
V domenica di Pasqua
29 aprile 2018
Giovanni 17, 1b-11
Atti degli Apostoli 7, 2-8. 11-12a. 17. 20-22. 30-34. 36-42a.
44-48a. 51-54 Salmo 117 - Prima lettera ai Corinzi 2,
6-12 |
Rendete grazie al Signore perché è buono, perché
il suo amore è per sempre. Dica Israele: «Il suo amore è per
sempre». Dica la casa di Aronne: «Il suo amore è per sempre».
Dicano quelli che temono il Signore: «Il suo amore è per
sempre». |
Atti degli Apostoli
In quei giorni. Stefano rispose: «Fratelli e padri,
ascoltate: il Dio della gloria apparve al nostro
padre Abramo quando era in Mesopotamia, prima
che si stabilisse in Carran, e gli disse: “Esci
dalla tua terra e dalla tua gente e vieni nella
terra che io ti indicherò”. Allora, uscito dalla
terra dei Caldei, si stabilì in Carran; di là,
dopo la morte di suo padre, Dio lo fece emigrare
in questa terra dove voi ora abitate. In essa
non gli diede alcuna proprietà, neppure quanto
l’orma di un piede e, sebbene non avesse figli,
promise “di darla in possesso a lui e alla sua
discendenza dopo di lui”. Poi Dio parlò così:
“La sua discendenza vivrà da straniera in terra
altrui, tenuta in schiavitù e oppressione per
quattrocento anni. Ma la nazione di cui saranno
schiavi, io la giudicherò – disse Dio – e dopo
ciò usciranno” e mi adoreranno in questo luogo.
E gli diede l’alleanza della circoncisione. E
così Abramo generò Isacco e lo circoncise
l’ottavo giorno e Isacco generò Giacobbe e
Giacobbe i dodici patriarchi. Su tutto l’Egitto
e su Canaan vennero carestia e grande
tribolazione e i nostri padri non trovavano da
mangiare. Giacobbe, avendo udito che in Egitto
c’era del cibo, vi inviò i nostri padri. Mentre
si avvicinava il tempo della promessa fatta da
Dio ad Abramo, il popolo crebbe e si moltiplicò
in Egitto. In quel tempo nacque Mosè, ed era
molto bello. Fu allevato per tre mesi nella casa
paterna e, quando fu abbandonato, lo raccolse la
figlia del faraone e lo allevò come suo figlio.
Così Mosè venne educato in tutta la sapienza
degli Egiziani ed era potente in parole e in
opere. Passati quarant’anni, gli apparve nel
deserto del monte Sinai un angelo, in mezzo alla
fiamma di un roveto ardente. Mosè rimase stupito
di questa visione e, mentre si avvicinava per
vedere meglio, venne la voce del Signore: “Io
sono il Dio dei tuoi padri, il Dio di Abramo, di
Isacco e di Giacobbe”. Tutto tremante, Mosè non
osava guardare. Allora il Signore gli disse:
“Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo in
cui stai è terra santa. Ho visto i
maltrattamenti fatti al mio popolo in Egitto, ho
udito il loro gemito e sono sceso a liberarli.
Ora vieni, io ti mando in Egitto”. Egli li fece
uscire, compiendo prodigi e segni nella terra
d’Egitto, nel Mar Rosso e nel deserto per
quarant’anni. Egli è quel Mosè che disse ai
figli d’Israele: “Dio farà sorgere per voi, dai
vostri fratelli, un profeta come me”. Egli è
colui che, mentre erano radunati nel deserto, fu
mediatore tra l’angelo, che gli parlava sul
monte Sinai, e i nostri padri; egli ricevette
parole di vita da trasmettere a noi. Ma i nostri
padri non vollero dargli ascolto, anzi lo
respinsero e in cuor loro si volsero verso
l’Egitto, dicendo ad Aronne: “Fa’ per noi degli
dèi che camminino davanti a noi, perché a questo
Mosè, che ci condusse fuori dalla terra
d’Egitto, non sappiamo che cosa sia accaduto”. E
in quei giorni fabbricarono un vitello e
offrirono un sacrificio all’idolo e si
rallegrarono per l’opera delle loro mani. Ma Dio
si allontanò da loro e li abbandonò al culto
degli astri del cielo. Nel deserto i nostri
padri avevano la tenda della testimonianza, come
colui che parlava a Mosè aveva ordinato di
costruirla secondo il modello che aveva visto. E
dopo averla ricevuta, i nostri padri con Giosuè
la portarono con sé nel territorio delle nazioni
che Dio scacciò davanti a loro, fino ai tempi di
Davide. Costui trovò grazia dinanzi a Dio e
domandò di poter trovare una dimora per la casa
di Giacobbe; ma fu Salomone che gli costruì una
casa. L’Altissimo tuttavia non abita in
costruzioni fatte da mano d’uomo. Testardi e
incirconcisi nel cuore e nelle orecchie, voi
opponete sempre resistenza allo Spirito Santo.
