
V DOMENICA DI AVVENTO
Il Precursore 10 dicembre 2017
Giovanni 1, 19-27a. 15c. 27b-28
Riferimenti : Isaia 11, 1-10 - Salmo 97 - Ebrei 7,
14-17. 22. 25 |
Cantate inni al Signore con la cetra, con la
cetra e al suono di strumenti a corde; con le trombe e al suono
del corno acclamate davanti al re, il Signore. Risuoni il mare e
quanto racchiude, il mondo e i suoi abitanti. I fiumi battano le
mani, esultino insieme le montagne. |
Isaia 11, 1-10 In quei giorni.
Isaia disse: / «Un germoglio spunterà dal tronco
di Iesse, / un virgulto germoglierà dalle sue
radici. / Su di lui si poserà lo spirito del
Signore, / spirito di sapienza e d’intelligenza,
/ spirito di consiglio e di fortezza, / spirito
di conoscenza e di timore del Signore. Si
compiacerà del timore del Signore. / Non
giudicherà secondo le apparenze / e non prenderà
decisioni per sentito dire; / ma giudicherà con
giustizia i miseri / e prenderà decisioni eque
per gli umili della terra. / Percuoterà il
violento con la verga della sua bocca, / con il
soffio delle sue labbra ucciderà l’empio. / La
giustizia sarà fascia dei suoi lombi / e la
fedeltà cintura dei suoi fianchi. Il lupo
dimorerà insieme con l’agnello; / il leopardo si
sdraierà accanto al capretto; / il vitello e il
leoncello pascoleranno insieme / e un piccolo
fanciullo li guiderà. / La mucca e l’orsa
pascoleranno insieme; / i loro piccoli si
sdraieranno insieme. / Il leone si ciberà di
paglia, come il bue. / Il lattante si
trastullerà sulla buca della vipera; / il
bambino metterà la mano nel covo del serpente
velenoso.Non agiranno più iniquamente né
saccheggeranno / in tutto il mio santo monte, /
perché la conoscenza del Signore riempirà la
terra / come le acque ricoprono il mare. / In
quel giorno avverrà / che la radice di Iesse
sarà un vessillo per i popoli. / Le nazioni la
cercheranno con ansia. / La sua dimora sarà
gloriosa». Il profeta Isaia
sente insieme la povertà del suo popolo che si è
sviluppata sempre più e la pietà per questo
disfacimento palese. Questo popolo era nello
splendore e nella potenza al tempo di Davide che
germogliò come un virgulto da una radice povera
e sconosciuta, il pastore di Betlemme Iesse, ed
era diventata forte come i cedri del Libano. Ma
ormai sono venuti i boscaioli ed hanno tagliato,
bruciato, aggredito questo grande popolo
benedetto da Dio un tempo, ma ora lasciato in
balia del male che aggredisce e che corrode per
il peccato di abbandono di Dio e per il rifiuto
della sua legge. Ma mentre lo scoraggiamento
serpeggia di fronte agli attacchi delle grandi
potenze come quella degli Assiri (siamo nel
tempo della espansione di questi eserciti di
invasori e razziatori che travolgono tutto e che
sottometteranno il regno del Nord: le 10 tribù
d'Israele nel 721 a.C.), Il profeta sente il suo
compito che riceve da Dio con urgenza e impegno:
il popolo deve essere aiutato alla speranza. E'
la responsabilità che ogni fedele, amico di Dio,
deve vivere con fiducia. "Se sei fedele a Dio
devi portare speranza ai fratelli ed alle
sorelle". E Isaia incoraggia il suo popolo del
Sud: la Giudea e Gerusalemme, tracciando
l'identità di un nuovo re, nel "libro
dell'Emanuele" (parte iniziale del libro). C'è
il profilo della vita nuova: il capitolo 7 ne
annuncia il concepimento, il c.9 ne canta la
nascita regale, il c.11 ne descrive il regno. E
dal ceppo ormai sterile e abbandonato, da quelle
radici nasce un virgulto e sarà ricco delle
Spirito del Signore. E' lo Spirito ricordato 4
volte per indicare l'universalità, l'abbondanza
e la pienezza che nascono dai quattro punti
cardinali della terra e spira come all'inizio
della creazione (Gn1,2). La potenza del Signore
lo arricchirà di doni, elencati in tre coppie
che si richiamano ai doni dei Grandi del popolo:
- sapienza e intelligenza (doni a Salomone),
- consiglio e fortezza (doni a Davide), -
conoscenza e timore del Signore (conoscenza e
rispetto di Dio come la ricchezza di fede dei
patriarchi). Questo elenco sarà ripreso nel
catechismo e arriverà a definire i 7 doni dello
Spirito: Va aggiunta "pietà", la scoperta della
misericordia di Dio per noi e quindi la nostra
disponibilità a voler bene. Ci sarà giustizia
perché affronterà drammi e difficoltà con
lucidità e non " per sentito dire". Si farà
carico della giustizia dei poveri e la
garantirà. Questo eliminerà male e guerra e sarà
garante della pace. Ci sarà pace tra cielo e
terra, tra gli uomini e le donne, tra gli stessi
animali, come all'inizio della creazione.
