
VII domenica dopo pentecoste
8 luglio 2018
Giovanni 16, 33 – 17, 3
Giosuè 10, 6-15 - Salmo 19 -
Romani 8, 31b-39 |
Ti risponda il Signore nel giorno dell’angoscia,
ti protegga il nome del Dio di Giacobbe. Ti mandi l’aiuto dal
suo santuario e dall’alto di Sion ti sostenga. Ti conceda ciò
che il tuo cuore desidera, adempia ogni tuo progetto. Esulteremo
per la tua vittoria, nel nome del nostro Dio alzeremo i nostri
vessilli: adempia il Signore tutte le tue richieste. |
Giosuè 10, 6-15 In quei giorni.
Gli uomini di Gàbaon inviarono questa richiesta
a Giosuè, all’accampamento di Gàlgala: «Da’ una
mano ai tuoi servi! Vieni presto da noi a
salvarci e aiutaci, perché si sono alleati
contro di noi tutti i re degli Amorrei, che
abitano le montagne». Allora Giosuè salì da
Gàlgala con tutto l’esercito e i prodi
guerrieri, e il Signore gli disse: «Non aver
paura di loro, perché li consegno in mano tua:
nessuno di loro resisterà davanti a te». Giosuè
piombò su di loro all’improvviso, avendo
marciato tutta la notte da Gàlgala. Il Signore
li disperse davanti a Israele e inflisse loro
una grande sconfitta a Gàbaon, li inseguì sulla
via della salita di Bet-Oron e li batté fino ad
Azekà e a Makkedà. Mentre essi fuggivano dinanzi
a Israele ed erano alla discesa di Bet-Oron, il
Signore lanciò dal cielo su di loro come grosse
pietre fino ad Azekà e molti morirono. Morirono
per le pietre della grandine più di quanti ne
avessero uccisi gli Israeliti con la spada.
Quando il Signore consegnò gli Amorrei in mano
agli Israeliti, Giosuè parlò al Signore e disse
alla presenza d’Israele: / «Férmati, sole, su
Gàbaon, / luna, sulla valle di Àialon». / Si
fermò il sole / e la luna rimase immobile /
finché il popolo non si vendicò dei nemici. Non
è forse scritto nel libro del Giusto? Stette
fermo il sole nel mezzo del cielo, non corse al
tramonto un giorno intero. Né prima né poi vi fu
giorno come quello, in cui il Signore ascoltò la
voce d’un uomo, perché il Signore combatteva per
Israele. Giosuè e tutto Israele ritornarono
verso l’accampamento di Gàlgala.
Giosuè 10, 6-15 Il racconto di Giosuè,
diventato famoso per gli incidenti di percorso
lungo i secoli, circa la discussione sul "sole
che gira attorno alla terra" (convinzione comune
fino al secolo XVII) e "la terra che gira
attorno al sole" ( convinzione sostenuta da
Galileo: 1564-1642). La discussione divenne
polemica religiosa e non si fermò a livello
scientifico, coinvolgendo criteri interpretativi
della Scrittura e problemi sulla verità biblica.
Il testo della Scrittura, che leggiamo oggi, è
la relazione di una delle battaglie che il
popolo d'Israele ha affrontato nella conquista
della terra promessa che sta lentamente
popolando. Si fa riferimento a memorie
tramandate, a testimonianze custodite nel
privato della propria tribù, a brandelli di
notizie conservate nei secoli, per mostrare che
l'impresa sarebbe stata impossibile e
insormontabile se il Signore non si fosse fatto
presente, garantendo la sua protezione, pur
chiedendo operosità e attività di conquista.
Cinque re, detti " re della montagna", anche se
qualcuno comanda su città di pianura, si
preoccupano dei successi di questo popolo nuovo
che invade la loro terra, anticipato da notizie
di salvataggi favolosi nel mare. Così, sentendo
che perfino una città assai fortificata come
Gabaon, che pur ha un esercito di uomini
coraggiosi, si è sottomessa, consegnandosi senza
combattere, i re insieme vogliono attaccare
Gabaon: a questa città. Giosuè aveva garantito
non solo salva la vita, ma anche aiuto e
protezione contro i vicini nemici. Giosuè si
sente incoraggiato dall'aiuto di Dio e quindi, a
marce forzate, in una notte, percorre con il suo
esercito circa 30 Km, arrivando a salvare chi lo
ha interpellato. Di fronte alla sorprendente
forza d'urto, così improvvisa, cresce la
confusione tra le truppe dei re, attaccate, tra
l'altro, da una poderosa grandinata (qualcuno
pensa alla grandine, qualcuno a scontri di
meteoriti che cadono: si parla infatti di
"pietre"). I 5 re fuggono inseguiti.
