
X Domenica dopo Pentecoste
1 agosto 2021 Mt 21, 12-16
Riferimenti : 1Re 7, 51 – 8, 14 - Sal 28 - Seconda
lettera ai Corinzi 6,14-7,1 |
Mostrati a noi, Signore, nella tua santa dimora.
Date al Signore, figli di Dio, date al Signore gloria e
potenza.m Date al Signore la gloria del suo nome, prostratevi al
Signore nel suo atrio santo. |
1Re 7, 51 – 8, 14 In quei giorni.
Fu terminato tutto il lavoro che il re Salomone
aveva fatto per il tempio del Signore. Salomone
fece portare le offerte consacrate da Davide,
suo padre, cioè l’argento, l’oro e gli utensili;
le depositò nei tesori del tempio del Signore.
Salomone allora convocò presso di sé in
assemblea a Gerusalemme gli anziani d’Israele,
tutti i capitribù, i prìncipi dei casati degli
Israeliti, per fare salire l’arca dell’alleanza
del Signore dalla Città di Davide, cioè da Sion.
Si radunarono presso il re Salomone tutti gli
Israeliti nel mese di Etanìm, cioè il settimo
mese, durante la festa. Quando furono giunti
tutti gli anziani d’Israele, i sacerdoti
sollevarono l’arca e fecero salire l’arca del
Signore, con la tenda del convegno e con tutti
gli oggetti sacri che erano nella tenda; li
facevano salire i sacerdoti e i leviti. Il re
Salomone e tutta la comunità d’Israele,
convenuta presso di lui, immolavano davanti
all’arca pecore e giovenchi, che non si potevano
contare né si potevano calcolare per la
quantità. I sacerdoti introdussero l’arca
dell’alleanza del Signore al suo posto nel
sacrario del tempio, nel Santo dei Santi, sotto
le ali dei cherubini. Difatti i cherubini
stendevano le ali sul luogo dell’arca; i
cherubini, cioè, proteggevano l’arca e le sue
stanghe dall’alto. Le stanghe sporgevano e le
punte delle stanghe si vedevano dal Santo di
fronte al sacrario, ma non si vedevano di fuori.
Vi sono ancora oggi. Nell’arca non c’era nulla
se non le due tavole di pietra, che vi aveva
deposto Mosè sull’Oreb, dove il Signore aveva
concluso l’alleanza con gli Israeliti quando
uscirono dalla terra d’Egitto. Appena i
sacerdoti furono usciti dal santuario, la nube
riempì il tempio del Signore, e i sacerdoti non
poterono rimanervi per compiere il servizio a
causa della nube, perché la gloria del Signore
riempiva il tempio del Signore. Allora Salomone
disse: «Il Signore ha deciso di abitare nella
nube oscura. Ho voluto costruirti una casa
eccelsa, un luogo per la tua dimora in eterno».
Il re si voltò e benedisse tutta l’assemblea
d’Israele, mentre tutta l’assemblea d’Israele
stava in piedi.
primo libro
dei Re 7,51-8,14
Qui si parla della
collocazione definitiva dell'arca nel tempio,
sognato da decenni, e finalmente terminato da
Salomone. Vengono convocati in assemblea, a
Gerusalemme, gli anziani d'Israele, i capitribù,
i principi dei casati degli Israeliti e si
radunano presso il re Salomone tutti gli
Israeliti nel mese di Etanìm, tutti gli anziani
d'Israele, i sacerdoti e i leviti. Bisogna "fare
salire l'arca dell'alleanza del Signore "dalla
città di Davide, cioè da Sion" al tempio di
Gerusalemme, costruito più in alto. Tutta la
zona si chiamerà, poi, monte Sion.
Probabilmente, per sottolineare l'eccezionale
importanza, si vuol dire che tutta Israele è
presente all'ingresso dell'arca nel tempio,
costruito con munificenza e splendore in molti
anni di lavoro duro in cui sono state profuse
molte ricchezze, ricorrendo anche ad artigiani
provenienti da nazioni straniere. L'avvenimento
è registrato "al settimo mese" in
corrispondenza, grosso modo, della festa delle
Capanne che cade in autunno, quando si commemora
il cammino nel deserto dopo l'uscita
dall'Egitto. La processione ha un andamento
liturgico particolare, con molte fermate durante
le quali si offrono buoi e pecore, lungo un
cammino che sale. E si parla non solo dell'arca
ma anche della "tenda del convegno" che ha
accompagnato il popolo nel deserto circa tre
secoli prima. Probabilmente la tenda, nel
frattempo, è stata cambiata nelle peripezie di
collocazione, di trafugamenti, rubata come
trofeo di guerra dai Filistei e poi rimandata
per le malattie che si diffondevano nella città
che ospitava la tenda stessa. L'arca è un
contenitore delle "due tavole della Legge", di
una brocca di manna e della verga di Aronne. Un
cassone lungo m1,22, largo m 0,76 e alto m 0,76,
ricoperto da una lastra d'oro e due cherubini,
uno di fronte all'altro con le ali aperte. Viene
portato a spalla con due stanghe inserite nella
parte lunga, solo dai sacerdoti. E' considerato
il luogo da cui Dio parla ai suoi servi: Mosè,
Aronne, Giosuè, anzi lo sgabello della presenza
di Dio nel suo popolo. La nube che rende
impossibile continuare la liturgia sacrificale è
simbolo della gloria e della presenza di Dio. In
tal modo, il Signore manifesta il suo assenso e
la sua volontà di farsi presente, in modo
particolare, nel tempio di Gerusalemme. |
Seconda lettera ai Corinzi 6,14-7,1
Fratelli, non lasciatevi legare al giogo estraneo dei non
credenti. Quale rapporto infatti può esservi fra giustizia e
iniquità, o quale comunione fra luce e tenebre? Quale intesa fra
Cristo e Bèliar, o quale collaborazione fra credente e non
credente? Quale accordo fra tempio di Dio e idoli? Noi siamo
infatti il tempio del Dio vivente, come Dio stesso ha detto:
«Abiterò in mezzo a loro e con loro camminerò e sarò il loro
Dio, ed essi saranno il mio popolo. Perciò uscite di mezzo a
loro e separatevi, dice il Signore, non toccate nulla d’impuro.
