XII Domenica dopo Pentecoste
15 agosto 2021
Mt 10, 5b-15
Riferimeenti : Ger 25, 1-13 -Sal 136 - Rm 11, 25-32
 Chi semina nelle lacrime mieterà nella gioia. Lungo i fiumi di Babilonia, là sedevamo e piangevamo ricordandoci di Sion. Ai salici di quella terra appendemmo le nostre cetre.

Ger 25, 1-13
In quei giorni. Questa parola fu rivolta a Geremia per tutto il popolo di Giuda nel quarto anno del regno di Ioiakìm, figlio di Giosia, re di Giuda, cioè nel primo anno del regno di Nabucodònosor, re di Babilonia. Il profeta Geremia l’annunciò a tutto il popolo di Giuda e a tutti gli abitanti di Gerusalemme dicendo: «Dall’anno tredicesimo del regno di Giosia, figlio di Amon, re di Giuda, fino ad oggi sono ventitré anni che mi è stata rivolta la parola del Signore e io ho parlato a voi con premura e insistenza, ma voi non avete ascoltato. Il Signore vi ha inviato con assidua premura tutti i suoi servi, i profeti, ma voi non avete ascoltato e non avete prestato orecchio per ascoltare quando vi diceva: “Ognuno abbandoni la sua condotta perversa e le sue opere malvagie; allora potrete abitare nella terra che il Signore ha dato a voi e ai vostri padri dai tempi antichi e per sempre. Non seguite altri dèi per servirli e adorarli e non provocatemi con le opere delle vostre mani e io non vi farò del male. Ma voi non mi avete ascoltato – oracolo del Signore – e mi avete provocato con l’opera delle vostre mani per vostra disgrazia”. Per questo dice il Signore degli eserciti: Poiché non avete ascoltato le mie parole, ecco, manderò a prendere tutte le tribù del settentrione – oracolo del Signore – e Nabucodònosor re di Babilonia, mio servo, e li farò venire contro questo paese, contro i suoi abitanti e contro tutte le nazioni confinanti, voterò costoro allo sterminio e li ridurrò a oggetto di orrore, a scherno e a obbrobrio perenne. Farò cessare in mezzo a loro i canti di gioia e di allegria, il canto dello sposo e della sposa, il rumore della mola e il lume della lampada. Tutta questa regione sarà distrutta e desolata e queste genti serviranno il re di Babilonia per settanta anni. Quando saranno compiuti i settanta anni, punirò per i loro delitti il re di Babilonia e quel popolo – oracolo del Signore –, punirò il paese dei Caldei e lo ridurrò a una desolazione perenne. Manderò dunque a effetto su questo paese tutte le parole che ho pronunciato a suo riguardo, tutto quanto è scritto in questo libro, ciò che Geremia aveva profetizzato contro tutte le nazioni».
Geremia 25,1-13
Geremia è uno dei profeti più grandi d'Israele e, innamorato della bellezza e della bontà del Signore, tenta di riportare alla fedeltà il suo popolo, garantendo la pace. Ma la storia travolge uomini, regni e persone e la parola di Geremia cade nel vuoto. Anzi viene considerato un disfattista, un annunciatore di sventure e rischia molte volte la vita. La storia è raccontata da Geremia stesso nel suo libro autobiografico. Geremia, il profeta, è un sacerdote del villaggio di Anatoth nel territorio di Beniamino (1,1), vissuto durante il regno degli ultimi re di Giuda: Giosia (640 a.C.-609 a.C.), Ioacaz (609), Joiakim (609-598 a.C.), Ioiachin (598-597), e Sedechia (597 a.C.-586). Il contesto della profezia di Geremia è la lunga lotta dei Giudei contro i culti idolatri delle divinità dei paesi circostanti, provenienti da Tiro e da altre città della costa fenicia, profondamente radicati fin dal tempo di Manasseh (696-642). Giosia è un grande re e fa sperare in una conversione di cuore di tutto il popolo, poiché cerca di ristabilire il culto legittimo ad un unico Dio, nell'ambito delle sue riforme (2 Re 22,23). La riforma inizia nel 628 a.C. (2 Cr. 34,3) e viene ad essa dato un rinnovato impeto con la riscoperta del Libro della Legge nel 621 a.C. (2 Re 22,8). La vocazione di Geremia avviene nel 626 a.C. (1,2). Uomo solitario a causa del suo messaggio impopolare (15,17) che deve portare, desidera sposarsi con Giuditta, ma Dio stesso gli proibisce di sposarsi (16,2). Si trova anche in contrapposizione con le autorità del paese e di ogni ceto sociale (26,8). Per questo, la sua vita stessa corre seri pericoli (11,18-23; 18,18; 26,8; 36,19; 38,6). Il suo messaggio tocca temi scottanti e dolenti della vita nazionale. Soprattutto il re Sedechia lo perseguita perché viene considerato un disfattista, che mina il morale della nazione. Geremia annuncia la prossima invasione dei babilonesi (37,3.17), contro i quali non ci si può opporre, ma bisogna arrendersi e pagare a loro le tasse.

