 Circoncisione
del Signore
1 gennaio 2015
Lc 2,18-21
Riferimenti : numeri 6,22-27 - salmo66 - Ebrei 1,1-8 |
Acclamate a Dio da tutta la terra, cantate alla
gloria del suo nome, date a lui splendida lode. Dite a Dio:
"Stupende sono le tue opere! Per la grandezza della tua potenza
a te si piegano i tuoi nemici. A te si prostri tutta la terra, a
te canti inni, canti al tuo nome". Venite e vedete le opere di
Dio, mirabile nel suo agire sugli uomini. |
numeri 6,22-27 Il Signore aggiunse a
Mosè: "Parla ad Aronne e ai suoi figli e
riferisci loro: Voi benedirete così gli
Israeliti; direte loro: Ti benedica il Signore e
ti protegga. Il Signore faccia brillare il suo
volto su di te e ti sia propizio. Il Signore
rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace.
Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io
li benedirò".
Nel libro dei Numeri (6,22-27), come augurio per
l'anno nuovo, ci viene ricordata la benedizione
sacerdotale, voluta da Dio e limitata ad Aronne
e alla sua discendenza. Secondo la tradizione
rabbinica, questa formula veniva pronunciata per
la benedizione del popolo, ogni giorno, dopo il
sacrificio della sera. Ci sono molti richiami
con le preghiere dei salmi. Il testo della
benedizione è ordinato in 3 strofe al centro
delle quali viene ricordato il nome divino di
Javhè (tradotto qui come Signore), anche se
allora mai pronunciato, ma sostituito con altri
nomi. Dio è la fonte di ogni benedizione.
La formula nell'originale ebraico ha 3 parole
nella prima strofa', 5 nella seconda e 7 nella
terza. Dio si fa presente, esiste accanto,
accompagna. Le invocazioni domandano che Javhè
sia davvero Javhè per Israele e doni, prima, se
stesso e poi ì suoi benefici. Dio mostri la
sua presenza favorevole accanto a Israele. Si fa
riferimento al concreto benessere. Possiamo
ricordare Deut 28,1- 13 o il testo Gen 1,28 dove
la benedizione è legata alla fecondità o
all'affido del governo del mondo all'uomo.
Questo testo richiama anche l'efficacia della
Parola di Dio (Is 55,10-11) che produce quanto
pronuncia. "Dio faccia brillare il suo volto
" non significa tanto: "il Signore sorrida ma il
Signore ti faccia percepire la sua presenza e
personalità (volto) e ti faccia gustare quanto è
illuminante e rassicurante il rapporto con Lui".
E'richiamo di accoglienza e benevolenza.
"Javhè elevi a te il suo volto": vien chiesto un
rapporto stabile con il suo popolo poiché da qui
scaturisce la pace. Quando il volto di Dio è
nascosto, la miseria ed il disagio sorgono
profondi. Viene richiesto lo sviluppo armonico e
felice, opera messianica per eccellenza (Is
9,1-6). Porre il nome (v 27) richiama le mani
protese verso il popolo nel gesto della
benedizione (1 Re 8,51).
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Lettera
agli Ebrei. 1, 1-8a Dio, che aveva già parlato nei tempi
antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei
profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per
mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per
mezzo del quale ha fatto anche il mondo. Questo Figlio, che è
irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza e
sostiene tutto con la potenza della sua parola, dopo aver
compiuto la purificazione dei peccati si è assiso alla destra
della maestà nell'alto dei cieli, ed è diventato tanto superiore
agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha
ereditato. Infatti a quale degli angeli Dio ha mai detto: Tu sei
mio figlio; oggi ti ho generato? E ancora: Io sarò per lui padre
ed egli sarà per me figlio? E di nuovo, quando introduce il
primogenito nel mondo, dice: Lo adorino tutti gli angeli di Dio.
