
III Domenica
di Ottobre DEDICAZIONE DEL DUOMO DI
MILANO
18.10.2015
Giovanni 10, 22-30
Riferimenti : Isaia 26, 1-2. 4.
7-8; 54, 12-14a - SALMO 67 - Prima lettera ai Corinzi 3, 9-17 |
Appare il tuo corteo, Dio, il corteo del mio
Dio, del mio re, nel santuario. Precedono i cantori, seguono i
suonatori di cetra, insieme a fanciulle che suonano tamburelli.
«Benedite Dio nelle vostre assemblee, benedite il Signore, voi
della comunità d’Israele». Mostra, o Dio, la tua forza,
conferma, o Dio, quanto hai fatto per noi! Per il tuo tempio, in
Gerusalemme, i re ti porteranno doni. Regni della terra, cantate
a Dio, cantate inni al Signore |
Isaia 26, 1-2. 4. 7-8; 54, 12-14a
In quel giorno si canterà questo canto nella
terra di Giuda: «Abbiamo una città forte; / mura
e bastioni egli ha posto a salvezza. / Aprite le
porte: / entri una nazione giusta, / che si
mantiene fedele. / Confidate nel Signore sempre,
/ perché il Signore è una roccia eterna. / Il
sentiero del giusto è diritto, / il cammino del
giusto tu rendi piano. / Sì, sul sentiero dei
tuoi giudizi, / Signore, noi speriamo in te; /
al tuo nome e al tuo ricordo / si volge tutto il
nostro desiderio. / Farò di rubini la tua
merlatura, / le tue porte saranno di berilli, /
tutta la tua cinta sarà di pietre preziose. /
Tutti i tuoi figli saranno discepoli del
Signore, / grande sarà la prosperità dei tuoi
figli; / sarai fondata sulla giustizia».
La nostalgia di poter cantare per Gerusalemme
liberata e splendente è sempre stato il sogno di
ogni ebreo e il testo suggerisce il canto dei
liberati dalla schiavitù. La speranza infatti si
sta profilando per quelli che ancora sono
deportati in Babilonia. Il testo fa riferimento
al sec. VI a.C. e quindi non è del primo Isaia
che vive nel secolo VIII, al tempo della potenza
Assira che conquista il regno di Samaria, ma è
del secondo Isaia. L'elemento di garanzia
della propria salvezza è rappresentata dalla
"città forte" con "mura e bastioni" potenti, che
difendono la potenza e la libertà del popolo di
Dio. Il riferimento alle mura è indispensabile
per la sicurezza della città, poiché assicura la
pace e tiene lontane le bande dei briganti e le
scorrerie dei nemici. Il ritorno da Babilonia
pone subito il problema del ricostruire le mura
e il tempio: due realtà fondamentali per la pace
e la sicurezza. E nonostante la povertà e la
debolezza di un popolo che torna povero e senza
risorse, avvengono episodi di generosità e di
costanza inimmaginabile per cui coloro che sono
tornati riescono, in poco tempo, a circondarsi
di mura. Non a caso, poi, le stesse mura, nel
breve testo successivo, tratto dal capitolo
54,12-14, rappresentano la saldezza, la
stabilità e la profusione di bellezza che
riempiono di orgoglio il popolo costruttore.
Così, impreziosite di pietre preziose, perdono
la loro fisionomia di materia opaca, e si
trasfigurano nella bellezza di Gerusalemme e
quindi nello splendore della Sposa di Dio,
santa, madre, accolta nell'Alleanza, glorificata
poiché preziosa nelle mani dell'Altissimo.
