IV DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI IL PRECURSORE
23 settembre 2018
Giovanni 6, 41-51
Riferimenti : primo libro dei Re 19, 4-8 - Salmo 33 -  Prima lettera Corinzi 11, 23-26
Benedirò il Signore in ogni tempo, sulla mia bocca sempre la sua lode. Io mi glorio nel Signore: i poveri ascoltino e si rallegrino. Guardate a lui e sarete raggianti,i vostri volti non dovranno arrossire.

primo libro dei Re 19, 4-8
In quei giorni. Elia s’inoltrò nel deserto una giornata di cammino e andò a sedersi sotto una ginestra. Desideroso di morire, disse: «Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri». Si coricò e si addormentò sotto la ginestra. Ma ecco che un angelo lo toccò e gli disse: «Àlzati, mangia!». Egli guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia, cotta su pietre roventi, e un orcio d’acqua. Mangiò e bevve, quindi di nuovo si coricò. Tornò per la seconda volta l’angelo del Signore, lo toccò e gli disse: «Àlzati, mangia, perché è troppo lungo per te il cammino». Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza di quel cibo camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Oreb.

primo libro dei Re. 19, 4-8
Elia si è opposto alla idolatria ed ha affrontato anche il "giudizio di Dio" con una sfida ai 450 sacerdoti di Baal, il Dio fenicio. Aveva vinto con il fuoco dal cielo che il Signore ha inviato ed ha incenerito con l'offerta anche tutto l'altare di pietra (1 Re. 18, 16b-40a). Ma la successiva vendetta di Elia, che riteneva di vendicare l'onore di Dio uccidendo i sacerdoti di Baal, e insieme la sofferenza e la sottomissione dei suoi gli allontanò ancora il popolo che, dopo un momento di esultanza e di alleanza con Elia, era ritornato ad essere soggetto al re e alla moglie Gezabel, figlia del re di Tiro (pagana) e ardente missionaria della sua religione pagana. Così Elia fuggì intraprendendo un pellegrinaggio al monte Sinai, alla ricerca del volto di Dio, come per Mosè, poiché non capiva più il comportamento di Dio verso di lui e il suo popolo. Egli voleva scoprire le strategie di Dio, ma ricevette una esperienza, assolutamente diversa da come se la sarebbe immaginata. Il primo significato di questo brano è la ricerca di Dio e delle sue scelte. Elia era fedele e non comprendeva. Ma non voleva scoraggiarsi perché lo alimentavano una fede profonda ed una fiducia che gli faceva superare la fatica del disorientamento. Dio non è facile da accostare. Egli si nasconde e questo provoca scoraggiamento (v. 3), la tentazione classica del profeta (Gen 21,14-21; Giona 4,3-8; Num 11,15; Ger 15,10-11; Mt 26,36-46). Eppure Elia ha riportato una grande vittoria al Carmelo ( 1 Re 18). Ma la solitudine del dover reggere la fatica di un popolo infedele lo ridusse alla prospettiva di abbandonare, di fermarsi e di dormire, stremato dal buio che aveva davanti a sé. La regina Gezabel aveva ancora vinto, Elia si ritrovòa quindi solo, come più tardi Cristo; non gli rimase che rimettersi a Dio. Ma Dio gli offrì una segno per trarlo dalla disperazione;. Non abbandonò il suo eletto, così come non abbandonerà il suo Cristo (Le 22,43). Un pane e un'acqua miracolosi (v. 6 ) ricordavano ad Elia la manna del deserto e l'acqua della roccia ( E s 16,1-35; 17,1-7). Così, il memoriale della Pasqua del popolo fu il mezzo più sicuro per curare lo scoraggiamento.

Prima lettera Corinzi 11, 23-26
Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me». Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.

