 VIII Domenica dopo Pentecoste
18 luglio 2021
Mc 10, 35-45
Riferimenti - Gdc 2, 6-17 - Sal 105 -1Ts 2, 1-2. 4-12 |
Ricòrdati, Signore, del tuo popolo e
perdona. I figli d’Israele si mescolarono con le genti e
impararono ad agire come loro. Servirono i loro idoli e questi
furono per loro un tranello. |
Gdc 2, 6-17 In quei giorni.
Quando Giosuè ebbe congedato il popolo, gli
Israeliti se ne andarono, ciascuno nella sua
eredità, a prendere in possesso la terra. Il
popolo servì il Signore durante tutta la vita di
Giosuè e degli anziani che sopravvissero a
Giosuè e che avevano visto tutte le grandi opere
che il Signore aveva fatto in favore d’Israele.
Poi Giosuè, figlio di Nun, servo del Signore,
morì a centodieci anni e fu sepolto nel
territorio della sua eredità, a Timnat-Cheres,
sulle montagne di Èfraim, a settentrione del
monte Gaas. Anche tutta quella generazione fu
riunita ai suoi padri; dopo di essa ne sorse
un’altra, che non aveva conosciuto il Signore,
né l’opera che aveva compiuto in favore
d’Israele. Gli Israeliti fecero ciò che è male
agli occhi del Signore e servirono i Baal;
abbandonarono il Signore, Dio dei loro padri,
che li aveva fatti uscire dalla terra d’Egitto,
e seguirono altri dèi tra quelli dei popoli
circostanti: si prostrarono davanti a loro e
provocarono il Signore, abbandonarono il Signore
e servirono Baal e le Astarti. Allora si accese
l’ira del Signore contro Israele e li mise in
mano a predatori che li depredarono; li vendette
ai nemici che stavano loro intorno, ed essi non
potevano più tener testa ai nemici. In tutte le
loro spedizioni la mano del Signore era per il
male, contro di loro, come il Signore aveva
detto, come il Signore aveva loro giurato:
furono ridotti all’estremo. Allora il Signore
fece sorgere dei giudici, che li salvavano dalle
mani di quelli che li depredavano. Ma neppure ai
loro giudici davano ascolto, anzi si
prostituivano ad altri dèi e si prostravano
davanti a loro. Abbandonarono ben presto la via
seguita dai loro padri, i quali avevano obbedito
ai comandi del Signore: essi non fecero così.
Giudici. 2, 6-17 Israele vive
un periodo difficilissimo mentre cerca di
insediarsi sul territorio che il Signore ha loro
assegnato. Non c'è ancora una nazione
d'Israele poiché vale molto di più il rapporto
tribale. Ognuno si colloca con le proprie
possibilità e cerca i mezzi di sopravvivenza.
L'unità di popolo avverrà con la monarchia di
Davide, attorno all'anno 1000 a C. Così il libro
dei "Giudici" fa riferimento ad un periodo
precedente, che va dalla morte di Giosuè (circa
il 1220-1200 a.C.) all'inizio dell'epoca
monarchica. Vengono raccontate le avventure di
alcuni particolari capi del popolo, chiamati
"giudici" che diventano capi tribù e cercano di
affrontare i nemici che attentano alla libertà e
alle risorse delle tribù. Il periodo del
racconto raccoglie, complessivamente, fatti e
battaglie di circa 160-180 anni. Scelto per
le situazioni difficili che turbano la vita di
una o più tribù della comunità, ma non mai
molte, il "Giudice" viene considerato un
"liberatore", inviato da Dio che finalmente ha
accettato di ascoltare il grido di sofferenza.