E io vi accoglierò e sarò per voi un padre e voi sarete per me
figli e figlie, dice il Signore onnipotente». In possesso dunque
di queste promesse, carissimi, purifichiamoci da ogni macchia
della carne e dello spirito, portando a compimento la
santificazione, nel timore di Dio.
Seconda
lettera ai Corinzi 6,14-7,1
Paolo confessa la sua
franchezza e manifesta i suoi sentimenti per questa comunità di
Corinto che lo attrae fino a sentirsi per loro padre e lo
rattrista, nello stesso tempo, perché spesso alcuni si lasciano
coinvolgere in mentalità che fanno ritornare al paganesimo.
L'immagine che anche Gesù aveva utilizzato è quella del giogo.
Lo si vede facilmente, in un mondo contadino e di commercio
sugli animali da tiro e sulle spalle degli schiavi. Il giogo è
una trave di legno che serve a legare insieme due animali o due
persone per il tiro del carro o dell'aratro. Esprime una
sottomissione a precetti che mettono l'altro in soggezione di
schiavitù. E' anche segno di sottomissione a potenze straniere,
o a leggi troppo pesanti da sopportare. Ne parla Pietro
ricordando che il giogo ebraico era insopportabile (At 15,10) e
ne parla Paolo, anche altrove, oltre che qui (Gal 5,1). Ma il
giogo può richiamare anche il dominio di Dio giusto e gradevole.
Gesù ha garantito che "il mio giogo è gradevole e il mio carico
è leggero" (Mt 11,30). E con il suo lavoro Gesù deve averne
fatti tanti di gioghi, e conosceva i gioghi agevoli e quelli
che, difettosi, ferivano gli animali. Spezzare il giogo
significa liberarsi dalla soggezione. Spesso si dice, però, che
Israele spezza il giogo della legge di Dio per accettarne uno
più pesante che viene dagli idoli e che lo rende sempre più
schiavo. Qui, in particolare, dicendo: "Non lasciatevi legare al
giogo estraneo dei non credenti", si fa riferimento ad una legge
del mondo ebraico in cui si vieta che si leghino insieme due
animali diversi, come un bue ed un asino allo stesso giogo: "Non
devi arare con un bue e un asino aggiogati assieme" (Deut
22,10). I fedeli di Corinto sono rimproverati da Paolo perché
non sanno più apprezzare la giustizia che Dio offre ai suoi
fedeli e quindi accettano una collaborazione con i pagani. Paolo
è fortemente esigente e sembra smentire l'atteggiamento più
duttile che ha sempre dimostrato. Ma probabilmente la situazione
è giudicata critica e pericolosa. Così con chiarezza, richiama
alla fede che manifesta la nostra adesione a Gesù, figlio di
Dio, e quindi mostra l'incompatibilità con Beliar, che via via è
stato identificato come Satana. Questi testi invitano
formalmente a rifiutare i criteri di vita del paganesimo che
sono diretti, astutamente, dal male. Noi siamo il tempio di Dio
e nella sensibilità di Paolo questo accostamento e questa parola
fanno ritornare alla memoria tutta la liturgia del tempio di
Gerusalemme e il suo ricordo, con le sue leggi di purità e di
santificazione..

La cacciata dal tempio |

Mt 21, 12-16 In quel tempo. Il Signore Gesù entrò nel tempio e
scacciò tutti quelli che nel tempio vendevano e compravano; rovesciò i tavoli
dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe e disse loro: «Sta
scritto: “La mia casa sarà chiamata casa di preghiera”. Voi invece ne fate un
covo di ladri». Gli si avvicinarono nel tempio ciechi e storpi, ed egli li
guarì. Ma i capi dei sacerdoti e gli scribi, vedendo le meraviglie che aveva
fatto e i fanciulli che acclamavano nel tempio: «Osanna al figlio di
Davide!», si sdegnarono, e gli dissero: «Non senti quello che dicono
costoro?». Gesù rispose loro: «Sì! Non avete mai letto: “Dalla bocca di
bambini e di lattanti hai tratto per te una lode”?».
