 III DOMENICA dopo
Pentecoste 14/06/2015 Marco 10, 1-12
Riferimenti : Genesi 2, 18-25 - Salmo - Lettera agli Efesini 5, 21-33
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Genesi 2, 18-25 In quei giorni.
Il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo
sia solo: voglio fargli un aiuto che gli
corrisponda». Allora il Signore Dio plasmò dal
suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti
gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo,
per vedere come li avrebbe chiamati: in
qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno
degli esseri viventi, quello doveva essere il
suo nome. Così l’uomo impose nomi a tutto il
bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a
tutti gli animali selvatici, ma per l’uomo
non trovò un aiuto che gli corrispondesse.
Allora il Signore Dio fece scendere un torpore
sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una
delle costole e richiuse la carne al suo
posto. Il Signore Dio formò con la costola,
che aveva tolta all’uomo, una donna e la
condusse all’uomo. Allora l’uomo disse:
«Questa volta / è osso dalle mie ossa, /
carne dalla mia carne. / La si chiamerà
donna, / perché dall’uomo è stata tolta». Per
questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e
si unirà a sua moglie, e i due saranno
un’unica carne. Ora tutti e due erano nudi,
l’uomo e sua moglie, e non provavano
vergogna.
Nel libro della Genesi, al secondo capitolo,
viene proposto un nuovo racconto della creazione
rispetto a quello del cap I (impostato, per
intenderci, sui 6 giorni+1) e viene sviluppato,
particolarmente, il progetto di Dio sulla
umanità e quindi sulla coppia e sul matrimonio.
- Dio vuole offrire all'uomo (maschio) amicizia
e collaborazione, facendolo uscire dalla
solitudine (18). Ma trovare la gioia per l'uomo
é difficile e sembra che Dio stesso vada per
tentativi.- Gli animali splendidi e
variopinti sono un dono all'uomo: simili a lui
nel corpo perché tratti dal fango,
assolutamente diversi nella loro esistenza
poiché l’umanità ha ricevuto vita dallo
Spirito di Dio (2,7). L’uomo può dare ad ogni
animale un nome, dimostrando di esserne il
padrone. Così, con una tale presa di possesso,
l'uomo li riconosce, coordina, mette ordine
nella creazione. Egli inizia una
comunicazione nel mondo.- Ma non c’è un
“aiuto simile” (v.20) all’uomo. Così Dio
riprende il suo lavoro con fantasia: Egli
vuole rendere felice l'uomo, poiché questo è il
suo progetto. Il secondo racconto della
creazione (Gen 2,18-24) è fondamentalmente
centrato sulla ricerca di un mondo gioioso.
Questo è possibile quando viene superata la
solitudine, e quindi esiste un rapporto di
reciprocità e di parità. E’ bello leggere nella
Bibbia che Dio stesso è alla ricerca di
soluzioni perché fuori di sé ci sia
contentezza. E la soluzione, che è attesa,
progetto, sogno, si concretizza quando il
Signore crea la donna. "Gli voglio fare un aiuto
che gli sia simile", ma il testo ebraico
dice: "Qualcuno che sia come il suo di fronte".
La donna non è tanto aiuto materiale, né
semplice compagna ma comunicazione alla pari,
rapporto tra persone, reciprocità. Un
racconto rabbinico dice che Dio non ha tratto la
donna dai piedi perché fosse sottomessa, né
dalla testa perché diventasse padrona ma dal
fianco dell’uomo perché potessero insieme
costruire un mondo sempre nuovo, in
collaborazione. La parola “aiuto”, in
ebraico, è particolarmente usata per Dio (“Tu
sei il mio aiuto: Sal 70,6).Perciò la donna
è presente come Dio è aiuto per portare alla
piena realizzazione la coppia. Il nome della
donna non viene pronunciato direttamente
dall'uomo: esprimerebbe una padronanza
dell’uomo sulla donna, come per gli animali.
Viene pronunciato da Dio: "La si chiamerà
Ishshà (donna) perché tratta dall’Ish (uomo)".
La donna non è perciò sottomessa a nessuno.
