 IV domenica dopo Pentecoste
21/06/2015 Matteo 22, 1-14
Riferimenti : Genesi 18, 17-21; 19, 1. 12-13.15. 23-29 -
Salmo 32 - Prima lettera Corinzi 6,9-12
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Beato l'uomo a cui è rimessa la colpa, e
perdonato il peccato. Beato l'uomo a cui Dio non imputa alcun
male e nel cui spirito non è inganno.Tacevo e si logoravano le
mie ossa, mentre gemevo tutto il giorno. Giorno e notte pesava
su di me la tua mano, come per arsura d'estate inaridiva il mio
vigore. Ti ho manifestato il mio peccato, non ho tenuto nascosto
il mio errore. Ho detto: "Confesserò al Signore le mie colpe" e
tu hai rimesso la malizia del mio peccato. |
Genesi 18, 17-21; 19, 1. 12-13.15.
23-29 In quei giorni. Il Signore diceva:
«Devo io tenere nascosto ad Abramo quello che
sto per fare, mentre Abramo dovrà diventare
una nazione grande e potente e in lui si
diranno benedette tutte le nazioni della terra?
Infatti io l’ho scelto, perché egli obblighi i
suoi figli e la sua famiglia dopo di lui a
osservare la via del Signore e ad agire con
giustizia e diritto, perché il Signore compia
per Abramo quanto gli ha promesso». Disse allora
il Signore: «Il grido di Sòdoma e Gomorra è
troppo grande e il loro peccato è molto
grave. Voglio scendere a vedere se proprio
hanno fatto tutto il male di cui è giunto il
grido fino a me; lo voglio sapere!». I due
angeli arrivarono a Sòdoma sul far della
sera, mentre Lot stava seduto alla porta di
Sòdoma. Non appena li ebbe visti,
Lot si alzò, andò loro
incontro e si prostrò con la faccia a terra.
Quegli uomini dissero allora a Lot: «Chi hai
ancora qui? Il genero, i tuoi figli, le tue
figlie e quanti hai in città, falli uscire da
questo luogo. Perché noi stiamo per
distruggere questo luogo: il grido innalzato
contro di loro davanti al Signore è grande e
il Signore ci ha mandato a distruggerli».
Quando apparve l’alba, gli angeli fecero
premura a Lot, dicendo: «Su, prendi tua moglie e
le tue due figlie che hai qui, per non essere
travolto nel castigo della città». Il sole
spuntava sulla terra e Lot era arrivato a
Soar, quand’ecco il Signore fece piovere dal
cielo sopra Sòdoma
e sopra Gomorra zolfo e fuoco provenienti dal
Signore. Distrusse queste città e tutta la valle
con tutti gli abitanti delle città e la
vegetazione del suolo. Ora la moglie di Lot
guardò indietro e divenne una statua di sale.
Abramo andò di buon mattino al luogo dove si era
fermato alla presenza del Signore; contemplò
dall’alto Sòdoma e
Gomorra e tutta la distesa della valle e vide
che un fumo saliva dalla terra, come il fumo di
una fornace. Così, quando distrusse le città
della valle, Dio si ricordò di Abramo e fece
sfuggire Lot alla catastrofe, mentre
distruggeva le città nelle quali Lot aveva
abitato.
Abramo è un vero amico di
Dio e il Signore lo riconosce nella sua qualità
di giusto, di intercessore, di uomo di
fiducia. Perciò il racconto su alcuni fatti
che hanno sconvolto il tempo e la geografia dei
luoghi attorno al Mar Morto, allora zona di
benessere e di civiltà, fa leggere, in termini
teologici, il terremoto, probabilmente, in
concomitanza coni eruzioni vulcaniche (Gen
19,24-25). Da qui fuoco e zolfo dal cielo.
