DEDICAZIONE DEL DUOMO DI MILANO
21 ottobre 2018
Giovanni 10, 22-30
Riferimenti : Isaia 26, 1-2. 4. 7-8; 54, 12-14a - Salmo 67 - Prima ai Corinzi 3, 9-17
Appare il tuo corteo, Dio, il corteo del mio Dio, del mio re, nel santuario. Precedono i cantori, seguono i suonatori di cetra, insieme a fanciulle che suonano tamburelli. «Benedite Dio nelle vostre assemblee, benedite il Signore, voi della comunità d’Israele». Mostra, o Dio, la tua forza, conferma, o Dio, quanto hai fatto per noi! Per il tuo tempio, in Gerusalemme, i re ti porteranno doni. Regni della terra, cantate a Dio, cantate inni al Signore.

Isaia 26, 1-2. 4. 7-8; 54, 12-14a
In quel giorno si canterà questo canto nella terra di Giuda: / «Abbiamo una città forte; / mura e bastioni egli ha posto a salvezza. / Aprite le porte: / entri una nazione giusta, / che si mantiene fedele. / Confidate nel Signore sempre, / perché il Signore è una roccia eterna. / Il sentiero del giusto è diritto, / il cammino del giusto tu rendi piano. / Sì, sul sentiero dei tuoi giudizi, / Signore, noi speriamo in te; / al tuo nome e al tuo ricordo / si volge tutto il nostro desiderio. / Farò di rubini la tua merlatura, / le tue porte saranno di berilli, / tutta la tua cinta sarà di pietre preziose. / Tutti i tuoi figli saranno discepoli del Signore, / grande sarà la prosperità dei tuoi figli; / sarai fondata sulla giustizia»
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Isaia 26, 1-2. 4. 7-8; 54, 12-14a
La nostalgia di poter cantare per Gerusalemme liberata e splendente è sempre stato il sogno di ogni ebreo e il testo suggerisce il canto dei liberati dalla schiavitù. La speranza infatti si sta profilando per quelli che ancora sono deportati in Babilonia. Il testo fa riferimento al sec. VI a.C. e quindi non è del primo Isaia che vive nel secolo VIII, al tempo della potenza Assira che conquista il regno di Samaria, ma è del secondo Isaia. L'elemento di garanzia della propria salvezza è rappresentata dalla "città forte" con "mura e bastioni" potenti, che difendono la potenza e la libertà del popolo di Dio. Il riferimento alle mura è indispensabile per la sicurezza della città, poiché assicura la pace e tiene lontane le bande dei briganti e le scorrerie dei nemici. Il ritorno da Babilonia pone subito il problema del ricostruire le mura e il tempio: due realtà fondamentali per la pace e la sicurezza. E nonostante la povertà e la debolezza di un popolo che torna povero e senza risorse, avvengono episodi di generosità e di costanza inimmaginabile per cui coloro che sono tornati riescono, in poco tempo, a circondarsi di mura.

Prima ai Corinzi 3, 9-17
Fratelli, siamo collaboratori di Dio, e voi siete campo di Dio, edificio di Dio.
Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un saggio architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento a come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo. E se, sopra questo fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia, l’opera di ciascuno sarà ben visibile: infatti quel giorno la farà conoscere, perché con il fuoco si manifesterà, e il fuoco proverà la qualità dell’opera di ciascuno. Se l’opera, che uno costruì sul fondamento, resisterà, costui ne riceverà una ricompensa. Ma se l’opera di qualcuno finirà bruciata, quello sarà punito; tuttavia egli si salverà, però quasi passando attraverso il fuoco. Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi.

