 V domenica dopo Pentecoste
(cercate sempre il volto del Signore) 28 giugno 2015
Giovanni 12,35-50
Riferimenti : Genesi 17,1-16 - salmo104 - romani 4,3-12 |
Benedici il Signore, anima mia, Signore,
mio Dio, quanto sei grande! Rivestito di maestà e di splendore,
avvolto di luce come di un manto. Tu stendi il cielo come una
tenda, costruisci sulle acque la tua dimora, fai delle nubi il
tuo carro, cammini sulle ali del vento; fai dei venti i tuoi
messaggeri, delle fiamme guizzanti i tuoi ministri. Hai fondato
la terra sulle sue basi, mai potrà vacillare. |
Genesi 17,1-16 Quando Abram ebbe
novantanove anni, il Signore gli apparve e gli
disse: "Io sono Dio onnipotente: cammina davanti
a me e sii integro. Porrò la mia alleanza tra me
e te e ti renderò numeroso molto, molto". Subito
Abram si prostrò con il viso a terra e Dio parlò
con lui: "Eccomi: la mia alleanza è con te e
sarai padre di una moltitudine di popoli. Non ti
chiamerai più Abram ma ti chiamerai Abraham
perché padre di una moltitudine di popoli ti
renderò. E ti renderò molto, molto fecondo; ti
farò diventare nazioni e da te nasceranno dei
re. Stabilirò la mia alleanza con te e con la
tua discendenza dopo di te di generazione in
generazione, come alleanza perenne, per essere
il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te.
Darò a te e alla tua discendenza dopo di te il
paese dove sei straniero, tutto il paese di
Cànaan in possesso perenne; sarò il vostro Dio".
Disse Dio ad Abramo: "Da parte tua devi
osservare la mia alleanza, tu e la tua
discendenza dopo di te di generazione in
generazione. Questa è la mia alleanza che dovete
osservare, alleanza tra me e voi e la tua
discendenza dopo di te: sia circonciso tra di
voi ogni maschio. Vi lascerete circoncidere la
carne del vostro membro e ciò sarà il segno
dell'alleanza tra me e voi. Quando avrà otto
giorni, sarà circonciso tra di voi ogni maschio
di generazione in generazione, tanto quello nato
in casa come quello comperato con denaro da
qualunque straniero che non sia della tua
stirpe. Deve essere circonciso chi è nato in
casa e chi viene comperato con denaro; così la
mia alleanza sussisterà nella vostra carne come
alleanza perenne. Il maschio non circonciso, di
cui cioè non sarà stata circoncisa la carne del
membro, sia eliminato dal suo popolo: ha violato
la mia alleanza". Dio aggiunse ad Abramo:
"Quanto a Sarai tua moglie, non la chiamerai più
Sarai, ma Sara. Io la benedirò e anche da lei ti
darò un figlio; la benedirò e diventerà nazioni
e re di popoli nasceranno da lei".
Il Signore appare ad Abramo perché desidera fare
con lui e la sua discendenza un patto di
Alleanza. I Patriarchi, prima di Mosè, chiamano
Dio "El Shaddai, il Dio della montagna",
immagine diffusa nel mondo antico. Anche i greci
pensavano gli Dei sull'Olimpo e i Babilonesi, in
mancanza di montagne, costruivano dei giardini o
torri pensili con il tempio del Dio in cima. Lo
stesso tempio di Gerusalemme è sul monte Sion,
poiché la montagna è la realtà più alta che può
raggiungere il cielo. Dio è oltre il nostro
orizzonte, altissimo e trascendente. Ma Dio è
anche "la roccia" che sostiene e garantisce chi
si fida di Lui (Deut32,4). Nel brano letterario,
non tutto letto oggi, ricorrono 7 temi: v 1°.
Dio appare come protettore. vv 1b-8. Dio offre
un patto: è un dono ma richiede alcuni impegni
morali. E se qui sono sfumati, restano nella
linea de: "le 10 parole di vita o comandamenti""
che Mosè consegnerà al popolo di Dio liberato.
Di fronte alla responsabilità del "cammina alla
mia presenza e sii integro" Dio si dona ad
Abramo e alla sua discendenza come "il tuo Eloim
familiare, il Dio tuo e della tua discendenza",
e non più solo il "Dio della montagna". Da non
dimenticare che Eloim è un plurale, ma per gli
ebrei, che credono in un Dio solo, corrisponde
alla "pienezza della divinità". Per identificare
un'appartenenza e, nello stesso tempo, un
destino ed una speranza luminosa, Dio cambia i
nome ad Abram e a Sarai. vv 9-11. La
circoncisione è un uso antico per richiamare
l'appartenenza del popolo al Dio dell'Alleanza.
