
VII DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI IL PRECURSORE
14 ottobre 2018
Matteo 13, 24-43
Riferimenti : Isaia 43, 10-21 - Salmo 120 - Prima
lettera ai Corinzi 3, 6-13 |
Alzo gli occhi verso i
monti: da dove mi verrà l’aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore:
egli ha fatto cielo e terra. Non lascerà vacillare il tuo piede,
non si addormenterà, non prenderà sonno il custode d’Israele. Il
Signore è il tuo custode, il Signore è la tua ombra e sta alla
tua destra. |
Isaia 43, 10-21 «Voi siete i miei
testimoni – oracolo del Signore – / e il mio
servo, che io mi sono scelto, / perché mi
conosciate e crediate in me / e comprendiate che
sono io. / Prima di me non fu formato alcun dio
/ né dopo ce ne sarà. / Io, io sono il Signore,
/ fuori di me non c’è salvatore. / Io ho
annunciato e ho salvato, / mi sono fatto sentire
/ e non c’era tra voi alcun dio straniero. / Voi
siete miei testimoni – oracolo del Signore – / e
io sono Dio, / sempre il medesimo dall’eternità.
/ Nessuno può sottrarre nulla al mio potere: /
chi può cambiare quanto io faccio?». / Così dice
il Signore, / vostro redentore, il Santo
d’Israele: / «Per amore vostro l’ho mandato
contro Babilonia / e farò cadere tutte le loro
spranghe, / e, quanto ai Caldei, muterò i loro
clamori in lutto. / Io sono il Signore, il
vostro Santo, / il creatore d’Israele, il vostro
re». / Così dice il Signore, che aprì una strada
nel mare / e un sentiero in mezzo ad acque
possenti, / che fece uscire carri e cavalli, /
esercito ed eroi a un tempo; / essi giacciono
morti, mai più si rialzeranno, / si spensero
come un lucignolo, sono estinti: / «Non
ricordate più le cose passate, / non pensate più
alle cose antiche! / Ecco, io faccio una cosa
nuova: / proprio ora germoglia, non ve ne
accorgete? / Aprirò anche nel deserto una
strada, / immetterò fiumi nella steppa. / Mi
glorificheranno le bestie selvatiche, /
sciacalli e struzzi, / perché avrò fornito acqua
al deserto, / fiumi alla steppa, / per dissetare
il mio popolo, il mio eletto. / Il popolo che io
ho plasmato per me / celebrerà le mie lodi».
Tutto il brano è un incoraggiamento ad Israele,
un popolo lontano da Gerusalemme, deportato
dalla potenza di Babilonia ed ora profondamente
nostalgico di un ritorno alla terra che il
Signore gli aveva consegnato. Nella prima parte
l'autore invita a guardare indietro, su quanto
il Signore ha fatto, sulla liberazione che era
sta voluta secoli prima uscendo dall'Egitto,
progettata, maturata attraverso la fede di Mosè
che seppe vincere Faraone. Il popolo d'Israele
deve riprendere le sue forze ritornando alle
origini, mantenendo fede alla legge ed alla
memoria dei grandi fatti, operati da Dio. Questo
popolo ha sempre creduto che, comunque, non
doveva disperare e le meraviglie del Signore
debbono diventare patrimonio delle nuove
generazioni. Nel Salmo 78,3-4 il popolo prega:
"Ciò che abbiamo udito e conosciuto e i nostri
padri ci hanno raccontato non lo terremo
nascosto ai nostri figli, raccontando alla
generazione futura le azioni gloriose e potenti
del Signore e le meraviglie che egli ha
compiuto".
Stiamo leggendo un testo del "secondo Isaia",
scritto nel secolo VI da un profeta anonimo che
ha continuato il libro di Isaia, vissuto nel
secolo VIII. Questa parte (capp.40-55) è
chiamata "Il libro della consolazione" perché,
in vari momenti, vengono annunciate liberazione
e salvezza per Israele.
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Prima
lettera ai Corinzi 3, 6-13 Fratelli, io ho piantato, Apollo
ha irrigato, ma era Dio che faceva crescere. Sicché, né chi
pianta né chi irriga vale qualcosa, ma solo Dio, che fa
crescere. Chi pianta e chi irriga sono una medesima cosa:
ciascuno riceverà la propria ricompensa secondo il proprio
lavoro. Siamo infatti collaboratori di Dio, e voi siete campo di
Dio, edificio di Dio. Secondo la grazia di Dio che mi è stata
data, come un saggio architetto io ho posto il fondamento; un
altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento a come
costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da
quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo. E se, sopra
questo fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre
preziose, legno, fieno, paglia, l’opera di ciascuno sarà ben
visibile: infatti quel giorno la farà conoscere, perché con il
fuoco si manifesterà, e il fuoco proverà la qualità dell’opera
di ciascuno.
