IV DOMENICA DOPO PENTECOSTE
17 giugno 2018
Matteo. 22, 1-14
Riferimenti : Genesi 18, 17-21; 19, 1. 12-13. 15. 23-29 - Salmo 32 - Corinzi 6, 9-12
 Il Signore regna su tutte le nazioni. Il Signore annulla i disegni delle nazioni, rende vani i progetti dei popoli. Ma il disegno del Signore sussiste per sempre, i progetti del suo cuore per tutte le generazioni. Beata la nazione che ha il Signore come Dio, il popolo che egli ha scelto come sua eredità

Genesi 18, 17-21; 19, 1. 12-13. 15. 23-29
In quei giorni. Il Signore diceva: «Devo io tenere nascosto ad Abramo quello che sto per fare, mentre Abramo dovrà diventare una nazione grande e potente e in lui si diranno benedette tutte le nazioni della terra? Infatti io l’ho scelto, perché egli obblighi i suoi figli e la sua famiglia dopo di lui a osservare la via del Signore e ad agire con giustizia e diritto, perché il Signore compia per Abramo quanto gli ha promesso». Disse allora il Signore: «Il grido di Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave. Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!». I due angeli arrivarono a Sòdoma sul far della sera, mentre Lot stava seduto alla porta di Sòdoma. Non appena li ebbe visti, Lot si alzò, andò loro incontro e si prostrò con la faccia a terra. Quegli uomini dissero allora a Lot: «Chi hai ancora qui? Il genero, i tuoi figli, le tue figlie e quanti hai in città, falli uscire da questo luogo. Perché noi stiamo per distruggere questo luogo: il grido innalzato contro di loro davanti al Signore è grande e il Signore ci ha mandato a distruggerli». Quando apparve l’alba, gli angeli fecero premura a Lot, dicendo: «Su, prendi tua moglie e le tue due figlie che hai qui, per non essere travolto nel castigo della città». Il sole spuntava sulla terra e Lot era arrivato a Soar, quand’ecco il Signore fece piovere dal cielo sopra Sòdoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco provenienti dal Signore. Distrusse queste città e tutta la valle con tutti gli abitanti delle città e la vegetazione del suolo. Ora la moglie di Lot guardò indietro e divenne una statua di sale. Abramo andò di buon mattino al luogo dove si era fermato alla presenza del Signore; contemplò dall’alto Sòdoma e Gomorra e tutta la distesa della valle e vide che un fumo saliva dalla terra, come il fumo di una fornace. Così, quando distrusse le città della valle, Dio si ricordò di Abramo e fece sfuggire Lot alla catastrofe, mentre distruggeva le città nelle quali Lot aveva abitato.


Abramo è un vero amico di Dio e il Signore lo riconosce nella sua qualità di giusto, di intercessore, di uomo di fiducia. Perciò il racconto su alcuni fatti che hanno sconvolto il tempo e la geografia dei luoghi attorno al Mar Morto, allora zona di benessere e di civiltà, fa leggere, in termini teologici, il terremoto, probabilmente, in concomitanza coni eruzioni vulcaniche (Gen 19,24-25). Da qui fuoco e zolfo dal cielo. Lot, nipote di Abramo, immigrato anche lui con il Patriarca nel viaggio da Ur di Caldea a Carran, sempre con Abramo giunge in Canaan, poi in Egitto e poi ancora in Canaan dove si è stabilito, Lot ha molto bestiame. Per poter vivere in pace nello sviluppo della propria ricchezza, e per non dover litigare con i pastori di Abramo, alla ricerca di pascoli, su proposta di Abramo stesso gli viene offerta la possibilità di scegliere il territorio in cui vivere. Lot sceglie di emigrare nella valle del Giordano, ben irrigata, e si stabilisce presso Sodoma (Gen 13,8-13). Dio ascolta il grido di sofferenza che si alza dalle città di Sodoma e Gomorra poiché gli abitanti sono malvagi e opprimono gli altri cittadini più poveri e indifesi. Gli abitanti malvagi fanno il male, rifiutano l'ospitalità, a differenza di Abramo che ritiene sempre un onore ospitare e dar da mangiare ad uno straniero Anzi considerano straniero Lot stesso, che abita tra loro e lo rimproverano per il fatto che si rifiuta di consegnare loro due ospiti che sono venuti a trovarlo. Essi vogliono abusare di loro e minacciano lo stesso Lot: (Gen 19,9: "È venuto tra noi come straniero e vuol farsi giudice"). A questo punto, l'autore biblico ritiene di aver sufficientemente dimostrato la malvagità di Sodoma e Gomorra e quindi conclude che Dio, giustamente, debba distruggere le due città. A questo punto, nel testo, viene riportata la grande intercessione di Abramo con Dio che gli ha confidato i suoi progetti di distruzione del male e dei suoi autori. Abramo non difende i malvagi ma pone il problema della morte dei giusti insieme con i peccatori in caso di catastrofe: "Sterminerai, Signore, l'empio con il giusto?" (18,23-33). In una trattativa tipica del mondo orientale in cui si insiste ad abbassare i parametri degli interventi di castigo, Abramo incomincia da 50. "Se ci fossero 50 giusti?" e arriva fino a 10:"E se ci fossero 10 giusti?". Non c'erano neppure 10 giust

