I DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI IL PRECURSORE
2 SETTEMBRE 2018
Giovanni 3,25-36
Riferimenti : Isaia 29, 13-21 - Salmo 84 - Ebrei 12, 18-25
Sei stato buono, Signore, con la tua terra, hai perdonato la colpa del tuo popolo. Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore: egli annuncia la pace per il suo popolo, per i suoi fedeli, per chi ritorna a lui con fiducia.

Isaia 29, 13-21
Dice il Signore: «Poiché questo popolo / si avvicina a me solo con la sua bocca / e mi onora con le sue labbra, / mentre il suo cuore è lontano da me / e la venerazione che ha verso di me / è un imparaticcio di precetti umani, / perciò, eccomi, continuerò / a operare meraviglie e prodigi con questo popolo; / perirà la sapienza dei suoi sapienti / e si eclisserà l’intelligenza dei suoi intelligenti». / Guai a quanti vogliono sottrarsi alla vista del Signore / per dissimulare i loro piani, / a coloro che agiscono nelle tenebre, dicendo: / «Chi ci vede? Chi ci conosce?». / Che perversità! Forse che il vasaio / è stimato pari alla creta? / Un oggetto può dire del suo autore: / «Non mi ha fatto lui»? / E un vaso può dire del vasaio: «Non capisce»? / Certo, ancora un po’ / e il Libano si cambierà in un frutteto / e il frutteto sarà considerato una selva. / Udranno in quel giorno i sordi le parole del libro; / liberati dall’oscurità e dalle tenebre, / gli occhi dei ciechi vedranno. / Gli umili si rallegreranno di nuovo nel Signore, / i più poveri gioiranno nel Santo d’Israele. / Perché il tiranno non sarà più, sparirà l’arrogante, / saranno eliminati quanti tramano iniquità, / quanti con la parola rendono colpevoli gli altri, / quanti alla porta tendono tranelli al giudice / e rovinano il giusto per un nulla.
Isaia 29, 13-21
Il re Ezechia, sovrano del piccolo regno di Giuda, figlio del re Acaz che ha sempre rivendicato la sua idolatria, associato al trono già dal 728, regna tra il 716 e il 687, ed è particolarmente importante per la riforma religiosa che si impegna a sviluppare.
Nella Scrittura si parla molto bene di questo sovrano poiché ha messo mano ad una intelligente e coerente revisione del culto e della religione ebraica.
La riforma sembra essere stata particolarmente impegnativa nella restaurazione del culto di YHWH, eliminando il culto cananeo e i luoghi sacri pagani. Il re s'impegna sulla centralità del tempio di Gerusalemme, aiutato dall'azione di alcuni profeti che lo incoraggiano nel coordinare gli impegni del cambiamento.
Avendo, di riflesso, assistito al crollo del regno d'Israele (il regno del nord o di Samaria) nel 721, ad opera degli assiri, il piccolo regno di Giuda è rimasto come un cuscinetto tra le conquiste assire e il mondo egiziano. Il re di Giuda paga certo le tasse al regno assiro, ma è indipendente, anzi si rafforza, conquistando popolazioni e città vicine, e si allarga territorialmente, pretendendo addirittura di contrastare il regno assiro.
I preparativi per la guerra, segretamente alleandosi con gli egiziani, devono dare una spallata al mondo assiro. Il tutto è molto contrastato da Isaia che vede l'operazione come una pazzia. Di fatto, nel 701 il re assiro Sennacherib scende verso la costa, nella regione dei filistei, abbatte tutte le fortezze e invita Gerusalemme ad arrendersi. Quindi, superando le incertezze, di fatto assedia la città e vi rinchiude la popolazione. Ma, improvvisamente, e non si sa veramente perché, da un giorno all'altro viene tolto l'assedio, forse per una epidemia, o per un aiuto consistente degli egiziani, o per motivi politici interni al mondo assiro, o addirittura per un atto di sottomissione del re che, comunque, invia grande quantità di oro e argento a Ninive come tributo.

Lettera agli Ebrei 12, 18-25
Fratelli, voi non vi siete avvicinati a qualcosa di tangibile né a un fuoco ardente né a oscurità, tenebra e tempesta, né a squillo di tromba e a suono di parole, mentre quelli che lo udivano scongiuravano Dio di non rivolgere più a loro la parola. Non potevano infatti sopportare quest’ordine: «Se anche una bestia toccherà il monte, sarà lapidata». Lo spettacolo, in realtà, era così terrificante che Mosè disse: «Ho paura e tremo». Voi invece vi siete accostati al monte Sion, alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a migliaia di angeli, all’adunanza festosa e all’assemblea dei primogeniti i cui nomi sono scritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti resi perfetti, a Gesù, mediatore dell’alleanza nuova, e al sangue purificatore, che è più eloquente di quello di Abele.
Perciò guardatevi bene dal rifiutare Colui che parla, perché, se quelli non trovarono scampo per aver rifiutato colui che proferiva oracoli sulla terra, a maggior ragione non troveremo scampo noi, se volteremo le spalle a Colui che parla dai cieli.

