
V DOMENICA DI PASQUA
03/05/2015
Giovanni 17, 1b-11 Riferimenti : Atti degli Apostoli 7, 2-8. 11-12a.
17.20-22. 30-34. 36-42a. 44-48a. 51-54 - Salmo
117 - Prima lettera di san Paolo
apostolo ai Corinzi 2, 6-12 |
Lodate il Signore, popoli tutti, voi tutte,
nazioni, dategli gloria; perché forte è il suo amore per noi e
la fedeltà del Signore dura in eterno |
Atti degli Apostoli 7, 2-8. 11-12a.
17.20-22. 30-34. 36-42a. 44-48a. 51-54 In
quei giorni. Stefano rispose: «Fratelli e
padri, ascoltate: il Dio della gloria apparve al
nostro padre Abramo quando era in
Mesopotamia, prima che si stabilisse in
Carran, e gli disse: “Esci
dalla tua terra e dalla tua gente e vieni
nella terra che io ti indicherò”. Allora,
uscito dalla terra dei Caldei, si stabilì in
Carran; di là, dopo la morte di suo padre,
Dio lo fece emigrare in questa terra dove voi
ora abitate. In essa non gli diede alcuna
proprietà, neppure quanto l’orma di un piede
e, sebbene non avesse figli, promise “di
darla in possesso a lui e alla sua
discendenza dopo di lui”. Poi Dio parlò così:
“La sua discendenza vivrà da straniera in
terra altrui, tenuta in schiavitù e
oppressione per quattrocento anni. Ma la
nazione di cui saranno schiavi, io la
giudicherò – disse Dio – e dopo ciò
usciranno” e mi adoreranno in questo luogo. E
gli diede l’alleanza della circoncisione. E
così Abramo generò Isacco e lo circoncise
l’ottavo giorno e Isacco generò Giacobbe e
Giacobbe i dodici patriarchi. Su tutto l’Egitto
e su Canaan vennero carestia e grande
tribolazione e i nostri padri non trovavano da
mangiare. Giacobbe, avendo udito che in
Egitto c’era del cibo, vi inviò i nostri padri.
Mentre si avvicinava il tempo della promessa
fatta da Dio ad Abramo, il popolo crebbe e si
moltiplicò in Egitto. In quel tempo nacque
Mosè, ed era molto bello. Fu allevato per tre
mesi nella casa paterna e, quando fu
abbandonato, lo raccolse la figlia del faraone
e lo allevò come suo figlio. Così Mosè venne
educato in tutta la sapienza degli Egiziani ed
era potente in parole e in opere. Passati
quarant’anni, gli apparve nel deserto del
monte Sinai un angelo, in mezzo alla fiamma
di un roveto ardente. Mosè rimase stupito di
questa visione e, mentre si avvicinava per
vedere meglio, venne la voce del Signore: “Io
sono il Dio dei tuoi padri, il Dio di Abramo, di
Isacco e di Giacobbe”. Tutto tremante, Mosè
non osava guardare. Allora il Signore gli
disse: “Togliti i sandali dai piedi, perché il
luogo in cui stai è terra santa. Ho visto i
maltrattamenti fatti al mio popolo in Egitto,
ho udito il loro gemito e sono sceso a
liberarli. Ora vieni, io ti mando in Egitto”.
Egli li fece uscire, compiendo prodigi e
segni nella terra d’Egitto, nel Mar Rosso e
nel deserto per quarant’anni. Egli è quel
Mosè che disse ai figli d’Israele: “Dio farà
sorgere per voi, dai vostri fratelli, un
profeta come me”. Egli è colui che, mentre
erano radunati nel deserto, fu mediatore tra
l’angelo, che gli parlava sul monte Sinai, e
i nostri padri; egli ricevette parole di vita
da trasmettere a noi. Ma i nostri padri non
vollero dargli ascolto, anzi lo respinsero e
in cuor loro si volsero verso l’Egitto,
dicendo ad Aronne: “Fa’ per noi degli dèi che
camminino davanti a noi, perché a questo
Mosè, che ci condusse fuori dalla terra
d’Egitto, non sappiamo che cosa sia
accaduto”. E in quei giorni fabbricarono un
vitello e offrirono un sacrificio all’idolo e
si rallegrarono per l’opera delle loro mani.
Ma Dio si allontanò da loro e li abbandonò al
culto degli astri del cielo. Nel deserto i
nostri padri avevano la tenda della
testimonianza, come colui che parlava a Mosè
aveva ordinato di costruirla secondo il
modello che aveva visto. E dopo averla
ricevuta, i nostri padri con Giosuè la
portarono con sé nel territorio delle nazioni
che Dio scacciò davanti a loro, fino ai tempi
di Davide. Costui trovò grazia dinanzi a Dio
e domandò di poter trovare una dimora per la
casa di Giacobbe; ma fu Salomone che gli
costruì una casa. L’Altissimo tuttavia non
abita in costruzioni fatte da mano d’uomo.
