
XI DOMENICA DOPO PENTECOSTE
5 agosto 2018
Matteo 21, 33-46
Riferimenti : primo libro dei Re 18, 16b-40a -
Salmo 15 - Romani 11, 1-15 |
Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio. Ho detto al
Signore: «Il mio Signore sei tu, solo in te è il mio bene».
Moltiplicano le loro pene quelli che corrono dietro a un dio
straniero. Io non spanderò le loro libagioni di sangue, né
pronuncerò con le mie labbra i loro nomi. |
primo libro dei Re 18, 16b-40a In
quei giorni. Acab si diresse verso Elia. Appena
lo vide, Acab disse a Elia: «Sei tu colui che
manda in rovina Israele?». Egli rispose: «Non io
mando in rovina Israele, ma piuttosto tu e la
tua casa, perché avete abbandonato i comandi del
Signore e tu hai seguito i Baal. Perciò fa’
radunare tutto Israele presso di me sul monte
Carmelo, insieme con i quattrocentocinquanta
profeti di Baal e con i quattrocento profeti di
Asera, che mangiano alla tavola di Gezabele».
Acab convocò tutti gli Israeliti e radunò i
profeti sul monte Carmelo. Elia si accostò a
tutto il popolo e disse: «Fino a quando
salterete da una parte all’altra? Se il Signore
è Dio, seguitelo! Se invece lo è Baal, seguite
lui!». Il popolo non gli rispose nulla. Elia
disse ancora al popolo: «Io sono rimasto solo,
come profeta del Signore, mentre i profeti di
Baal sono quattrocentocinquanta. Ci vengano dati
due giovenchi; essi se ne scelgano uno, lo
squartino e lo pongano sulla legna senza
appiccarvi il fuoco. Io preparerò l’altro
giovenco e lo porrò sulla legna senza appiccarvi
il fuoco. Invocherete il nome del vostro dio e
io invocherò il nome del Signore. Il dio che
risponderà col fuoco è Dio!». Tutto il popolo
rispose: «La proposta è buona!». Elia disse ai
profeti di Baal: «Sceglietevi il giovenco e fate
voi per primi, perché voi siete più numerosi.
Invocate il nome del vostro dio, ma senza
appiccare il fuoco». Quelli presero il giovenco
che spettava loro, lo prepararono e invocarono
il nome di Baal dal mattino fino a mezzogiorno,
gridando: «Baal, rispondici!». Ma non vi fu
voce, né chi rispondesse. Quelli continuavano a
saltellare da una parte all’altra intorno
all’altare che avevano eretto. Venuto
mezzogiorno, Elia cominciò a beffarsi di loro
dicendo: «Gridate a gran voce, perché è un dio!
È occupato, è in affari o è in viaggio; forse
dorme, ma si sveglierà». Gridarono a gran voce e
si fecero incisioni, secondo il loro costume,
con spade e lance, fino a bagnarsi tutti di
sangue. Passato il mezzogiorno, quelli ancora
agirono da profeti fino al momento dell’offerta
del sacrificio, ma non vi fu né voce né risposta
né un segno d’attenzione. Elia disse a tutto il
popolo: «Avvicinatevi a me!». Tutto il popolo si
avvicinò a lui e riparò l’altare del Signore che
era stato demolito. Elia prese dodici pietre,
secondo il numero delle tribù dei figli di
Giacobbe, al quale era stata rivolta questa
parola del Signore: «Israele sarà il tuo nome».