Proprio questa garanzia di protezione rimanda
alla convinzione profonda di essere nella
fiducia in Dio che è saldo: "Dio è la roccia
eterna" ed esprime la preziosità del proprio
lavoro, segno di sicurezza e di alleanza con
Dio. Ma tutto questo si compie solo se "i figli
sono discepoli del Signore". Allora Gerusalemme
sarà fondata sulla giustizia e lontana
dall'oppressione
|
Prima lettera ai Corinzi 3, 9-17
Fratelli, siamo collaboratori di Dio, e voi siete campo di Dio,
edificio di Dio. Secondo la grazia di Dio che mi è stata data,
come un saggio architetto io ho posto il fondamento; un altro
poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento a come
costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da
quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo. E se, sopra
questo fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre
preziose, legno, fieno, paglia, l’opera di ciascuno sarà ben
visibile: infatti quel giorno la farà conoscere, perché con il
fuoco si manifesterà, e il fuoco proverà la qualità dell’opera
di ciascuno. Se l’opera, che uno costruì sul fondamento,
resisterà, costui ne riceverà una ricompensa. Ma se l’opera di
qualcuno finirà bruciata, quello sarà punito; tuttavia egli si
salverà, però quasi passando attraverso il fuoco. Non sapete che
siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno
distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è
il tempio di Dio, che siete voi. Paolo ha
sperimentato, nella sua predicazione e nella sua missione, la
fragilità di speranze legate al sogno di piegare alla fede la
sapienza greca con il suo intervento all'areopago di Atene;
nella sconfitta capisce anche di dover ripensare ai valori di
proposta e al fondamento della sua stessa predicazione. Vera
sapienza non sono le parole che conquistano consenso, ma il
mistero di Cristo che esprime il progetto di Dio per noi. Paolo
ha sperimentato le divisioni nella piccola comunità e le
selezioni avvenute tra credenti, dietro vari personaggi che
avevano operato nella Comunità, manifestando caratteri e qualità
particolari. Essi, dice Paolo, hanno lavorato nella comunità
cristiana ma non sono padroni: sono solo servi: "Apollo, Paolo,
Cefa (Pietro)". Se pure hanno collaborato con il Signore, solo
il Signore fa veramente crescere. Gli altri, i ministri,
piantano, irrigano (v.7). Paolo, con molta chiarezza, si sottrae
a forme di prevaricazione o di partigianeria e insiste: "Siamo
solo collaboratori di Dio, e voi siete campo di Dio, edificio di
Dio"(v.9). Paolo si preoccupa di richiamare i collaboratori e i
predicatori nella Comunità a non cadere in due possibili errori.
Edificare la comunità su fondamenti diversi da quello che è Gesù
(v 11) e costruire con materiale scadente. "Legno, fieno e
paglia" sono materiali che si impiegano per le case dei poveri e
facilmente si deteriorano e si consumano, a differenza delle
costruzioni solide dei ricchi, dove si utilizza materiale
pregevole ("oro, argento, pietre preziose"). La Chiesa è fatta
da operatori visibili: il missionario che serve e i credenti che
ascoltano e accolgono. Ma la coscienza della Chiesa è
chiaramente convinta che è Dio che fa crescere, che rende
fecondo il mondo e le persone ed è Lui che porta frutto e
novità. Gli esempi sono tratti dai lavori usuali
dell'agricoltura e dell'edilizia. Paolo dice che i momenti di
crisi e di giudizio e i tempi oscuri della storia trasformano
col fuoco tutta la realtà. Essa viene saggiata e quindi brucia e
si consuma, manifestando quello che mantiene una propria
consistenza. Il linguaggio è il linguaggio apocalittico dei
profeti ed esprime i tempi del cambiamento e della verifica come
i tempi della tragedia e del fuoco dove resiste solo ciò che ha
consistenza. Coloro che hanno operato si salveranno, ma vedranno
la propria opera dissolversi come mediante il fuoco, se non
avranno avuto fondamento solido e materiale valido. Paolo (v
16), dopo aver accennato alla responsabilità dei ministri, passa
a parlare della responsabilità dei cristiani nella loro comunità
I cristiani sono tempio di Dio e dello Spirito Santo (6,19). La
parabola sulla costruzione dell'edificio, utilizzata con i
predicatori, continua nell'immagine di una costruzione che, per
forza di cose, riporta all'immagine del Tempio, la casa di Dio
in Gerusalemme. Come Dio è stato geloso della santità del suo
tempio, così ora lo è del nuovo tempio, edificato su Gesù. Siamo
riportati al valore di una presenza, non più nascosta nella
cella del "Santo dei santi" del tempio, ma abitante nella carne
e nella vita dei credenti. Si può sbagliare e, tuttavia, Dio
salva pur passando attraverso il fuoco. Non si può però
pretendere di distruggere il tempio di Dio poiché "Dio
distruggerà lui"(v 17) |
Giovanni 10, 22-30 In quel tempo. Ricorreva a
Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno. Gesù camminava nel
tempio, nel portico di Salomone. Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli
dicevano: «Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo,
dillo a noi apertamente». Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete;
le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di
me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore
ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita
eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia
mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può
strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».
