
Battesimo del Signore
Domenica dopo l’Epifania 7 gennaio 2018
Marco 1, 7-11
Riferimenti : Isaia 55, 4-7 - Salmo28 - Efesini 2, 13-22 |
Date al Signore, figli di Dio, date al Signore
gloria e potenza. Date al Signore la gloria del suo nome,
prostratevi al Signore nel suo atrio santo. La voce del Signore
è sopra le acque, il Signore sulle grandi acque. La voce del
Signore è forza, la voce del Signore è potenza. |
Isaia 55, 4-7 Così dice il
Signore Dio: / «Ecco, l’ho costituito testimone
fra i popoli, / principe e sovrano sulle
nazioni. / Ecco, tu chiamerai gente che non
conoscevi; / accorreranno a te nazioni che non
ti conoscevano / a causa del Signore, tuo Dio, /
del Santo d’Israele, che ti onora. / Cercate il
Signore, mentre si fa trovare, / invocatelo,
mentre è vicino. / L’empio abbandoni la sua via
/ e l’uomo iniquo i suoi pensieri; / ritorni al
Signore che avrà misericordia di lui / e al
nostro Dio che largamente perdona».
Ho riportato il testo completo, a cominciare dal
primo versetto del cap. 55 per inquadrare
l'annuncio profetico che inizia, nella liturgia,
dal versetto 4 (testo di oggi). Il Signore,
attraverso il profeta (in questo caso è ancora
la parola del Secondo Isaia), invita ai beni
della nuova alleanza (vv1-5) e quindi incoraggia
a convertirsi (vv 6-11) mentre i primi due
versetti (1-2) portano ancora all'immagine del
banchetto della sapienza ( come in
Proverbi.9,5-6 e Siracide 24,19-21). Il Signore
sta proponendo scelte e realtà nuove che vanno
capite. Sta avvenendo come una rivoluzione nella
vita dei deportati e debbono sentirsi preparati
a scegliere. All'orizzonte si intravede la
possibilità di ritornare a Gerusalemme, ma il
profeta capisce che ormai la situazione degli
ebrei a Babilonia non è così drammatica come
poteva sembrare all'inizio. Anzi, via via, pur
con i disagi di una popolazione straniera, ci si
è abituati a una linea vita, tutto sommato,
soddisfacente. La maggior parte si è adattata,
si è stabilita ad una vita passabile. Non pensa
affatto a trasferirsi. Con un po' di sacrifici
hanno fatto dei risparmi ed ora si preoccupano
anche di comprare terreni e case che stanno
crollando di prezzo. E' gente, dice il profeta,
che non ha né fame e né sete; ma spendere per
rimanere è come comprare ciò che non sazia. Di
fatto quelli che tornano non trovano le strade
lastricate, né il trionfo dei reduci. Trovano
miseria e difficoltà di ogni genere, compresa
l'ostilità dei presenti a Gerusalemme che li
vedono come intrusi e pieni di pretese. E' il
dramma di chi deve intravedere una strada di
libertà che non è splendida e rassicurante, ma
piena di fatica. Dio non illude, chiede fiducia
e il coraggio di guardare l'essenziale. Solo
dopo molto tempo le difficoltà si scioglieranno
lentamente. Colui che viene, però, ha un
progetto molto più ampio delle attese del popolo
d'Israele. Egli chiamerà tutti i popoli e non si
impegnerà a sconfiggere ed a cacciare. Egli
porterà la misericordia e la speranza per i
popoli. E i deportati, che potrebbero tornare,
sappiano rivedere i propri pensieri e le proprie
attese. Il popolo che ritorna sappia capire e
scopra il nuovo volto di Dio poiché è
accogliente. Se non sei accogliente tu, rischi
di diventare empio ed iniquo. "Convertiti anche
tu". Poiché, il testo di Isaia continua, "I miei
pensieri non sono i vostri pensieri, e le mie
vie non sono le vostre vie. Quanto il cielo
sovrasta la terra,, tanto le mie vie sovrastano
le vostre vie e i miei pensieri i vostri
pensieri" (55,8-9). Questo testo ci prepara
all'immagine di Gesù: "il solo giusto" che si
mette in fila tra la gente che chiede perdono e
domanda di essere battezzato.
 |
Efesini 2, 13-22 Fratelli, in
Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati
vicini, grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra
pace, / colui che di due ha fatto una cosa sola, / abbattendo il
muro di separazione che li divideva, / cioè l’inimicizia, per
mezzo della sua carne. / Così egli ha abolito la Legge, fatta di
prescrizioni e di decreti, / per creare in se stesso, dei due,
un solo uomo nuovo, / facendo la pace, / e per riconciliare
tutti e due con Dio in un solo corpo, / per mezzo della croce, /
eliminando in se stesso l’inimicizia. / Egli è venuto ad
annunciare pace a voi che eravate lontani, / e pace a coloro che
erano vicini. / Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci,
gli uni e gli altri, / al Padre in un solo Spirito. Così dunque
voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei
santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli
apostoli e dei profeti, avendo come pietra d’angolo lo stesso
Cristo Gesù. In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per
essere tempio santo nel Signore; in lui anche voi venite
edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo
dello Spirito.