L'amore di Dio e il rispetto della sua legge
porteranno giustizia e quindi il rifiuto della
violenza. Questo germoglio lo abbiamo
conosciuto. Continuiamo, certo, a vedere drammi
e ingiustizie, guerre e violenze, ma questo
germoglio ha generato un popolo che è la Chiesa
ed a noi, che ne facciamo parte, vengono
consegnati questa proposta di novità e l'impegno
della pace vera. |
Ebrei 7, 14-17. 22. 25 Fratelli,
è noto che il Signore nostro è germogliato dalla tribù di Giuda,
e di essa Mosè non disse nulla riguardo al sacerdozio. Ciò
risulta ancora più evidente dal momento che sorge, a somiglianza
di Melchìsedek, un sacerdote differente, il quale non è
diventato tale secondo una legge prescritta dagli uomini, ma per
la potenza di una vita indistruttibile. Gli è resa infatti
questa testimonianza: «Tu sei sacerdote per sempre / secondo
l’ordine di Melchìsedek». Per questo Gesù è diventato garante di
un’alleanza migliore. Perciò può salvare perfettamente quelli
che per mezzo di lui si avvicinano a Dio: egli infatti è sempre
vivo per intercedere a loro favore. Nel mondo
degli ebrei convertiti ritorna la nostalgia del mondo
sacerdotale che serviva il tempio nel fasto di grandi liturgie
di offerte, sacrifici, presenze significative e personaggi
famosi. Non ultimo, manca, a questi ebrei convertiti, la
soddisfazione di poter offrire a Dio costosi animali. L'offerta
restituiva la soddisfazione di essere graditi a Dio e di fare
qualcosa per Lui. Tanto da meritare il suo intervento. Nel
Nuovo Testamento, solo nella lettera agli Ebrei di parla di
sacerdozio per limitarsi al "Sommo sacerdote" che è Gesù, e in
relazione della sua morte in croce e la sua Pasqua. Per i
ministri della Comunità cristiana si usano altri nomi che
vengono dal mondo laico greco: "episcopi, presbiteri e diaconi".
Con il secolo terzo si inizia a chiamare sacerdote il "vescovo"
e solo più tardi si usa la parola "sacerdote" anche per i
presbiteri. Anzi si arriva a ritenere equivalenti il sacerdozio
ed il presbiterato. Ordinati con il sacramento dell'Ordine, i
sacerdoti nella Comunità cristiana si dedicano con il loro
ministero ad un particolare servizio a Cristo ed alla Chiesa.
Questa lettera confronta l'antico sacerdozio levitico del
tempio, fatto di uomini peccatori e il perfetto e unico
sacerdozio di Cristo. Tale sacerdozio di Gesù non si misura,
dice l'autore, con il sacerdozio levitico, ma con la figura di
Melchisedek, re di Salem (Gerusalemme), citato in due passi
biblici: Gen14,17-20 e Salmo 110,4. Gen14,17-20: "Quando Abram
fu di ritorno, dopo la sconfitta di Chedorlaòmer e dei re che
erano con lui, Melchisedek, re di Salem, offrì pane e vino: era
sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abram con queste parole:
«Benedetto Abram dal Dio altissimo, creatore del cielo e della
terra, e benedetto sia il Dio altissimo, che ti ha messo in mano
i tuoi nemici». Ed egli (Abramo) diede a lui la decima di
tutto". Questo semplicissimo episodio diventa un segnale
preziosissimo se unito al testo del Salmo 110,4: "Il Signore ha
giurato e non si pente: «Tu sei sacerdote per sempre al modo di
Melchisedek». Il re di Salem, Melchisedek, con la sua breve e
misteriosa comparsa, è ricordato come il re di Gerusalemme dove
Dio abita secondo la tradizione ebraica. Di lui non si descrive
né la sua genealogia, né la nascita e la morte. Si racconta solo
che benedice Abramo e da lui riceve le decime. È sacerdote e
insieme re giusto e pacifico. Gesù Cristo è sacerdote dello
stesso tipo di Melchisedek in quanto insieme è Sacerdote e Re.
