 GESU' CRISTO RE' DELL'UNIVERSO
8 NOVEMBRE 2015
Luca 23, 36-43
Riferimenti : Isaia 49, 1-7 - Salmo 21 - Filippesi 2, 5-11 |
Lodate il Signore, voi suoi fedeli, gli dia
gloria tutta la discendenza di Giacobbe, perché egli non ha
disprezzato né disdegnato l’afflizione del povero, il proprio
volto non gli ha nascosto ma ha ascoltato il suo grido di aiuto.
Ricorderanno e torneranno al Signore |
Isaia 49, 1-7 Ascoltatemi, o
isole, udite attentamente, nazioni lontane; il
Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino
dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio
nome. Ha reso la mia bocca come spada affilata,
mi ha nascosto all’ombra della sua mano, mi ha
reso freccia appuntita, mi ha riposto nella sua
faretra. Mi ha detto: «Mio servo tu sei,
Israele, sul quale manifesterò la mia gloria».
Io ho risposto: «Invano ho faticato, per nulla e
invano ho consumato le mie forze. Ma, certo, il
mio diritto è presso il Signore, la mia
ricompensa presso il mio Dio». Ora ha parlato il
Signore, che mi ha plasmato suo servo dal seno
materno per ricondurre a lui Giacobbe e a lui
riunire Israele – poiché ero stato onorato dal
Signore e Dio era stato la mia forza – e ha
detto: «È troppo poco che tu sia mio servo per
restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i
superstiti d’Israele. Io ti renderò luce delle
nazioni, perché porti la mia salvezza fino
all’estremità della terra». Così dice il
Signore, il redentore d’Israele, il suo Santo, a
colui che è disprezzato, rifiutato dalle
nazioni, schiavo dei potenti: «I re vedranno e
si alzeranno in piedi, i prìncipi si
prostreranno, a causa del Signore che è fedele,
del Santo d’Israele che ti ha scelto».
La speranza d'Israele poggia sulla forza di Dio
e sulla sua fedeltà, ma l'intervento di Dio è
posto sulle spalle di suoi "servi" che sono
stati mandati: fedeli, coraggiosi, tenaci,
consapevoli di ubbidire a Dio e di vivere nella
sua volontà poiché questo è stato il progetto
della loro vita: "Dal seno di mia madre mi hai
chiamato" e servi di Dio sono stati Mosè,
Samuele, Davide, i profeti e molti che si sono
messi a servizio del Signore. Ma poi il profeta
introduce un personaggio misterioso, detto
proprio "Servo di Jhwh", a cui ha consegnato una
parola forte, coraggiosa, tagliente e lo ha
scelto per raggiungere obiettivi di vita e di
gloria. L'esperienza, tuttavia, ha portato ad
un insuccesso. E' crollato ogni tentativo, si
sono esauriti tutti i progetti e tutte le
energie. Si è salvata solo la fiducia del Servo
di Dio e la fedeltà alla sua attesa. Il progetto
doveva unificare "i superstiti d'Israele",
coinvolgerli in un popolo fedele e coraggioso
che sapesse riconoscersi nella fedeltà al
Signore. E' stato tutto inutile. Eppure i
Signore non si è scoraggiato e ha richiamato il
suo servo a diventare "luce delle nazioni".
Tutto il mondo creato ha bisogno della speranza
e della salvezza che viene da Dio poiché tutto
il mondo è stato creato dal Signore e quindi
Egli sa di che cosa gli uomini e le donne hanno
bisogno. Questo è il messaggio che viene
riproposto "a colui che è disprezzato, rifiutato
dalle nazioni, schiavo dei potenti". Non
sappiamo che cosa l'autore biblico pensi quando
ha detto ed ha scritto questi testi (un profeta
anonimo che passa sotto il nome di "secondo
Isaia"). Poteva riferirsi ad un profeta
perseguitato che il Signore libera o poteva
richiamarsi ad Israele che, finalmente, si
orienta nella fedeltà dell'Alleanza, anche e
nonostante le persecuzioni e le oppressioni
subite. Certamente i cristiani, che rileggono
la Scrittura, vedono in questo testo una
profezia bellissima sul Messia Gesù e
ritraducono la fedeltà di Dio per mezzo suo e la
fedeltà di Gesù verso il Padre che ha amato e
ubbidito fino ad offrire la sua esistenza. |
Filippesi 2, 5-11 Fratelli,
abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur
essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio
l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione
di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto
riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente
fino alla morte e a una morte di
croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di
sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si
pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua
proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.
