
II DOMENICA DOPO PENTECOSTE
3 giugno 2018
Luca 12, 22-31
Riferimenti : Siracide 16, 24-30 - Salmo 148 - Romani 1, 16-21 |
Lodatelo, voi tutti, suoi angeli, lodatelo, voi
tutte, sue schiere. Lodatelo, sole e luna, lodatelo, voi tutte,
fulgide stelle. Lodatelo, cieli dei cieli, voi, acque al di
sopra dei cieli. Lodino il nome del Signore, perché al suo
comando sono stati creati. |
Siracide 16, 24-30 Ascoltami,
figlio, e impara la scienza, / e nel tuo cuore
tieni conto delle mie parole. / Manifesterò con
ponderazione la dottrina, / con cura annuncerò
la scienza. / Quando il Signore da principio
creò le sue opere, / dopo averle fatte ne
distinse le parti. / Ordinò per sempre le sue
opere / e il loro dominio per le generazioni
future. / Non soffrono né fame né stanchezza / e
non interrompono il loro lavoro. / Nessuna di
loro urta la sua vicina, / mai disubbidiranno
alla sua parola. / Dopo ciò il Signore guardò
alla terra / e la riempì dei suoi beni. / Ne
coprì la superficie con ogni specie di viventi /
e questi ad essa faranno ritorno.
Il libro del Siracide, detto anche "Sapienza
di Sirach" e, fino a poco tempo fa, detto anche
Ecclesiastico, fu inizialmente scritto in
ebraico da Ben Sira, (il nome greco è Siracide)
verso il 180 a. C. Il nipote tradusse questo
scritto in greco attorno al 130 a.C.,
lasciandone testimonianza nel prologo nel libro
stesso. È composto da 51 capitoli con vari
detti di genere sapienziale, sintesi della
religione ebraica tradizionale e della sapienza
comune. Nell'ultimo capitolo (51,1-,30) si può
leggere una breve autobiografia dell'autore
stesso. In Israele sta penetrando nella cultura
ebraica anche la cultura greca, riletta con le
sue pericolose novità e il Siracide, attraverso
la sua opera, vuole porre una diga morale per i
suoi, per aiutare a riprendere la Sapienza delle
proprie tradizioni. Coraggioso e infervorato
dalla Sapienza e del culto ebraico, insiste che
non ci si deve vergognare della propria
ricchezza morale e della legge. Quando il mondo
ebraico stabilì il Canone (elenco ufficiale dei
libri della Scrittura attorno il 90 d.C,) non si
considerò adatto questo testo, probabilmente
perché la sua diffusione era avvenuta
prevalentemente nel testo greco. E' rimasto
invece come testo sacro ispirato nei testi
ufficiali del Canone cattolico. Perciò non è
elencato nella Bibbia ebraica (22 libri), né nel
Canone del mondo protestante ( che segue, per
l'A.T., il criterio ebraico). Nelle bibbie,
perciò, è elencato come Deuterocanonico. E' un
libro che non ha una struttura definitiva e
organica. Per questo gli viene dato il nome di
"Raccolta di sentenze". Si possono intravvedere,
tuttavia, al suo interno, piccoli trattati su
argomenti particolari. Il testo che leggiamo
oggi inizia una lunga riflessione in cui si
incoraggiano i credenti ad abbandonarsi alla
misericordia di Dio:16,24-18,14.
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Romani 1, 16-21 Fratelli, io non
mi vergogno del Vangelo, perché è potenza di Dio per la salvezza
di chiunque crede, del Giudeo, prima, come del Greco. In esso
infatti si rivela la giustizia di Dio, da fede a fede, come sta
scritto: «Il giusto per fede vivrà». Infatti l’ira di Dio si
rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di
uomini che soffocano la verità nell’ingiustizia, poiché ciò che
di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha
manifestato a loro. Infatti le sue perfezioni invisibili, ossia
la sua eterna potenza e divinità, vengono contemplate e comprese
dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute.
Essi dunque non hanno alcun motivo di scusa perché, pur avendo
conosciuto Dio, non lo hanno glorificato né ringraziato come
Dio, ma si sono perduti nei loro vani ragionamenti e la loro
mente ottusa si è ottenebrata.