Mentre degli angeli dice: Egli fa i suoi angeli pari ai venti, e
i suoi ministri come fiamma di fuoco, del Figlio invece afferma:
Il tuo trono, Dio, sta in eterno e: Scettro giusto è lo scettro
del tuo regno;
Paolo è molto
affezionato alla comunità di Filippi, ma scopre, nelle pieghe di
una umanità attiva, atteggiamenti di invidia tra alcuni che
cercano di fare da padroni. Per questo l'apostolo si preoccupa
di suggerire alcuni atteggiamenti morali. "Rendete piena la mia
gioia con l'unione dei vostri spiriti, con la stessa carità, con
i medesimi sentimenti. Non fate nulla per spirito di rivalità o
per vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri
gli altri superiori a se stesso, senza cercare il proprio
interesse, ma anche quello degli altri" (2,2-4). La
preoccupazione di suggerire un modello porta Paolo a ripensare
ai sentimenti di Gesù. Perciò "Abbiate in voi gli stessi
sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di
natura divina..." e con il brano di oggi il suggerimento
continua sul doppio filo di ciò che Gesù sente e vive nel suo
stile e ciò che Gesù è in realtà nella sua avventura. E, cosa
ancora più curiosa, il testo pare sia un inno che le comunità
cristiane conoscono già in precedenza e che delinea la vicenda
di Gesù - prima della nascita da Maria, - nella sua incarnazione
che è "svuotamento " della sua grandezza fino alla morte,
crocifisso come uno schiavo traditore, - nell'innalzamento nella
gloria poiché il Padre lo riscatta e lo rende Signore.
Davanti a Lui ogni persona riconosce la grandezza di Gesù e la
propria sudditanza. Il suggerimento conclusivo è
squisitamente morale, mentre l'inno costituisce una altissima
professione teologica. Anche noi diventeremo grandi, nel seguire
Gesù, se avremo cercato di sviluppare lo stesso suo stile e i
suoi sentimenti nella vita terrena. |
Lc 2,18-21 Tutti quelli
che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte
sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne
tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e
visto, com’era stato detto loro. Quando furono compiuti gli otto giorni
prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato
chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.
Il breve testo del Vangelo collega l'incontro dei pastori la notte di Natale
nella grotta in cui Gesù è nato e i gesti squisitamente ebraici che
inseriscono Gesù nella storia del popolo d'Israele mediante la circoncisione.
Al centro c'è la rivelazione dello stile della Madonna, atteggiamento di
ricerca, di contemplazione, di ubbidienza costruttiva e appassionata che
dovrebbe corrispondere all'atteggiamento della comunità cristiana, che trova
in Maria il suo modello: "Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose
meditandole nel suo cuore." Il messaggio inizia dalla parola che i pastori
portano: sono gli ultimi arrivati, sono i poveri, gli esclusi dalla comunità
ebraica, anche se non poveri economicamente, e sono coloro che hanno ciò che
è importante offrire. Essi comunicano il messaggio di Dio su questo bambino
che è speranza per tutti e coinvolgono persino i protagonisti del mistero:
Maria e Giuseppe. Le cose che essi affermano suscitano stupore. Si può
certamente dire che essi "dicono la buona novella" e questo suscita
sbalordimento perché il mondo di Dio si apre su tutti come speranza, come
accoglienza, come progetto di vita nuova, come popolo che ricongiunge insieme
tutte le realtà, superando le lacerazioni o le contrapposizione.
L'atteggiamento di chi scopre con meraviglia che Dio manda segni per la
speranza di tutti e di ciascuno matura in un ascolto umile e privilegiato: un
ascolto in silenzio, che raccoglie i richiami e le ricchezze, i miti, i
racconti e la storia del proprio popolo. Tutto questo è materiale che va
raccolto, meditato, capito ogni giorno nella propria interiorità. Il cuore,
nel mondo ebraico, viene inteso come la dimensione più profonda
dell'intelligenza e dell'accoglienza di ciò che Dio dice. Maria non si
preoccupa di parlare, ma di ascoltare, attenta a riempire di risposte quegli
interrogativi che continuamente sono sorti in lei e in Giuseppe. E proprio a
Betlemme sono all'oscuro di tutto. Perciò ciò che sentono alimenta la loro
speranza e capiscono che, in modi diversi, Dio vuole alimentare la luce di
vita dentro di loro. Così ascoltare significa fermarsi a cogliere i segni che
vengono offerti da chi sa parlare e sa portare messaggi. Ascoltare sarà
