
VI DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI S. GIOVANNI IL PRECURSORE
7 ottobre 2018 Matteo 20, 1-16+
Riferimenti : Isaia 45, 20-24a - Salmo 64 - Efesini 2, 5c-13 |
Per te il silenzio è lode, o Dio, in Sion, a te
si sciolgono i voti. A te, che ascolti la preghiera, viene ogni
mortale. Pesano su di noi le nostre colpe, ma tu perdoni i
nostri delitti. Beato chi hai scelto perché ti stia vicino:
abiterà nei tuoi atri |
Isaia 45, 20-24a Così dice il
Signore Dio: / «Radunatevi e venite, /
avvicinatevi tutti insieme, / superstiti delle
nazioni! / Non comprendono quelli che portano /
un loro idolo di legno / e pregano un dio / che
non può salvare. / Raccontate, presentate le
prove, / consigliatevi pure insieme! / Chi ha
fatto sentire ciò da molto tempo / e chi l’ha
raccontato fin da allora? / Non sono forse io,
il Signore? / Fuori di me non c’è altro dio; /
un dio giusto e salvatore / non c’è all’infuori
di me. / Volgetevi a me e sarete salvi, / voi
tutti confini della terra, / perché io sono Dio,
non ce n’è altri. / Lo giuro su me stesso, /
dalla mia bocca esce la giustizia, / una parola
che non torna indietro: / davanti a me si
piegherà ogni ginocchio, / per me giurerà ogni
lingua. / Si dirà: “Solo nel Signore / si
trovano giustizia e potenza!”».
Isaia 45, 20-24a Tutto il capitolo 45
esprime la fede di Israele nel Signore che
dirige la storia, supera i confini d'Israele
stesso e raggiunge l'umanità ( ci sono accenni
alla creazione del mondo). Al centro del
cammino, in cui Dio porta la salvezza, c'è un
re, Ciro, che pure non conosce il Dio d'Israele,
e che tuttavia ha la funzione di essere
strumento del Signore stesso per la pace e la
sicurezza del popolo. Nel Medio Oriente sono
avvenuti sconvolgimenti e sono sorte realtà
nuove. Dio nasconde la sua operosità nella
storia del mondo, ma, al credente, deve restare
la consapevolezza che è il Dio d'Israele
l'autore della novità. Anche nel nascondimento,
Dio conduce la sua opera e l'attuazione del suo
disegno. Ai sopravvissuti delle lotte e delle
tragedie ("i superstiti delle nazioni") viene
rivolto l'invito che non è solo per "il resto
d'Israele" ma per tutti popoli che,
precedentemente, hanno creduto negli idoli: il
Signore si rivolge loro chiedendo una
testimonianza ed una requisitoria contro gli
idoli che non possono salvare. Chiede loro di
riflettere sulla storia e di scoprire che: "Solo
nel Signore si trovano giustizia e potenza". Il
termine "giusto-giustizia" si trova 3 volte: la
prima richiama la fedeltà all'impegno preso, le
altre due corrispondono alla Salvezza.
Questo testo ha una grande apertura
universalistica che spesso si ritrova nei testi
di Isaia (soprattutto dopo il capitolo 40: i
testi del Secondo e del Terzo Isaia).
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Efesini 2, 5c-13 Fratelli, per
grazia siete salvati. Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha
fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli
futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la
sua bontà verso di noi in Cristo Gesù. Per grazia infatti siete
salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di
Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene.
Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere
buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo. Perciò
ricordatevi che un tempo voi, pagani nella carne, chiamati non
circoncisi da quelli che si dicono circoncisi perché resi tali
nella carne per mano d’uomo, ricordatevi che in quel tempo
eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d’Israele,
estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio nel
mondo. Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate
lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo.
