 DOMENICA X DOPO PENTECOSTE
29 luglio 2018
Matteo 21, 12-16
Riferimenti : primo libro dei Re 7, 51 – 8, 14 - Salmo 28 -
Seconda lettera ai Corinzi 6, 14 – 7, 1 |
Date al Signore, figli di Dio, date al Signore
gloria e potenza. Date al Signore la gloria del suo nome,
prostratevi al Signore nel suo atrio santo. La voce del Signore
è forza, la voce del Signore è potenza. La voce del Signore
saetta fiamme di fuoco. Nel suo tempio tutti dicono: «Gloria!».
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Riferimenti : primo libro dei Re 7, 51 – 8, 14
In quei giorni. Fu terminato tutto il lavoro che
il re Salomone aveva fatto per il tempio del
Signore. Salomone fece portare le offerte
consacrate da Davide, suo padre, cioè l’argento,
l’oro e gli utensili; le depositò nei tesori del
tempio del Signore. Salomone allora convocò
presso di sé in assemblea a Gerusalemme gli
anziani d’Israele, tutti i capitribù, i prìncipi
dei casati degli Israeliti, per fare salire
l’arca dell’alleanza del Signore dalla Città di
Davide, cioè da Sion. Si radunarono presso il re
Salomone tutti gli Israeliti nel mese di Etanìm,
cioè il settimo mese, durante la festa. Quando
furono giunti tutti gli anziani d’Israele, i
sacerdoti sollevarono l’arca e fecero salire
l’arca del Signore, con la tenda del convegno e
con tutti gli oggetti sacri che erano nella
tenda; li facevano salire i sacerdoti e i
leviti. Il re Salomone e tutta la comunità
d’Israele, convenuta presso di lui, immolavano
davanti all’arca pecore e giovenchi, che non si
potevano contare né si potevano calcolare per la
quantità. I sacerdoti introdussero l’arca
dell’alleanza del Signore al suo posto nel
sacrario del tempio, nel Santo dei Santi, sotto
le ali dei cherubini. Difatti i cherubini
stendevano le ali sul luogo dell’arca; i
cherubini, cioè, proteggevano l’arca e le sue
stanghe dall’alto. Le stanghe sporgevano e le
punte delle stanghe si vedevano dal Santo di
fronte al sacrario, ma non si vedevano di fuori.
Vi sono ancora oggi. Nell’arca non c’era nulla
se non le due tavole di pietra, che vi aveva
deposto Mosè sull’Oreb, dove il Signore aveva
concluso l’alleanza con gli Israeliti quando
uscirono dalla terra d’Egitto. Appena i
sacerdoti furono usciti dal santuario, la nube
riempì il tempio del Signore, e i sacerdoti non
poterono rimanervi per compiere il servizio a
causa della nube, perché la gloria del Signore
riempiva il tempio del Signore. Allora Salomone
disse: «Il Signore ha deciso di abitare nella
nube oscura. / Ho voluto costruirti una casa
eccelsa, / un luogo per la tua dimora in
eterno». Il re si voltò e benedisse tutta
l’assemblea d’Israele, mentre tutta l’assemblea
d’Israele stava in piedi.
Qui si parla della collocazione definitiva
dell'arca nel tempio, sognato da decenni, e
finalmente terminato da Salomone. Vengono
convocati in assemblea, a Gerusalemme, gli
anziani d'Israele, i capitribù, i principi dei
casati degli Israeliti e si radunano presso il
re Salomone tutti gli Israeliti nel mese di
Etanìm, tutti gli anziani d'Israele, i sacerdoti
e i leviti. Bisogna "fare salire l'arca
dell'alleanza del Signore "dalla città di
Davide, cioè da Sion" al tempio di Gerusalemme,
costruito più in alto. Tutta la zona si
chiamerà, poi, monte Sion. Probabilmente, per
sottolineare l'eccezionale importanza, si vuol
dire che tutta Israele è presente all'ingresso
dell'arca nel tempio, costruito con munificenza
e splendore in molti anni di lavoro duro in cui
sono state profuse molte ricchezze, ricorrendo
anche ad artigiani provenienti da nazioni
straniere. L'avvenimento è registrato "al
settimo mese" in corrispondenza, grosso modo,
della festa delle Capanne che cade in autunno,
quando si commemora il cammino nel deserto dopo
l'uscita dall'Egitto. La processione ha un
andamento liturgico particolare, con molte
fermate durante le quali si offrono buoi e
pecore, lungo un cammino che sale. E si parla
non solo dell'arca ma anche della "tenda del
convegno" che ha accompagnato il popolo nel
deserto circa tre secoli prima. Probabilmente la
tenda, nel frattempo, è stata cambiata nelle
peripezie di collocazione, di trafugamenti,
rubata come trofeo di guerra dai Filistei e poi
rimandata per le malattie che si diffondevano
nella città che ospitava la tenda stessa.