Lot, nipote di Abramo, immigrato anche lui con
il Patriarca nel viaggio da Ur di Caldea a
Carran, sempre con Abramo giunge in Canaan, poi
in Egitto e poi ancora in Canaan dove si è
stabilito, Lot ha molto bestiame. Per poter
vivere in pace nello sviluppo della propria
ricchezza, e per non dover litigare con i
pastori di Abramo, alla ricerca di pascoli, su
proposta di Abramo stesso gli viene offerta
la possibilità di scegliere il territorio in cui
vivere. Lot sceglie di emigrare nella valle
del Giordano, ben irrigata, e si stabilisce
presso Sodoma (Gen13,8-13).Dio ascolta
il grido di sofferenza che si alza dalle città
di Sodoma e Gomorra poiché gli abitanti sono
malvagi e opprimono gli altri cittadini più
poveri e indifesi. Gli abitanti malvagi fanno
il male, rifiutano l’ospitalità, a differenza di
Abramo che ritiene sempre un onore ospitare e
dar da mangiare ad uno straniero Anzi
considerano straniero Lot stesso, che abita tra
loro e lo rimproverano per il fatto che si
rifiuta di consegnare loro due ospiti che sono
venuti a trovarlo. Essi vogliono abusare di
loro e minacciano lo stesso Lot: (Gen 19,9: “È
venuto tra noi come straniero e vuol farsi
giudice”).A questo punto, l’autore biblico
ritiene di aver sufficientemente dimostrato la
malvagità di Sodoma e Gomorra e quindi
conclude che Dio, giustamente, debba distruggere
le due città. A questo punto, nel testo,
viene riportata la grande intercessione di
Abramo con Dio che gli ha confidato i suoi
progetti di distruzione del male e dei suoi
autori. Abramo non difende i malvagi ma pone
il problema della morte dei giusti insieme con i
peccatori in caso di catastrofe:
“Sterminerai, Signore, l’empio con il giusto?”
(18,23-33). In una trattativa tipica del
mondo orientale in cui si insiste ad abbassare i
parametri degli interventi di castigo, Abramo
incomincia da 50. “Se ci fossero 50 giusti?” e
arriva fino a 10: “E se ci fossero 10 giusti?”.
Non c’erano neppure 10 giusti. Tuttavia, Dio
salva Lot per amore di Abramo poiché non ha
accettato di cedere i suoi ospiti alla
malvagità dei Sodomiti. Il testo vuole
aiutarci a scoprire che una nazione è destinata
alla distruzione se non rispetta
l’ospitalità, se fa gridare di paura e di rabbia
il povero perché sfruttato, se compie il male,
se non sa obbedire alla legalità,
riconoscendo il diritto di ogni persona, se non
conserva la pietà per i deboli. .E questo
va fatto senza rimpianti, senza nostalgie e
tentazioni assecondate. La lettura teologica
aiuta a ricercare il senso del male nel mondo,
mentre continua a mantenere il principio:
l’uomo pecca e Dio castiga. A questo
orientamento viene ricondotto anche il
significato di alcune forme cristallizzate di
sale. Una di queste fa riferimento alla moglie
di Lot che non ha saputo superare la
tentazione di rivolgersi indietro, con la sua
nostalgia al passato. La lettura culturale si
gioca, perciò, su moralità e immoralità, su
benessere e morte, nella linea di premio e
castigo. Ma è il male stesso che ha in sé il
virus della debolezza, della frantumazione e
della distruzione. |
Prima lettera Corinzi 6,9-12
Fratelli, non sapete che gli ingiusti non erediteranno il
regno di Dio? Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né
adùlteri, né depravati, né sodomìti, né ladri, né avari, né
ubriaconi, né calunniatori, né rapinatori erediteranno il
regno di Dio. E tali eravate alcuni di voi! Ma siete stati
lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel
nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio.