Paolo sta sperimentando un cammino impensabile solo pochi
decenni prima: egli sta operando nel nome di Gesù una
convergenza di popoli nella umanità intera. Giudei e pagani
(detti "gentili" da "le Genti") si ritrovano insieme,
riconciliati in Gesù e quindi in pace tra loro, con la stessa
dignità e la stessa figliolanza con Dio. Per un segno nella
carne (la circoncisione: l'espressione dell'Alleanza) che non
hanno, i Gentili sono stati esclusi dalla cittadinanza di
Israele e dalle promesse dell'Alleanza stessa. E questo ha tolto
loro l'accesso ai doni di Dio e quindi alla salvezza. Tra i due
popoli non c'era comunicazione, tanto che anche solo un semplice
passaggio di cortili del tempio, superando il muro di
separazione che divideva i circoncisi dai pagani, sarebbe stato
punito con la morte. "Eravate senza Cristo, esclusi dalla
cittadinanza d'Israele, estranei ai patti della promessa, senza
speranza e senza Dio nel mondo".Si parla di cittadinanza e di
patti della promessa. - La cittadinanza era un privilegio
politico molto importante: essa oltrepassava i confini
territoriali e Roma offriva, per meriti particolari,
cittadinanza romana anche a degli stranieri. Paolo era un
custode fiero e geloso della sua cittadinanza romana che lo
salvò molte volte da processi, linciaggi e prigioni. E sapeva
molto bene il valore di sentirsi, insieme, cittadini di un
popolo. - "I patti della promessa" si richiamano a fatti
operati dai Patriarchi e dal Popolo condotto da Mosè, escludendo
i pagani che sono cittadini di un mondo senza Dio, con idoli
muti che non comunicano la loro volontà né la loro salvezza.
Cristo ha fatto un popolo solo con il suo sangue e si è
sottoposto nella sua umanità ai precetti di quella medesima
legge fino a subirne la maledizione: "Cristo ci ha riscattati
dalla maledizione della Legge, diventando lui stesso maledizione
per noi, poiché sta scritto: Maledetto chi è appeso al legno,
perché in Cristo Gesù la benedizione di Abramo passasse ai
pagani e noi, mediante la fede, ricevessimo la promessa dello
Spirito (Gal3,13-14)". Così Gesù ha distrutto ogni inimicizia
tra Dio e gli uomini e negli uomini tra loro.
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Luca 23, 36-43 In quel tempo. Anche i soldati deridevano il
Signore Gesù, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu
sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta:
«Costui è il re dei Giudei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo
insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo
rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato
alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo
meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E
disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose:
«In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
Luca, nel suo racconto sul Calvario e la crocifissione, sintetizza alcuni
elementi fondamentali che, a suo parere, sviluppano tutti i messaggi di
novità e di rivoluzione che Gesù porta nei momenti conclusivi della sua vita
terrena. Al centro della scena c'è una scritta: "Costui è il re dei
giudei" (v 38). E' la sintesi della sentenza, dell'umiliazione e del
sarcasmo. E' l'infamia che rimanda alla frode, all'inganno, alla negazione e
alla derisione della vita di Gesù. E' il suo fallimento ed è la giusta
condanna che gli vogliono infliggere. "Il popolo stava a vedere" (v 35),
frastornato ed estraneo, poiché ciò che sta avvenendo è terribile e assurdo,
senza alcun significato comprensibile. Il popolo è disarmato poiché è colpito
nei suoi sentimenti più profondi e le sue sicurezze vacillano. Quest'uomo lo
hanno incontrato sulla propria strada. Lo hanno giudicato giusto, uno che ha
potere, colui che ha affrontato tutti, disarmato e lucido. Proprio quest'uomo
non può subire una tale sorte. Così ciò che avviene è come un sogno brutale e
impensabile. Ci sono i capi che deridono il crocifisso. Questi sanno
invece il valore di questi momenti. Erano stati scandalizzati dal Dio
misericordioso di Gesù, lo avevano contrastato in ogni modo. Ora hanno messo
alla prova questo suo Dio con un atto terribile ed un giudizio di condanna.
Se Cristo ha operato con giustizia, Dio non sopporta un delitto così
mostruoso. In fondo la loro lotta è con Dio. Ed hanno vinto. Ne sono sicuri.