Con le pietre eresse un altare nel nome del
Signore; scavò intorno all’altare un canaletto,
della capacità di circa due sea di seme. Dispose
la legna, squartò il giovenco e lo pose sulla
legna. Quindi disse: «Riempite quattro anfore
d’acqua e versatele sull’olocausto e sulla
legna!». Ed essi lo fecero. Egli disse: «Fatelo
di nuovo!». Ed essi ripeterono il gesto. Disse
ancora: «Fatelo per la terza volta!». Lo fecero
per la terza volta. L’acqua scorreva intorno
all’altare; anche il canaletto si riempì
d’acqua. Al momento dell’offerta del sacrificio
si avvicinò il profeta Elia e disse: «Signore,
Dio di Abramo, di Isacco e d’Israele, oggi si
sappia che tu sei Dio in Israele e che io sono
tuo servo e che ho fatto tutte queste cose sulla
tua parola. Rispondimi, Signore, rispondimi, e
questo popolo sappia che tu, o Signore, sei Dio
e che converti il loro cuore!». Cadde il fuoco
del Signore e consumò l’olocausto, la legna, le
pietre e la cenere, prosciugando l’acqua del
canaletto. A tal vista, tutto il popolo cadde
con la faccia a terra e disse: «Il Signore è
Dio! Il Signore è Dio!». Elia disse loro:
«Afferrate i profeti di Baal; non ne scappi
neppure uno!». Il Signore manda
alcuni messaggi ad Elia che è rimasto solo in
Israele ad onorare pubblicamente il Dio
d'Israele mentre, se non è scomparsa la fede nel
popolo, tutti sono impauriti per la persecuzione
pesante che il re e la regina sviluppano e per
l'uccisione dei profeti che onorano Dio. Tra
coloro che ancora fattivamente adorano Dio c'è
Abdia, il maggiordomo del re Acab, che "teme il
Signore". Poiché è un uomo di molte risorse, è
riuscito a nascondere in alcune grotte almeno
100 profeti di fede genuina e li alimenta in
incognito, con pane ed acqua, in un periodo in
cui una grande siccità sta divorando il lavoro
ed i magri raccolti da almeno da tre anni. Tutta
questa sofferenza e questa miseria, che si
moltiplicano, mettono in grande crisi il
territorio e rendono furiosa l'autorità poiché
si è sparsa la certezza che tale siccità viene
da Dio ed Elia ne è responsabile. Finora Elia è
fuggito, pur inseguito dalle forze militari del
re che non l'hanno saputo incontrare. Ora Elia
stesso, attraverso Abdia, si fa annunciare ad
Acab e propone quello che poi sarebbe stato
detto un "giudizio di Dio". Così la sfida
davanti al popolo, pure impaurito, dà però al
profeta coraggioso il salvacondotto per poter
svolgere la prova. Sono previsti, in pratica, i
due sacrifici fondamentali che si celebrano in
Israele. Quello del mattino viene desiderato dai
sacerdoti di Baal. E tutta l'impetrazione si
allunga ben oltre il mezzogiorno. L'offerta del
pomeriggio viene lasciata ad Elia. |
Romani 11, 1-15 Fratelli, io
domando: Dio ha forse ripudiato il suo popolo? Impossibile!
Anch’io infatti sono Israelita, della discendenza di Abramo,
della tribù di Beniamino. «Dio non ha ripudiato il suo popolo»,
che egli ha scelto fin da principio. Non sapete ciò che dice la
Scrittura, nel passo in cui Elia ricorre a Dio contro Israele?
Signore, «hanno ucciso i tuoi profeti, hanno rovesciato i tuoi
altari, sono rimasto solo e ora vogliono la mia vita». Che cosa
gli risponde però la voce divina? «Mi sono riservato settemila
uomini, che non hanno piegato il ginocchio davanti a Baal». Così
anche nel tempo presente vi è un resto, secondo una scelta fatta
per grazia. E se lo è per grazia, non lo è per le opere;
altrimenti la grazia non sarebbe più grazia. Che dire dunque?
Israele non ha ottenuto quello che cercava; lo hanno ottenuto
invece gli eletti. Gli altri invece sono stati resi ostinati,
come sta scritto: / «Dio ha dato loro uno spirito di torpore, /
occhi per non vedere / e orecchi per non sentire, / fino al
giorno d’oggi». / E Davide dice: / «Diventi la loro mensa un
laccio, un tranello, / un inciampo e un giusto castigo! / Siano
accecati i loro occhi in modo che non vedano / e fa’ loro
curvare la schiena per sempre!». Ora io dico: forse inciamparono
per cadere per sempre? / Certamente no. Ma a causa della loro
caduta la salvezza è giunta alle genti, per suscitare la loro
gelosia. Se la loro caduta è stata ricchezza per il mondo e il
loro fallimento ricchezza per le genti, quanto più la loro
totalità! A voi, genti, ecco che cosa dico: come apostolo delle
genti, io faccio onore al mio ministero, nella speranza di
suscitare la gelosia di quelli del mio sangue e di salvarne
alcuni. Se infatti il loro essere rifiutati è stata una
riconciliazione del mondo, che cosa sarà la loro riammissione se
non una vita dai morti?
Gesù è nel tempio
(v 21,23) e sta insegnando. Arrivano anche i sommi sacerdoti,
gli anziani del popolo, le autorità religiose. Ritengono di
avere il diritto di interpellare Gesù poiché custodi della
legge. E Gesù sta insegnando nel tempio, come un maestro della
legge. "Con quale autorità fai questo?". Gesù non rifiuta di
rispondere. Chiede solo a loro che prima essi diano un giudizio
sul battesimo di Giovanni il Battista. In fondo Gesù ha posto
questa domanda poiché la loro risposta vuole essere una verifica
della loro serietà di ricerca. Anche le autorità religiose
intuiscono il significato della domanda di Gesù e rifiutano.