Testardi e incirconcisi nel cuore e nelle
orecchie, voi opponete sempre resistenza allo
Spirito Santo. Come i vostri padri, così
siete anche voi. Quale dei profeti i vostri
padri non hanno perseguitato? Essi uccisero
quelli che preannunciavano la venuta del
Giusto, del quale voi ora siete diventati
traditori e uccisori, voi che avete ricevuto
la Legge mediante ordini dati dagli angeli e
non l’avete osservata». All’udire queste
cose, erano furibondi in cuor loro e
digrignavano i denti contro Stefano. Stefano, uno
dei sette scelti dalla comunità per il servizio
alle mense, si dimostra un credente adulto e
appassionato che, insieme agli apostoli, a
Gerusalemme, compie "prodigi davanti al popolo"
e imposta una riflessione assolutamente nuova
agli orecchi degli ebrei credenti. Egli mette
al centro Gesù come valore di pienezza a cui
orientare la propria vita. Verso Gesù si sono
orientati anche Mosé e i profeti (6,8). E se
alcuni "si alzarono a discutere con Stefano,
non riuscivano a resistere alla sapienza e allo
Spirito con cui egli parlava" (6,9-10).
Una sommossa tra gli ebrei colti, con una
raffica di false testimonianze, lo accusano
come provocatore contro l'ebraismo, riuscendo,
in tal modo, a portare Stefano davanti al
sommo sacerdote per essere giudicato. E poiché
viene chiesto a Stefano di giustificarsi su
tutto quello di cui lo accusano, Stefano
inizia una lunga riflessione sulla storia
d'Israele e il suo itinerario verso il
Messia. Il testo che leggiamo non è completo (si
vede dalla citazione), e tuttavia ci indica
una predicazione biblica che si è sviluppata
non solo nelle chiese ebraiche di Gerusalemme,
ma, soprattutto nelle sinagoghe elleniste, in
particolare, per la riflessione lunga e, si può
dire, dettagliata e significativa per chi non
conosce molto il Primo Testamento. Il testo
si divide in varie parti: il comportamento di
Dio con Abramo (7,2-8),con Giuseppe, (7,
9-16), con Mosé (7, 17-43), con il suo popolo
infedele equi inserisce lacune riflessioni
sulla costruzione del tempio) (7, 44- 50).
Infine Stefano denuncia le responsabilità del
popolo che non ha saputo vedere in Gesù il
Messia e il "Giusto” (7, 51- 53). La conclusione
della testimonianza di Stefano porta
all’obbligo di riscoprire Gesù come la
convergenza dell’azione di Dio e del cammino del
popolo d’Israele nella storia. Poiché una
delle accuse, che gli vengono fatte, riguarda il
tempio di Salomone e prima ancora, nel
deserto “la tenda della testimonianza" dove
il popolo d’Israele pone e garantisce la
presenza di Dio con il suo popolo, Stefano
rifiuta una presenza esclusiva e ricorda Isaia
(66,1- 2) " Così dice il Signore: «Il cielo è
il mio trono, la terra lo sgabello dei miei
piedi. Quale casa mi potreste costruire? In
quale luogo potrei fissare la dimora? 2Tutte
queste cose ha fatto la mia mano ed esse sono
mie – oracolo del Signore. Su chi volgerò lo
sguardo? Sull’umile e su chi ha lo spirito
contrito e su chi trema alla mia parola”.
Stefano, in particolare, vuole sviluppare la
memoria riguardante la vicenda di Mosé. Si
preoccupa, infatti, di ricordare che fu Mosé a
dire ai figli d'Israele: "Dio vi farà sorgere
un profeta tra i vostri fratelli, al pari di me"
(Deut 18,15). |
Prima lettera di san Paolo
apostolo ai Corinzi 2, 6-12 Fratelli, tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che
non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che
vengono ridotti al nulla. Parliamo invece della sapienza
di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio
ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria. Nessuno
dei dominatori di questo mondo l’ha conosciuta; se
l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore
della gloria. Ma, come sta scritto: / «Quelle cose che occhio
non vide, né orecchio udì, / né mai entrarono in cuore di
uomo, / Dio le ha preparate per coloro che lo amano». Ma a
noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito
infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio.
Chi infatti conosce i segreti dell’uomo se non lo spirito
dell’uomo che è inlui? Così anche i segreti di Dio nessuno
li ha mai conosciuti se non lo Spirito di Dio. Ora, noi
non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di
Dio per conoscere ciò che Dio ci ha donato. La
vera sapienza non è data a tutti ma a coloro che Dio ama. Essa
non si ottiene nello sfoggio di sottili ragionamenti come
fanno alcuni credenti, a Corinto, imitando i filosofi. E
credono così di dimostrare il valore della sapienza
cristiana. Paolo ha fatto sulla sua pelle l'esperienza della
ricerca della sapienza e, credendo nelle sue forze e nel
valore di una intelligente retorica, andando ad Atene, in
mezzo a persone di cultura, nell’areopago (il più antico
tribunale di Atene), ha tentato di proporre la fede di Gesù.
