 DOMENICA DELLE PALME
25 marzo 2018
Giovanni 11, 55 – 12, 11
Riferimenti : Isaia 52, 13 – 53, 12 - Samol 87 - Ebrei 12,1b-3 |
Signore, Dio della mia salvezza, avanti a te
grido giorno e notte. Giunga fino a te la mia preghiera, tendi
l’orecchio alla mia supplica. Io sono sazio di sventure, la mia
vita è sull’orlo degli inferi. |
Isaia 52, 13 – 53, 12 Così dice
il Signore Dio: / «Ecco, il mio servo avrà
successo, / sarà onorato, esaltato e innalzato
grandemente. / Come molti si stupirono di lui /
– tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo
aspetto / e diversa la sua forma da quella dei
figli dell’uomo –, / così si meraviglieranno di
lui molte nazioni; / i re davanti a lui si
chiuderanno la bocca, / poiché vedranno un fatto
mai a essi raccontato / e comprenderanno ciò che
mai avevano udito. / Chi avrebbe creduto al
nostro annuncio? / A chi sarebbe stato
manifestato il braccio del Signore? / È
cresciuto come un virgulto davanti a lui / e
come una radice in terra arida. / Non ha
apparenza né bellezza / per attirare i nostri
sguardi, / non splendore per poterci piacere. /
Disprezzato e reietto dagli uomini, / uomo dei
dolori che ben conosce il patire, / come uno
davanti al quale ci si copre la faccia; / era
disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. /
Eppure egli si è caricato delle nostre
sofferenze, / si è addossato i nostri dolori; /
e noi lo giudicavamo castigato, / percosso da
Dio e umiliato. / Egli è stato trafitto per le
nostre colpe, / schiacciato per le nostre
iniquità. / Il castigo che ci dà salvezza si è
abbattuto su di lui; / per le sue piaghe noi
siamo stati guariti. / Noi tutti eravamo
sperduti come un gregge, / ognuno di noi seguiva
la sua strada; / il Signore fece ricadere su di
lui / l’iniquità di noi tutti. / Maltrattato, si
lasciò umiliare / e non aprì la sua bocca; / era
come agnello condotto al macello, / come pecora
muta di fronte ai suoi tosatori, / e non aprì la
sua bocca. / Con oppressione e ingiusta sentenza
fu tolto di mezzo; / chi si affligge per la sua
posterità? / Sì, fu eliminato dalla terra dei
viventi, / per la colpa del mio popolo fu
percosso a morte. / Gli si diede sepoltura con
gli empi, / con il ricco fu il suo tumulo, /
sebbene non avesse commesso violenza / né vi
fosse inganno nella sua bocca. / Ma al Signore è
piaciuto prostrarlo con dolori. / Quando offrirà
se stesso in sacrificio di riparazione, / vedrà
una discendenza, vivrà a lungo, / si compirà per
mezzo suo la volontà del Signore. / Dopo il suo
intimo tormento vedrà la luce / e si sazierà
della sua conoscenza; / il giusto mio servo
giustificherà molti, / egli si addosserà le loro
iniquità. / Perciò io gli darò in premio le
moltitudini, / dei potenti egli farà bottino, /
perché ha spogliato se stesso fino alla morte /
ed è stato annoverato fra gli empi, / mentre
egli portava il peccato di molti / e intercedeva
per i colpevoli». Questa
liturgia domenicale richiama il cammino della
comunità cristiana che celebra il grande
avvenimento della Pasqua nel suo inizio
drammatico della morte. Con la seguente domenica
si sviluppa la conclusione della Pasqua nella
risurrezione: annuncio sconcertante della
vittoria sulla morte, sul peccato, sulla
violenza e quindi garanzia che Dio mette mano
nella storia perché non cada nella disperazione.
Dio è attento all'amore coraggioso del suo servo
che ama ogni persona, anche i suoi uccisori e
trasforma la maledizione, che si è presa su di
sé, e la cancella poiché per il Padre ama fino
alla morte. Da questo momento chi lotta e soffre
con amore salva il mondo attraverso e come Gesù.
