
VII domenica di pasqua
17 maggio 2015
Giovanni. 17, 11-19
Riferimenti : Atti degli
Apostoli. 1, 15-26 - Salmo 138 - Prima lettera a Timoteo 3,
14-16 |
Ti rendo grazie, Signore,
con tutto il cuore: hai ascoltato le parole della mia bocca. A
te voglio cantare davanti agli angeli, mi prostro verso il tuo
tempio santo. Rendo grazie al tuo nome per la tua fedeltà e la
tua misericordia: hai reso la tua promessa più grande di ogni
fama. Nel giorno in cui t'ho invocato, mi hai risposto, hai
accresciuto in me la forza. Ti loderanno, Signore, tutti i re
della terra quando udranno le parole della tua bocca.
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Atti degli Apostoli. 1, 15-26
In quei giorni Pietro si alzò in
mezzo ai fratelli (il numero delle persone
radunate era circa centoventi) e disse:
"Fratelli, era necessario che si adempisse ciò
che nella Scrittura fu predetto dallo Spirito
Santo per bocca di Davide riguardo a Giuda, che
fece da guida a quelli che arrestarono Gesù.
Egli era stato del nostro numero e aveva avuto
in sorte lo stesso nostro ministero. Giuda
comprò un pezzo di terra con i proventi del suo
delitto e poi precipitando in avanti si squarciò
in mezzo e si sparsero fuori tutte le sue
viscere. La cosa è divenuta così nota a tutti
gli abitanti di Gerusalemme, che quel terreno è
stato chiamato nella loro lingua Akeldamà, cioè
Campo di sangue. Infatti sta scritto nel libro
dei Salmi: La sua dimora diventi deserta, e
nessuno vi abiti, il suo incarico lo prenda un
altro. Bisogna dunque che tra coloro che ci
furono compagni per tutto il tempo in cui il
Signore Gesù ha vissuto in mezzo a noi,
incominciando dal battesimo di Giovanni fino al
giorno in cui è stato di tra noi assunto in
cielo, uno divenga, insieme a noi, testimone
della sua risurrezione". Ne furono proposti due,
Giuseppe detto Barsabba, che era soprannominato
Giusto, e Mattia. Allora essi pregarono dicendo:
"Tu, Signore, che conosci il cuore di tutti,
mostraci quale di questi due hai designato a
prendere il posto in questo ministero e
apostolato che Giuda ha abbandonato per
andarsene al posto da lui scelto". Gettarono
quindi le sorti su di loro e la sorte cadde su
Mattia, che fu associato agli undici apostoli.
Luca racconta il clima e gli
avvenimenti che si sono sviluppati nei 10 giorni
tra l'ascensione e la Pentecoste. Sono giorni di
attesa e di perplessità, perché gli apostoli non
hanno delineato un loro futuro e continuano a
sentirsi deboli e incapaci di qualunque
progetto. E tuttavia restano fedeli a ciò che
Gesù aveva loro chiesto: quello di attendere. La
loro è un'attesa vivace, coerente, fiduciosa. E'
un tempo che trascorre nella preghiera con Maria
e nella riflessione sui fatti e sulle parole di
Gesù. Il testo che abbiamo letto si divide in
due parti, concatenate tra loro, poiché lo scopo
è quello di ricostituire il gruppo dei dodici.
Si parla, prima, della morte di Giuda per poi
procedere alla sua sostituzione. E l'iniziativa
è nelle mani di Pietro che viene riconosciuto,
senza nessuna perplessità, come il responsabile
del gruppo degli apostoli. Il numero di
credenti, 120 persone, possono essere il
richiamo per avere la garanzia di un sinedrio
locale o possono riferirsi al fatto che, per
costituire una comunità di preghiera, bisogna
che ci siano almeno 10 uomini. In questo caso i
10 uomini sono moltiplicati per 12 cosicché ogni
apostolo può ricostituire un luogo di preghiera.