Inizialmente ha parlato della dignità di ogni essere umano
come Figlio di Dio, ha apprezzato il senso religioso che
sviluppa nel mondo greco un culto anche verso il Dio nascosto
e sconosciuto. Ma poi si è impegnato nell’annuncio di Gesù morto
e risorto. E, a questo punto, la curiosità e l'attenzione degli
ateniesi sono sfumate nella derisione e lo hanno abbandonato
(At 17,22-34).In tal modo Paolo giudica severamente le
persone che si vorrebbero comportare allo stesso modo,
fidando sui propri ragionamenti umani. La fede cristiana non
pone dimensioni irrazionali, certamente, ma orienta verso
scelte che vanno oltre il normale buon senso. Paolo ricorda
l'atteggiamento iniziale che ha portato nel cuore al primo
incontro con i Corinzi: "Mi sono presentato in debolezza e con
molto timore e trepidazione" (1Cor 2, 3-4). Ma il messaggio
da portare era ed è stupefacente. E’ necessario rivelare la
Sapienza di Dio, ricevuta per mezzo dello Spirito. Essa
manifesta i misteri di Dio (v. 10). La Sapienza è rimasta
nascosta, i dominatori non hanno potuto conoscerla (vv 7-8), "Ma
ora è stato consegnato il mistero taciuto per secoli eterni "
(Rom 16,25-26). Essa è l’invito e la garanzia della salvezza
universale, noto solo a Dio da tutta l'eternità, per una
umanità incapace di superare tutte le lacerazioni, le
divisioni, i razzismi. Questo mistero, legato al nome dello
Spirito, spinge a scoprire l'attenzione di Dio ad ogni
persona, a sentirlo Padre di ogni essere umano, ad avere
coscienza di essere fratelli e sorelle in una sola famiglia,
responsabili per ogni altro di una vita dignitosa e libera.
Paolo sta insistendo perché la nuova Sapienza cristiana sia
alla vigilia di una consapevolezza per tutto il mondo. Prima
di tutto siamo noi che dobbiamo maturare responsabilmente,
nel nostro cuore, il significato di ogni persona per Dio che
crea e per Gesù che ama fino alla morte. In questa lettura si
scopre il significato del Crocifisso che è la sapienza vera,
scandalo per i giudei e stoltezza per i pagani (1,18-25).. |
 |
 |
Interno del Cenacolo |
Giovanni 17, 1b-11
In quel
tempo. Il Signore Gesù, alzati gli occhi al cielo, disse: «Padre, è venuta
l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli
hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a
tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano
te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho
glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora,
Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di
te prima che il mondo fosse. Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi
hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati ame, ed essi hanno osservato
la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono
da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le
hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto
che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma
per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono
tue ,e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più
nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo,
custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola
cosa, come noi»
Siamo in cammino verso il Getsemani e Gesù continua a parlare con i suoi
discepoli con questo discorso che viene chiamato dell’“addio”, come se
fosse un testamento spirituale, gli ultimi avvertimenti, le ultime
raccomandazioni che vuole lasciare ai suoi. C’è sullo sfondo quella cena
così intensa e profonda in cui Gesù si è consegnato nell’Eucarestia;
incombe una tristezza malinconica per il prossimo distacco e per il
presagio di vicende tremende che coinvolgeranno di lì a poco tutti.
Gesù è preoccupato del messaggio fondamentale che i discepoli devono
ricordare e, per sottolineare l’importanza delle sue parole, si esprime sotto
forma di preghiera al Padre. E sono parole di vita, di vita eterna per tutti
coloro che gli sono stati affidati; di quella vita in pienezza, in
sovrabbondanza che il Vangelo di Giovanni continua a proporre come volontà
grande e bella di Dio per l’umanità. Qui Gesù sembra voler spiegare in
che cosa consista questa vita bella, eterna: nella conoscenza di Lui. Una
“conoscenza” pregnante, profonda, ineguagliabile, esattamente come quella
che lo lega indissolubilmente al Padre. Dobbiamo riferirci al
significato biblico di “conoscenza”: non si tratta di conoscenza
intellettuale o razionale, ma del rapporto profondo che si crea
nell’incontro, nell’amicizia, nell’amore. Questo rapporto non si rompe
nemmeno con la morte, perché attiene al mistero di ogni persona, che è
appunto sempre da conoscere, esattamente come Dio e “Colui che ha
mandato”, cioè Gesù. C’è un’altra espressione molto significativa in
questo brano: Gesù parla degli “uomini che Tu mi hai dato”. E’ bello
saperci affidati a Gesù dal Padre, sentirci nel suo cuore, nella sua vita,
anche e soprattutto in momenti cruciali che egli vive come dono per gli
altri. Non ci pensiamo mai, anche perché molto spesso ci lasciamo
sopraffare dalle tragedie che colpiscono sia i singoli che l’umanità e
dalla sensazione che il Signore sia lontano e non intervenga. C’è però
questa parola di Gesù: gli siamo stati affidati e Gesù prega -come dirà
poco più avanti- perché abbiano in se stessi ‘la pienezza della mia gioia’
(Gv 17,13).E’ un vangelo pasquale: parla di vita, di dono, di
affidamento, di preghiera di Gesù per noi, di gioia e di conoscenza.
Possiamo fidarci?
|