La festa della dedicazione del tempio di Gerusalemme ricorreva a metà
dicembre. Con tale solennità i giudei celebravano l'anniversario della
purificazione del tempio operata da Giuda Maccabeo (cfr 1Mac 4,36-59; 2Mac
10,1-8). I giudei mascherano la loro intenzione ipocrita, dichiarando di
avere l'animo sospeso; fingono di avere il desiderio sincero di conoscere la
verità. Gesù risponde richiamando le sue precedenti dichiarazioni, dalle
quali potevano dedurre facilmente la sua messianicità. Egli, per invitare
ancora una volta i suoi avversari alla fede, fa appello alla testimonianza
delle sue opere straordinarie compiute nel nome del Padre: esse sono la
garanzia divina della sua messianicità. I giudei non accettano la
testimonianza divina delle opere compiute da Gesù perché non sono pecore di
Cristo: le pecore di Cristo ascoltano la sua voce, i giudei invece non
credono. Le pecore di Gesù si trovano in mani sicure, perché sono custodite
con cura dal Padre e dal Figlio, queste due persone che vivono in comunione e
in intimità perfetta, come dice Gesù: "Io e il Padre siamo una cosa sola"
(v.30). Le parole di Gesù, di essere una cosa sola con Dio, si rivelano
scandalose agli orecchi degli increduli giudei. In questo testo Giovanni pone
sulla bocca di Gesù tre affermazioni che mettono in risalto l'identità delle
pecore e le loro caratteristiche in rapporto a Cristo: ascoltano la sua voce,
lo seguono e non periranno mai. La qualità fondamentale di chi è aperto alla
fede è anzitutto l'ascolto: "Chi ascolta la mia parola e crede in colui che
mi ha mandato ha la vita eterna" (Gv 5,24). Chi ascolta il Maestro ha la vita
e diventa suo confidente. E a sua volta è conosciuto da lui con una unione
personale e profonda che si concretizza nell'amore (Gv 10,4). Ma l'ascolto
implica il seguire Gesù, ed è azione e impegno. Chi si fida di Gesù, che "ha
parole di vita eterna" (Gv 6,68), gode dei beni messianici e porta frutti di
vita duratura (Gv 10,10-15; 14,6). Inoltre chi lo segue sarà custodito da lui
(Gv 17,12), nessun ladro lo potrà rapire e nessuna prova o persecuzione lo
vincerà perché Gesù, cosciente della sua missione, lo custodisce e lo
preserva dai pericoli nella sicurezza e nella pace. Solo chi appartiene al
gregge di Cristo riconosce nella sua parola la qualità di Messia e di buon
Pastore, che agisce a nome del Padre, in unità di azione e di amore. Il
credente, a differenza di colui che non è delle pecore di Cristo, sente
vicino nella sua vita il Signore che gli dà sicurezza, perché in lui vede il
Padre che gli dona la vita eterna, che è conoscenza del Padre e del Figlio (Gv
6,40; 17,3.22).
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