Era famosa e drammatica
l'esclusione che gli stranieri dovevano accettare, qualora
volessero entrare nel tempio di Gerusalemme. Un muro, alto circa
un metro e mezzo, circonda tutta l'area sacra del tempio ed è
vietato l'ingresso ai pagani, pena la condanna a morte. Lo
ricordano 13 piccole lapidi con una scritta in greco e latino.
In tal modo viene garantita la separazione e la lacerazione
dell'umanità. Il popolo d'Israele è convinto che la differenza e
la esclusione fosse voluta da Dio: d a una parte l'elezione e
dall'altra l'esclusione. "Un tempo voi- e Paolo si rivolge ai
greci di Efeso - eravate morti a causa dei vostri peccati". Ma
poi fa riferimento anche al suo popolo: "Anche noi, per le
nostre passioni carnali eravamo per natura meritevoli d'ira"
(2,1-3). "Ma Dio, che è ricco di misericordia, da morti che
eravamo ci ha fatto rivivere con Cristo; per grazia siete stati
salvati" (2,4-5). Il pensiero viene ripreso: "Ricordatevi che in
quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza
d'Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e
senza Dio nel mondo. Voi esclusi dal popolo di Dio, siete
diventati vicini grazie al sangue di Cristo" (2,12-13). In
questa lettura viene sviluppata, si può dire, la teologia della
memoria: il prima e il poi del mondo pagano, il prima e il poi
del mondo ebraico. Tra il presente e il passato, si stabilisce
la pienezza della chiesa. E al v 12, riportato sopra, sono
elencati 5 privilegi tradizionali, attribuiti al popolo di Dio,
dei quali il popolo pagano è sprovvisto: avere il Cristo ( ma
andrebbe chiarito se qui si parla della funzione del Messia o
precisamente di Gesù), appartenere alla stirpe d'Israele, essere
destinatari dell'alleanza conclusa da Dio, avere una speranza,
avere la convinzione di conoscere il vero Dio e di non essere
considerati come dei "senza Dio" (in greco atheos). "Gesù è la
nostra pace": colui che abbatte i muri di separazione e lo farà
sempre più, fino a raggiungere tutti i popoli nel presente e nel
futuro. Dio ha creato tutta l'umanità e sente che ciascuno è suo
figlio. Il male che ci circuisce e ci inganna commuove anche il
cuore di Dio poiché ogni persona viene truffata. Così Dio ha
abrogato la legge giudaica e, con la sua venuta tra noi, ha
abolito la distanza tra cielo e terra, annunciando la pace. Nel
brano di oggi, Paolo richiama l'universalità di questa chiamata
e il superamento della separazione tra giudei e pagani,
realizzato, nella storia, attraverso l'annuncio della pace
portata da Gesù ai lontani e ai vicini (2,17).Poiché l'impero ha
goduto di circa cinquant'anni di pace, al tempo di Cesare
Augusto, tutti si sono accorti del valore della serenità nella
convivenza, dopo le lunghe guerre civili del secolo precedente.
Ora quel richiamo, fattosi sempre più esperienza impellente,
dovrebbe poter entrare nelle coscienze di ciascuno per
costituire una attesa, una responsabilità ed una fraternità. Ma
la pace di Gesù è ancor più capace dell'impero di portare frutti
e va annunciata ai vicini ed ai lontani, superando le
lacerazioni, le diffidenze, le esclusioni. Così "possiamo
presentarci insieme al Padre nell'unico Spirito" (2,18). E c'è
qui, come nascosto, il richiamo di una cerimonia di corte. Uniti
insieme giudei e pagani, vicini e lontani, si presentano
insieme, in una imponente e solenne processione verso il Padre.
|
Marco
1, 7-11 In quel tempo, Giovanni proclamava: «Viene dopo di me colui che è
più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi
sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito
Santo». Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu
battezzato nel Giordano da Giovanni. E subito, uscendo dall’acqua, vide
squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E
venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il
mio compiacimento».
Nello scarno racconto di Marco l'episodio del battesimo di Gesù è
presentato nei suoi tratti essenziali. Gesù giunge da Nazareth proprio per
questo, per accomunarsi a tutti gli uomini ed essere immerso (battezzato) da
Giovanni nel Giordano. Ed è proprio in e per questa condivisione di umanità
(sta dalla parte dei peccatori, si mette in fila con i peccatori, dirà
Matteo) che i "cieli si squarciano" per lasciar passare lo Spirito, cioè la
vita di Dio, l'amore di Dio. È il senso della Incarnazione: i cieli si aprono
per l'umanità che può incontrarsi con Dio. Fa riflettere questo mescolarsi di
Gesù con gli altri senza aprirsi con i gomiti una strada privilegiata o
prendere le distanze dagli altri poveracci, che hanno bisogno, attraverso il
battesimo, che compiono con Giovanni, di sentirsi perdonati, consolati,
ripresi nella stima di Dio. Sentirsi "qualcuno" perché c'è Qualcuno che li
ama e si interessa di loro, della loro piccolezza, della loro incapacità. E
Gesù condivide questo bisogno, perché, solo stando effettivamente dalla parte
diversa, ci si rende conto di loro e si dà loro quell'importanza che nasce
dal cuore di Dio. In Gesù infatti ci riscopriamo amati da Dio, oggetto del
compiacimento di Dio. Non si tratta solo per Gesù di essere chiamato "Figlio
mio amatissimo", ma per tutti scoprire di essere in Gesù figli e figlie di un
Dio che si manifesta come Padre. |