 IX Domenica dopo Pentecoste
25 luglio 2021
Mc 8, 34-38
Riferimenti :
2Sam 6, 12b-22Sal 131
1Cor 1, 25-31 |
Il Signore ha scelto Sion per sua dimora. Ricòrdati,
Signore, di Davide, quando giurò al Signore: m«Non entrerò
nella tenda in cui abito, non mi stenderò sul letto del mio
riposo, finché non avrò trovato un luogo per il Signore,
una dimora per il Potente di Giacobbe».
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2Sam 6, 12b-22 In quei giorni. Davide andò e
fece salire l’arca di Dio dalla casa di
Obed-Edom alla Città di Davide, con gioia.
Quando quelli che portavano l’arca del Signore
ebbero fatto sei passi, egli immolò un giovenco
e un ariete grasso. Davide danzava con tutte le
forze davanti al Signore. Davide era cinto di un
efod di lino. Così Davide e tutta la casa
d’Israele facevano salire l’arca del Signore con
grida e al suono del corno. Quando l’arca del
Signore entrò nella Città di Davide, Mical,
figlia di Saul, guardando dalla finestra vide il
re Davide che saltava e danzava dinanzi al
Signore e lo disprezzò in cuor suo. Introdussero
dunque l’arca del Signore e la collocarono al
suo posto, al centro della tenda che Davide
aveva piantato per essa; Davide offrì olocausti
e sacrifici di comunione davanti al Signore.
Quando ebbe finito di offrire gli olocausti e i
sacrifici di comunione, Davide benedisse il
popolo nel nome del Signore degli eserciti e
distribuì a tutto il popolo, a tutta la
moltitudine d’Israele, uomini e donne, una
focaccia di pane per ognuno, una porzione di
carne arrostita e una schiacciata di uva passa.
Poi tutto il popolo se ne andò, ciascuno a casa
sua. Davide tornò per benedire la sua famiglia;
gli uscì incontro Mical, figlia di Saul, e gli
disse: «Bell’onore si è fatto oggi il re
d’Israele scoprendosi davanti agli occhi delle
serve dei suoi servi, come si scoprirebbe
davvero un uomo da nulla!». Davide rispose a
Mical: «L’ho fatto dinanzi al Signore, che mi ha
scelto invece di tuo padre e di tutta la sua
casa per stabilirmi capo sul popolo del Signore,
su Israele; ho danzato davanti al Signore. Anzi
mi abbasserò anche più di così e mi renderò vile
ai tuoi occhi, ma presso quelle serve di cui tu
parli, proprio presso di loro, io sarò
onorato!».
Rm 12, 1-2 Come vivere questa Parola? Cosa
contemplare ancora nella persona di Re Davide?
La liturgia oggi ci permette di meditare sulla
sua libera e appassionata capacità di pregare.
Pregare in Davide è riconoscere la presenza di
Dio in mezzo al suo popolo, esaltarla e gioirne
grandemente. Il Dio di Israele è un Dio nomade,
che cammina con il suo popolo, abita una tenda,
non vuole una casa né un tempio. Davide ascolta
il Signore e non costruirà niente di tutto ciò,
ma vivrà una liturgia vitale che lo connette a
Dio, una liturgia che passa nel suo corpo, nella
sua vita e gli permette di restituirsi,
dedicandosi totalmente a Dio stesso. Una
liturgia che si fa danza, un unico, armonico
movimento che collega il cielo alla terra, la
carne allo spirito, la vita alla morte. Signore,
dona anche a noi questa coerenza. Donaci questa
unità interiore che ci permette di essere
autentici nella relazione con te, senza orpelli,
né parole o gesti inutili. L'amore e la lode a
te si vedano nella nostra vita, nel nostro modo
di lavorare, di vivere insieme, di avere cura
degli altri e del mondo. La voce della parola
di Dio “Vi esorto dunque, fratelli, per la
misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi
come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio;
è questo il vostro culto spirituale.2Non
conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi
trasformare rinnovando il vostro modo di
pensare, per poter discernere la volontà di Dio,
ciò che è buono, a lui gradito e perfetto.”
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1Cor 1, 25-31 Fratelli, ciò che è
stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è
debolezza di Dio è più forte degli uomini. Considerate infatti
la vostra chiamata, fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti
dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili. Ma
quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per
confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo
ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e
disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto
per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa
vantarsi di fronte a Dio. Grazie a lui voi siete in Cristo Gesù,
il quale per noi è diventato sapienza per opera di Dio,
giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta
scritto, «chi si vanta, si vanti nel Signore».
