco
Bartimeo (Mc 10,46), perché l’amore non ha confini ed è un mistero nel senso
che sempre ci eccede e ci porta a sconfinare là dove magari non vorremmo,
perché siamo stanchi, perché -tutto sommato- abbiamo le nostre comodità.
Anche se piccole, anche se non le riteniamo tali. Il richiamo di oggi è di
essere adulti e svezzati, parte viva dell’umanità.
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