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Seconda lettera ai Corinzi 6, 14 – 7, 1 Fratelli, non
lasciatevi legare al giogo estraneo dei non credenti. Quale
rapporto infatti può esservi fra giustizia e iniquità, o quale
comunione fra luce e tenebre? Quale intesa fra Cristo e Bèliar,
o quale collaborazione fra credente e non credente? Quale
accordo fra tempio di Dio e idoli? Noi siamo infatti il tempio
del Dio vivente, come Dio stesso ha detto: «Abiterò in mezzo a
loro e con loro camminerò / e sarò il loro Dio, / ed essi
saranno il mio popolo. / Perciò uscite di mezzo a loro / e
separatevi, dice il Signore, / non toccate nulla d’impuro. / E
io vi accoglierò / e sarò per voi un padre / e voi sarete per me
figli e figlie, / dice il Signore onnipotente». In possesso
dunque di queste promesse, carissimi, purifichiamoci da ogni
macchia della carne e dello spirito, portando a compimento la
santificazione, nel timore di Dio.
Paolo
confessa la sua franchezza e manifesta i suoi sentimenti per
questa comunità di Corinto che lo attrae fino a sentirsi per
loro padre e lo rattrista, nello stesso tempo, perché spesso
alcuni si lasciano coinvolgere in mentalità che fanno ritornare
al paganesimo. L'immagine che anche Gesù aveva utilizzato è
quella del giogo. Lo si vede facilmente, in un mondo contadino e
di commercio sugli animali da tiro e sulle spalle degli schiavi.
Il giogo è una trave di legno che serve a legare insieme due
animali o due persone per il tiro del carro o dell'aratro.
Esprime una sottomissione a precetti che mettono l'altro in
soggezione di schiavitù. E' anche segno di sottomissione a
potenze straniere, o a leggi troppo pesanti da sopportare. Ne
parla Pietro ricordando che il giogo ebraico era insopportabile
(At 15,10) e ne parla Paolo, anche altrove, oltre che qui (Gal
5,1). Ma il giogo può richiamare anche il dominio di Dio giusto
e gradevole. Gesù ha garantito che "il mio giogo è gradevole e
il mio carico è leggero" (Mt 11,30). E con il suo lavoro Gesù
deve averne fatti tanti di gioghi, e conosceva i gioghi agevoli
e quelli che, difettosi, ferivano gli animali. Spezzare il giogo
significa liberarsi dalla soggezione. Spesso si dice, però, che
Israele spezza il giogo della legge di Dio per accettarne uno
più pesante che viene dagli idoli e che lo rende sempre più
schiavo. Qui, in particolare, dicendo: "Non lasciatevi legare al
giogo estraneo dei non credenti", si fa riferimento ad una legge
del mondo ebraico in cui si vieta che si leghino insieme due
animali diversi, come un bue ed un asino allo stesso giogo: "Non
devi arare con un bue e un asino aggiogati assieme" (Deut
22,10).
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Matteo 21, 12-16 In quel tempo. Il Signore Gesù entrò nel
tempio e scacciò tutti quelli che nel tempio vendevano e compravano; rovesciò
i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe e disse loro:
«Sta scritto: / “La mia casa sarà chiamata casa di preghiera”. / Voi invece
ne fate un covo di ladri». Gli si avvicinarono nel tempio ciechi e storpi, ed
egli li guarì. Ma i capi dei sacerdoti e gli scribi, vedendo le meraviglie
che aveva fatto e i fanciulli che acclamavano nel tempio: «Osanna al figlio
di Davide!», si sdegnarono, e gli dissero: «Non senti quello che dicono
costoro?». Gesù rispose loro: «Sì! Non avete mai letto: / “Dalla bocca di
bambini e di lattanti / hai tratto per te una lode”?».
Il capitolo 21 segna, nel vangelo di Matteo, il momento culminante della
manifestazione di Gesù a Gerusalemme. Tutto avviene come se Gesù debba
prendere possesso della sua città perché "Figlio di Davide", Messia, inviato
da Dio nel suo popolo. Gesù entra a Gerusalemme con quell'apparato
sorprendente e insolito del cavalcare un asinello. Non ci sarebbe stato nulla
di particolare se un ingresso, così dimesso e così insolito, per Gesù non
fosse stato collegato a Isaia 62,11 (Ecco ciò che il Signore fa sentire
all'estremità della terra: «Dite alla figlia di Sion: "Ecco, arriva il tuo
salvatore; ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede") e
a Zc 9,9-10 (Rallegrati, città di Sion: acclama, Gerusalemme; ecco giunge il
tuo re: giusto, vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro d'asina.
Distruggerà i carri di Ekròn e i cavalli di Gerusalemme; distruggerà gli
archi da guerra e detterà pace alle nazioni; dominerà da mare a mare, dal
Gran Fiume ai confini della terra). Si aprono così delle speranze impensabili
di sicurezza, di potere, di pace, di benessere. A questo punto Gesù osa, in
questa occasione, entrare nel tempio, incurante dell'entusiasmo che lo segue
e dell'indignazione che sta suscitando tra le autorità religiose. Gesù sente
davvero di essere il nuovo re che deve rigovernare il mondo di Dio e sente
che bisogna incominciare dal tempio. Lì ci sono le basi della irreligiosità e
della ipocrisia, lì ci sono le radici dell'idolatria.' |