Penultima domenica dopo l'Epifania
Della divina clemenza
7 febbraio 2021
Lc 7, 36-50
Riferimenti : Os 6, 1-6 -Sal 50 -   Gal 2, 19 – 3, 7
Tu gradisci, o Dio, gli umili di cuore.m, Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità. Lavami tutto dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro.

Os 6, 1-6
Così dice il Signore Dio: «Voi dite: “Venite, ritorniamo al Signore: egli ci ha straziato ed egli ci guarirà. Egli ci ha percosso ed egli ci fascerà. Dopo due giorni ci ridarà la vita e il terzo ci farà rialzare, e noi vivremo alla sua presenza. Affrettiamoci a conoscere il Signore, la sua venuta è sicura come l’aurora. Verrà a noi come la pioggia d’autunno, come la pioggia di primavera che feconda la terra”. Che dovrò fare per te, Èfraim, che dovrò fare per te, Giuda? Il vostro amore è come una nube del mattino, come la rugiada che all’alba svanisce. Per questo li ho abbattuti per mezzo dei profeti, li ho uccisi con le parole della mia bocca e il mio giudizio sorge come la luce: poiché voglio l’amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti».

Osea 6, 1-6.
Il Regno del Nord (o regno d'Israele chiamato anche Efraim), costituito dalle 10 tribù ebraiche che si erano separate dal Sud (regno di Giuda) al tempo della morte di re Salomone (attorno al 930 a.C.), volle attaccare il regno del Sud nel 734 a.C. con l'aiuto della Siria. Così iniziò una guerra di conquista per impossessarsi di alcune città di Giuda, nella prospettiva di abbattere pure Gerusalemme. Acaz, re di Giuda, nonostante l'invito insistente di Isaia perché non si rivolgesse ad un re straniero, chiese l'intervento della Assiria che già dominava la zona. L'esercito assiro arrivò velocemente e devastò con brutalità, vandalismi e ferocia tutto il territorio del Nord. Samaria, la capitale del Nord, fu conquistata dal re Assiro nel 721 a.C.
E se, rispetto alle minacce del Nord, l'intervento dell'Assiria portò sollievo momentaneo al Sud, tanto da incoraggiare l'esercito di Gerusalemme a conquistare città non proprie, tuttavia la situazione complessiva si fece dura per tutti. Il popolo di Dio, tanto a Nord che a Sud, non si era reso conto che stava tradendo la fiducia in Dio, cercando salvezza presso popoli pagani. Il profeta aveva richiamato la fedeltà al Signore, ma la paura non aveva fatto pensare che si dovesse riporre la propria speranza in Dio. Nel frattempo anche a Sud, a Gerusalemme, l'esercito dell'Assiria impose tributi eccessivi e angoscianti. Perciò il popolo, nel momento della fatica, si impose sacrifici, ma capì che doveva tornare al Signore. Perché accettasse le proprie offerte. Si moltiplicarono le pratiche religiose, i sacrifici di animali nel tempio, i doni votivi. Sembrava un ritorno alla conversione sincera e gli stessi fedeli s'immaginavano sinceri. "Venite, ritorniamo al Signore: egli ci ha straziato ed egli ci guarirà"(v 1).
Ma qui il profeta, con un intervento indispensabile, diventa la voce sonora e chiarificatrice del pensiero di Dio. "Il Signore non sa che farsene dei doni e dei gesti di culto che non significano e non portano alla conversione.

 

 Gal 2, 19 – 3, 7
Fratelli, mediante la Legge io sono morto alla Legge, affinché io viva per Dio. Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me. Dunque non rendo vana la grazia di Dio; infatti, se la giustificazione viene dalla Legge, Cristo è morto invano. O stolti Gàlati, chi vi ha incantati? Proprio voi, agli occhi dei quali fu rappresentato al vivo Gesù Cristo crocifisso! Questo solo vorrei sapere da voi: è per le opere della Legge che avete ricevuto lo Spirito o per aver ascoltato la parola della fede? Siete così privi d’intelligenza che, dopo aver cominciato nel segno dello Spirito, ora volete finire nel segno della carne? Avete tanto sofferto invano? Se almeno fosse invano! Colui dunque che vi concede lo Spirito e opera portenti in mezzo a voi, lo fa grazie alle opere della Legge o perché avete ascoltato la parola della fede? Come Abramo ebbe fede in Dio e gli fu accreditato come giustizia, riconoscete dunque che figli di Abramo sono quelli che vengono dalla fede.