Corinzi 6, 9-12
Fratelli, non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adùlteri, né depravati, né sodomìti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né calunniatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio. E tali eravate alcuni di voi! Ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio. «Tutto mi è lecito!». Sì, ma non tutto giova. «Tutto mi è lecito!». Sì, ma non mi lascerò dominare da nulla.


La lettera ai Corinzi sorge con alcune urgenti problematiche che Paolo sente di dover affrontare per non lasciare nell'ambiguità e nella immoralità i credenti in Cristo che, pure, hanno ricevuto esempi, parole nuove, suggerimenti e stili di vita altissimi. Perciò, dopo essere intervenuto duramente su un grave fatto di immoralità sessuale, verificatosi nella comunità cristiana e da tutti conosciuto: "un cristiano convive con la moglie di suo padre", "immoralità che non si riscontra neppure tra i pagani" (5,1), e dopo aver giudicato e concluso con l'espulsione di tale cristiano dalla Comunità, Paolo continua con alcune proposte coerenti con la fede, ma anche di difficile accoglimento, mentre rimprovera: "Se avete liti per cose di questo mondo, voi prendete a giudici gente che non ha alcuna autorità nella Chiesa" (6,4). Così Paolo suggerisce: "Prendete invece tra voi qualche persona saggia che possa fare da arbitro tra fratelli e fratelli" (6,5). Tra l'altro questo è il riferimento per cui sono sorti i tribunali ecclesiastici, croce pesante per i vescovi dei primi secoli che dovevano passare molte ore a giudicare su sciocchezze e problemi, spesso poco significativi, ma causa di discussione e di contesa. In questo contesto morale Paolo richiama un breve catalogo di catechismo morale, frequente nelle lettere dell'apostolo, ma qui particolarmente solenne: sono enumerati 10 comportamenti immorali che escludono dal Regno, tanti quanti i 10 Comandamenti. Il fatto che si aggiunga un "Non illudetevi" può far pensare a mentalità libertine che uniscono insieme fede cristiana e comportamenti immorali. Problema sempre esistito, anche oggi.


Matteo 22, 1-14
In quel tempo. Il Signore Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».


Matteo elenca qui tre parabole, di seguito, che hanno, come significato, l'accoglienza alla volontà di Dio, la concretezza di una risposta che non sia formale o solo gentile, quanto piuttosto responsabile e coerente, carica di impegni e di frutti.
- 21,28-32: la parabola dei due figli,
- 21,33-46: la parabola dei vignaioli malvagi,
- 22,1-14: gli invitati a nozze.
Noi, oggi ci fermiamo sulla terza parabola, pur ricordando che tutte e tre pongono, al vertice del valore della vita, un rapporto di collaborazione, di dignità sul lavoro e di privilegio per le nozze ma, in ultima analisi, la ricerca e l'obbedienza alla volontà di Dio. Questa parabola ha un parallelo con Luca 14,15-24 e presenta delle differenze interessanti, dipendenti dal messaggio culturale diverso e dall'esperienza di Matteo Il re prepara il banchetto di nozze per il figlio. E siamo, così, subito trasportati in una atmosfera favolosa, tanto più che subito si intravede che il re è Dio e il figlio è il Messia che incorona, dopo un progetto di millenni, un matrimonio di pienezza con la sua sposa. Gli inviti, selezionati, sono stati inviati ed i profeti, che hanno sollecitato almeno due volte, sono stati ignorati. Anzi l'invito è stato addirittura volutamente rifiutato. In alcuni casi è diventato il pretesto per una rivolta contro il re poiché i messaggeri, pur essendo inviolabili come ambasciatori, sono stati cacciati e perfino uccisi. L'esperienza di Matteo, che ha alle spalle la tragedia della distruzione di Gerusalemme (70 d.C.) fa immediatamente collegare questo rifiuto e queste ribellioni al giudizio ed al rifiuto di Dio (v 7).