DOMENICA DI PENTECOSTE
20 maggio 2018
Giovanni 14, 15-20
Riferimenti : Atti degli Apostoli 2, 1-11 - Salmo 103 - Prima lettera ai Corinzi 12, 1-11
Del tuo Spirito, Signore, è piena la terra. Benedici il Signore, anima mia! Sei tanto grande, Signore, mio Dio! Quante sono le tue opere, Signore! La terra è piena delle tue creature.

Atti degli Apostoli 2, 1-11
Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, i discepoli si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.
Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».
Luca, che vuole richiamare il cammino nel tempo della Comunità di Gesù, ritorna ai suoi inizi per scoprire come è iniziato e quindi come è continuato negli anni successivi. Gli Atti degli Apostoli iniziano con i brevi incontri di Gesù risorto, l'Ascensione e quindi con il tempo dell'attesa che Gesù ha prospettato loro. "Lo Spirito Santo verrà su di voi e mi sarete testimoni" (At 1,8). Non vengono date da Gesù né scadenze, né appuntamenti di calendario: questa sua comunità deve saper vivere nella storia, cogliendo significati e rimanendo a sua disposizione del Signore, pur nella sua piena libertà ed autonomia. Di fatto, a 50 giorni dalla Pasqua, avviene un avvenimento che cambia completamente la loro esistenza. Si sta svolgendo una festa ebraica: la Pentecoste o "Festa delle settimane" che celebra la conclusione della mietitura e della trebbiatura del grano. E' quindi una festa di ringraziamento in cui vengono portati, come primizie al Signore, due pani lievitati. La stessa festa è carica anche di un significato teologico: si celebra il cambiamento del proprio destino di popolo di Dio, avvenuto con la consegna della legge a Mosè sul Sinai, e quindi con il patto dell'Alleanza, tre mesi dopo l'uscita dall'Egitto. E se la Pasqua rappresenta l'ora del fidanzamento di Dio con il suo popolo, liberato dall'Egitto, la Pentecoste ricorda e rinnova le nozze, nella scelta reciproca e nel patto. E se con la "festa delle settimane " si compie il grande impegno e il patto del popolo d'Israele, nello sfondo si rinnovano le altre grandi e antiche alleanze: quella Noè e quella di Abramo. Con la Pentecoste cristiana si celebra la nuova Alleanza nel dono dello Spirito. "Si sta compiendo il giorno della Pentecoste" e Gesù manda lo Spirito, quale frutto della sua morte e della sua risurrezione.
- Lo Spirito Santo non seleziona le persone, ma "riempie" e scende su "tutti". Non è chiaro se solo sui 12 (1,13-14) o sulle 120 persone (1,15), ormai già presenti nel Cenacolo. Il dono è per tutti ed è sovrabbondante, premessa della universalità a cui fa riferimento Pietro quando parla alla gente.
- I segni sono: un fragore, il vento e il fuoco. Il fragore richiama il suono della tromba sempre più assordante sul Sinai; il vento sconvolge le regole, le ideologie, le trame e fa pulizia; il fuoco ha un significato vastissimo: trasforma i discepoli perché diventino testimoni, e li arricchisce con l'amore e la passione per ciò che accolgono perché lo sappiano esprimere in pienezza. Essi debbono portare nel mondo la passione e la forza e il mondo deve trasformarsi ancora nel luogo splendido e benedetto, creato da Dio. Gesù stesso aveva ricordato un suo desiderio, richiamando il fuoco: "Sono venuto a portare il fuoco sulla terra e come vorrei che fosse già acceso" (Lc 12,49).