Matteo 21,12-16 Il capitolo 21 segna, nel vangelo di Matteo, il
momento culminante della manifestazione di Gesù a Gerusalemme. Tutto avviene
come se Gesù debba prendere possesso della sua città perché "Figlio di
Davide", Messia, inviato da Dio nel suo popolo. Gesù entra a Gerusalemme con
quell'apparato sorprendente e insolito del cavalcare un asinello. Non ci
sarebbe stato nulla di particolare se un ingresso, così dimesso e così
insolito, per Gesù non fosse stato collegato a Isaia 62,11 (Ecco ciò che il
Signore fa sentire all'estremità della terra: «Dite alla figlia di Sion:
"Ecco, arriva il tuo salvatore; ecco, egli ha con sé il premio e la sua
ricompensa lo precede") e a Zc 9,9-10 (Rallegrati, città di Sion: acclama,
Gerusalemme; ecco giunge il tuo re: giusto, vittorioso, umile, cavalca un
asino, un puledro d'asina. Distruggerà i carri di Ekròn e i cavalli di
Gerusalemme; distruggerà gli archi da guerra e detterà pace alle nazioni;
dominerà da mare a mare, dal Gran Fiume ai confini della terra). Si aprono
così delle speranze impensabili di sicurezza, di potere, di pace, di
benessere. A questo punto Gesù osa, in questa occasione, entrare nel tempio,
incurante dell'entusiasmo che lo segue e dell'indignazione che sta suscitando
tra le autorità religiose. Gesù sente davvero di essere il nuovo re che
deve rigovernare il mondo di Dio e sente che bisogna incominciare dal tempio.
Lì ci sono le basi della irreligiosità e della ipocrisia, lì ci sono le
radici dell'idolatria.' Nel cortile più esterno detto "atrio dei pagani" dove
possono fermarsi tutti, ebrei e non ebrei, si svolge un mercato, collegato
con il culto ed i sacrifici del tempio a Gerusalemme. Si cambiano monete,
convertendo il danaro in circolazione con la moneta di Tiro, l'unica degna di
essere raccolta come offerta nel tempio, e si vendono agnelli e pecore per i
ricchi (per chi può spendere molto) o tortore e colombi alla portata delle
tasche dei poveri. Questi venditori si fanno garanti delle caratteristiche
dell'offerta: animali senza macchia, non malati etc, secondo regole
strettissime e complesse. In tutto questo commercio, con molta probabilità,
filtravano anche l'imbroglio e lo sfruttamento. Ma qui, probabilmente Gesù
vuole addirittura contestare le pratiche religiose e cultuali stesse del
Tempio di Gerusalemme, assumendosi la responsabilità di cancellare i
sacrifici di animali (e quindi la loro compravendita) per restituire al
tempio la sua vocazione di: "casa di preghiera per tutti popoli" (Is 56,7).
«La mia casa sarà chiamata casa di preghiera. Voi invece ne fate un covo di
ladri» (v 13). Nello stesso tempo vuole superare le discriminazioni tra sani
e malati, tra puri e impuri poiché tutti sono figli di Dio e amati da Lui.
Così Matteo aggiunge che, nel tempio, ciechi e storpi vanno incontro a Gesù
ed egli li guarisce, mentre nella Scrittura, agli storpi è proibito entrare
nel tempio (2 Samuele 5,8). Perciò quello che Gesù fa è profondamente
rivoluzionario per tutta la struttura ebraica e per la conduzione del culto
del Tempio di Gerusalemme. Di questa comunità nuova fanno parte anche i
bambini perché riconoscono che Gesù è "il figlio di Davide" (v15). Ricorda
allora il salmo 8,3 "Dalla bocca di bambini e di lattanti hai tratto per te
una lode" mentre ne sono esclusi i sommi sacerdoti e gli scribi, che pure
hanno tutta l'intelligenza sufficiente per interpretare le meraviglie che
Gesù fa. Probabilmente Matteo, sottolineando questo intervento, vuole
comunicare alla sua comunità cristiana, fatta di ebrei convertiti e che
tuttavia conservano la nostalgia del tempo passato, il cambiamento radicale
che è avvenuto nel culto a Dio dopo la distruzione del tempio di Gerusalemme
(anno 70 d.C.), quando è finita totalmente l'offerta degli animali. Il
rapporto con Dio si ristabilisce in un altissimo incontro di preghiera e in
quella grande accoglienza degli esclusi. Il rapporto con Dio è cambiato e va
oltre i gesti o le cose che vengono offerte. Il rapporto si ristabilisce nel
riconoscimento reciproco dell'alleanza, nell'attesa, nella richiesta di
comunione e di pace, nella riconoscenza, nella nostalgia del coinvolgimento
di tutti popoli ("casa di preghiera per tutti i popoli" Is 56,7), nei cammini
coraggiosi di libertà.
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