Efesini. 2, 5c-13 Paolo ha abitato molto tempo ad Efeso e
quindi ricorda questo territorio e questa comunità con molta
fiducia. Scrive per i cristiani di Efeso e dei villaggi vicini
mentre si trova in carcere a Roma, negli anni 61-63, in attesa
di giudizio per essersi appellato a Cesare. Paolo, dopo i
saluti, inizia la lettera, richiamando l'azione del Padre, del
Figlio e dello Spirito per la salvezza degli uomini, indicando
l'esemplare comunione Trinitaria già prima della creazione e
garantendo che essa è dono alla comunità dei credenti nel tempo
della salvezza di Gesù. Il Signore, già prima della creazione,
aveva scelto gli uomini affinché vivessero nella carità come
santi e immacolati, facendo sì che - abitando in questo mondo -
diventassero tutti figli adottivi per mezzo di Gesù Cristo.
La supremazia di Gesù, fondamentale per la fede dei credenti,
offre "uno Spirito di sapienza e di rivelazione" (v 17). Così ci
può essere consapevolezza che il Signore ha fatto un popolo
nuovo poiché egli è " morto per le colpe ed i peccati " (v 1.5.)
e il Padre " ci ha fatti rivivere con Cristo " (v 5). Quello che
ci ha salvato, perciò, non sono state le opere, o i meriti,
guadagnati di conseguenza, ma ci hanno conquistato l'amore e la
grazia, quindi la gratuità di Dio che hanno fatto il miracolo di
questa salvezza che continua nel cuore dei credenti. Nella
grazia (ripetuta 3 volte) noi riceviamo la vita nuova (la
risurrezione) e la dignità. E sempre per questa gratuità
possiamo sedere nei cieli per giudicare tempi, opere e persone
(immagine di potere). "Per la grazia (dono di Dio) nella fede
(nostra partecipazione) siete stati salvati" e non per le
opere., "perché nessuno possa vantarsene " (v 9). Sul dono,
sull'amore di Gesù, sulla pienezza e la gratuità S. Paolo
continua la sua ricerca e il suo insegnamento. Egli vuole che
passi dentro di noi questa consapevolezza che diventa anche
novità e struttura fondamentale del vivere, della pace, del
cammino della giustizia.
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Matteo
20, 1-16 In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Il regno dei cieli è
simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata
lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li
mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri
che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella
vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso
mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le
cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state
qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha
presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”. Quando
fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e
da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli
delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando
arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi
ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il
padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai
trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio
torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e
vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare
delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono
buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi». Matteo 20, 1-16
La parabola dei lavoratori della vigna ha interessanti risvolti a livello
teologico, ma tocca anche cultura, economia, senso del lavoro, contesto
sociale. Nel vangelo di Matteo la parabola è pronunciata nelle ultime
settimane di vita del Maestro, mentre sta camminando verso Gerusalemme. Essa
è preceduta da diversi insegnamenti che riguardano la partecipazione al Regno
dei cieli: ci sono persone che non si sposano per amore del regno (Mt 19,12),
il giovane ricco è invitato a vendere i beni per un tesoro in cielo (19,21),
Pietro interviene chiedendo conto della contropartita, visto che i 12 hanno
accettato di seguirlo: "Abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito" (19,21).
Gesù promette il potere di giudizio sulle 12 tribù d'Israele, la vita eterna
e il centuplo di quanto hanno lasciato (19,27-29). Esiste, infine, un
raccordo con la parabola attraverso un detto: "Molti dei primi saranno gli
ultimi, e molti degli ultimi saranno i primi" (19,30). Con questo aggancio la
parabola sviluppa ancora il tema della ricompensa di fronte alla sequela. I
discepoli di Gesù sanno di essere come i lavoratori dell'ultima ora, rispetto
alla storia degli ebrei e dei profeti, e sentono di condividere la condizione
dei poveri e degli esclusi. Eppure ricevono la ricompensa piena. E però
proprio gli ultimi debbono stare attenti a non mettersi orgogliosamente al di
sopra degli altri, come chiede la madre dei fratelli Giacomo e Giovanni: "Fa'
che questi due figli siedano uno alla destra ed uno alla sinistra del tuo
regno" (20,21). A dire il vero, la predicazione di Gesù, e questa
parabola, in particolare, risentono della diffidenza e addirittura dello
scandalo che Gesù provoca perché Egli prospetta anche "ai pubblicani ed alle
prostitute", come ai giusti, il Regno di Dio (21,31); anzi "essi vi
precederanno".
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