Corinzi. 3, 9-17
Paolo ha sperimentato, nella sua predicazione e nella sua missione, la fragilità di speranze legate al sogno di piegare alla fede la sapienza greca con il suo intervento all'areopago di Atene; nella sconfitta capisce anche di dover ripensare ai valori di proposta e al fondamento della sua stessa predicazione. Vera sapienza non sono le parole che conquistano consenso, ma il mistero di Cristo che esprime il progetto di Dio per noi. Paolo ha sperimentato le divisioni nella piccola comunità e le selezioni avvenute tra credenti, dietro vari personaggi che avevano operato nella Comunità, manifestando caratteri e qualità particolari. Essi, dice Paolo, hanno lavorato nella comunità cristiana ma non sono padroni: sono solo servi: "Apollo, Paolo, Cefa (Pietro)". Se pure hanno collaborato con il Signore, solo il Signore fa veramente crescere. Gli altri, i ministri, piantano, irrigano (v.7). Paolo, con molta chiarezza, si sottrae a forme di prevaricazione o di partigianeria e insiste: "Siamo solo collaboratori di Dio, e voi siete campo di Dio, edificio di Dio"(v.9). Paolo si preoccupa di richiamare i collaboratori e i predicatori nella Comunità a non cadere in due possibili errori. Edificare la comunità su fondamenti diversi da quello che è Gesù (v 11) e costruire con materiale scadente. "Legno, fieno e paglia" sono materiali che si impiegano per le case dei poveri e facilmente si deteriorano e si consumano, a differenza delle costruzioni solide dei ricchi, dove si utilizza materiale pregevole ("oro, argento, pietre preziose"). La Chiesa è fatta da operatori visibili: il missionario che serve e i credenti che ascoltano e accolgono. Ma la coscienza della Chiesa è chiaramente convinta che è Dio che fa crescere, che rende fecondo il mondo e le persone ed è Lui che porta frutto e novità.


Giovanni 10, 22-30
In quel tempo. Ricorreva a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno. Gesù camminava nel tempio, nel portico di Salomone. Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente». Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».

Giovanni 10, 22-30
Gesù, a Gerusalemme, sta celebrando la festa della Dedicazione per la consacrazione del tempio, rinnovata ai tempi di Giuda Maccabeo (165 a.C.), dopo la profanazione di Antioco Epifane (vedi 1 Mac 4,36-5 a) Tale festa si celebra di dicembre e per 8 giorni si accendono i grandi candelabri della "festa delle capanne". In un'atmosfera gioiosa si vive la "festa delle luci" e "delle Capanne d'inverno". Sembra che per l'occasione si leggessero le stesse letture bibliche e, in particolare, il testo di Ezechiele 34 con la celebre profezia del Messia, nel sabato più vicino alla Dedicazione. Il Messia è il vero pastore suscitato da Dio, è il grande atteso. E poiché siamo in un tempo in cui spesso sorgono personaggi che si proclamano Messia, la domanda, posta a Gesù, vuole verificare la sua identificazione, avendo intravisto in Gesù atteggiamenti di pretese messianiche (v24). Il testo di Ezechiele (cap 34) è straordinario e si dimostra un preciso antefatto, legato alla discussione di Gesù proprio in questi giorni, spiegando in tal modo la tensione fortissima suscitata. Dice Ezechiele: «Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell'uomo, profetizza contro i pastori d'Israele, profetizza e riferisci ai pastori: Così dice il Signore Dio: Guai ai pastori d'Israele, che pascono se stessi! I pastori non dovrebbero forse pascere il gregge? Vi nutrite di latte, vi rivestite di lana, ammazzate le pecore più grasse, ma non pascolate il gregge. Non avete reso forti le pecore deboli, non avete curato le inferme, non avete fasciato quelle ferite, non avete riportato le disperse. Non siete andati in cerca delle smarrite, ma le avete guidate con crudeltà e violenza. Così dice il Signore Dio: Eccomi contro i pastori: a loro chiederò conto del mio gregge e non li lascerò più pascolare il mio gregge, così non pasceranno più se stessi, ma strapperò loro di bocca le mie pecore e non saranno più il loro pastore.... così io, il Signore, passerò in rassegna le mie pecore e le radunerò..... Le condurrò in ottime pasture e il loro pascolo sarà sui monti alti d'Israele; là si adageranno su fertili pascoli e pasceranno in abbondanza sui monti d'Israele. Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare. Oracolo del Signore Dio. Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all'ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia....Susciterò per loro un pastore che le pascerà, il mio servo Davide. Egli le condurrà al pascolo, sarà il loro pastore. Io, il Signore, sarò il loro Dio, e il mio servo Davide sarà principe in mezzo a loro...Voi, mie pecore, siete il gregge del mio pascolo e io sono il vostro Dio» (Ez 34,1-31).