lodare il Signore con il proprio silenzio che diventa l'atteggiamento più
profondo e più vero. Anche la Chiesa, la comunità di Gesù, deve imparare
così, e lo sa. Il messaggio è nella vita di Gesù, ma anche lei sa di non
essere sola a portarlo. Questo messa è anche rintracciabile nella storia di
ciascuno, nell'itinerario dei popoli, nei cambiamenti della storia, nelle
crisi. Essa sa che la ricchezza ricevuta da Dio ha bisogno di essere
conosciuta sempre di più, interpretata, accolta con umiltà, sentita viva e
attuale. Come la Madonna che ha generato la ricchezza di Dio in questo
bambino, essa deve anche imparare a conoscerlo e interpretarlo e, nello
stesso tempo, deve aiutarlo, sostenerlo ed educarlo per quanto ella sa, nella
fedeltà della fede al Signore. Poi, nell'ottavo giorno dopo la nascita,
ogni bambino maschio ebreo viene sottoposto al rito della circoncisione: il
rito del sangue e il sangue rappresenta la vita. Con questo segno impresso
nella carne, Gesù viene inserito a tutti gli effetti nel popolo di Dio. Con
tutta la responsabilità e l'onore di osservare la legge, Gesù, appartenente
al popolo di Abramo, riceve la vocazione di essere una benedizione fra le
nazioni, riconosciuta ad Abramo stesso. Ma con Gesù questa benedizione
diventa totale, unica, riassumendo in sé tutta l'attesa ed iniziando con sé
tutta la pienezza del cammino verso Dio. Questo popolo che nascerà nella fede
di Gesù ha ricevuto da Gesù stesso l'alleanza piena con il Signore. E se fino
a Gesù c'è stato il tempo della preparazione, in cui era necessario
differenziarsi per maturare un'identità, con Gesù si hanno il compimento, la
maturazione del tempo, che fa esplodere i confini. La caduta della
circoncisione della comunità cristiana, tuttavia, non mette l'umanità al di
fuori della legge morale dell'obbedienza a Dio, ma piuttosto la coinvolge
nella pienezza del messaggio di Gesù che supera i limiti della
contrapposizione. Non c'è più un popolo privilegiato, ma tutti gli uomini
sono chiamati alla coscienza di essere i figli di Dio, nella stessa dignità e
nello stesso valore. I criteri nuovi sono quelli di Dio: l'accoglienza, la
responsabilità, la fraternità, la solidarietà verso ciascuno e verso tutti.
Cristo «è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo,
abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia» (Ef
2,14). È chiaro che, se il muro di separazione è stato abbattuto, non ha più
significato mantenere il segno che differenzia. A questo bambino viene
dato un nome. Nel mondo orientale il nome non è solo per indicare le persone,
distinguendolo dagli animali e dagli oggetti, ma esprime la natura stessa
della realtà. Il nome Gesù dice il suo valore e la sua vocazione: "il Signore
salva" salva dal male" (Mt 1,21) e il male è la scelta che l'uomo fa',
allontanandosi da Dio, è la decisione della separazione e quindi della
solitudine, è il rifiuto del bene dell'altro, è l'ostacolo ad un futuro e una
speranza. Gesù è colui che strappa dal male, dalla disperazione, dalla
rassegnazione e dalla inutilità. Gesù permette di dire che possiamo
camminare, che possiamo sperare, possiamo fidarci di Dio, comunque, perché
Egli non ci abbandona ma ci accompagna. In questa giornata si prega anche
per la pace: dono prezioso nel tempo e si ripensa ad un cammino con le altre
religioni, in modo da orientare tutti nella ricerca di ciò che è "veramente
degno di umanità". Anche se ci sembra di essere sempre agli inizi, il dialogo
tra le religioni diventa sempre più impellente: ci aiuta ad approfondire sia
la nostra fede, sia un rapporto di collaborazione sul bene comune come
attenzione al rispetto di ogni persona. Anche solo per questo, sentiamo
tutti la necessità, almeno per quanto dipende da noi, di accettare che esista
un cammino comune che porti speranza a ciascuno. Questa liturgia si
inserisce anche all'inizio di un anno civile: cioè una liturgia che supporta
il significato del tempo, la verifica del passato, gli interrogativi e, nello
stesso tempo, la progettualità nel futuro. Siamo chiamati a vivere con la
responsabilità, consapevoli che il presente diventa immediatamente passato e
il futuro pone velocemente nuove premesse nel vivo della storia che
percorriamo. E il tempo è anche sorpresa del cambiamento e della novità. E'
attesa e incontro sempre nuovo con il Signore che viene, ma anche custodia
degli interrogativi sempre più profondi che la storia suggerisce.
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