Come i vostri padri, così siete anche voi. Quale
dei profeti i vostri padri non hanno
perseguitato? Essi uccisero quelli che
preannunciavano la venuta del Giusto, del quale
voi ora siete diventati traditori e uccisori,
voi che avete ricevuto la Legge mediante ordini
dati dagli angeli e non l’avete osservata».
All’udire queste cose, erano furibondi in cuor
loro e digrignavano i denti contro Stefano.
Stefano, uno dei sette scelti
dalla comunità per il servizio alle mense, si
dimostra un credente adulto e appassionato che,
insieme agli apostoli, a Gerusalemme, compie
"prodigi davanti al popolo" e imposta una
riflessione assolutamente nuova agli orecchi
degli ebrei credenti. Egli mette al centro Gesù
come valore di pienezza a cui orientare la
propria vita. Verso Gesù si sono orientati anche
Mosé e i profeti (6,8). E se alcuni "si alzarono
a discutere con Stefano, non riuscivano a
resistere alla sapienza e allo Spirito con cui
egli parlava" (6,9-10). Una sommossa tra gli
ebrei colti, con una raffica di false
testimonianze, lo accusano come provocatore
contro l'ebraismo, riuscendo, in tal modo, a
portare Stefano davanti al sommo sacerdote per
essere giudicato. E poiché viene chiesto a
Stefano di giustificarsi su tutto quello di cui
lo accusano, Stefano inizia una lunga
riflessione sulla storia d'Israele e il suo
itinerario verso il Messia. Il testo che
leggiamo non è completo (si vede dalla
citazione), e tuttavia ci indica una
predicazione biblica che si è sviluppata non
solo nelle chiese ebraiche di Gerusalemme, ma,
soprattutto nelle sinagoghe elleniste, in
particolare, per la riflessione lunga e, si può
dire, dettagliata e significativa per chi non
conosce molto il Primo Testamento. Il testo si
divide in varie parti: il comportamento di Dio
con Abramo (7,2-8), con Giuseppe, (7, 9-16), con
Mosé (7, 17-43), con il suo popolo infedele e
qui inserisce lacune riflessioni sulla
costruzione del tempio) (7, 44- 50). Infine
Stefano denuncia le responsabilità del popolo
che non ha saputo vedere in Gesù il Messia e il
"Giusto"(7, 51- 53). La conclusione della
testimonianza di Stefano porta all'obbligo di
riscoprire Gesù come la convergenza dell'azione
di Dio e del cammino del popolo d'Israele nella
storia. ) " Così dice il Signore: «Il cielo è il
mio trono, la terra lo sgabello dei miei piedi.
Quale casa mi potreste costruire? In quale luogo
potrei fissare la dimora? 2 Tutte queste cose ha
fatto la mia mano ed esse sono mie - oracolo del
Signore. Su chi volgerò lo sguardo? Sull'umile e
su chi ha lo spirito contrito e su chi trema
alla mia parola". |
Prima lettera ai Corinzi 2, 6-12
Fratelli, tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di
sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei
dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla.
Parliamo invece della sapienza di Dio, che è nel mistero, che è
rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la
nostra gloria. Nessuno dei dominatori di questo mondo l’ha
conosciuta; se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso
il Signore della gloria. Ma, come sta scritto: / «Quelle cose
che occhio non vide, né orecchio udì, / né mai entrarono in
cuore di uomo, / Dio le ha preparate per coloro che lo amano».
Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito
infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio. Chi
infatti conosce i segreti dell’uomo se non lo spirito dell’uomo
che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai
conosciuti se non lo Spirito di Dio. Ora, noi non abbiamo
ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per
conoscere ciò che Dio ci ha donato.