Si applica così il salmo 110. È rappresentato come sacerdote
eterno e nel rapporto con il sacerdozio di Gesù, si dice che è
superiore a quello dei lieviti. Insieme nel Salmo 110,4 il re
Melchisedek è considerato un anticipo della figura di Davide e,
a sua volta, una figura del Messia, re e sacerdote. La
mediazione di Gesù porta alla piena realizzazione della figura
di Melchisedek: Gesù è la salvezza totale perché è "perfetto"
agli occhi di Dio. Infatti, con la sua ubbidienza, è stato
cosciente e fedele alla volontà del Padre fino alla morte.
Questa presenza nella nostra vita, al centro della nostra fede,
garantisce di avere accesso al Padre e di svolgere il compito
che il sacerdote sviluppa: offrire i doni del Padre, in
particolare, il suo Spirito e la sua misericordia, e portare al
Padre le nostre attese con le nostre preghiere. Noi, che a
somiglianza di Gesù siamo sacerdoti, re e profeti, con tale
intercessione possiamo sentirci fiduciosi di essere dei buoni
testimoni per Gesù e dei buoni fedeli verso inostri fratelli e
sorelle.
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BETANIA
DI TRANSGIORDANIA
Giovanni
1, 19-27a. 15c. 27b-28 In quel tempo. Questa è la testimonianza di
Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a
interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non
sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non
lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora:
«Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato.
Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel
deserto: / Rendete diritta la via del Signore, / come disse il profeta
Isaia». Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo
interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il
Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo
nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene
dopo di me, ed era prima di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio
del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni
stava battezzando. Una domanda si rincorre nella 1ª parte del
Vangelo di oggi: "Tu, chi sei?". "Chi sei, dunque?". "Che cosa dici di te
stesso?". È una domanda rivolta a Giovanni, il Battista; questo personaggio
umile e gigantesco che annuncia il Messia nel quadro di una giustizia da
recuperare e di una dignità umana disprezzata nelle pieghe della corruzione e
dell'indifferenza dilaganti. È necessaria una conversione radicale, un modo
diverso e autentico di pensare a Dio e l'umanità. Ci vuole una preparazione
ad accogliere Gesù che si presenterà nel modo più impensabile come
manifestazione di Dio. Ma è una domanda rivolta anche a ciascuno di noi: "Tu,
chi sei? Che cosa dici di te stesso?". E ci troviamo impreparati a
rispondere: è un invito a guardarci dentro senza veli e senza risposte
preconfezionate, lasciandoci svelare da lui e ricondurre alla condizione di
figli amati, di persone chiamate a salvezza. Salvezza da noi stessi e da
quanto ci fa scivolare nell'ombra della morte. Sarebbe bello poter dire anche
noi di essere "voce", cioè capaci di comunicare qualcosa di importante e di
vero, desiderosi di aprire e di spianare le vie del Signore. Di far nascere
relazioni vive. Un'altra riflessione riguarda l'ultima parte di questo
Vangelo, dove viene detto: "In mezzo a voi sta uno che non conoscete", che ci
rimanda alla constatazione che normalmente non ci accorgiamo del Signore che
sta in mezzo a noi e che perciò non dobbiamo mai smettere di cercarlo e di
lasciarci condurre là dove abita per capire che l'incontro con Lui è
irripetibile e incancellabile, nonostante tutte le nostre defezioni e
allontanamenti. "In mezzo a voi sta uno che non conoscete"; uno che sarà, che
è Colui che libera, che cammina con noi, che non ci abbandona e che desidera
salvarci sempre e consolarci.
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