Sarà sottomessa a Dio. Essa sarà "uoma", da
“uomo” richiamo della sua provenienza e della
sua parità.- Perciò il racconto pone le
radici e le motivazioni per i richiami della
vita adulta della coppia: l'attrazione (la
scoperta dell'amore del tempo della giovane
maturità), l'unione della coppia(superamento
della legge del sangue per l’abbandono del padre
e della madre, perciò abbandono della
dipendenza per una realtà nuova), la
procreazione ("i due saranno una carne sola"
nella carne del figlio) (v.24). |
Lettera agli Efesini 5, 21-33
Fratelli, nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli
altri: le mogli lo siano ai loro mariti, come al Signore; il
marito infatti è capo della moglie, così come Cristo è capo
della Chiesa, lui che è salvatore del corpo. E come la Chiesa
è sottomessa a Cristo, così anche le mogli lo siano ai loro
mariti in tutto. E voi, mariti, amate le vostre mogli, come
anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei,
per renderla santa, purificandola con il lavacro dell’acqua
mediante la parola, e per presentare a se stesso la Chiesa
tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile,
ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di
amare le mogli come il proprio corpo: chi ama la propria
moglie, ama se stesso. Nessuno infatti ha mai odiato la
propria carne, anzi la nutre e la cura, come anche Cristo fa
con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. Per questo
l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e
i due diventeranno una sola carne. Questo mistero è grande:
io lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! Così anche
voi: ciascuno da parte sua ami la propria moglie come se
stesso, e la moglie sia rispettosa verso il marito.
Questa lettera scritta da Paolo alla Chiesa
di Efeso, probabilmente da Roma negli anni 61-63d.C. oppure
prima, da Cesarea (58-60 d.C.), ha come tema fondamentale il
piano divino che chiama tutti- giudei e pagani -alla salvezza
mediante l’adesione alla Chiesa (corpo) di cui Cristo è il
capo. E’ una teologia che coinvolge il valore della Chiesa in
rapporto a Gesù e corrisponde a quella riflessione che già
alcuni decenni fa veniva particolarmente riproposta come
“teologia del Corpo Mistico”. La Chiesa è radicata nel mondo
e segno di speranza. È costituita da credenti a cui Paolo dice:
“Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e
camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha
amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in
sacrificio di soave odore” (5,1). Il “camminare nella carità”
propone, nello stesso tempo, le esigenze della vita di ogni
cristiano e i suoi orientamenti a Cristo che è il suo modello
fondamentale. Così, per alcuni versetti, (5,8-14) lo
scrittore della lettera sviluppa una linea di comportamenti
sapienziali, tutta nell’ottica del contrasto fra tenebre e di
luce. La condotta dei cristiani deve essere quella dei “Figli
della luce” e ovviamente, deve far maturare frutti di luce: “Il
frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità.
Cercate di capire ciò che è gradito al Signore” (5,9).A
questo punto, nella lettera, vengono ricordati non solo i
rapporti di coerenza personale, ma anche alcuni dei rapporti
fondamentali che ogni persona ha con altri, a cominciare dalla
coppia(5,22-33). Si continua con il rapporto tra padri e
figli (6,1-4), e infine col rapporto con gli schiavi (6,5-9).
Noi oggi leggiamo il testo molto complesso che riguarda il
rapporto con la coppia. Ma tutto il capitolo, come questa
riflessione sulla coppia, in particolare, va letto alla luce del
versetto: 5,21: "Nel timore di Cristo, siate sottomessi gli
uni agli altri”.- La sottomissione è reciproca tra le
persone, nell’intento di eliminare la prepotenza e la
prevaricazione sull’altro. Vanno ricercati il rispetto per la
vita di ciascuno, il rapporto sapienziale, una matura
reciprocità che chiarisce la sottomissione allo stile di Gesù. E
"nel timore di Cristo” non fa riferimento alla paura, ma
piuttosto alla trepida sollecitudine nella disponibilità al
servizio.- Il testo sulla coppia si è prestato a molte
ambiguità, immaginando che la Scrittura giustificasse la
cultura maschilista del mondo ebraico e del nostro mondo,
compreso quello della Comunità cristiana. Quel che non si è
tenuto presente è che Paolo deve affrontare la problematica
della donna in un contesto culturale dove la donna è sottomessa.