Proprio i responsabili della legge rispondono:"Non lo sappiamo".
Gesù, di rimando: "Neanche io vi dico con quale autorità faccio
queste cose". Ma Gesù aggiunge due parabole, ambedue legate
all'immagine della vigna, che coinvolge insieme la loro e la sua
posizione. La prima parabola (non riportata in questa liturgia)
parla di due figli a cui il padre chiede di andare a lavorare
nella vigna. Uno risponde di si, e non ci va; l'altro risponde
di no e poi ci va. Gesù pone la domanda: "Chi ha compiuto la
volontà del padre?" e non: "Chi è stato rispettoso con il padre?
La seconda parabola si rifà ad un celebre canto della vigna del
profeta Isaia (5,1-7). Il profeta ricorda che c'è un grave
conflitto tra la vigna che rifiuta di dare un frutto dolce e
maturo, e il padrone che, personalmente, ha sviluppato un lavoro
coscienzioso per lungo tempo: "(Il padrone) aspettò che
producesse uva, ma essa fece uva selvatica". Il Padrone è Dio e
la vigna è il popolo d'Israele. Qui Gesù cambia gl'interlocutori
del processo. Non è più la vigna che deve giustificarsi ma sono
i lavoratori che si rifiutano di rendere conto del lavoro fatto.
Possono essere ingordi, possono aver sperperato tutto, possono
non aver lavorato. Non si fa un problema del valore del
prodotto, ma del riconoscere il diritto del padrone sulla sua
vigna. Al tempo della vendemmia il padrone manda i suoi servi (i
profeti) in due invii successivi (potrebbero identificarsi
quelli viventi prima e dopo l'esilio di Babilonia).
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Matteo
21, 33-46 In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Ascoltate un’altra
parabola: c’era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La
circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre.
La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Quando arrivò il
tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il
raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo
uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi
dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio
figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il
figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la
sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la
vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù
disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: / “La pietra che i
costruttori hanno scartato / è diventata la pietra d’angolo; / questo è stato
fatto dal Signore / ed è una meraviglia ai nostri occhi”? Perciò io vi dico:
a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i
frutti. Chi cadrà sopra questa pietra si sfracellerà; e colui sul quale essa
cadrà, verrà stritolato». Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i
farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero
paura della folla, perché lo considerava un profeta. Gesù è
nel tempio (v 21,23) e sta insegnando. Arrivano anche i sommi sacerdoti, gli
anziani del popolo, le autorità religiose. Ritengono di avere il diritto di
interpellare Gesù poiché custodi della legge. E Gesù sta insegnando nel
tempio, come un maestro della legge. "Con quale autorità fai questo?". Gesù
non rifiuta di rispondere. Chiede solo a loro che prima essi diano un
giudizio sul battesimo di Giovanni il Battista. In fondo Gesù ha posto questa
domanda poiché la loro risposta vuole essere una verifica della loro serietà
di ricerca. Anche le autorità religiose intuiscono il significato della
domanda di Gesù e rifiutano. Proprio i responsabili della legge
rispondono:"Non lo sappiamo". Gesù, di rimando: "Neanche io vi dico con quale
autorità faccio queste cose". Ma Gesù aggiunge due parabole, ambedue legate
all'immagine della vigna, che coinvolge insieme la loro e la sua posizione.
La prima parabola (non riportata in questa liturgia) parla di due figli a cui
il padre chiede di andare a lavorare nella vigna. Uno risponde di si, e non
ci va; l'altro risponde di no e poi ci va. Gesù pone la domanda: "Chi ha
compiuto la volontà del padre?" e non: "Chi è stato rispettoso con il padre?
La seconda parabola si rifà ad un celebre canto della vigna del profeta Isaia
(5,1-7). Il profeta ricorda che c'è un grave conflitto tra la vigna che
rifiuta di dare un frutto dolce e maturo, e il padrone che, personalmente, ha
sviluppato un lavoro coscienzioso per lungo tempo: "(Il padrone) aspettò che
producesse uva, ma essa fece uva selvatica". Il Padrone è Dio e la vigna è il
popolo d'Israele. Qui Gesù cambia gl'interlocutori del processo. Non è più la
vigna che deve giustificarsi ma sono i lavoratori che si rifiutano di rendere
conto del lavoro fatto. Possono essere ingordi, possono aver sperperato
tutto, possono non aver lavorato. Non si fa un problema del valore del
prodotto, ma del riconoscere il diritto del padrone sulla sua vigna. Al tempo
della vendemmia il padrone manda i suoi servi (i profeti) in due invii
successivi (potrebbero identificarsi quelli viventi prima e dopo l'esilio di
Babilonia). |