Galati 2,19 - 3,7
Alcuni farisei convertiti, poiché avevano accettato Gesù come Messia, contemporanei a Paolo, continuavano, nella loro mentalità, a ritenere che il premio di Dio fosse destinato a coloro che si erano preoccupati di accumulare molti meriti mediante le opere buone. Perciò, secondo le loro consuetudini, continuavano ad essere scrupolosissimi nell'osservanza della legge e, nelle nuove comunità, riuscivano ad immettere la stessa mentalità, provocando, tuttavia, divisioni tra convertiti ebrei e convertiti dal paganesimo.
Uno scontro animato di Paolo con Pietro, e raccontato in questa stessa lettera qualche versetto più sopra (2,11 ss), ricorda che fu obbligatoria una chiarificazione tra loro, poiché anche Pietro fu influenzato da questi nuovi venuti. Prima che arrivassero nella comunità in cui viveva anche Paolo, Pietro si comportava allo stesso modo, in armonia con tutti, sia ebrei che pagani convertiti, frequentandosi senza problemi. Ma poi la venuta di questi nuovi cristiani che disdegnavano i pagani, se pur convertiti, con grandi pretese di cautele per l'impurità nei confronti dei pagani stessi, secondo la legge, mise in crisi il comportamento di molti compreso l'atteggiamento di Pietro che "cominciò a evitarli ed a metterli da parte (pagani convertiti) per timore dei circoncisi" (2,13). Questi "circoncisi" sono quelli che vengono "da parte di Giacomo"(2,12) (apostolo responsabile della Chiesa di Gerusalemme che aveva mantenuto una mentalità più legata all'ebraismo).
Il problema che sorse era squisitamente teologico. Chi o che cosa salva? Sono le regole, la legge, le remore che bisogna rispettare e che, nella condizione in cui ci troviamo, ci fanno sentire travolti da separazioni e diffidenze, rifiuti e lacerazioni? O ci salva la fede in Gesù che ci garantisce la fraternità, il superamento dell'esclusione, la scoperta di un amore universale che ci apre ad essere il nuovo popolo?


 

      Lc 7, 36-50
In quel tempo. Uno dei farisei invitò il Signore Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!». Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di’ pure, maestro». «Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?». Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene». E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco». Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!».

Luca 7,36-50
L'episodio, raccontato da Luca, che va letto contestualizzandolo secondo le modalità dei banchetti ebraici di quell'epoca, normalmente viene interpretato in termini di peccato e di perdono così come lo presenta l'Evangelista. Ma, se guardiamo più a fondo, il discorso è soprattutto tra Gesù e Simone il fariseo che lo aveva invitato.
Il giudizio del fariseo è perentorio e scandalizzato: "Non vede che è una peccatrice?". E Gesù, dopo aver raccontato un breve eloquente apologo, ribatte: "Vedi questa donna?" restituendo a lei un'integrità e una dignità, depurata dal giudizio di Simone, il fariseo timorato di Dio.
E Gesù fa notare, con grande dovizia di particolari, la sua grande capacità di amore: un amore capace di gesti concreti, che nascono da una totale partecipazione interiore e utilizzano elementi coinvolgenti, toccanti, come il bacio, i capelli, il profumo. Fa venire in mente il Cantico dei Cantici.
Il peccato viene dopo la capacità di amore della donna e consiste nell'aver deviato la potenzialità. Però lei rimane la donna "che ha molto amato".
E Gesù la rimette in cammino nella fede del suo perdono, ridonandole stima di fronte a tutti coloro che azzardano giudizi secondo la convenienza e la superficialità di chi si sente giusto, superiore di fronte agli altri e alle "altre". La tua fede, cioè "il tuo amore ti ha salvato", cioè liberato dalla rete malevole delle critiche sociali, perché coraggiosamente, pubblicamente, hai messo il tuo amore e il tuo dolore nella fiducia in Gesù.
"Va in pace": rimettiti in cammino nella pace, cioè nella consapevolezza che la tua capacità di amore ha trovato la direzione di Gesù, perché ha toccato la sua comprensione ed è stata toccata dal suo perdono, cioè da un amore che supera, comprende e avvolge il suo. Come se dicesse: "Donna (non "peccatrice") continua ad amare con tutta la tua passione, in piena dignità". E questa è la pace.