Questa prima lettura è come un ingresso
magnifico e sconcertante del profeta che ci
prende per mano e ci fa assistere alla tragedia
ed alla gloria del "servo di Dio". Così sono
chiamati Mosè (Es14,31) e Davide (Sal 89,21) e
così è chiamato questo oscuro figlio d'Israele
"servo del Signore". Se l'inizio del capitolo 52
è uno splendido canto di gioia sulla Gerusalemme
liberata dalla schiavitù e prefigurata come la
patria dei figli d'Israele che ritornano da
Babilonia, liberati: "Svégliati, svégliati,
rivèstiti della tua magnificenza, Sion; indossa
le vesti più splendide, Gerusalemme, città santa
(52,1), si passa improvvisamente, senza
preavviso, ad un personaggio nuovo, anonimo:
"Ecco, il mio servo avrà successo, sarà onorato,
esaltato e innalzato grandemente" (Is 52,13). Un
personaggio amato, onorato da Dio, glorioso? Ma
immediatamente l'immagine cambia: quest'uomo è
irriconoscibile. "Sfigurato, disprezzato,
reietto, castigato. Non ha apparenza né
bellezza, non splendore per poterci piacere,
uomo dei dolori, uno davanti al quale ci si
copre la faccia; senza alcuna stima, percosso da
Dio e umiliato, trafitto, schiacciato,
maltrattato. Il Signore fece ricadere su di lui
l'iniquità di noi tutti, si lasciò umiliare e
non aprì la sua bocca; era come agnello condotto
al macello, come pecora muta di fronte ai suoi
tosatori, e non aprì la sua bocca" (Is 53,2-7).
Se pure il servo sopporterà con grande pazienza
(53,7), non ci può essere che scandalo per gli
spettatori (52,14-15;53,2-3.7-9): certamente
quest'uomo non può essere che un maledetto da
Dio. Così, infatti, pensa chi, sotto la croce,
assiste a Gesù che muore. Eppure egli è un
innocente che espia i peccati, le pene e le
sofferenze a cui dovrebbero essere sottoposti i
peccatori. E il testo ci dice con stupore che,
con questa sostituzione, noi otteniamo la pace.
Per le sue cicatrici guariamo.
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Ebrei 12,1b-3 Fratelli, avendo
deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia,
corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti,
tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede
e la porta a compimento. Egli, di fronte alla gioia che gli era
posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il
disonore, e siede alla destra del trono di Dio. Pensate
attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così
grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate
perdendovi d’animo. Questa lettera è scritta a
cristiani che vengono dall'ebraismo ma che hanno accolto Gesù
come la pienezza della propria fede nei Padri. Essi hanno
creduto ed hanno cercato di mantenere la fedeltà a Gesù, ma via
via hanno incontrato resistenze e difficoltà crescenti. Alle
spalle ci sono le tragiche esperienze del crollo di Gerusalemme
dopo 40 anni dalla morte di Gesù, nel 70 d.C. e quindi la
dispersione. Alcuni, migrando nel mondo di quel tempo, hanno
incontrato alcune comunità ebraiche ed alcune comunità
cristiane. A molti di loro è sembrato che la scelta di Gesù
fosse una risposta coraggiosa e coerente e l'hanno accettata
vivendola nella fede. Ma nella fede, se ci si fa forti, bisogna
lottare come i Padri che ci hanno preceduto. Nel Capitolo 11
l'autore biblico, ha illustrato il significato della fede che i
Padri hanno vissuto. " Per questa fede i nostri antenati sono
stati approvati da Dio" (11,2). L'immagine di una corsa negli
stadi fa ricordare gli spettatori che sostengono con il loro
entusiasmo gli atleti che corrono. Un cristiano, nella vita, è
come un atleta che corre. A somiglianza dell'atleta, bisogna
"deporre ogni peso, correre con perseveranza, tenere gli occhi
fissi alla meta senza distrarsi". Sono sfide che vanno
affrontate e sappiamo che siamo accompagnati dagli atleti che
sono vissuti prima di noi ed hanno mantenuto la fede, ed ora a
margini della pista fanno il tifo per noi. Essi ci accompagnano
e ci indicano il vero campione che è Gesù: perciò sorgono
atteggiamenti propri di chi corre per ottenere una corona ed un
riconoscimento di gloria. Sono scelte che i credenti debbono
poter compiere, sapendo che questa corsa è orientata verso
Cristo, origine di quella fede che in Lui è stata portata a
compimento, come via garantita.