Così, diversi per esperienza e per educazione, i
"Giudici" sanno riportare il popolo alla sua
riconquistata libertà e quindi ricostruiscono un
rapporto di pace con il Signore stesso. Nei
vv 2,6-10 il testo si ricollega al libro di
Giosuè per indicare una continuità, sul filo
dell'accordo compiuto con Dio nell'assemblea di
Sichem (Giosuè 24,1ss) quando tutto il popolo
d'Israele, nelle sue 12 tribù, sancì il patto
con Dio dopo aver ascoltato le parole di Giosuè.
Questi, ricordati i fatti della liberazione,
aveva chiesto alle tribù la disponibilità a
servire Dio. Il popolo aveva risposto: "Noi
serviremo il Signore" (v 21). L'autore di
questo libro garantisce che la generazione di
Giosuè, con tutti quei personaggi che avevano
sperimentato la protezione di Dio nel deserto,
avevano tenuto fede all'impegno assunto (v 7).
Ma, col passar del tempo (vv 11-17), la storia
di Israele si intorbida. Che cosa, infatti, è
diventato, agli occhi di Dio, questo popolo,
liberato attraverso Mosè? Lo scrittore deve
dare una risposta coerente alla fede ed ai
costumi del suo tempo. Così egli compie una
interpretazione teologica: Dio ha abbandonato il
suo popolo e non ascolta più il loro grido
poiché Israele compie il male ed ha abbandonato
il Dio dell'Esodo per seguire altre divinità.
E' venuto meno al patto, tradendo il Signore e
accogliendo le stesse usanze, costumi, mentalità
dei popoli entro cui si ritrova ad abitare. Essi
facilmente si lasciano ingannare e illudere
dalle civiltà più evolute; essendo stati schiavi
prima, ed ora contadini e ignoranti pastori,
sono affascinati dal benessere dei popoli della
costa, molto più ricchi perché dediti al
commercio.
|
1Ts 2, 1-2. 4-12 Voi stessi,
fratelli, sapete bene che la nostra venuta in mezzo a voi non è
stata inutile. Ma, dopo avere sofferto e subìto oltraggi a
Filippi, come sapete, abbiamo trovato nel nostro Dio il coraggio
di annunciarvi il vangelo di Dio in mezzo a molte lotte. Come
Dio ci ha trovato degni di affidarci il Vangelo così noi lo
annunciamo, non cercando di piacere agli uomini, ma a Dio, che
prova i nostri cuori. Mai infatti abbiamo usato parole di
adulazione, come sapete, né abbiamo avuto intenzioni di
cupidigia: Dio ne è testimone. E neppure abbiamo cercato la
gloria umana, né da voi né da altri, pur potendo far valere la
nostra autorità di apostoli di Cristo. Invece siamo stati
amorevoli in mezzo a voi, come una madre che ha cura dei propri
figli. Così, affezionati a voi, avremmo desiderato trasmettervi
non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci
siete diventati cari. Voi ricordate infatti, fratelli, il nostro
duro lavoro e la nostra fatica: lavorando notte e giorno per non
essere di peso ad alcuno di voi, vi abbiamo annunciato il
vangelo di Dio. Voi siete testimoni, e lo è anche Dio, che il
nostro comportamento verso di voi, che credete, è stato santo,
giusto e irreprensibile. Sapete pure che, come fa un padre verso
i propri figli, abbiamo esortato ciascuno di voi, vi abbiamo
incoraggiato e scongiurato di comportarvi in maniera degna di
Dio, che vi chiama al suo regno e alla sua gloria.