Ma Paolo parla di almeno 500 persone che hanno
visto insieme Gesù in Galilea. (1Cor 15,6). Può
voler dire che a Gerusalemme non ci sono tutti i
credenti in Gesù ma molti sono in Galilea e che
probabilmente si è costituita una sinagoga a
parte un seno al giudaismo nella stessa
Gerusalemme. Si parla qui di una compravendita
che Giuda avrebbe fatto del campo in cui si è
impiccato mentre Matteo (27,3) ricorda, ed è più
probabile, che la compravendita sia stata fatta
dal sinedrio, in un secondo tempo, con i trenta
danari del tradimento, e che quindi il campo è
diventato cimitero degli empi. La differenza può
dipendere proprio dal richiamo del salmo 69,26:
"La sua dimora diventi deserta". E alcuni
particolari raccapriccianti (v18) si ricollegano
alla credenza di allora che il ventre degli empi
diventa la casa dei demoni. Giovanni (13,27)
ha scritto: "E dopo il boccone, entrò in Giuda
Satana" (siamo all'ultima cena di Gesù). Perché
ci sia un sostituto al posto di Giuda, è
necessario che il prescelto abbia fatto parte
della comunità fin dal tempo di Giovanni
Battista e che sia testimone della risurrezione.
In sintesi, deve essere testimone di ciò che
Gesù ha detto e ha fatto nella sua vita pubblica
ed essere testimone della gloria di Dio, offerta
a Gesù che è morto per amore. La scelta viene
fatta attraverso la preghiera a Dio il quale
conosce "il cuore di tutti" e quindi può
indicare chi Gesù avrebbe designato, qualora
fosse ancora visibile tra i suoi. Si scrive il
nome dei candidati su bastoncini colorati e si
mettono in un recipiente. Il primo bastoncino
estratto indica l'eletto, consapevole dei grandi
ruoli e della grande responsabilità che questa
comunità ha ricevuto dal Signore. I credenti
dovranno attuare una grande coesione di popolo
non per costruire potenza né splendore ma per
vivere nella pienezza di Gesù crocifisso e
risorto. Sarà possibile se ci si mantiene in
rapporto con la preghiera a Dio, nella
mediazione di Gesù e nella docilità dello
Spirito, disponibili ad offrire nel mondo la
Parola della speranza per tutti. Non si sentono
certo soli e, pur nella fragilità, mantengono
una continuità fiduciosa e sicura. |
Prima lettera a Timoteo 3, 14-16
Ti scrivo tutto questo, nella speranza di venire presto da te;
ma se dovessi tardare, voglio che tu sappia come comportarti
nella casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente, colonna e
sostegno della verità. Dobbiamo confessare che grande è il
mistero della pietà: Egli si manifestò nella carne, fu
giustificato nello Spirito, apparve agli angeli, fu annunziato
ai pagani, fu creduto nel mondo, fu assunto nella gloria.
Timoteo entra in gioco nel secondo viaggio
missionario di Paolo a Listra. Convertitosi, acquista un suo
ruolo di particolare importanza nella collaborazione con Paolo
ed è, insieme a lui, alla fondazione delle chiese di Filippi e
di Tessalonica mentre è inviato in missione per pacificare gli
animi in alcune comunità in difficoltà. Ad Efeso è responsabile
della comunità cristiana. Il breve testo che leggiamo oggi,
tratto dalla lettera a lui indirizzata, è una sintesi di
particolare rilievo sul compito della Chiesa. Viene chiamato con
termine greco (Ecclesia) che, per sé, identifica un'assemblea
civile. Probabilmente per questo si aggiunge la specificazione:
"Chiesa del Dio vivente" e a questa va collegata la
denominazione "l'assemblea del Signore" (espressione molto
vicina alla tradizione ebraica). E si utilizza il termine "casa"
che, nello stesso tempo, richiama il tempio, e una struttura
spirituale, ma anche "famiglia" e "società" in cui i credenti in
Gesù si radunano e si sentono uniti in fraternità. Poiché la
città di riferimento sembra essere Efeso, Paolo deve avere
ancora nelle orecchie le grida dei pagani di Efeso nella rivolta
contro di lui: "Grande Artemide degli Efesini" (atti 19,28). E
qui si dice che la formula cristiana è il " grande è il mistero
della vera religiosità" cioè di segno di Dio, prima nascosto ora
rivelato, che Cristo è Salvatore di ogni uomo e donna. Paolo
sintetizza la verità rivelata da Dio, "sostenuta dalla Chiesa di
Dio, colonna e sostegno della verità". E la verità è Gesù
stesso, soggetto di sei brevi versi, probabilmente richiamo di
un antico inno cristiano, in parallelo di due; - carne- spirito:
Gesù si è manifestato nella carne ma è giustificato nella Forza
di Dio nella risurrezione; - angeli-genti: Gesù appare agli
angeli quando si scioglie dai legacci della morte e sale al
cielo mentre sulla terra è predicato alle genti dalla comunità
che porta il suo messaggio; - mondo-gloria: Gesù è accolto nel
mondo e dal Padre; glorificato attraverso la predicazione e la
fede e accolto dal Padre, Signore alla sua destra.