Questo legame dev'essere presente anche nella
carne. vv12-13. Patto di servitù. Anche i servi,
nati in casa o comprati, entrano a far parte del
popolo che Dio si è scelto. E' un atto di onore
e di rispetto. V 14. Il peccato contro il patto.
Anche tra i popoli vicini che esercitano la
circoncisione, il peccato contro il patto, per
es. rifiutando la circoncisione, recide dal
popolo consacrato. Vv15-19. Il patto di
figliolanza. Dio garantisce la nascita di un
figlio ad Abramo che ha 99 anni (v1a) e a Sara
che ha 90 anni. vv 20-22. Abramo, interpretando
la promessa di una discendenza, che Dio ha
garantito, ma senza offrire modalità e
previsioni particolari, immaginando che Dio
volesse una sua iniziativa, ha generato Ismaele
dalla schiava Agar che Sara stessa gli aveva
offerto per avere un erede. La legge glielo
permetteva e Abramo si rendeva conto di
invecchiare senza soluzioni e senza eredi. Dio
dice che benedirà anche Ismaele. "Genererà
anch'egli 12 capi" (il 12 è il richiamo di un
popolo). "Ma la mia Alleanza sarà mantenuta con
Isacco" (v 21).
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romani 4,3-12 Ora, che cosa dice
la Scrittura? Abramo ebbe fede in Dio e ciò gli fu accreditato
come giustizia. A chi lavora, il salario non viene calcolato
come un dono, ma come debito; a chi invece non lavora, ma crede
in colui che giustifica l'empio, la sua fede gli viene
accreditata come giustizia. Così anche Davide proclama beato
l'uomo a cui Dio accredita la giustizia indipendentemente dalle
opere: Beati quelli le cui iniquità sono state perdonate e i
peccati sono stati ricoperti; beato l'uomo al quale il Signore
non mette in conto il peccato! Orbene, questa beatitudine
riguarda chi è circonciso o anche chi non è circonciso? Noi
diciamo infatti che la fede fu accreditata ad Abramo come
giustizia. Come dunque gli fu accreditata? Quando era circonciso
o quando non lo era? Non certo dopo la circoncisione, ma prima.
Infatti egli ricevette il segno della circoncisione quale
sigillo della giustizia derivante dalla fede che aveva già
ottenuta quando non era ancora circonciso; questo perché fosse
padre di tutti i non circoncisi che credono e perché anche a
loro venisse accreditata la giustizia e fosse padre anche dei
circoncisi, di quelli che non solo hanno la circoncisione, ma
camminano anche sulle orme della fede del nostro padre Abramo
prima della sua circoncisione.
Ricordato
da Paolo il principio che noi siamo giustificati dalla fede e
non dalle opere (cap 3,28: "Noi riteniamo infatti che l'uomo è
giustificato per la fede, indipendentemente dalle opere della
Legge"), il capitolo 3 ritorna continuamente sulla
consapevolezza che le opere, prima di tutto, non giustificano.
E' la fede che ci fa entrare nel mondo di Dio. E la fede è
quell'atto con cui ognuno di noi confessa la sua radicale
insufficienza. La salvezza viene interamente da Dio che ci
sceglie, ci accoglie e ci giustifica. Con il cap. 4 Paolo vuole
dimostrare ciò che ha affermato: non sono le opere che ci
salvano in Dio ma, prima di tutto, la fiducia in Lui. E questo è
avvenuto anche nel Primo Testamento, dice Paolo che, così,
rilegge la Scrittura e la vicenda di Abramo, ritrovandovi la
stessa consapevolezza. Poiché per gli ebrei Abramo non è solo
il capostipite, ma anche il modello e il giusto per eccellenza,
proprio la vicenda di Abramo ci aiuta a cogliere il significato
della fede, che vien prima delle opere. E poiché proprio la
tradizione dei rabbini dice che Abramo sia stato giustificato
mediante le opere, ubbidendo alla legge di Dio, Paolo vuole
sfatare questa consapevolezza come leggenda. Se Abramo avesse
avuto riconoscimento per le opere, poteva appoggiarsi su
qualcosa per glorificarsi davanti a Dio. Ma egli non ebbe valore
salvo che per la sua fede. E la sua fede fu quella di credere
alle promesse di Dio (Gen12,2ss; 13,14-17; 15,1ss). Il gesto
eroico che Abramo era disposto a fare nel sacrificare il figlio
Isacco (Gen 22,1 ss) e l'accettazione dell'alleanza (17,2)
vennero dopo la scelta e l'Alleanza di Dio stesso. Certamente
Abramo visse fidandosi di Dio e quindi seguendo la sua legge. Ma
Abramo ha vissuto ed è stato accolto da Dio, non perché egli
abbia acquisito dei diritti, come chi fa un lavoro ed ha diritto
ad un salario, ma perché si è fidato di Dio e "questa fede gli è
contata come giustizia" Paolo vuole insistere sulla fede perché,
nella sua ricerca e meditazione, lo ha intuito da Dio,
riflettendo sull'avventura di Gesù. Dio gratuitamente offre, Dio
è generoso (mentre chi paga un salario rispetta solo regole di
ingaggio). Il Salmo di Davide ( 32,1-2) sottolinea questa
disponibilità gioiosa e generosa di Dio. Poiché nelle
discussioni che Paolo fa con i rabbini sorge una obiezione:
"Abramo, almeno di una opera, ha merito: l'ubbidienza della
circoncisione", l'apostolo risponde: Abramo è stato giustificato
prima della circoncisione. Questa arrivò più tardi e non è che
un sigillo per una santità e una giustificazione già in atto.