«Tutto mi è lecito!». Sì, ma non tutto giova. «Tutto mi è
lecito!». Sì, ma non mi lascerò dominare da nulla. La lettera ai Corinzi sorge con alcune
urgenti problematiche che Paolo sente di dover affrontare per
non lasciare nell’ambiguità e nella immoralità i credenti in
Cristo che, pure, hanno ricevuto esempi, parole nuove,
suggerimenti e stili di vita altissimi. Perciò, dopo essere
intervenuto duramente su un grave fatto di immoralità sessuale,
verificatosi nella comunità cristiana e da tutti conosciuto :
“un cristiano convive con la moglie di suo padre”,
“immoralità che non si riscontra neppure tra i pagani” (5,1), e
dopo aver giudicato e concluso con l’espulsione di tale
cristiano dalla Comunità, Paolo continua con alcune proposte
coerenti con la fede, ma anche di difficile accoglimento, mentre
rimprovera: “Se avete liti per cose di questo mondo, voi
prendete a giudici gente che non ha alcuna autorità nella
Chiesa”(6,4). Così Paolo suggerisce: “Prendete invece tra
voi qualche persona saggia che possa fare da arbitro tra
fratelli e fratelli” (6,5). Tra l’altro questo è il riferimento
per cui sono sorti i tribunali ecclesiastici, croce pesante
per i vescovi dei primi secoli che dovevano passare molte ore a
giudicare su sciocchezze e problemi, spesso poco significativi,
ma causa di discussione e di contesa. In questo contesto
morale Paolo richiama un breve catalogo di catechismo morale,
frequente nelle lettere dell’apostolo, ma qui particolarmente
solenne: sono enumerati 10 comportamenti immorali che escludono
dal Regno, tanti quanti i 10 Comandamenti. Il fatto che si
aggiunga un “Non illudetevi” può far pensare a mentalità
libertine che uniscono insieme fede cristiana e comportamenti
immorali. Problema sempre esistito, anche oggi. La fede
cristiana deve rivedere un comportamento pagano poiché essa
pretende una conversione. Il battesimo consacra a Dio e rende
interiormente giusti (“santificati e giustificati”). Gesù è
“giustizia, santificazione e redenzione” (1,30). La fede in Lui,
“nel suo nome”, e la forza dello Spirito del nostro Dio” ci
hanno trasformato poiché la grandezza del Dio Trinitario si è
riversata in noi” (6,11).“Tutto mi è permesso” (ripetuto due
volte) può essere un’affermazione di Paolo, ripetuta in altri
contesti, probabilmente in richiami a regole ebraiche”. Ma Paolo
è preoccupato di educare la libertà di ciascuno. La
libertà ha i suoi limiti e va impegnata con responsabilità. E’
necessario costruire ciò che vale e in modo tale da non
lasciarsi dominare da forze avverse che ci rendono schiavi. |
Matteo 22, 1-14 n quel tempo. Il Signore Gesù riprese a
parlare loro con parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re,
che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a
chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di
nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho
preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già
uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne
curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi
presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si
indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle
fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è
pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle
strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le
strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni,
e la sala delle nozzesi riempì di commensali. Il re entrò per vedere i
commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli
disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello
ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo
fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti
sono chiamati, ma pochi eletti». La parabola
raccontata da Gesù vuole mettere in evidenza non tanto le espressioni di ira
e il castigo, che fanno parte di una precisa logica legata al pensiero
ebraico antico di un Dio che deve in un certo senso per forza punire gli
empi e premiare i buoni, per cui la struttura del racconto riflette questa
mentalità, così corrisposta ed approvata dagli ascoltatori, quanto
l’incontenibile desiderio di rendere partecipi tutti di una festa di
nozze. E’ importante che sia l’invito ad una festa di nozze, perché questa
festa vuole celebrare l’amore, la scelta reciproca, il desiderio di casa e
di famiglia, il futuro, la speranza sui figli, l’interruzione della
monotonia quotidiana per soffermarsi su una partecipazione all’abbondanza,
alla varietà e alla ricchezza di un pranzo che simboleggia secondo i
profeti la mensa preparata sul monte Sion cui affluiranno tutte le genti.
E la festa di nozze è sospensione dalle occupazioni comuni, è allargare
l’orizzonte e l’esperienza ad un oltre che rende più bello il solito e il
quotidiano. La sorpresa è l’indifferenza a questo invito: tutti hanno
qualcosa di più impellente e necessario, tanto che ritengono questo invito
quasi un insulto alla loro routine, anche se faticosa e disagevole.
Soprattutto sentono questo invito come uno scompiglio. E allora non solo
si sentono offesi dell’invito, ma insultano e addirittura uccidono i servi
inviati ad invitare. Indifferenza e rifiuto. E allargamento
dell’invito a tutti: buoni e cattivi, anzi: cattivi e buoni. Ma c’è un
“ma”, rappresentato dal commensale privo della veste nuziale. Essere privo
della veste nuziale significa essere privo della dignità di un cambiamento:
infatti accettare l’invito a nozze, vuol dire accettare il cambiamento che
appunto la festa nuziale esige nei confronti dell’esistenza quotidiana,
vuol dire che partecipare alla festa di Dio non può lasciare invariati,
incardinati nella mentalità di sempre, ma immettersi nella logica di questa
festa, che nelle nozze celebra appunto la relazione, l’incontro tra due
persone che decidono di camminare insieme nel clima e nell’orizzonte
dell’amore di Dio. Amore che, appunto, non esclude nessuno: cattivi e
buoni. E che esige un cambiamento: da una visione ristretta ai propri
“affari” a quella di una festa comune cui tutti sono invitati, che è
promessa di gioia, amicizia, condivisione. |