Rm 11, 25-32
Non voglio che ignoriate, fratelli, questo mistero, perché non siate presuntuosi: l’ostinazione di una parte d’Israele è in atto fino a quando non saranno entrate tutte quante le genti. Allora tutto Israele sarà salvato, come sta scritto: «Da Sion uscirà il liberatore, egli toglierà l’empietà da Giacobbe. Sarà questa la mia alleanza con loro quando distruggerò i loro peccati». Quanto al Vangelo, essi sono nemici, per vostro vantaggio; ma quanto alla scelta di Dio, essi sono amati, a causa dei padri, infatti i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili! Come voi un tempo siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia a motivo della loro disobbedienza, così anch’essi ora sono diventati disobbedienti a motivo della misericordia da voi ricevuta, perché anch’essi ottengano misericordia. Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere misericordioso verso tutti!

Romani 11,25-32

L'infedeltà e il rifiuto d'Israele sono parziali mentre la fedeltà e la Parola di Dio sono fedeli sempre. Abbiamo già incontrato questi interrogativi e questa sofferenza nel brano letto domenica scorsa nella lettera ai Romani (11,1-15). E infatti questo testo ne è il seguito. Ci viene posto il significato del "mistero d'Israele" (v 25). La certezza di una soluzione positiva non avviene per una garanzia razionale e non ci sono prove che garantiscano questa soluzione. Ma il messaggio nasce dalla fiducia in Dio come per una profezia. Essa garantisce, attraverso la Scrittura, che Dio mantiene la sua parola. Viene posta, allora, la lettura e la interpretazione teologica della storia. L'apostolo formula una previsione: l'ostinazione di una parte d'Israele è in atto, fino a quando non saranno entrate tutte quante le genti. Allora tutto Israele sarà salvato. Israele è "nemico del vangelo", ma solo temporaneamente, poiché non ha riconosciuto Gesù. Il versetto centrale regge tutto l'impianto di speranza, anche se si rimanda alla conclusione della storia: "Ma quanto alla scelta di Dio, essi sono amati, a causa dei padri, infatti i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili! (vv28-29)". Quanto alla scelta di Dio, che è stata la scelta gratuita del Padre, Dio non dimentica le sue promesse". La colpa di Israele è, soprattutto, l'aver voluto raggiungere, con una pratica formale della Legge e con le proprie forze, quella giustizia che può ottenersi solo con la fede (10,1-21). Paolo, così, è convinto che Dio non ha rigettato il suo popolo. Il suo stesso ministero lo conferma. Egli infatti percepisce un legame misterioso tra la propria missione ai Gentili e la salvezza del suo popolo. Dovunque ha predicato, il rifiuto di Israele è stato causa di apertura della evangelizzazione ai pagani; e tale rifiuto ha segnato la riconciliazione del mondo. Ma Paolo va oltre. Se tali esiti ha dato la loro riprovazione, quali potranno essere mai i frutti positivi?

 Mt 10, 5b-15
In quel tempo. Il Signore Gesù inviò i Dodici, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento. In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti. Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi. Se qualcuno poi non vi accoglie e non dà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dei vostri piedi. In verità io vi dico: nel giorno del giudizio la terra di Sòdoma e Gomorra sarà trattata meno duramente di quella città».

Mt 10, 5b-15
Vicenda sempre emblematica quella di Israele: storia di elezione e di ribellione, di castighi e di salvezze operate sempre da un Dio che al punire preferisce perdono e misericordia, non senza momenti di purificazione e fatti di robusta pedagogia! Alla responsabilità dell'uomo nel costruire la sua storia - non sempre positiva, anzi - si sovrappone una strategia divina che sa trarre il bene anche dal male: le sue linee di fondo sono la fedeltà e il perdono. E quindi la speranza. Libertà (ribelle) e grazia di Dio giocano una difficile partita nella vicenda umana, che ha il suo crogiuolo purificatore in eventi che fuori di questa prospettiva religiosa divengono enigmatici e assurdi.
Più profondamente forse si coglie l'agire di Dio nella storia come una manifestazione non tanto di un suo dono, ma di un suo super-dono, il perdono. Scrive infatti oggi san Paolo: "Dio ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere misericordioso verso tutti" (Epist.).
1) PURIFICAZIONE
Gerusalemme è distrutta da Nabucodonosor perché - dice il Signore - "voi non avete ascoltato le mie parole". Geremia ne formula la condanna: "Fino ad oggi sono ventitré anni che mi è stata rivolta la parola del Signore e io ho parlato a voi con premura e insistenza, ma voi non avete ascoltato. Il Signore vi ha inviato con assidua premura tutti i suoi servi, i profeti, ma voi non avete ascoltato" (Lett.). Da qui il castigo: "Poiché non avete ascoltato le mie parole, ecco, manderò Nabucodonosor, re di Babilonia, contro questo paese, e queste genti serviranno il re di Babilonia per settant'anni". Per l'infedeltà all'alleanza - così legge la Bibbia - Israele subì la deportazione; Dio aveva abbandonato il tempio con la sua presenza e la sua protezione, commenta Ezechiele.
Quello del castigo - o del richiamo forte di Dio - è realtà legata alla responsabilità e libertà dell'uomo, nel compiere il bene e scegliere Dio: "Io ti ho posto davanti, la vita e la morte, la benedizione e la maledizione. Scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza, amando il Signore, tuo Dio, poiché è lui la tua vita" (Dt 30,19-20). Anche eventi di natura che scombussolano l'esistenza di popoli interi, come qualche improvvisa disgrazia, non sono da leggere se non come richiami alla precarietà dell'uomo, come uno spillo che sgonfia tanta supponenza di sentirci padroni del mondo e della propria vita.