|
Romani 8, 31b-39 Fratelli, se Dio
è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato
il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci
donerà forse ogni cosa insieme a lui? Chi muoverà accuse contro
coloro che Dio ha scelto? Dio è colui che giustifica! Chi
condannerà? Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra
di Dio e intercede per noi! Chi ci separerà dall’amore di
Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la
fame, la nudità, il pericolo, la spada? Come sta scritto: «Per
causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, siamo considerati
come pecore da macello». Ma in tutte queste cose noi siamo più
che vincitori grazie a colui che ci ha amati. Io sono infatti
persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né
presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né
alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che
è in Cristo Gesù, nostro Signore. Romani. 8,
31b-39 Il capitolo 8 ci incoraggia a rivedere con gioia e
speranza grande l'avventura cristiana. Ciascuno di noi,
giustificato per la fede, vive nello Spirito, quale figlio ed
erede di Dio. In tutto il capitolo lo Spirito è il centro
focale. La vita va vissuta secondo lo Spirito. - 8,1-13 La
vita cristiana, in antitesi alla vita vissuta nella carne, è
vissuta secondo lo Spirito. - 8, 14-30. Ciascuno di noi vive
nella fede come Figlio e attende l'eredità della gloria con
tutta la creazione. Questo testo, a suo modo, va distinto in più
parti: - 8,14-17: lo spirito di figliolanza, - 8,18-25. la
solidarietà dei figli di Dio si estende all'intera creazione
nell'attesa della gloria futura, - 8, 26-30: lo Spirito prega
in noi e intercede presso il Padre. - 8,31-39: inno all'amore
La nostra attesa di gloria sarà esaudita perché Dio è fedele e
abbraccia tutti gli uomini. Noi amiamo Dio, dice Paolo, ma
questo avviene perché egli ci ha prima chiamati, ci ha
conosciuti da sempre, ci ha predestinati ad essere secondo
l'immagine del Figlio suo, ci ha giustificati. E tutto questo
tende alla glorificazione futura e piena. Il Signore sta dalla
nostra parte. Quindi, di che cosa dobbiamo avere paura?
|
Giovanni
16, 33 – 17, 3 In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Vi
ho detto questo perché abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazioni, ma
abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!». Così parlò Gesù. Poi, alzàti gli
occhi al cielo, disse: «Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché
il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché
egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita
eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù
Cristo». Giovanni. 16, 33 - 17, 3 Nell'ultima cena che è
il grande momento conclusivo della rivelazione ai suoi, Gesù ha sviluppato il
suo messaggio ai discepoli, come un testamento. E' stato un lungo confidarsi,
aprendo con pazienza discorsi di intimità ed amicizia. Ed essi, gli amici, si
sentono appassionatamente uniti a Gesù e, per certi versi, sicuri dei propri
sentimenti e del proprio futuro perché garantiti dalla grandezza del Maestro.
Ma Gesù, lentamente, li raggiunge con la sua discrezione e la sua pienezza di
vita. Gesù li conosce bene e sa che gli avvenimenti, che stanno per accadere,
li avrebbero colpiti drammaticamente. Essi, invece, non sanno, continuano ad
ignorare i segnali distribuiti da Gesù lungo la loro strada, si illudono che
la potenza di Gesù avrebbe vinto il mondo, ma a modo loro, e si appassionano.
Gesù rivela la fatica, i conflitti, le delusioni e le sconfitte. Ma tutto il
discorso di Gesù è enigmatico, come ogni discorso sul futuro, anche se
proveniente da un profeta. Ancor più con loro che continuano ad alimentare la
certezza che Gesù vince e vincerà i suoi nemici. Ed essi continuano a
pensare, "Li vincerà a modo nostro". Lo ha detto poco prima: "Se non me ne
vado, non verrà a voi il Paràclito; se invece me ne vado, lo manderò a voi. E
quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla
giustizia e al giudizio. Riguardo al peccato, perché non credono in me;
riguardo alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più; riguardo
al giudizio, perché il principe di questo mondo è già condannato" (16,7-11). |