Prima letteraTessalonicesi2, 1-2. 4-12 Paolo si dimostra
subito particolarmente affezionato a questa comunità che lo ha
accolto dopo le fatiche morali e fisiche subite a Filippi (At
16,19-40). Egli, in questo testo, vuole sottolineare la
chiarezza e l'onestà della proposta che fa del Vangelo e vuole
richiamare la gratuità della sua opera. Egli sa che il
Vangelo è Gesù, dono del Padre, e la sua vocazione deve prendere
atto di testimoniare l'amore di Gesù, totalmente gratuito come
dono del Padre. Paolo ha capito che la gratuità è la
discriminante per scoprire l'opera di Dio.. In tal modo aiuta
anche noi un'analisi puntuale delle cose che Paolo enumera. -
"Non ho cercato di piacere agli uomini e quindi non mi sono
permesso di adulare per aprirmi un varco nella comprensione e
nella simpatia delle persone; - Non ho cercato la gloria
umana né da voi né da altri, pur potendolo fare, in nome della
mia autorità; - Sono stato amorevole tra voi come una madre
che ha cura dei figli; - Nel mio attaccamento a voi vi avrei
dato anche gratuitamente la vita; - Sempre per gratuità, ho
lavorato duramente giorno e notte per guadagnarmi il pane e non
essere di peso a nessuno; - Con ogni mezzo e gratuitamente ho
cercato di parlarvi, di darvi esempio e di incoraggiarvi alla
sapienza ed all'accogliere il Vangelo di Gesù che io mi glorio
di portare come una missione ed un compito. E' la vocazione: che
Dio mi ha affidato. Mi sono sforzato di non piacere agli uomini
ma a Dio che conosce il cuore di ciascuno"; Il compito educativo
non è solo materno ma ugualmente paterno e Paolo sente che deve
svolgere insieme questo ruolo, prezioso ed importante,
valorizzato particolarmente nel mondo ebraico, poiché è il padre
che trasmette la Sapienza di Dio alle nuove generazioni. Per
questo Paolo chiede ai cristiani ed anche a Dio di essergli
"testimoni del suo comportamento: "santo, giusto e
irreprensibile"; Paolo ricorda che "abbiamo esortato ciascuno di
voi, e incoraggiato e scongiurato di comportarvi in maniera
degna di Dio" (vv 11-12). In questa prima lettera ai
Tessalonicesi, Paolo utilizza la parola greca "parresia" che
significa: "parlare con chiarezza, coraggio e verità" e constata
che non è stata vuota la sua presenza né tanto meno inutile.
Paolo, in tal modo, ha chiarito un atteggiamento fondamentale
dell'adulto credente: operare nella gratuità. E' la
caratteristica essenziale di Dio che Gesù ha tradotto ogni
giorno e che lo sforzo che la Comunità cristiana dovrebbe
riproporre nei suoi criteri, stili, proposte, operosità. Nel
mondo è così stupefacente che insieme meraviglia, e crea
diffidenza, sospetto e dubbi di ambiguità. Eppure, anche se
difficile, è un orizzonte da tenere continuamente presente.
|
Mc 10, 35-45 In quel tempo. Si avvicinarono al
Signore Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, dicendogli: «Maestro,
vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro:
«Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di
sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Gesù
disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io
bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato? ». Gli
risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo anche voi
lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete
battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me
concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato». Gli altri dieci,
avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù
li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati
i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono.
Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro
servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche
il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e
dare la propria vita in riscatto per molti». Marco10, 35-45
Questo testo fa parte di quel capitolo 10 che costituisce una splendida
catechesi per l'adulto credente. Ritroviamo, a tratti, i brani che, per sé,
andrebbero, comunque ripensati insieme, anche se poi siamo obbligati ad
analizzarli passo passo. Marco sta raccontando che Gesù è in cammino con i
suoi verso Gerusalemme ed ha raccolto qui cinque scelte fondamentali che il
credente deve far propri, seguendo Gesù maestro: E vanno affrontate tutte, in
termini di gratuità e di novità, nello stile di Cristo stesso: il matrimonio
(Mc. 10,1 -12), la emarginazione e le sofferenze attorno a sé, accogliendo i
piccoli e i poveri (13-16), il guadagnarsi il pane e quindi il condividere il
denaro (17-34), il potere che ogni persona ha acquisito (35-45), la ricerca
religiosa che riscopre Gesù uomo-Dio, Figlio di Davide (46-52). Gli
apostoli hanno percepito, ormai chiaramente, quale sarà la conclusione di
questo viaggio. Non hanno il coraggio di fare altre domande, né di dissuadere
Gesù poiché, quando Pietro ha solo tentato di opporvisi, si è sentito dire:
"Vai dietro di me, Satana, poiché non pensi secondo Dio ma secondo gli
uomini" (Mc 8,23). E tuttavia, tra i discepoli, serpeggiano varie domande che
li aprono, in pratica, sul futuro: "Dopo che Gesù sarà morto, chi avrà il
potere in questa comunità? Quando sarà risorto e nella gloria, chi avrà più
potere?" Senza un minimo di discrezione, i due figli di Zebedeo, Giacomo e
Giovanni, si presentano da Gesù con una richiesta: "Vogliamo che tu faccia
ciò che ti chiediamo". Il tono è esigente, quasi espressione di un diritto.