"Non è il Cristo di Dio, l'eletto" se non sa sottrarsi al giudizio, se non sa
salvarsi, se Dio non viene a salvarlo. I soldati sono carne da macello,
impegnati in un mestiere violento, lontani dalle loro famiglie per
guadagnarsi una paga per campare, buttati in una realtà assolutamente diversa
dal loro mondo, diversa per cultura, tradizioni, religione e rispetto.
L'unica loro garanzia sono il vivere la violenza e incutere paura. In questo
caso è scattato un criterio che li coinvolge: quello di avere per le mani un
re. Di potere e di regalità se ne intendono. Così si divertono e deridono
Gesù mentre gli danno dell'aceto. Lo dissetano con quella schifosa bevanda
che spesso bevono anche loro. Di regale non c'è nulla poiché questo re non ha
un seguito, un esercito o almeno un drappello di guardie e tutti gli sono
contro. Il cartello della regalità è una solenne menzogna che li diverte: non
è mai capitato a loro un tale processo, un tale imputato, un tale
delinquente, un tale poveraccio, un tale credente. In contrapposizione a
tutto questo, non c'è nessuno che prenda le difese. Risuona solo una parola
che è preghiera fiduciosa e filiale. "Gesù diceva: «Padre, perdona loro
perché non sanno quello che fanno»". Nel caos e nella tragedia è chiamato
Dio come Padre per perdonare. Così il condannato non prega per essere salvato
ma chiede al Padre che i suoi crocifissori siano salvati. Assurdità e pazzia.
Ma la parola di Gesù è l'unica preghiera al Padre che si alza da questo luogo
di maledizione e rimane come una sentenza di misericordia nel mondo. Anche
coloro che sono condannati con Gesù reagiscono a questo processo di
annientamento. Uno insulta questo re senza potere che non salva sé né i
malcapitati con lui in una solidarietà di sfida contro l'autorità. L'altro
condannato apre un orizzonte insospettato di speranza. Anch'egli rilegge il
cartello obbrobrioso, scandaloso, infamante, e scopre un significato
terribilmente nuovo, carico di speranza. Gesù sta costruendo un nuovo
regno e sta entrando in un mondo nuovo, dove il potere è nelle mani del Padre
che Gesù ama. E sente anche che il Padre è presente in questo momento,
inconcepibile, di crimine e di peccato. Gesù sta ricuperando per il mondo il
perdono dalla generosa mano di Dio e solo questo crocifisso, accanto a Gesù,
lo sa. E' il mistero che il buon ladrone dipana perché lucidamente apre
gli occhi e il cuore al giusto e non giudica con i propri schemi, con le
ideologie ereditate, con gl'interessi di parte, ma guarda, ascolta e ricorda,
probabilmente, notizie e discorsi di questo maestro che sono corsi di bocca
in bocca. Non sappiamo il motivo della sua condanna a morte. Probabilmente è
uno degli oppositori accaniti contro l'esercito romano, un ribelle che ha
sentito dire da parte di Gesù:"Amate i vostri nemici". Ed oggi sta
sperimentando, lui stesso, il significato di questa parola, che Gesù ha
predicato e che gli sembrava assurda. Ora, proprio Gesù la sta vivendo,
intercedendo presso il Padre. Si accorge che gli sta offrendo il vero
significato di re nel mondo. Egli è il vero pacificatore e salvatore di ogni
realtà e si fida di lui. Non sa che cosa chiedere. Implora solo un ricordo,
un pensiero di presenza, una intercessione: "Ricordati di me". Gesù
esprime la sua regalità sconcertante in questo momento. Nessuno l'ha ancora
interpretata, eppure è vera, garantita. "In verità, in verità ti dico". Un
regno c'è e un re sta per entrarvi trionfalmente poiché il Padre lo aspetta
con tutto l'amore che porta e con tutti coloro che Gesù ha raccolto nel suo
cammino terreno e che raccoglierà. Non c'è solo un ricordo, ma una
ospitalità. La riflessione della Comunità cristiana si piega su questa
esperienza di Gesù, che è sempre sconcertante, e capisce ogni giorno che il
significato della regalità di Gesù deve essere continuamente scoperto. La
Chiesa è serva e non padrona, offre e non pretende, ama e sostiene. La Chiesa
deve fare opera di pace, giocandosi in ciò che è e ciò che fa. La Chiesa sta
dalle parti del povero, del rifiutato, dello sprovveduto e ricostruisce un
mondo dove sia veramente riconosciuta la dignità di ciascuno e dove la parola
"fraternità" diventi un progetto da ricostruire ogni giorno.
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