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Giovanni 11, 55 – 12, 11
( .. e Gesù non si mostrava più in pubblico tra i giudei, ma si ritirò in una
cittadina chiamata In quel tempo Efraim) Era vicina la
Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della
Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano
tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?». Intanto i capi dei
sacerdoti e i farisei avevano dato ordine che chiunque sapesse dove si
trovava lo denunciasse, perché potessero arrestarlo. Sei giorni prima della
Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva
risuscitato dai morti. E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro
era uno dei commensali. Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro
nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi
capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo. Allora Giuda
Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: «Perché non
si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai
poveri?». Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un
ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro.
Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché ella lo conservi per il giorno
della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre
avete me». Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si
trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli
aveva risuscitato dai morti. I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere
anche Lazzaro, perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano
in Gesù. Nel suo Vangelo Giovanni, a questo punto,
comincia a raccontare gli ultimi fatti di Gesù e il profilo dell'orizzonte
che si presenta. All'esterno, nei luoghi di potere, si pensa di bloccarlo con
ordini precisi e perentori: si costruisce una trama di tradimento attorno a
lui, si mobilitano la classe sacerdotale e l'autorità religiosa, mentre si
infittisce la domanda sulla prossima venuta a Gerusalemme, formulata da
curiosi, credenti, pellegrini. La casa di Dio (il tempio) è vuota della sua
presenza e tutti si pongono la domanda della fedeltà al pellegrinaggio dal
centro della fede ebraica: "Stando nel tempio dicevano tra loro:'Non verrà
alla festa?'" Anche tra i suoi Gesù sente l'aria di diffidenza e di paura e
cerca di riportare al centro la scelta di amore. Si passa, di fatto,
dall'odio delle autorità religiose che cercano di ucciderlo all'ipocrisia di
un discepolo che mostra attenzione ai poveri, formalmente, ma poi si scopre
che è un ladro che cerca di intascare il danaro che era di Gesù e del gruppo
di discepoli. E' fondamentale il gesto di Maria: ella vuole onorare Gesù che
nella casa aveva riportato il fratello ,Lazzaro, sottraendolo all'Oltretomba.
Qui l'avarizia, il riservo, l'inganno vengono smascherati poiché insidiano il
giusto che ha aperto Lazzaro alla vita e all'amore dei suoi. E Lazzaro
stimola la curiosità poiché colui che è risorto diventa attrazione almeno
alla pari di Gesù. Eppure c'è un acre sapore di morte e di paura, anche se
attorno a Gesù si sta costituendo un popolo nuovo che crede alla vita, avendo
veduto Lazzaro. Ma il messaggio che Gesù lancia sulla sua sepoltura,
difendendo Maria, è offerto a tutti ed è da questa raccolto: essa si sta
preparando, con il suo gesto gratuito, sia alla tenerezza e all'amore attorno
alla morte di Gesù e sia alla resurrezione stessa, poiché non arriverà con le
altre donne a completare i riti della sepoltura. Ma tutto questo lo capirà
più avanti, come ciascuno di noi, il senso della vita. Iniziamo cosi i riti
della Settimana Santa con il suggerimento del dono gratuito di Maria che
offre tutto quello che ha di prezioso a Gesù anche con il rischio di essere
equivocata. Ma essa esprime l'amore, la speranza e il ringraziamento in Lui,
fonte della vita.
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