Ebrei. 12, 18-25
Verificandosi diverse provenienze dei cristiani dal paganesimo o dall'ebraismo, nella Comunità cristiana sorgono facilmente nostalgie, ma anche di recriminazione per la cultura in cui si è cresciuti e che influenza, spesso, ancora molto, i pensieri e le linee di comportamento. Bisogna saper fare una seria distinzione, a partire dalle scelte che si sono fatte, ed è necessario un tempo di verifica e di riflessione per rimettere a posto e coordinare il cammino che si è scelto un tempo, ma che continua ad essere messo a rischio da sentimenti, ricordi, nostalgie, complessi di colpa.
Qui l'autore biblico sente l'esigenza di contrapporre due immagini di montagne che sono anche luoghi dove Dio si è fatto presente: il Sinai e Sion.
Il Sinai, al tempo della liberazione dall'Egitto, fondamento della storia religiosa e della consistenza sociale del popolo d'Israele, è il luogo dove sono avvenuti fenomeni grandiosi, richiamo di dominio e di terrore, come spesso appaiono i fenomeni naturali: lingue di fuoco, tuoni, oscurità e tempesta.
La rivelazione del Sinai si svolge su una montagna avvolta di fuoco, di tempesta e di oscurità, tra squilli di tromba e parole terrificanti. Il popolo, impaurito, scongiura Dio che gli parli attraverso Mosé. In realtà, lo angoscia, insieme, la possibile lontananza da Dio e il terribile comando di dover perfino lapidare un animale che avesse toccato il monte su cui Dio appare (vv19-20). Mose stesso, di fronte a questa grandezza terribile, si sente tormentato e tremante. Così dominante è la paura.


Giovanni 3, 25-36
In quel tempo. Nacque una discussione tra i discepoli di Giovanni e un Giudeo riguardo alla purificazione rituale. Andarono da Giovanni e gli dissero: «Rabbì, colui che era con te dall’altra parte del Giordano e al quale hai dato testimonianza, ecco, sta battezzando e tutti accorrono a lui». Giovanni rispose: «Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stata data dal cielo. Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: “Non sono io il Cristo”, ma: “Sono stato mandato avanti a lui”. Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena. Lui deve crescere; io, invece, diminuire».
Chi viene dall’alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza. Chi ne accetta la testimonianza, conferma che Dio è veritiero. Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà lo Spirito. Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui.

L'Apostolo Giovanni conosce l'Antico Testamento. Tutto ciò che in esso viene detto del Padre è anche da Lui predicato di Cristo Gesù. Il Padre è il Pastore e Gesù è il Pastore. Il Padre è Luce eterna e Gesù è Luce eterna. Il Padre è la Parola e Gesù è la Parola. Il Padre è lo Sposo e Gesù è lo Sposo. Tutto ciò che è il Padre lo è anche Cristo Signore. Nessuna differenza tra il Padre e il Figlio. La sola differenza è nella Persona. Il Padre genera il Figlio nell'oggi dell'eternità. Il Figlio è generato dal Padre. Il Padre non si fa carne e né lo Spirito Santo. Il Figlio si fa carne e viene ad abitare in mezzo a noi per darci la grazia e la verità.
Nella storia antica avviene un passaggio che merita tutta la nostra attenzione: dal patto stipulato al Sinai sul fondamento della Legge, nel quale Dio si impegnava ad essere per sempre il Dio del suo popolo, si passa ad un altro patto, a quello sponsale, nel quale il Signore si presenta come lo sposo di Israele. Cambia la natura dell'alleanza, del patto. Non ci si trova più dinanzi ad una unione legale, giuridica, contrattuale semplice. Si è posti dinanzi ad una unione che crea una sola natura, un solo alito di vita, un solo corpo, una sola realtà. Dio e l'uomo diventano una cosa sola. È il sublime della rivelazione. Ora è proprio questo "sublime" che l'Apostolo Giovanni dice di Cristo Gesù. Non solo nel Vangelo, ma anche nell'Apocalisse. Cristo e l'anima sono chiamati a stipulare un patto eterno di amore, uno sposalizio che si celebra sulla terra, ma che mai avrà fine. Esso diventerà eterno nel cielo dopo la nostra morte. La città santa, adorna per il suo sposo è immagine e figura dell'anima redenta e santificata.