Paolo stesso non è esente, da buon rabbino, da tale mentalità
e tuttavia è obbligato a ripensare questi diffusi criteri
culturali, alla luce della Parola di Gesù. Gesù stesso si è
sottomesso, ma la sua sottomissione non è solo ubbidienza o
soggezione, ma volontà, scelta, disponibilità ad un amore
grande che supera le gerarchie e le dipendenze.- In pratica
Paolo dice che “i criteri culturali” che la donna vive nella
coppia devono essere trasformati in attenzione, valore,
significato di accoglienza e di amore. E il confronto con
Cristo vale anche per il marito. L’uomo deve accettare di essere
disponibile ad un amore che difende, che purifica, che rende
bella e libera la sposa. Egli la ama fino a dare la vita per
lei. Il linguaggio suppone molti richiami al Primo Testamento.
Il matrimonio diventa immagine dell’alleanza tra Dio e il suo
popolo. Paolo lo chiama “mistero”: piano provvidenziale tra
Dio e il suo popolo che ha trovato come una immagine, una
parabola del proprio rapporto, proprio nella coppia e nel
patto di fedeltà e di cammino comune dell’uomo e della donna.
-Perciò tra cristiani si può fare un parallelo grandioso: ogni
matrimonio si rispecchia nelle scelte totali di Gesù e ogni
richiamo alle scelte di Gesù trova la sua immagine, più o meno
trasparente, ma sempre immagine, nel matrimonio. |
Marco 10, 1-12 In quel tempo. Partito di là, il Signore
Gesù venne nella regione della Giudea e al di là del fiume Giordano. La
folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli insegnava loro, come era
solito fare. Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova,
gli domandavano se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma
egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha
permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». Gesù disse loro:
«Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma
dall’inizio della creazione “li fece maschio e femmina; per questo l’uomo
lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno
una carne sola”. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo
non divida quello che Dio ha congiunto». A casa, i discepoli lo
interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la
propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se
lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio». Se leggiamo attentamente tra le righe ci accorgiamo
che Gesù non abbocca al problema che gli pongono per metterlo alla prova
con l’argomento delle leggi e delle norme, ma lo proietta sul piano del
progetto di Dio e focalizza la drammaticità delle situazioni esistenziali
nella durezza del cuore, la “sclerocardia”, come il fattore dominante che
inquina la possibilità e la bellezza della relazione. E che Gesù abbia in
mente la relazione è nel particolare che viene citata anche la moglie come
soggetto di ripudio: la posizione è uguale. Già questo sarebbe stato
motivo di scandalo. Ma Gesù come sempre, pur adeguandosi ai tempi e alla
Legge, non si lascia condizionare dalla lettera angusta e asettica, ma
sposta il discorso su un piano più alto e più profondo: Questo non è un
testo per problematizzare il divorzio, anche ai nostri giorni. Infatti,
avendo a cuore la relazione tra uomo e donna, quella che li pone l’uno di
fronte all’altra, e mi piace pensarli all’altezza degli occhi e della
parola e del sorriso, è come se dicesse che non si può costruire nessun
rapporto vero se non ci si mette tutto il cuore e la mente in un’apertura di
orizzonti e in una volontà di comprensione e di accoglienza reciproca.
Il progetto grande di Dio è che ogni relazione, anche quella di coppia,
rispecchi il suo amore, la sua alleanza, la sua fedeltà. Ma questo si
ottiene in un cammino, passo passo, forse è un punto di arrivo, forse si
dovranno attraversare crisi e rendersi conto di scelte sbagliate, ma di volta
in volta occorre fare i conti con la Parola e con la nostra durezza di
cuore. Gesù parla di queste situazioni mentre è in viaggio, in cammino
verso Gerusalemme; Gesù spesso parla e istruisce i suoi discepoli mentre è
in viaggio, che è poi il viaggio della vita, dove ci si imbatte anche nei
fallimenti, e forse il fallimento più clamoroso e dolente è quello di non
essere riusciti ad entrare e a vivere una relazione. Ci s’imbatte nei
tradimenti, nelle angosce della solitudine, dell’essere abbandonati o di
rompere dei rapporti. Gesù si immedesima nella sofferenza e nei disgi
delle persone e ne fa una questione di cuore: il cuore di cui parla e a
cui fa riferimento è il cuore di Dio che vive nel suo e che non smette mai di
intervenire. Magari non quando e come vorremmo noi, ma sicuramente.
Perché il nostro cuore perda ogni spigolosità per vibrare all’unisono con il
Suo. |