Corinzi. 11, 23-26
Siamo attorno all'anno 56 d.C. e Paolo vuole impegnare l'assemblea a consolidarsi, partecipando al pasto sacro comune, con la prospettiva, non tanto di catturare Gesù e tenerselo vicino, quanto per alimentare sé e gli altri fratelli e sorelle nelle loro vocazione e nelle sue scelte. Di Corinto, una comunità che Paolo conosce bene perché vi ha abitato molti mesi, si ricordano le divisioni e gli scandali presenti nella comunità. L'apostolo vuole mettere ordine, soprattutto vuole intervenire nelle assemblee comunitarie quando ci si ritrova, in particolare, per l'Eucaristia.Nei capitoli che vanno dall'11 al 14, per inquadrare il testo di oggi, Paolo prende in considerazione alcune deviazioni presenti nella Comunità (11,2-14,40): il comportamento delle donne in assemblea (11,2-16), il modo di celebrare la Cena del Signore (11,17-34), il retto uso dei doni dello Spirito (carismi) nella Comunità (cc.12-14). Qui, dove si parla della "Cena del Signore", ci sono elementi importanti che hanno trasformato la cena Pasquale di condivisione in cena dove si celebrano la croce e il sacrificio di Gesù. Si parla, in particolare, del fare memoria.. Fare memoria non è tanto un ricordare ma è rendere presente la realtà, l'evento che si vuole ricordare. Gesù stesso, celebrando la Pasqua ebraica, ha fatto memoria del dono della liberazione ed ha anticipato nel gesto, che compie nella cena, il dono di amore al Padre, mediante la croce. La Comunità di Corinto è composta, nella quasi totalità, da gente povera, braccianti, scaricatori del porto, schiavi. I ricchi sono pochi, ma si fanno notare per la loro supponenza. Quando si trovano per lo spezzare del pane, già nel primo pomeriggio si abbandonano a gozzoviglie mentre i fratelli sono al lavoro. Quando, sfiniti dal lavoro, questi ultimi si presentano per la celebrazione, sono accolti con disprezzo. Paolo, allora, è preoccupato di chiarire il significato dello spezzare il pane. "Non avete forse le vostre case per mangiare e per bere?" (che significa: "Se avete voglia di mangiare e bere, state a casa vostra" (11,22).


Giovanni 6, 41-51
In quel tempo. I Giudei si misero a mormorare contro il Signore Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?». Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna. Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

Giovanni. 6, 41-51
Il brano che stiamo leggendo fa parte di un lungo discorso che Gesù sviluppa a Cafarnao e che Giovanni riprende, comunicandocelo con intelligenza e profondità. Ma è difficile capire quanto potessero accettare queste affermazioni di Gesù coloro che ascoltavano, poiché sono sconvolgenti. Probabilmente Giovanni ha elaborato nella sua fede, per la sua Comunità cristiana, un conflitto che è sorto tra coloro che lo avevano seguito: prima scettici, poi stupiti del pane spezzato per 5000 persone, poi deluse poiché all'esplosione di gioia e al tentativo di sequestrarlo perché finalmente diventasse re, Gesù se ne va e diventa irreperibile. (6,1- 15). Il giorno dopo, coloro che lo avevano seguito, pedinato, cercato, si ritrovano Gesù dall'altra parte del lago e curiosi vogliono sapere come ci fosse arrivato, visto che alcuni avevano aspettato che dalla riva opposta si staccassero anche le ultime barche, compresa quella degli apostoli. Ma lì sopra Gesù non si era imbarcato. Non sanno che Gesù, di notte, nella tempesta, aveva camminato sul mare. Così gli apostoli avevano visto e scoperto anche la sua potenza creatrice e ordinatrice di Dio (6,16-21),. Ma avevano capito anche che Egli rifiutava il potere sugli uomini come la folla pretendeva offrirgli. Inizia così la ricerca del significato della sua persona (6, 22-51). I Giudei erano coloro che si contrapponevano a Gesù, perciò Giovanni non li chiama così per un riferimento geografico:( abitanti della Giudea); questi sono di Cafarnao, del nord, Galilei. Per Giovanni i giudei sono tutti quelli che si oppongono a Gesù. E' molto curiosa la polemica poiché iniziò con il riferimento al pane che avevano mangiato il giorno prima, ed avevano nella memoria il richiamo della manna, mandata da Dio attraverso Mosè, per vivere nel deserto. Ma ora si parlava di un nuovo pane. Gesù lo identificò con la sua persona e affermò che discendeva dal cielo. Gli abitanti di Cafarnao e di Nazareth si conoscevano tutti tra di loro e per ogni persona riconoscevano gli ascendenti, le origini ed il lavoro. Con facilità intravidero nel linguaggio di Gesù il pane come richiamo alla conoscenza, come comprensione di un mondo sconosciuto e benefico che alimenta intelligenza e cuore. Ma i Giudei avevano già un pane che sazia: la Torah (la Legge di Mosé) e il Siracide ricorda che Dio "nutrirà il giusto con il pane dell'intelligenza e lo disseterà con l'acqua della saggezza" (Sir 15,3). Dicendo di essere il pane, Gesù stava salendo nel mondo inimmaginabile di Dio. e della sua parola. Dichiarava, anzi, che Egli era il vero messaggero di Dio e credere in Lui era frutto di un regalo del Padre, non opera di buona volontà e di fiducia.