La Comunità cristiana fatica a maturare criteri di libertà e di
fraternità poiché tende a dividersi in gruppi contrapposti,
scambiando i predicatori o i missionari come politici o
capiscuola di filosofia da contrapporre gli uni agli altri.
Paolo rimprovera quelle divisioni che stanno frantumando la
comunità stessa con gruppi contrapposti ("ciascuno di voi dice:
«Io sono di Paolo», «Io di Apollo», «Io di Cefa (Pietro)», «E io
di Cristo» 1,12). "E invece siete tutti una sola cosa in Cristo"
(3,22).
Questa comunità è ancora molto lontana dalla sapienza di Dio. E
per questo Paolo sente di dover trattare questi cristiani come
fratelli incapaci di cogliere la vera sapienza. "Non ho potuto
parlare a voi come a esseri spirituali ma carnali" (3,1). Ma
cosa sono i ministri del Vangelo? Sono servi (3,5) che hanno il
compito di intervenire, completando, aiutando a maturare,
impegnando le energie e le sapienze di ciascuno perché si
orientino verso il Signore Gesù, costruiscano e facciano
crescere. Ognuno di noi ha un suo compito per guidare alla fede
e non alla sapienza umana. Ognuno di noi dà una mano, ma non è
nulla: "Solo Dio fa crescere" (3,7). E' la grazia del Signore la
vera dispensatrice di sapienza e di vita. Coloro che sostengono
il lavoro di evangelizzazione sono uniti: essi operano per lo
stesso progetto, per la stessa sapienza. Saremo riconosciuti dal
Signore, certo, ma "secondo il lavoro fatto", secondo la propria
fatica (3,8). L'immagine del servo diventa l'immagine del
collaboratore per due tipi di lavori comuni che si conoscono:
l'agricoltura e l'edilizia. "Siamo collaboratori di Dio e voi
siete il campo di Dio, l'edificio di Dio" (3,8). Il Signore fa
crescere, utilizzando ovviamente il lavoro di chi pianta, di chi
irriga, di chi organizza la costruzione. E Paolo dice che il
Signore, "per sua grazia" (3,10), gli ha permesso di porre il
fondamento; un altro poi vi costruisce sopra". Ma resta la
responsabilità di dover costruire con sapienza e lucidità:
"ciascuno stia attento a come costruisce". Tuttavia bisogna
sempre ricordarlo: unico è il fondamento. "Infatti nessuno può
porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è
Gesù Cristo" (3,11).
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Matteo
13, 24-43 In quel tempo. Il Signore Gesù espose ai suoi discepoli un’altra
parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del
buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico,
seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo
crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal
padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel
tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha
fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”.
“No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa
sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme
fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori:
Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano
invece riponételo nel mio granaio”». Espose loro un’altra parabola, dicendo:
«Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e
seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta
cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero,
tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami».
Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che
una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta
lievitata». Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non
parlava ad esse se non con parabole, perché si compisse ciò che era stato
detto per mezzo del profeta: / «Aprirò la mia bocca con parabole, /
proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo». Poi congedò la
folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli:
«Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che
semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme
buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il
nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i
mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si
brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo
manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli
scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace
ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno
come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!»
.Vuoi che andiamo a togliere la
zizzania? La risposta è perentoria: No. Rischiate di strappare via il buon
grano. Siamo invitati a entrare nel nostro campo seminato di buon grano e
assediato da erbacce, nel cuore dove intrecciano le loro radici il bene e il
male. Come dobbiamo agire per rimanere nello stile di Dio? La parabola
racconta due sguardi: quello dei servi che si fissa sulle erbacce, quello del
Signore che vede il buon grano. Ci chiama a conquistare lo sguardo positivo
del Creatore. La nostra coscienza chiara e sincera deve saper vedere ciò che
di vitale, di bello, di promettente Dio ha seminato in noi, e fare sì che
porti frutto. L'uomo violento che è in noi dice: strappa subito da te ciò che
è cattivo, ciò che è immaturo o infantile. Il Signore risponde: abbi
pazienza, non agire con violenza. Mettiamoci sulla strada che Dio percorre:
per vincere il buio della notte egli accende ogni giorno il suo mattino; per
far fiorire la steppa, anche solo per una stagione, Dio sparge infiniti semi
di vita; per far lievitare una massa immobile, immette il suo lievito.
Ciascuno di noi verso se stesso deve adottare questa stessa attività
positiva, solare, gloriosa, vitale. Perché il nostro spirito è capace di cose
grandi, di maturare davvero, solo se ha grandi passioni positive, grandi
desideri. Preoccupiamoci prima di tutto non della zizzania, dei difetti,
delle debolezze, ma di avere un amore grande, un ideale forte, una
venerazione profonda per le forze di bontà, attenzione, misericordia,
accoglienza, libertà che Dio ci ha dato. Facciamo che esse erompano in tutta
la loro bellezza, in tutta la loro potenza, e vedremo le tenebre ritirarsi e
la zizzania senza più terreno. E tutto il nostro essere fiorirà nella luce.
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