Prima lettera ai Corinzi 12, 1-11
Riguardo ai doni dello Spirito, fratelli, non voglio lasciarvi nell’ignoranza. Voi sapete infatti che, quando eravate pagani, vi lasciavate trascinare senza alcun controllo verso gli idoli muti. Perciò io vi dichiaro: nessuno che parli sotto l’azione dello Spirito di Dio può dire: «Gesù è anàtema!»; e nessuno può dire: «Gesù è Signore!», se non sotto l’azione dello Spirito Santo. Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue. Ma tutte queste cose le opera l’unico e medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole.
La comunità cristiana aveva scoperto di aver ricevuto dallo Spirito doti e risorse importanti nel suo interno per il sostegno e le esigenze dei fratelli e sorelle credenti. E se questo dimostrava, con chiarezza particolare, aiuti, offrendo sostegni reciproci, creava spesso difficoltà e disagi perché i dono ricevuti costituivano, come un patrimonio privato da rivendicare per sé e come una proprietà privata, un privilegio di cui sentirsi valorizzati. In questo modo sorgevano tensioni nella comunità cristiana, gelosie, invidie, gruppi di potere. Si pretendeva di mettere in gerarchia ciò che si possedeva, valutando il più e il meno, compromettendo i rapporti di fraternità e creando insieme sconcerto e diffidenza Paolo si preoccupava delle tensioni della comunità di Corinto che pure si manifestava come una vivacissima comunità di credenti. Perciò, in questa lettera, affrontò il tema degli "carismi" poiché regnava una notevole confusione a causa dei molti "doni" che i cristiani manifestavano nella loro vita privata e nella comunità. Così, nei tre successivi capitoli, Paolo sviluppò:
- I carismi sono dati per il bene della comunità: perciò non devono dare occasione a rivalità (c 12).
- La carità li sorpassa tutti (c 13).
- La loro gerarchia si stabilisce in base al contributo che portano all'edificazione della comunità (c 14).
San Paolo si fermò molto su questi temi. Scrisse che l'origine è lo Spirito Santo e la finalità è "l'utilità comune" (v 7). Si volle leggere un progetto e ci si rese conto di aver bisogno di una coscienza particolarmente lucida e umile in tutti nella Chiesa. E se tutti avevano qualche cosa di nuovo e di bello da portare, "a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune" (v 7).
Questa frase dovrebbe essere fondamentale della Chiesa anche oggi: è la scoperta e la valorizzazione delle ricchezze esistenti in una comunità; ed insieme diventa esigente di una analisi dei bisogni e delle difficoltà, soprattutto dei più poveri.


Giovanni 14, 15-20
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi».


Gesù si preoccupa di aprire un futuro alla sua Chiesa. Finora l'ha custodita, ne è stato il Paràclito (1Gv 2,1), ma ora è necessario che ci sia un "altro Paràclito". La tradizione ebraica conosceva un personaggio chiamato "Paràclito" (difensore) che aveva la funzione di sedersi accanto agli accusati in tribunale per aiutare a chiarire, ridimensionare, o addirittura cancellare le accuse di chi era citato in giudizio. Gesù si preoccupa di rassicurare i discepoli perché finora è stato Lui il "difensore-consolatore" (nel linguaggio corrente significa: "aiuto, consigliere, difensore, avvocato, protettore, intercessore"). Ma dopo la sua morte, dice Gesù, ci sarà un "altro Consolatore" che abiterà stabilmente in loro. Si assumerà lo stesso suo compito, sarà una persona viva, distinta da Gesù. Sarà mandato dal Padre (14,16) ed anche da Gesù (16,7).
Importante è che si ubbidisca ai comandamenti di Gesù che poi corrispondono ad amare i propri fratelli e sorelle e ad accogliere la volontà del Padre come Gesù ha fatto. Lo Spirito dimorerà per sempre presso i discepoli (14,15-17).
Se si vuole fare sintesi dell'impegno dello Spirito nella Chiesa di Gesù, bisogna essere attenti al compito che si assume presso noi. E' fondamentalmente custode del tempo prima ancora che dello spazio. Egli aiuterà, certo, a camminare verso le nazioni ( lo spazio), sostenendole nella scoperta di Gesù. Ma fondamentalmente sarà il Signore del tempo poiché in ogni vita, in ogni stagione, in ogni secolo bisogna riprendere da capo la testimonianza, aprendo gli scrigni della sapienza di Gesù.
- Lo Spirito testimonierà Gesù stesso (15,26-27;1Gv 5,6-7) e garantirà che la sua missione viene veramente da Dio e che il mondo, ingannato dal suo Principe, il «padre della menzogna» (8,44), ha avuto torto nel non credere in lui (16,7-11).