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Giovanni.
17, 11-19 «Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io
vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato,
perché siano una sola cosa, come noi. Quand’ero con loro, io li custodivo nel
tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è
andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la
Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché
abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato loro la tua
parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non
sono del mondo. Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca
dal Maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali
nella verità. La tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anche
io ho mandato loro nel mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano
anch’essi consacrati nella verità»
Giovanni, alla fine
dell'ultima cena, nel suo Vangelo, ci offre "La preghiera sacerdotale" in cui
Gesù esprime il significato del suo cammino, il valore della sua offerta
mentre chiede la custodia dei suoi amici. L'interlocutore è il Padre, a cui
Gesù si rivolge, ma è un pregare ad alta voce per cui interlocutori sono
anche i discepoli. Così questa preghiera è, nello stesso tempo,
coinvolgimento e catechesi, comunione col Padre e scoperta della vita di Gesù
e della propria vocazione. E se tutti hanno atteso l'intervento di Dio che
schiodasse Gesù dalla croce, per poter così riconoscere che davvero le parole
di Gesù erano le parole di un giusto, Gesù sa che deve consumare fino in
fondo la sua umiliazione e accettare l'equivoco delle attese che tutti, anche
i discepoli, si portano dentro. Gesù sa che solo così viene dimostrata la
garanzia dell'amore fedele di Dio e suo, per cui nulla e nessuno più, nella
storia, potranno farlo retrocedere. E l'opera del Figlio è quella di offrire
la propria vita per tutti coloro che il Padre gli ha affidato. Glorificazione
è riconoscimento, è richiesta di intervento nonostante la maledizione che il
Calvario e la croce comportano per sé e per la propria opera. La gloria è
garanzia, è riconoscimento totale delle scelte di Dio, è intervento nuovo e
impensabile che però passa attraverso la croce, esplodendo nella risurrezione
(17,1-5). A questo punto il dialogo con il Padre si apre sulla scelta e sulla
protezione degli "uomini che mi hai dato dal mondo". Gesù ha accettato il suo
ruolo, li ha accolti dalle mani del Padre, e quindi prega per loro. Gesù
prega il Padre per i credenti, cioè coloro che hanno avuto il dono di
riconoscere in lui il Figlio. Così essi fanno parte della famiglia del Padre,
e quindi ad essi è affidata la continuazione dell'opera iniziata nella
glorificazione del Padre e del Figlio. Gesù visibilmente esce dall'orizzonte
umano e nel mondo visibile resta la sua comunità. Perciò è affidata al Padre
suo e all'amore che ha custodito Gesù che, a sua volta, ha custodito i 12 nel
mondo. Egli non ha perso nessuno ma li ha sorretti tutti. Si è solo smarrito
"il figlio della perdizione". La preghiera, che Gesù esprime, chiede per i
suoi la gioia piena, nonostante l'odio che troveranno nel mondo, ma avranno
in sé la sua Parola. Gesù non si è confuso con il mondo. Ed anche i suoi non
debbono confondersi con il mondo, poiché sono consacrati nella verità. Questa
verità, finora, l'hanno custodita come dono del Padre, nella parola di Gesù,
come un progetto nuovo. Ma è una verità che va vissuta nel mondo. Che si
possa raggiungere la verità è molto difficile e quando Gesù stesso pronuncia
queste parole a Pilato, (Gv 18, 37) si sente rispondere: "Che cosa è la
verità?" (Gv18,38). La verità non esiste, e comunque è irrilevante poiché
ognuno si crea le proprie verità. Ma Gesù stava affermando che la verità è
sulla sua strada ed è la sua vita. Egli si propone di essere la traccia su
cui aiutare a camminare per indicare, passo passo, i segni e le mete. La
verità sta nelle mani di Gesù e nella sua vita, sopravanza ogni nostro
pensiero, che però può mettersi sulle sue tracce, è sempre più avanti del
nostro coraggio, sempre più grande delle nostre attese, e sempre più vicino a
ciascuno di quello che noi immaginiamo. La verità suppone un'attenzione
continua, una tensione aperta, un cercare fiducioso, accettando Gesù. La
verità non è una formula, una ricetta, uno scontrino, poiché è Cristo: "Via,
Verità e Vita" (Gv 14,6).
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