La
vera sapienza non è data a tutti ma a coloro che Dio ama. Essa
non si ottiene nello sfoggio di sottili ragionamenti come fanno
alcuni credenti, a Corinto, imitando i filosofi. E credono così
di dimostrare il valore della sapienza cristiana. Paolo ha fatto
sulla sua pelle l'esperienza della ricerca della sapienza e,
credendo nelle sue forze e nel valore di una intelligente
retorica, andando ad Atene, in mezzo a persone di cultura,
nell'areopago (il più antico tribunale di Atene), ha tentato di
proporre la fede di Gesù. Inizialmente ha parlato della dignità
di ogni essere umano come Figlio di Dio, ha apprezzato il senso
religioso che sviluppa nel mondo greco un culto anche verso il
Dio nascosto e sconosciuto. Ma poi si è impegnato nell'annuncio
di Gesù morto e risorto. E, a questo punto, la curiosità e
l'attenzione degli ateniesi sono sfumate nella derisione e lo
hanno abbandonato (At 17,22-34). In tal modo Paolo giudica
severamente le persone che si vorrebbero comportare allo stesso
modo, fidando sui propri ragionamenti umani. La fede cristiana
non pone dimensioni irrazionali, certamente, ma orienta verso
scelte che vanno oltre il normale buon senso. Paolo ricorda
l'atteggiamento iniziale che ha portato nel cuore al primo
incontro con i Corinzi: "Mi sono presentato in debolezza e con
molto timore e trepidazione" (1Cor 2, 3-4). Ma il messaggio da
portare era ed è stupefacente. E' necessario rivelare la
Sapienza di Dio, ricevuta per mezzo dello Spirito. Essa
manifesta i misteri di Dio (v. 10). La Sapienza è rimasta
nascosta, i dominatori non hanno potuto conoscerla (vv 7-8), "Ma
ora è stato consegnato il mistero taciuto per secoli eterni "
(Rom 16,25-26). Essa è l'invito e la garanzia della salvezza
universale, noto solo a Dio da tutta l'eternità, per una umanità
incapace di superare tutte le lacerazioni, le divisioni, i
razzismi. Questo mistero, legato al nome dello Spirito, spinge a
scoprire l'attenzione di Dio ad ogni persona, a sentirlo Padre
di ogni essere umano, ad avere coscienza di essere fratelli e
sorelle in una sola famiglia, responsabili per ogni altro di una
vita dignitosa e libera. Paolo sta insistendo perché la nuova
Sapienza cristiana sia alla vigilia di una consapevolezza per
tutto il mondo. Prima di tutto siamo noi che dobbiamo maturare
responsabilmente, nel nostro cuore, il significato di ogni
persona per Dio che crea e per Gesù che ama fino alla morte. In
questa lettura si scopre il significato del Crocifisso che è la
sapienza vera, scandalo per i giudei e stoltezza per i pagani
(1,18-25).
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Giovanni
17, 1b-11 In quel tempo. Il Signore Gesù, alzàti gli occhi al cielo,
disse: «Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio
glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia
la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che
conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti
ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora,
Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te
prima che il mondo fosse. Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai
dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua
parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te,
perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno
accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai
mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi
hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e
io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel
mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi
hai dato, perché siano una sola cosa, come noi». Il capitolo
17 del Vangelo di Giovanni riporta la "preghiera sacerdotale" di Gesù,
pronunciata nell'ultima cena come il suo ultimo discorso prima della
passione. Si può considerare questo testo come una terza rilettura della
preghiera del Getsemani, dopo i due interventi precedenti, pronunciati sempre
nell'ultima cena di Gesù: i capp 13-14 e capp 15-16, che corrispondono e si
richiamano. In questa lettura si riassume tutta la vita di Gesù: egli si fa
preghiera e preghiera di intercessione. Egli, allargando via via l'orizzonte,
prega per se stesso (1-5), per i discepoli (6-19), per la Chiesa (20-26). La
preghiera di intercessione. Gesù prega per i suoi e, in questa preghiera,
raggiunge gli estremi confini della terra. Nel salmo 99,6 si ricorda
l'intercessione di Mosé (che ha la funzione di comando e di giudice), di
Aronne (che ha una funzione sacerdotale), e di Samuele (che ha la funzione
profetica): "Mosè e Aronne tra i suoi sacerdoti, Samuele tra quanti
invocavano il suo nome: invocavano il Signore ed egli rispondeva".
L'intercessione sviluppa un dialogo con Dio nelle tre dignità fondamentali di
Gesù: re, sacerdote e profeta, trasmesse anche a noi nel valore della nostra
preghiera di battezzati. Dio avvisa Mosè che rinnegherà il suo popolo che si
è fatto un idolo, rifiutando così di vivere secondo la sua Parola. Dio vuole,
anzi, cancellarlo. E mentre lo comunica a Mosè, unico fedele rimasto, gli
offre la possibilità di diventare capostipite di una nuova nazione. Ma Mosé
prega per il suo popolo, rifiuta la prospettiva suggerita e richiama a Dio il
fatto che quel popolo, che egli sta accompagnando, è proprio quel popolo che
il Signore stesso aveva voluto liberare. Mosè si rifiuta di abbandonare la
sua gente (Es 32,10-14), e rifiuta, quindi, anche la prospettiva che gli
viene offerta. Egli paga la sua intercessione. Non avrà la possibilità di
entrare nella terra promessa. Muore "sulla bocca di Dio", traducono i
rabbini. " Mosé muore con un bacio di Dio ". (Sono tante le versioni e le
motivazioni per l'esclusione di Mosè dalla terra promessa. Ma si dice che
nella Scrittura ogni parola ha 70 interpretazioni. Comunque Mosè ha accettato
di intercedere, arrivando, in tal modo, ad offrire la vita).
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