Rm 12, 1-2 26Considerate infatti la vostra chiamata,
fratelli: non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista
umano, né molti potenti, né molti nobili. Con questo infatti
(che nel testo che sentirete a Messa è stato omesso), Paolo si
ricollega al versetto precedente, ciò che è stolto per gli
uomini è saggio davanti a Dio. I corinti vengono invitati a
considerare se stessi. La comunità non può vantare nessun motivo
di grandezza ed eccellenza. Poche persone di grande
intelligenza, poche persone dal grande peso politico, quasi
tutti di origini plebee. 27Ma quello che è stolto per il
mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è
debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti;
Però il Signore ha scelto proprio queste persone perché fossero
la comunità dei credenti di Corinto. Ecco il criterio essenziale
che guida l'elezione da parte di Dio. Dio privilegia quanti non
hanno valore nella scala di valori degli uomini. L'agire di Dio
nella storia rivoluziona i quadri di riferimento più consolidati
dei rapporti umani. 28quello che è ignobile e disprezzato per
il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al
nulla le cose che sono, 29perché nessuno possa vantarsi di
fronte a Dio. Non si tratta però di una presa di posizione
classista alla rovescia, per il puro gusto di rivoluzionare
tutto. E' una manifestazione della sovranità di Dio, perché
tutti si riconoscano piccoli ai suoi occhi, perché nessuno
presuma di essere più importante di altri davanti agli occhi di
Dio.
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Mc 8, 34-38 In quel tempo. Convocata la folla insieme ai suoi
discepoli, il Signore Gesù disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me,
rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare
la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e
del Vangelo, la salverà. Infatti quale vantaggio c’è che un uomo guadagni il
mondo intero e perda la propria vita? Che cosa potrebbe dare un uomo in
cambio della propria vita? Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti
a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si
vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli
santi».
Mc 8, 34-38 Anche oggi, un episodio della vicenda
di Israele come icona e preannuncio di un insegnamento ben più articolato che
Gesù e Paolo esplicitano. Si tratta del re Davide che, pur nella sua
grandezza, è felice di umiliarsi nella danza e nella festa in onore all’Arca
di Jahvé insediata con solennità a Gerusalemme. L’insegnamento di Gesù
esprime la logica di fondo dell’atteggiamento di Dio nei nostri confronti,
lui “che svuotò se stesso, assumendo la condizione di servo” (Fil 2,7); e, di
conseguenza, la logica del primato di Dio da riconoscere nell’agire
cristiano, perché nella debolezza appaia sempre la potenza di Dio: “Noi
abbiamo questo tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa
straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi” (2Cor 4,7). Ce
n’è per non spaventarsi di una Chiesa che è minoranza, “piccolo gregge” (Lc
12,32), nel numero e nei mezzi; anzi di sentire quanto essa sia autentica
quando si esprime nella logica della croce. 1) L’ATTEGGIAMENTO DI DAVIDE
Di Davide conosciamo anzitutto la sua giovanile impresa di vincere, lui
inesperto ragazzo, la tracotanza di Golia: “Ti vieni a me con la spada, con
la lancia e con l’asta. Io vengo a te nel nome del Signore degli eserciti,
Dio delle schiere di Israele, che tu hai sfidato (1Sam 17,45). La sua forza
sta nel nome di Dio. Tutta la Bibbia, dall’impresa dell’Esodo alle conquiste
di Israele, sottolinea l’agire prevalente di Dio; come, a partire da Mosè a
tutti i profeti, la loro azione è sotto l’influsso di Dio. Il gesto ricordato
oggi di un Davide tutto gioioso per aver dato una casa al suo Dio, esprime la
sua umiltà e la sua grande stima per Colui che dal gregge l’aveva chiamato a
divenire re di Israele. Riconosce che tutta la sua grandezza sta nella
iniziativa di Dio. Dal nulla Dio ha chiamato Davide. Addirittura dall’essere
persecutore della Chiesa, il Signore ha chiamato Paolo a divenire apostolo.
“Io infatti sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere
chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio,
però, sono quello che sono” (1Cor 15,9-10). Paolo ha ben coscienza, e diviene
il suo messaggio centrale, che Dio ha scelto lui per pura misericordia perché
la sua stessa vicende parlasse della gratuità e magnanimità di Dio: “Cristo è
venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io. Ma
appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in
me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di
esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna” (1Tm
1,15-16).m Nel suo ministero Paolo ha sperimentato contrasti, persecuzioni,
debolezze e prove. E così li legge: “E’ stata data alla mia carne una spina,
un inviato di Satana per percuotermi, perché io non monti in superbia; il
Signore mi ha detto: Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta
pienamente nella debolezza. Quando sono debole, è allora che sono forte”
(2Cor 12,7-10). E’ la logica di ogni apostolato, che mette in luce il
prevalere dell’azione di Dio, e proprio là dove le risorse umane sembrano
inadeguate. Per questo è scritto oggi: “Quello che è stolto per il mondo, Dio
lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio
lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per
il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose
che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a lui” (Epist.). |