Abramo, allora, per strade diverse, è padre dei credenti, di
quelli che, accolti da Dio, hanno formato il popolo dei
circoncisi e Padre di quelli che non si fondano sulla
circoncisione ma, seguendo le orme di Abramo stesso, hanno
ricevuto la fede e l'accoglienza di Dio e l'hanno accettata. In
altri termini Paolo è preoccupato di dimostrare la gratuità
dell'amore di Dio sia per gli ebrei, suoi fratelli nella carne
che per i pagani che si sono convertiti a Cristo, fratelli nello
Spirito. Tutti, nell'accoglienza del dono di Gesù, sono salvati
e amati gratuitamente. Ovviamente, nella scia di questo amore di
Gesù, c'è l'invito a conoscere e a vivere con amore le scelte
del Figlio di Dio maestro, via, verità e vita.
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Giovanni 12,35-50 Gesù allora disse loro: "Ancora per poco
tempo la luce è con voi. Camminate mentre avete la luce, perché non vi
sorprendano le tenebre; chi cammina nelle tenebre non sa dove va. Mentre
avete la luce credete nella luce, per diventare figli della luce". Gesù disse
queste cose, poi se ne andò e si nascose da loro. Sebbene avesse compiuto
tanti segni davanti a loro, non credevano in lui; perché si adempisse la
parola detta dal profeta Isaia: Signore, chi ha creduto alla nostra parola? E
il braccio del Signore a chi è stato rivelato? E non potevano credere, per il
fatto che Isaia aveva detto ancora: Ha reso ciechi i loro occhi e ha indurito
il loro cuore, perché non vedano con gli occhi e non comprendano con il
cuore, e si convertano e io li guarisca! Questo disse Isaia quando vide la
sua gloria e parlò di lui. Tuttavia, anche tra i capi, molti credettero in
lui, ma non lo riconoscevano apertamente a causa dei farisei, per non essere
espulsi dalla sinagoga; amavano infatti la gloria degli uomini più della
gloria di Dio. Gesù allora gridò a gran voce: "Chi crede in me, non crede in
me, ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato.
Io come luce sono venuto nel mondo, perché chiunque crede in me non rimanga
nelle tenebre. Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo
condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il
mondo. Chi mi respinge e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la
parola che ho annunziato lo condannerà nell'ultimo giorno. Perché io non ho
parlato da me, ma il Padre che mi ha mandato, egli stesso mi ha ordinato che
cosa devo dire e annunziare. E io so che il suo comandamento è vita eterna.
Le cose dunque che io dico, le dico come il Padre le ha dette a me".
Il capitolo 12, che leggiamo oggi, fa da cerniera tra la grande presenza
di Gesù che ha proposto la Parola e sviluppato i sette segni della potenza di
Dio per la speranza dell'umanità e il capitolo 13 dove Giovanni comincia il
racconto delle parole e dei gesti conclusivi di Gesù nell'ultima cena, prima
della sua morte. Anzi l'ultimo segno, alla tomba di Lazzaro (Gv 11), esprime
la vittoria sulla morte stessa. Gesù apre l'ingresso nel mondo di Dio a
Lazzaro, anticipo di ciò che sarebbe avvenuto tra alcuni giorni a Lui stesso,
e garantisce che la fede, in questa lotta contro la morte dell'amico Lazzaro,
svela la novità più luminosa dei segni di Gesù. Il cap 12 ricorda vari
avvenimenti che precedono il testo di oggi: la cena in casa di Lazzaro,
l'incontro della folla che a Gerusalemme accoglie Gesù trionfalmente,
agitando le palme, mentre egli sale al tempio sull'asinello, il tentativo di
dialogo di alcuni greci che interpellano Gesù attraverso i discepoli: Andrea
e Filippo; e infine la manifestazione della volontà del Padre che passa
attraverso una fedeltà fino alla morte: una morte che dà frutto come il grano
che muore nel campo. "L'anima mia è turbata" (27-33), afferma Gesù e si
delinea il turbamento dell'orto degli ulivi, raccontato dagli altri Vangeli.