Gesù ne ha parlato, qualche tempo prima. "Dopo la morte (8,38), sarebbe
venuto nella gloria del Padre suo con gli angeli santi". Ai due apostoli è
rimasta in memoria "la gloria", detta una volta sola ma che non hanno
dimenticato: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e
uno alla tua sinistra». Vogliamo venire con te in cielo per giudicare,
accanto a te, il mondo". Quando Marco scrive, Giacomo e Giovanni hanno
veramente affrontato una vita di amore e di testimonianza in spirito di
profonda gratuità (Giacomo ha già dato la vita (At12,2) e Giovanni sta
sostenendo con profondità e coraggio alcune comunità. Avevano maturato via
via il significato dell'essere con Gesù. Gesù chiarisce subito che non ci
sono né carriere, né raccomandazioni, né progressi per meriti. Il Regno di
Dio non vive le stesse logiche di questo mondo e Marco tiene a sottolineare
che sono necessarie mentalità diverse che rifuggano dalla competizione per i
primi posti. Scegliere Gesù non dà onore né grandezza e sbaglia
completamente prospettiva chi individua la sua dimensione religiosa per
prestigio ed onore. Per spiegarsi ,Gesù utilizza due immagini: quella del
calice e quella del battesimo. Il calice rappresenta il destino, buono o
cattivo di una persona e Gesù stesso chiede al Padre: "Allontana da me questo
calice" (Mc14,36) quando è nel Getsemani in attesa del suo arresto. Il
battesimo richiama l'immersione nelle acque della morte. L'uno e l'altro
identificano le sofferenze della passione di Gesù che egli affronta per
portare speranza a tutti: Egli si fa servo, obbediente al Padre. Anche
loro soffriranno ma il posto della gloria è dato gratuitamente dal Padre.
La reazione degli altri è evidente, ma Gesù "li chiamò a sé" (è un momento
particolare di concentrazione e di rivelazione) e dice: "Verificate lo stile
e i criteri della gestione di ogni potere che esiste sulla terra. Ci sono
poteri politici, economici, sociali, religiosi, culturali". Essi manifestano
un dominio, hanno pretese di privilegi, bisogno di cerimoniali, gerarchie e
dignità diverse. Ma tra voi non deve essere così. Il confronto è con uno
schiavo: il livello più basso della società a cui tutti danno ordini. Chi ha
potere, si deve sentire servitore e ultimo della sua comunità, cioè persona a
disposizione. Gesù stesso, che è maestro, come i maestri del tempo,
avrebbe diritto di essere servito dai suoi discepoli; lo dovrebbero accudire,
lavargli i piedi, perché, una volta promossi rabbi, anch'essi si possano
sentire serviti dai propri discepoli.. E invece è proprio Gesù che laverà i
piedi ai suoi discepoli, prima della cena nel Cenacolo (Gv13,4-5). Il
compito dell'autorità, da chiunque essa sia esercitata, è perciò quello di
verificare, avendo responsabilità e sapienza, chi sia in maggiori difficoltà
e di operare per il "bene comune" |