La
riflessione sulla fiducia, nell'abbandono al Signore, prosegue e
si articola con questo bellissimo testo di testimonianza di
Paolo. L'apostolo afferma con lucidità, carico dell'esperienza e
della consapevolezza della forza di Gesù, che è necessario
"confessare il Vangelo". Gesù, attraverso la croce, porta alla
salvezza. Paolo è cosciente della grandezza di questa comunione
con Gesù e non ha timore di proclamarsi seguace di un condannato
ad una morte da schiavo. Ha scoperto che in Gesù si nasconde la
potenza di Dio, unica possibilità di riscatto. La salvezza è
liberazione dal peccato e dalle sue conseguenze, attesa
fiduciosa nella conclusione della storia, consapevolezza di
essere stati chiamati e voluti liberi da Dio. Perciò noi stessi
siamo fiduciosi nel giudizio di Dio. La fede ci mette in
contatto con il Signore e quindi con la sua giustizia che
recupera il mondo e lo conduce all'armonia iniziale. "Da fede a
fede" l'apostolo pone nel ritmo del tempo la fedeltà e la
costanza di credere e di affidarsi a Dio. "Tutti gli uomini sono
sotto l'ira di Dio perché non hanno realizzato una giustizia".
Il che vuol dire che non hanno vissuto la fede "(v17).
Certamente a Paolo non sfugge il problema della impossibilità di
una veloce evangelizzazione: egli è consapevole che l'umanità,
per lo più, è pagana. Paolo dice: "Però avevano la possibilità
di accettare di conoscere Dio che, di fatto, hanno conosciuto
(v19)." Certamente, ma tale conoscenza non è diventata
riconoscimento. "Potenza e divinità" non sono state percepite.
Anzi sono state deturpate, confuse, rimescolate a vaneggiamenti
e ottenebramenti ( 21). Così non hanno saputo dare "gloria .e
grazie".
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Luca
12, 22-31 In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Io vi
dico: non preoccupatevi per la vita, di quello che mangerete; né per il
corpo, di quello che indosserete. La vita infatti vale più del cibo e il
corpo più del vestito. Guardate i corvi: non séminano e non mietono, non
hanno dispensa né granaio, eppure Dio li nutre. Quanto più degli uccelli
valete voi! Chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco
la propria vita? Se non potete fare neppure così poco, perché vi preoccupate
per il resto? Guardate come crescono i gigli: non faticano e non filano.
Eppure io vi dico: neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come
uno di loro. Se dunque Dio veste così bene l’erba nel campo, che oggi c’è e
domani si getta nel forno, quanto più farà per voi, gente di poca fede. E
voi, non state a domandarvi che cosa mangerete e berrete, e non state in
ansia: di tutte queste cose vanno in cerca i pagani di questo mondo; ma il
Padre vostro sa che ne avete bisogno. Cercate piuttosto il suo regno, e
queste cose vi saranno date in aggiunta».
Il capitolo 12
è un insegnamento che Luca organizza in un capitolo abbastanza complesso e
che può avere come titolo: "Gesù incoraggia i suoi ad essere presenti nel
mondo con stile nuovo". Accenno ai quattro momenti del capitolo: noi oggi
stiamo leggendo il terzo. 1. "parlare senza timore" (12,1-12); 2. "La
parabola del ricco stolto" (12,13-21); 3. "la fiducia nella Provvidenza"
(12,22-34); 4. " L'attesa del ritorno del Figlio dell'uomo" (12,35-48).
Tutti questi richiami orientano ad una presenza credente e coraggiosa nel
mondo, consapevoli della parola di Gesù, forti per criteri diversi di vita
che iniziano da una presa di coscienza cristiana e da una determinazione
precisa. Gesù, in questo testo, vuole coinvolgere tutti, anche quelli che
verranno, pur sapendo che costituiscono "un piccolo gregge" (12,32). Gesù
ci propone scelte di pensiero e di stile: - Non bisogna ossessionarsi di
fronte ai problemi quotidiani fino a perdere la pace, - Non mettere al
primo posto la ricerca del mangiare e del bere. "Così fanno i pagani" (v30),
- Rifiuta l'ansia, - Rifiuta la paura. In Israele era facile soffrire
la fame perché spesso i raccolti non erano abbondanti e sovente ci sono state
lunghe stagioni di siccità. È' importante non perdere un equilibrio per
non lasciarsi prendere dall'angoscia o dalla insignificanza. E' vero che il
gregge è piccolo ma lo regge la forza di Dio, il pastore di Israele. Gesù,
che ama le parabole, invita a vedere il creato come una grande parabola.
Nella realtà trovano soluzione persino i corvi, considerati animali immondi e
inutili (Lv 11,15). In più, si diceva, i corvi, abbandonano molto presto i
loro piccoli nel nido. Per cui è proprio Dio che li nutre. Se non si è
capaci di allungare di un'ora la vita, perché preoccuparsi del resto?
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