Ma nessuno può aver capito qualcosa nelle parole di Gesù, se non dopo la
risurrezione perché Gesù parla degli sviluppi degli avvenimenti e del
significato che Egli attribuisce alla sua morte: "essere innalzato, attirare
tutti a me". Le domande si rincorrono l'un l'altra. Ma quella dominante è:
"Chi è il Figlio dell'uomo?". Invece di mettersi a discutere, Gesù ammonisce:
"Ora avete ancora un po' di luce. Approfittatene". E suggerisce la risposta:
"Io sono la luce.... Diventate figli della luce". Incoraggiando ad essere
docili alla luce di Dio, Gesù invita a cogliere gli istanti. Ma
improvvisamente la discussione si smorza qui. "Gesù se ne andò e si nascose a
loro ( 36). Giovanni pone qui il problema della ostinazione e fa ricorso al
profeta Isaia (53,1-2). Il profeta già aveva predetto che gli uomini non
avrebbero accettato di credere: il messaggio che stava rivelando sul "servo
sofferente" deve rivelare un paradosso: "Il braccio del Signore, potente
(contro i nemici e contro gli Egiziani nell'Esodo) si rivela ignominiosamente
nella morte del suo Messia". E questo non lo vuole credere nessuno, nemmeno i
suoi discepoli. Sono tutti incapaci di capire nonostante i molti miracoli,
fatti in loro presenza, racconta Giovanni. Allora la citazione di Isaia: "
Dio ha accecato i loro occhi" non vuole attribuire a Dio, direttamente, la
responsabilità della cecità: il linguaggio ebraico attribuisce a Dio,
direttamente, quello che Egli preannuncia. Ma richiama questa cecità, causata
dalla mancanza di fiducia e di amore verso Dio. L'evangelista presenta due
tipi di reazioni diverse: le reazioni di coloro che hanno rifiutato Gesù e le
reazioni di coloro che hanno creduto ma che sono timorosi di manifestarsi. Si
esprime qui anche l'atteggiamento e le perplessità delle prime comunità
cristiane che non sanno capacitarsi che la presenza di Gesù nella storia
d'Israele non abbia sollecitato questo popolo ad una riflessione seria e ad
un cambiamento radicale. Ma sperimentano anche persone che hanno condiviso e
hanno accettato il messaggio di Gesù, ma ne hanno vergogna a manifestarlo in
pubblico, al di là dei pericoli che può portare ad una espressione palese
della fede cristiana. Ma il problema si pone anche oggi, allo stesso modo. Il
testo conclusivo (vv 44-50) potrebbe essere la sintesi che ricapitola e
conclude tutta la prima parte del Vangelo di Giovanni (Capp 1-12). E' un
testo sganciato da riferimenti particolari di tempi e luoghi ed ha un'unica
drammatica caratteristica significativa: "Gesù gridò" (invece di esclamò) e
ci rimanda all'inizio del Vangelo di Giovanni (il Prologo). Vengono usate le
stesse parole e immagini, quasi un collegamento ideale tra l'inizio della
vicenda umana di Gesù e la sua conclusione: "lucetenebra, vita, Padre,
parola, mondo." I Versetti 44-45 rimandano ai vv 49-50: Gesù è l'inviato del
Padre e il suo rivelatore. Il brano 46-48 rivela il tema centrale della
rivelazione che ha, come conseguenza, un giudizio di condanna per coloro che
non l'accolgono, anche se chiaramente Gesù afferma: "Non sono venuto a
condannare il mondo ma a salvare il mondo. Ma se qualcuno mi rifiuta, si
prende da sé la condanna." L'adesione a Gesù è totalmente gratuita: richiede
però una disponibilità libera e responsabile. E l'offerta che Gesù offre è
garantita dal Padre. La discriminazione è compiuta da noi, misurandoci sulle
parole di Gesù e scoprendo la nostra incapacità a realizzarci nella nostra
dignità di persone umane. Il nuovo viene da Dio e non dai nostri rifiuti,
dalle nostre paure, dalla prepotenza o dai nostri schemi di potere. La verità
che ciascuno di noi cerca sta nella rivelazione di Gesù. Egli esprime il
volto di Dio che ha conosciuto e porta la vita eterna nella stessa pienezza
che il Padre ha offerto a Lui. Tutti e tre i brani, nella linea di Abramo, ci
offrono la gratuità di Dio, la vocazione ad essere suoi figli, l'incontro
amoroso e totale di Dio che ci cerca e ci circonda.
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